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Autore: ele_lele    02/11/2009    1 recensioni
La magia della pioggia, l'attesa di un sospiro, il tormento dell'ipocrisia del sole e l'amore tra due ragazzi: Blaise e Daphne.
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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aspettando la pioggia
Il cielo era maledettamente sereno quel pomeriggio di metà Ottobre.

Talmente sereno che lei aveva mal di testa.

Il sole faceva capolino tra tutto quell’azzurro, come a volersi prendere gioco di lei, spiccando con la sua veste gialla e illuminando tutto attorno a sé.

-Ma si può sapere che hai?- chiese una voce annoiata sentendola sbuffare per la sesta volta nel giro di pochi minuti.

-Nulla- fu la bugia.

L’ennesima.

Un sospiro rassegnato le giunse all’orecchio e, piccata per la reazione dell’amico, si girò di scatto verso di lui, con un cipiglio arcigno dipinto in volto.

Le sopracciglia chiarissime erano talmente contratte che sembravano attaccate e le rughe piccole e fitte sulla fronte denotavano che quell’espressione non era poi così nuova su quel viso perfetto.

-Allora? Che hai da sbuffare?- aggredì il ragazzo seduto allo stesso suo tavolo, e vendendolo sobbalzare appena per il suo tono iroso, distese leggermente la fronte.

Forse una o due rughe se ne erano andate…

Lo sguardo di lui sembrava perso e probabilmente doveva sentirsi proprio fuori luogo a giudicare dalla faccia sorpresa che aveva, ma fu rapido a nascondere ciò che provava sotto una maschera di freddezza consueta a tutti loro.

Luridi, viscidi Serpenti, che si muovevano strisciando nell’ombra, silenziosi, pronti a carpire tra le proprie spire una vittima ignara della dolorosa e lenta morte a cui andava incontro.

Dissimulatori nati, abili predatori, letali come nessun altro animale, se ne stavano nascosti nella loro alcova assieme a altri aspidi come loro, pronti a scattare in un momento di debolezza dell’avversario, prendendolo alle spalle e soffocandolo in un dolce abbraccio mortale.

-Posso sapere a cosa è dovuta la tua consueta grazia, Dapnhe?-

Un ringhio basso e profondo gli fece capire che lei, tuttavia, non era d’accordo.

Restava da vedere se dissentiva sul fatto che i suoi modi fossero manchevoli di grazia al momento, se non tollerasse tale ovvietà momentaneamente a causa di qualcosa che in tal caso non poteva non sapere, o se non accettasse la scomoda verità che effettivamente lei non ci sapeva proprio fare.

I modi da signora decisamente non erano per lei, pensò il ber ragazzo stizzito, vedendola molto più simile a una bestiolina selvatica che a una dea.

-Santo cielo, Daphne, datti una calmata. Non troverai mai nessuno disposto a sposarti se vai avanti di questo passo. Nessun uomo sano di mente si ingabbierebbe con una come te…-

-Ingabbierebbe? Una come me?- chiese per un attimo spaesata, ma senza perdere il suo tono astioso.

-Ingabbiare, sposare, ma sì, dì un po’ come preferisci…- spiegò lui, con un’alzata di spalle.

-Una come me?- ripeté la bionda con lo stesso tono piatto di un disco rotto.

-Per le più consunte mutande di Merlino, Daphne! A volte mi sembri Weasley! Datti una svegliata, tesoro! Chi pensi che vorrebbe mai avere una moglie sempre arrabbiata, sul piede di guerra, astiosa e rancorosa?-

Ma prima che la ragazza potesse anche solo controbattere, la porta della sala s’aprì e entrò un ragazzo biondo che avrebbe fatto svenire chiunque, tanto era bello.

Ma non lei.

-Daphne- fu il saluto secco del ragazzo entrato dopo averla vista al tavolo.

-Draco- rispose lei accennando un sorriso.

-Non starete mica litigando di nuovo, vero?- chiese al ragazzo seduto accanto alla bionda.

Incredibile quanto fossero diversi, pensò l’erede di casa Malfoy.

Lei biondissima, sempre con il broncio, lui moro e sorridente.

Occhi cerulei contro occhi verde petrolio.

Lei, alta e magra, talmente sottile e delicata che sembrava che un soffio di vento l’avrebbe sollevata portandola via, eppure sempre in lotta per farsi rispettare, pronta a battersi per dimostrare di avere anche un cervello dentro quella testa coperta da biondi e morbidi crini che le avevano valso l’appellativo di “bambolina”.

Lui, alto e massiccio, novanta e passa chili di muscoli e eleganza, un sorriso da favola nascondeva una lingua tagliente da vero Serpeverde, un’innata capacità di ascoltare e di placare gli animi iracondi.

Lei, la sua prima vera amica, quella a cui aveva dato il vero primo bacio, quella da cui aveva ricevuto l’unico schiaffo della sua vita.

Lui, il suo migliore amico, quello che c’era sempre stato, il freddo algido moro che muoveva i fili da dietro la scena con maestria inaspettata e lo toglieva sempre dai guai che lui, vera testa calda, combinava.

Daphne Greengrass e Blaise Zabini.

Lì, nella Sala Comune dei Serpeverdi, come al solito a punzecchiarsi.

-A quando il lieto evento?- domandò Draco con un ghigno.

-Prego?- fu l’educata domanda di Blaise.

Decisamente meno fu, invece, quella della ragazza –che diavolo blateri, Malfoy?-

-Dicevo, o meglio mi domandavo a quando il lieto evento… il matrimonio… il vostro matrimonio…-

Come risposta si beccò un libro in fronte dalla bella ragazza e un’occhiata gelida dal Zabini.

-Dovresti piantarla, Drà. Parlo sul serio, sai?- gli disse il moro guardandolo come se fosse un caso raro.

-Allora, che avevate da borbottare, come sempre…- chiese prendendo una sedia e mettendosi seduto a cavalcioni con il mento appoggiato sulle mani.

-Sei peggio di una comare, lo sai, sì?- lo redarguì Daphne, riprendendo la sua lettura del tomo di Storia Della Magia.

-Si lamentava come sempre. Anzi, sbuffava…- l’informò Blaise.

-No! Che novità! Come posso essermi perso un evento così raro? Dimmi Blaise, pensi che morirò?-

-Non lo so amico, ma posso dirti di sicuro che se aspetti almeno cinque minuti in silenzio sentirai un rumore strano provenire da quella parte…- disse indicando Daphne e assumendo la migliore aria seria che gli riuscisse mentre Draco davanti a lui si sbellicava dalle risate -… un rumore che assomiglia a uno sbuffo di un treno, ma sai che ti dico? Non è di un treno, è di, indovina un po’? Daphne!-

-Fottiti Zabini!- fu l’educato commento che ottennero da dietro la copertina di un libro.

-Daphne, tesoro, sicura che non sia meglio fare un’altra materia?- chiese serafico il moro.

-No. Devo finire Storia della Magia per domani-

-Se vuoi io e Draco possiamo farti un sunto…-

-Parla per te!- l’interruppe il biondo ma fu zittito da un’occhiataccia.

-… di quello che c’era da fare per domani-

-No- fu la secca risposta.

-Daphne…- iniziò.

-Ho detto di No! Ma perché insisti?-

-Come vuoi. Ma se vuoi continuare a studiare-  e sottolineò l’ultima parola con una particolare enfasi – forse è meglio se giri il libro. Sai, non so quanto sia comodo leggere al contrario…-

Un ululato scoppiò dai sotterranei di Serpeverde, mentre Draco Malfoy si stava soffocando dal ridere e copiose lacrime gli rigavano le gote, accese di un insolito rosa per il divertimento.

-Maledetto bel tempo! Maledetto sole e maledetti Grifondoro!- sputò fuori dai denti Daphne mentre con uno scatto iroso chiudeva il libro e marciava verso la sua camera.

 

 

 

 

Se le avessero detto che era bella lei avrebbe risposto con un sorriso radioso e un trillante –Lo so!- semplicemente perché sapeva che era vero.

I capelli biondissimi le arrivavano fino alla schiena e sotto il sole sembravano oro colato, rendendola non solo bella, ma semplicemente irresistibile.

Divina.

Ma lei odiava il sole e tutta l’ipocrisia che esso portava.

Tutta quella gente che si riversava per le strade, sorridente e di buon umore, fingendo di aver scordato tutti i problemi che giuravano fino al giorno prima, li affliggessero, le davano il voltastomaco.

Tutto quel mostrare corpi sodi e informa, ottenuti con sudore e fatica e mesi e mesi di diete le facevano venire il malumore.

Lei amava la pioggia.

Pioggia che, insistente e cocciuta, batteva minuto dopo minuto, contro le finestre della sua camera, cullandola in una nenia rassicurante e permettendole di concentrarsi su quello che amava davvero.

Sé stessa.

Perché brillare alla luce del sole era magnifico, ma essere divina tra tante ragazze carine non era certo nulla di ché.

Ma essere splendida in un giorno di pioggia, mentre tutte le altre erano appena passabili, ecco, questo sì che era divino.

Sapere di essere la regina incontrastata dell’alveare e scoprire che non gliene importava niente.

Scoprire di avere voglia di lottare per dimostrare agli altri e a sé stessa che non era la semplice bambolina che tutti pensavano fosse.

Guardare di nascosto Blaise che contemplava la pioggia che cadeva a terra come lo sfogo di un cielo depresso e piangente per il loro amore segreto.

Ecco cos’era divino.

Scappare poi tra le braccia di Draco, e capire con un’occhiata che lui aveva già capito tutto molto prima di lei, e affondare il viso nel suo pregiato maglione fatto ovviamente su misura, e ispirare quel profumo di dopobarba e pelle che conosceva così bene.

Ecco cos’era divino.

 

 

-Sei un coglione- fu l’elegantissima costatazione che Zabini fece all’amico.

-Chi si somiglia si piglia-

-Da quando parli per modi di dire?-

-Da quando sei un perfetto idiota. No, scusa, hai ragione, altrimenti avrei dovuto parlarci dall’inizio della mia vita…-

-Molto spiritoso, Draco. Sei qui solo per rompermi le palle per diletto o hai uno scopo?-

-Se vuoi ti dico che è Dio in persona che mi manda- ironizzò il biondo sorridendogli.

-Saresti l’Angelo Della Morte, in tal caso…-

-Crepa Zab!-

-Visto? Come volevasi dimostrare!-

-Idiota- disse solo il biondo.

-Oddio, non attaccare anche tu con la solfa di ripetere sempre le stesse cose come fa Daphne…-

-Già, a proposito di Daphne… perché non vai a parlarle?-

-Come no! Sai, non ci tengo ad essere scannato…-

-Andiamo Blaise! Ma per chi mi hai preso? Per San Potter? Non sono mica così fesso…-

-Preferirei San Potter qui con me adesso, se non ti dispiace…-

-Come no! Così te ne puoi andare un’altra volta e fare di nuovo il coglione. Spiacente Zab, sappi che se provi a uscire da questa stanza ti Schianto e se non vai subito da Dapnhe ti scaglio addosso un Imperius…-

-Fantastico, bell’amico che ho…-

-Come ho detto prima, “chi si somiglia si piglia”…-

-Te ne dico un’altra… “Non svegliare can che dorme”-

-Idiota, è “can che abbaia non dorme”…-

-E chi dorme?- chiese Blaise stupito

-Tu! Ecco chi dorme! E “chi dorme non piglia pesci”!-

-È inutile che sprechi le tue perle di saggezza, non attacca Draco…-

-Hai ragione… “mai gettare le perle ai porci”…- sogghignò Draco e gli voltò le spalle, diretto nella sua stanza.

-Hei, mi hai forse paragonato a un porco?- gli chiese Blaise scandalizzato.

-Perché, non lo sei?- una voce melliflua gli giunse alle spalle.

-Pansy! Da quanto sei lì?-

-Questa domanda mi fa capire che mi sono persa qualcosa di interessante, vero?-

-Niente di che, Pansy, niente di che…- le disse Draco prima di prenderla sotto braccio e entrare nella stanza della ragazza.

Blaise sospirò.

Per un po’ non sarebbe uscito, quindi non avrebbe neppure potuto origliare… era sempre un inizio, pensò incamminandosi verso la stanza di Daphne, proprio di fronte a quella che Draco si era chiuso alle spalle con un sorriso malizioso.

 

 

Chissà come, sicuramente per una strana e complicata magia, il sole che splendeva fuori in giardino e nella torre di quei pazzi suicidi, perché pazzi lo erano tutti e conoscendo i precedenti di Potter e della sua combriccola anche suicidi, dei Grifondoro, arrivava a illuminare anche i sotterranei di Serpeverde.

Daphne scosse la testa.

-Non si può più stare tranquilli neppure sotto terra. E dire che siamo anche sotto il Lago Nero…-

Si scosse dal suo stato di catalessi quando sentì un picchiettio discreto alla porta e la voce sensuale di Blaise Zabini che tossicchiava imbarazzato.

Aveva forse paura di lei?

Non si scomodò a dire “avanti” perché tanto sapeva che lui sarebbe comunque entrato.

E difatti, come volevasi dimostrare, la maniglia argentata della porta si abbassò e questa si aprì cigolando.

-Blaise, che vuoi?- l’aggredì, fiera e combattiva come sempre.

-Staresti bene tra i Grifoni, se non avessi una piccola mania per il buio e non fossi così bastardamente sadica- scherzò su lui, sorridendole per farle capire di essere venuto in pace.

-Hn- sbuffò Daphne, scocciata per l’intrusione –possibile che non si possa mai stare da soli? Neppure in camera propria?-

-Mi stai invitando ad uscire Greengrass?-

-No, ti sto proprio sbattendo fuori!- e spalancò la porta già aperta in un gesto molto teatrale che Zabini ignorò palesemente andando a sedersi comodamente sul letto.

-Blaise! Quel letto era rifatto!- esclamò la bionda indignata, richiudendo la porta con esasperazione dei gesti e nelle espressioni.

-Esagerata. Come se ti fosse mai importato di avere un letto rifatto. E in ogni caso “era” rifatto fino a cinque minuti fa. Se vuoi chiama gli elfi e fattelo rifare- precisò lui, sorridendole.

Neppure cinque minuti e la stanza fu invasa da un leggero profumo di lavanda, emanato dalle sigarette che la bionda si stava fumando, una dietro l’altra, come se quello fosse il suo ossigeno e non potesse stare senza.

Quando Blaise si decise a lasciare la stanza, la guardò, e lei, nell’incontrare quello sguardo disperato, di chi non sa più che pesci pigliare, si sentì quasi in colpa, per poi cacciare velocemente quel tarlo buono e finire di fumarsi in santa pace la sesta sigaretta.

Poi fu il caos.

Blaise aprì silenziosamente la porta, e ci fu un tonfo, un odore di tabacco, forte e rude si mescolò a quello delicato di lavanda, e gli occhi del moro mandarono lampi.

Una bestemmia che avrebbe fatto arrossire Satana stesso risuonò nell’aria forte e chiara, poi seguita da una serie di gridolini eccitati e impauriti e una sequela di imprecazioni da una seconda voce maschile che ignorava bellamente gli insulti di Blaise e ne muoveva contro di lui dei propri.

Quando Daphne si voltò verso l’ingresso della sua stanza non si meravigliò di notare altre due sagome che le sorridevano false come Giuda, tentando di rabbonirla.

Evidentemente Pansy e Draco avevano ascoltato tutto.

O meglio, non avevano sentito proprio niente.

Orgoglio.

 Ecco il suo peccato originale, quello che non la faceva mangiare a cena in Sala Grande, che non la faceva dormire abbastanza nel suo dormitorio, che la obbligava a guardare tutti, anche i suoi compagni di Casa, dall’alto in basso, come una regina.

Come la Mezzosangue Zannuta.

Quel maledetto Orgoglio che le aveva impastato la lingua e le aveva fatto fumare sei sigarette una dietro l’altra, come se non potesse vivere senza, mentre tutto ciò di cui aveva bisogno era appena entrato nella sua stanza.

Quel maledetto Orgoglio che la faceva sentire una Venere di Botticelli, mentre dentro di sé aveva solo deserto e desolazione.

Orgoglio che l’aveva resa simile al serpente che aveva tentato Eva, che aveva reso complice del peccato Adamo, ma che poi, chissà come, si era morso da solo, infettandosi col suo stesso veleno mortale, e ora, sempre per quel maledetto Orgoglio, fingeva di non essersi mai morsa, di essere la stessa di sempre, inarrivabile e inviolabile, mentre dentro si sé, lentamente, moriva giorno dopo giorno, ora dopo ora, secondo dopo secondo.

Sguardo dopo sguardo.

Pansy era a terra, evidentemente era stata lei a provocare il rumore sordo che aveva sentito, cadendo di peso come una Tassorosso del primo anno, beccata con le mani nel sacco a rubare marmellata dalle cucine.

Rideva e appariva scossa, mentre il suo corpo tremava a ritmo dei singulti di divertimento, eccitazione e paura che emetteva.

Draco fumava.

Certo, era stato lui a iniziarla al fumo, e difatti, eccolo lì, con la sigaretta in mano mentre l’odore del tabacco che fumava, molto più forte e rude del suo, si mescolava alla delicata fragranza di lavanda.

Ovviamente a fronteggiarsi con Zabini che, imperterrito, continuava a bestemmiare come uno scaricatore di porto, mentre il biondissimo amico gli rispondeva a tono, per niente intimorito dai lampi che furiosi, balenavano negli occhi dell’amico, solitamente pacato.

Le venne un conato di vomito e pensò di rifugiarsi in bagno, ma consapevole che poi sarebbe dovuta uscire di lì e affrontarli uno per uno, preferì scoccare a tutti e tre un’occhiata gelida e sgattaiolare via, fuori dalla sua camera, fuori dai sotterranei, verso un mondo che non le apparteneva, nel quale non si sentiva a suo agio, messa da tutti su un piedistalli dal quale non poteva muoversi, illuminata costantemente dai raggi dorati de sole che, come per dispetto, venivano assorbiti dai suoi crini dorati, iniziando a brillare come una dea.

In giardino il cielo era ancora limpido, sereno come non mai, e il sole s’intestardiva a voler rimanere quanto più a lungo possibile in alto, come per ripicca.

Un gruppetto di Grifondoro sedeva allegro sotto un grosso albero, scherzando e divertendosi, mentre lei li osservata nascosta all’ombra del portico di peperino.

Poco distanti, su una panchina di legno, due Tassorosso, si baciavano con ardore, illuminati dai raggi splendenti e con i capelli corvini al vento che, docile, spirava loro attorno, come se volesse avvolgerli in una romantica carezza.

Le arrivarono alle orecchie le risate sincere dei Corvonero, che, scaltri e furbi, più simile alle Serpi di quanto tutti potessero immaginare, si divertivano all’aria aperta, progettando e macchinando piani che si sarebbe sicuramente rivelati un successo.

Loro che, come Serpi, calcolavano, macchinavano, progettavano, raggiravano, ammaliavano e poi facevano la loro mossa vincente, tiravano fuori l’asso nella manica che permetteva loro di lasciare il gioco indisturbati, amati e con i soldi di tutti, che, ignari di quanto appena accaduto, avrebbero accusato, come da copione, i Serpeverde, per aver rubato, raggirato, ipnotizzato e sferzato l’attacco decisivo.

 

 

Blaise era furibondo.

Fissava Draco senza dire neppure una parola, mentre Pansy spostava velocemente lo sguardo prima dall’uno e poi dall’altro, preoccupata.

Solo una parola risuonò, secca e sensuale, senza alcuna intenzione di essere tale.

-Bastardi- e Blaise si voltò per dirigersi verso l’uscita dei sotterranei.

Draco guardò per un attimo le spalle dell’amico, per poi esclamare-coglione- e dirigersi verso la propria camera.

Pansy osservò Zabini che si fermava e Draco che, incurante dell’amico, continuava ad andare verso la sua stanza, raggiungerla e chiudersi la porta alle spalle, mentre Blaise era ancora immobile.

Sembrava pietrificato.

-Sei un coglione- gliel’aveva mossa lui quell’accusa e ora, come da copione, gli veniva restituita.

-Molto spiritoso, Draco. Sei qui solo per rompermi le palle per diletto o hai uno scopo?- lo scopo ce l’aveva eccome: mandarlo da Daphne per smuovere un po’ la situazione, le lui, come il solito, non aveva capito niente.

-Andiamo Blaise! Ma per chi mi hai preso? Per San Potter? Non sono mica così fesso…- no, non lo era. Era un vero amico invece che, stanco di vederlo soffrire per amore, aveva deciso di costringerlo a giocare le sue carte e poi a scoprile per sapere se avrebbe vinto o perso tutto.

-Come no! Così te ne puoi andare un’altra volta e fare di nuovo il coglione. Spiacente Zab, sappi che se provi a uscire da questa stanza ti Schianto e se non vai subito da Dapnhe ti scaglio addosso un Imperius…- poteva scommetterci anche tutto l’intero patrimonio dei Zabini, che non era robetta da poco, che l’avrebbe fatto di sicuro.

Draco.

Il suo amico.

Il suo migliore amico.

Quel gran bastardo del suo migliore amico.

Si voltò senza vedere Pansy che, tesa come una corda di violino, aveva indietreggiato impercettibilmente, e sorrise.

La ragazza s’immobilizzò e pensò che il compagno di Casa fosse impazzito del tutto per poi andare a rifugiarsi di corsa nella sua camera e chiuderla a chiave.

Blaise non si accorse di niente.

Sussurrò solo un “Grazie” prima di oltrepassare l’uscita e chiudersi la porta della Sala Comune di Serpeverde alle spalle.

U n ragazzo di una bellezza divina, con la pelle diafana e i capelli così chiari da sembrare quasi albino, se ne stava in piedi nella sua camera a sorridere come un ebete al muro.

-Prego- sussurrò appena, prima di prendere il suo portasigarette argentato e iniziare a fumare.

 

 

 

Ci mise un po’ prima di trovarla.

Era nell’ombra, come sempre, a osservare il cielo che, piano piano, con l’imbrunire, si stava coprendo di tante nuvolette, troppo leggere e chiare per promettere un acquazzone,  ma abbastanza numerose per farla tornare a sorridere e farle passare la terribile emicrania che l’affliggeva dalla mattina.

Restò ad osservarla.

I capelli dorati e lisci, perfettamente in ordine, erano carezzati di tanto in tanto dal vento che, sensuale, la corteggiava come mai nessun amante umano avrebbe potuto fare, sussurrandole lusinghe alle orecchie e carezzandola dolcemente, promettendo ciò che lei adorava: nubi e pioggia.

Quando lo notò non si scompose minimamente, si limitò a osservarlo, come lui guardava lei; poi, silenziosa, rigirò il capo verso l’orizzonte e quando ormai si fece buio, e tutti gli altri rientrarono, infreddoliti e affamati, finalmente decise di uscire allo scoperto, sotto un cielo grigio di nubi e nell’aria fresca e frizzante d’umidità, carica di una tensione elettrica che non era dovuta solo al tempo.

Un pino muoveva le sue fronde sinuoso e ipnotico, mentre un assiolo cantava felice il suo amore alla luce tremula della luna che, ogni tanto, faceva capolino da un banco di nuvole per poi sparirvi nuovamente subito dopo.

Il vento, di solito così incostante, aveva mantenuto la sua promessa, forse anche lui incantato di trovare tanta bellezza in una ragazza umana, e le parole e i sussurri che prima rivolgeva solo a lei, ora sembrava urlarli a chiunque si fosse fermato ad ascoltare la sua voce, il suo grido disperato, che scuoteva i rami e li faceva battere contro le finestre, increspava lo specchio scuro d’acqua del Lago e scompigliava i suoi capelli.

Quando anche lui uscì allo scoperto, raggiungendola, il fragore si fece insopportabile e il vento, come un amante geloso, ululava furioso tentando si sovrastare il silenzio dei giovani che si guardavano pacati dopo la tempesta.

La loro tempesta.

Poi fu il silenzio.

Battuto, vinto, umiliato, il vento cessò la sua battaglia e si ritirò fra le fronde sicure della Foresta Proibita, leccandosi, come un lupo ferito, le sue ferite e consolandosi correndo libero tra le foglia che ingiallivano e quelle che restavano del colore della Speranza.

La prima goccia di pioggia non si fece attendere molto, arrivò, seguita dalle sue sorelle che, leggere e spensierate, cadevano gelide come una sottile pioggerellina di primavera, ma nessuno dei due ragazzi si risentì né per il freddo né per la pioggia tanto attesa, quasi come una Manna dal cielo.

Quella pioggia che lavava via tutto il rancore, la rabbia, l’orgoglio, i pregiudizi, le paure, le offese.

Quella pioggia che benediceva campi, alberi, finestre, fiori, prati, palazzi, castelli, persone, loro…

Quella pioggia così attesa che cadeva sulle loro labbra, finalmente unite, sotto l’acqua leggera che univa e rendeva una cosa sola.

Quella pioggia che aveva calmato gli animi, riportato la pace, il sorriso, la serenità e le lamentele di tutti gli altri ragazzi che speravano in un magico cielo stellato.

E mentre il vento piangeva le sue lacrime, triste e sconsolato, la terra le riceveva come una benedizione, accogliendole come una madre accoglie i propri figli, abbracciandole tutte, ad una ad una, mentre alcune di esse andavano a bagnare Daphne e Blaise, abbracciati sotto la pioggia, sperando che il primo raggio di sole non arrivasse mai.

§  Spazio Autrice  §



Eccomi tornata!

L’avevo promesso e l’ho fatto, anche se per questa one-shot mi sono fatta attendere un po’…

Questa volta mi sono buttata sulla coppia Blaise/Daphne, sia perché non mi sembra poi così infattibile, sia per la mia “fase Blaise”… (che, ribadisco, è passeggera, e sicuramente non intacca il mio amore per la coppia Draco/Hermione!!!)

Un grazie a tutti quelli che ancora mi seguono, sappiate che sto finendo di scrivere il nuovo capitolo di Amore Proibito e presto aggiornerò anche lì!

Un abbraccio particolare a MmeBovary, che mi manca un sacco e che saluto con un mare d’affetto.

Ah, quasi dimenticavo… finalmente comincia a piovere!!!


Per kiamilachanquesta one-shot ha il lieto fine, quindi bando alla tristezza, sappi che a tutto c'è una soluzione: per alcuni è una cioccolata calda, per altri una chiacchiarata con l'amica del cuore, per altri una giornata di shopping selvaggio (budget economico permenttendo!), per altri una serata al cinema, o una giornata di pioggia. E poi il sorriso torna sempre, anche dopo i momenti peggiori!
Un bacio!


Love

Ele_lele

   
 
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