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Autore: Tsukuyomi    03/11/2009    8 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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m Leurak andò a cercare Milo, mentre Akylina tentò di presentare Camus e Aiolia.
A differenza dell'altro greco, Aiolia si era mostrato appena più reticente e meno curioso riguardo il nuovo arrivato; lo aveva guardato con apparente distacco, comprendendo che fosse il bambino di cui Milo non aveva fatto altro che parlare dal giorno prima.
Lo aveva visto anche lui assieme alla donna guerriero all'arena, eppure era rimasto attento ad ascoltare le gesta dei Cavalieri d'Oro che le nutrici narravano sempre, su espressa richiesta del Gran Sacerdote, e raccontavano non solo di epiche battaglie ma anche di piccoli momenti di vita quotidiana, di allenamenti e di sudore, di amicizia e di rispetto. Spesso le parlavano di diversi cavalieri, fratelli tra loro; non solo di spirito ma anche di sangue, esattamente come lo erano lui e Aiolos.
E quelle storie gli piacevano, non le capiva, non era ancora cosciente di cosa parlassero, ma gli piacevano.
Non si era risparmiato una piccola galanteria nei confronti della guerriera che accompagnava il piccolo francese e le aveva porto uno degli ultimi fiori estivi,
 raccolto tra l'erbetta verde che andava crescendo in tutto il Santuario. L'autunno iniziava a manifestarsi con prepotenza, si sentiva il fresco solleticare la pelle sebbene il sole riuscisse ancora a scaldare. E quel fiore bianco, che svettava tra i fili verde intenso, sembrava chiamarlo.
Camus sorrise nel vedere il gentile gesto e continuò a guardare il greco con curiosità.
Comparvero Milo e Leurak, da dietro una colonna divelta da un tempo immemore e lontano.
«Eccolo!» trillò Leurak mentre teneva la mano del bambino che cercava di fuggirgli dimenandosi.
Acchiapparlo si era rivelata un'ardua impresa che aveva spinto il soldato non solo a pensare che da grande il bambino sarebbe stato inarrivabile quanto ad agilità e velocità ma sembrava che godesse nel rendersi inafferrabile.
Milo sgranò gli occhi alla vista del francese e, incurante dei rimproveri delle nutrici, gli si gettò al collo e gli raccontò tutto quello che aveva appena fatto: del gattino che non voleva farsi prendere e di come poi lo avesse tenuto tra le braccia, per finire con la corsa che aveva fatto fare a Leurak per dimostrargli quanto fosse più bravo e veloce. Camus rideva, contento delle attenzioni mostrategli, ma non comprese neanche una parola, mentre Aiolia s'ingelosiva.
«Ehi  - esclamò Leurak, richiamando l’attenzione delle nutrici – perché non ce lo date a noi per qualche ora? Potrà giocare col nuovo arrivato e fare amicizia. Magari si calma, il tornado.»
Le nutrici si scambiarono velocemente una serie di sguardi. Avrebbero potuto passare qualche ora di tranquillità senza dover rincorrere il piccolo in giro per tutto il Santuario e acconsentirono alla richiesta affidandogli Milo, chiedendo espressamente che avvertissero il Gran Sacerdote.
Conoscevano bene la vitalità di Milo e nel caso si fosse fatto male rincorrendo un camion o cercando di sollevare un automobile per poi restarci incastrato sotto, non volevano esserne responsabili.
Leurak si prese l'incarico di avvertire personalmente Sion e salutò i bambini che ripresero a seguire rumorosamente le nutrici.
Aiolia rimase accanto a Milo, ma la sua attenzione venne presto rapita dal fratello che, in compagnia dei due gemelli, cambiava arena.
La vita degli apprendisti era difficile e dura: allenamenti su allenamenti, lezioni di vario genere e combattimenti.
Mentre una delle nutrici si apprestava a riprendere Aiolia, tornando indietro, Aiolos lo prese in braccio e lo consegnò alla giovane.
«Voglio allenarmi con Aiolos.» disse alla giovane, che sorridendo lo mise a terra e gli afferrò la mano.
«Più avanti leoncino. Tra qualche tempo ti allenerai con tuo fratello, ma per adesso sei ancora troppo piccolo. Vero?» gli disse con voce gentile.
Nel sentire quelle parole il bambino sorrise e strinse il pugno, si sganciò dalla presa e corse in avanti.
«Sono piccolo ma sono più veloce.» provocò la nutrice che non poté rifiutare la gara.
Dopo qualche metro di corsa, si ricordò di non aver salutato l'amico e si fermò bruscamente, rischiando che la donna gli passasse sopra.
Si girò e con ampi cenni della mano rimediò.
Milo ricambiò il saluto per poi girarsi a guardare Leurak che ridacchiava.
«Benissimo. Milo, ti va di venire con noi a fare un giretto sulla spiaggia?» domandò al bambino.
«Si! Davvero andiamo al mare? Possiamo fare il bagno?»
«No, niente bagno. Fa freddo. Forse la prossima volta.»
«Io volevo fare il bagno, ti prego, facciamo il bagno.»
Milo cominciava ad assillare il povero Leurak che riuscì a scampare all’ennesima richiesta tirando in ballo il nuovo arrivato.
«Camus non farà il bagno, perché non gli fai compagnia e restate asciutti?»
«Facciamo fare il bagno anche a lui.»
No, a Milo non si scampava.

Spiegarono ai bambini che Akylina doveva presentarsi dal Gran Sacerdote e che sarebbe rimasta in sua compagnia per un po’ di tempo.
S'incamminarono verso il tredicesimo tempio e attraversarono tutti i palazzi che separavano il Santuario, dimora di soldati e mortali, dall'ultimo tempio, il luogo destinato ad accogliere le spoglie mortali della dea che presto si sarebbe manifestata.
I due soldati presero i bambini in braccio, sicuri che non sarebbero riusciti a salire tante scale. Camus, tra le braccia di Akylina, e Milo, sulle spalle di Leurak, cercavano di afferrarsi le mani, giocando tra loro e facendosi domande in lingue sconosciute, mischiando la propria lingua con qualche sillaba di quella appena udita.
Il piccolo greco aveva già capito che per farsi comprendere avrebbe dovuto accentare tutte le lettere finali delle parole, suscitando l'ilarità di Akylina e lasciando il francese interdetto. Leurak fissava la compagna che sorrideva, senza che lei se ne accorgesse.
All'ingresso dell'ottavo tempio, Milo cominciò a fare le bizze e Leurak dovette metterlo a terra prima che tentasse un salto che forse si sarebbe concluso con la frattura di entrambi i talloni.
Appena toccò il suolo mosse pochi incerti passi verso l'entrata. Si fermò nuovamente e cercò di vedere tutta la facciata della gigantesca costruzione. Perse l'equilibrio nell'alzare tanto la testa, ma la mano di Leurak fu lesta e lo sorresse.
Milo si voltò a guardare il soldato e gli sussurrò, flebilmente:
«E' mio».
Fronteggiò ancora il tempio prima di accingersi ad entrare.
Mosse i primi passi con calma, con la schiena dritta e la testa alta, come se fosse il padrone di quel luogo. Lo ispezionò volgendo rapide occhiate a destra e a sinistra, fino a concentrarsi sulle prime colonne. Ne toccò una, poggiandovi la mano aperta.
Lasciava scivolare il piccolo palmo sul marmo bianco e un po' rovinato dal tempo, ma sempre splendente, con un'espressione di ammirazione e meraviglia totale dipinta sul viso. I due occhi azzurri del bambino brillavano nella semioscurità del tempio sacro: quello dello Scorpione Dorato.
Esitò un secondo prima di sorridere ancora e ripetere, a voce alta questa volta:
«E' mio. Qui è tutto mio.»
Camus interdetto chiese ad Akylina cosa stesse dicendo il nuovo amico e lei semplicemente rispose: «C'est son temple
.[E' il suo tempio.]»
«Pourquoi? [Perchè?]»
«Je ne sais pas. [Non lo so.]»
Akylina comprese in quel momento, e assieme a lei Leurak.
Milo era attratto da quella costruzione. Aveva ignorato completamente le prime sette dimore dei guerrieri dorati, ma quel tempio no.
Era come se avesse sentito una sorta di richiamo, come se le mura gli stessero sussurrando la sua appartenenza a quel luogo.
Akylina lo conosceva meglio di tutti al Santuario, era lei che lo aveva trovato. Un bambino di pochi mesi abbandonato in una delle campagne che circondavano il luogo sacro, nascosto sotto gli occhi di tutti. Tra poco meno di due mesi avrebbe compiuto tre anni, per il momento era il bambino più piccolo, eppure si comportava come se avesse più della sua età effettiva.
Non solo la sua parlantina traeva in inganno, ma anche la sua spigliatezza.
In quel momento i due soldati avevano assistito ad una sorta di miracolo: il bambino aveva appena trovato la sua Casa. Il modo in cui sfiorava le colonne, poco prima di mettersi a correre per tutto il tempio, scatenando un gioco con Leurak che tentava di riprenderlo, mostrava chiaramente il suo senso di appartenenza a quel luogo.
Solo Aiolos e Saga, prima di lui, avevano mostrato una tale predisposizione al difficile compito che li attendeva. Era chiaro il motivo per cui Sion aveva ordinato che i bambini iniziassero il prima possibile gli addestramenti.
Sorrise amaramente prima di richiamare sia Milo sia Leurak all'ordine.
«Sì, signora. Ai suoi ordini.» Leurak si mise sull'attenti, imitato subitaneamente da Milo.
Camus, giocoso, scalciò e chiese di essere messo giù anche lui. Si unì ai due mettendosi in fila e ubbidendo agli ordini di Akyina.
«Allons-y![Andiamo!]» disse con tono sicuro, prima di ripetere l'ordine in greco, dando la precedenza all'ultimo venuto.
Continuarono la scalata, con calma.
I bambini correvano da una parte all'altra, sembrava si stessero sfidando.
Un attimo salivano le scale a zigzag, poi cercavano di salirle saltando su un solo piede, poi cercando di stabilire chi dei due fosse più veloce, tutto senza capirsi.
Al nono tempio, Milo sembrava sofferente e stufo di misurasi con il francese e chiese espressamente a Leurak di fare da giudice.
«Sono più bravo io, vero?»
Il soldato rise e cercò lo sguardo di Akylina.
Fu sicuro di averlo incontrato nonostante la maschera, e fu certo che anche lei fosse d'accordo con la sua idea.
«Non posso dirti chi è più bravo tra voi due.»
«Perchè?»
«Perchè io son più bravo.» rispose mettendosi a correre subito dopo, mostrando palesemente la sua superiorità.
Sapeva che prestissimo quei bambini avrebbero potuto picchiarlo e lasciarlo a terra morente senza affaticarsi troppo.
Non sarebbe uscito bene da uno scontro contro Aiolos o Saga o Kanon.
Anche se il loro addestramento era iniziato da poco, era a conoscenza che il suo livello di preparazione era e restava quello di un comune soldato.
Galgo e João, grazie al loro cosmo, sarebbero stati dei maestri stupendi e in grado di tener testa a quei piccoli fenomeni per diverso tempo.
Lui non poteva fare altro che farli giocare e farsi picchiare, ma se i due amici non gli mentivano, e come loro tutto il Santuario, quei bambini un giorno avrebbero rappresentato la salvezza del mondo. Si costrinse a non pensare alla sua inutilità al Santuario, accettando semplicemente il suo destino, prima lo avrebbe fatto e prima sarebbe riuscito a vedere le piccole bellezze che quello strano mondo fatto di sangue e sudore celava.
La scalata dei templi continuò; i due soldati speravano che anche Camus percepisse quel mistico richiamo udito da Milo, ma non fu così.

Il gruppetto entrò nel tempio e Sion non li fece attendere.
Leurak rimase con i piccoli nell’anticamera e parlò con i soldati che vigilavano sul portone  che donava un po’ di riservatezza all’anziano pontefice. Presentò loro Camus, mentre Milo bramava che tutta l’attenzione del francese fosse rivolta a lui.
I due bambini parlarono a lungo.
Ad ogni affermazione di Milo, Camus rispondeva, e viceversa, intavolando una lunga discussione.
«I soldati sono tanti e anche io combatto. Però sto imparando ma non sono bravo.»
«Où est Akylina? [Dov’è Akylina?]»
«Vieni a dormire con noi?»
«Quand elle retour?[Quando torna?]»
«Aiolia ha un fratello più grande, io no. Tu ce l'hai? Anche Kanon e Saga sono fratelli.»
«Leuhrak?»
«Leurak è più grande.»
Camus si stancò in fretta delle loro frasi senza senso e cercò l'adulto che parlottava.
Gli si avvicinò e tirò il lembo della maglietta.
«Où est Akylina? [Dov’è Akylina?]» chiese triste.
«Ehm, tu devè aspettè che arrivè.» rispose in un improbabilissimo francese, ottendendo solo uno sguardo sconcertato del bambino.
Il mongolo pensò che probabilmente il piccolo credeva fosse completamente scemo.

Akylina raccontava a Sion tutti i particolari del viaggio, della fuga dall'ambasciata e il volo di ritorno.
Teneva un ginocchio poggiato sulla candida pavimentazione del tempio.
«Puoi andare Akylina.» disse alzandosi dal trono.
La giovane sussultò un secondo e richiamò l'attenzione del Pontefice.
«Vorrei porvi una domanda, se mi è possibile.»
«Parla.»
«Che rapporti vi legano a Yuri?» chiese infine, sicura di ottenere in risposta un secco "fatti gli affari tuoi".
«Yuri è un mio vecchio amico. Ti basta sapere questo, mi doveva un favore, tutto qui.»
In fondo la giovane sperava di sentirsi raccontare una storia stupenda e roccambolesca di come fuggirono ad una divinità o ad una guerra. Non sapeva il perchè ma sentiva che Yuri fosse parte del mondo del quale ormai anche lei faceva parte, aveva l'impressione che anche lui avesse un cosmo.
Durante la fuga, mentre caracollavano giù per le scale secondarie dell'ambasciata, fu sicura che un intervento esterno, un piccolo aiuto, li avesse nascosti.
La vicinanza di quell'uomo misterioso fu particolare per tutta la durata della corsa, poi sulla macchina e infine all'aeroporto, quando le consegnò il cibo per lei e il bambino, aveva avuto la sensazione di avere al proprio fianco Galgo o J
oão. Ne era certa.

Non parlò all'anziano Pontefice delle sue sensazioni e si congedò.
«Brava, brava. Che stavi facendo con il Gran Sacerdote? Porcellina!» Leurak non aveva perso l'occasione di punzecchiare l'amica, suscitando l'ilarità dei soldati di guardia che incitarono Akylina all'omicidio con conseguente occultamento del cadavere nei pressi delle mura di cinta.
Si allontanarono tenendo i bambini per mano, mentre parlottavano.
«Ma come ti è venuta in mente quella battutaccia?»
«Quale?» chiese Leurak mentre sollevava Milo per le braccia, per poi sollevare immediatamente Camus. Attraversavano la casa dei Pesci.
«Quella su me e il Gran Sacerdote, per Atena, ha più di duecento anni.»
«E' un uomo piacente, sarà vecchio e decrepito ma ha il suo fascino.» osservava attentamente i comportamenti della ragazza mentre le parlava e non notò nessun cambiamento emotivo, all'apparenza. Maledisse la maschera e l'obbligo di portarla.
Giunsero nuovamente al tempio di Aquarius e questa volta fu Camus a comportarsi in modo strano.
Interruppe i giochi con Milo e Leurak per osservare il tempio. Non era la prima volta che lo vedeva, eppure si comportò come se lo vedesse per la prima volta. Sembrò che sentisse quella sorta di richiamo che aveva fatto sì che Milo restasse tranquillo per due minuti.
Appena giunti al centro della costruzione si sedette per terra, incrociando le gambe.
Guardava dritto, verso l'entrata.
Milo fece una corsa, uscì e rientrò, per poi sedersi accanto a Camus.
I due bambini si guardarono e iniziarono a ridere.
I due soldati si sentirono improvvisamente di troppo. Si scambiarono un'occhiata e continuarono la discesa
per poi dirigersi verso la spiaggia.
Akylina teneva il piccolo francese per mano e Leurak ogni tanto scattava per correre dietro a Milo che riusciva a sfuggirgli.
Giunti sul mare, scelsero un posto riparato dal vento e si sedettero.
«Milo vieni che facciamo un castello.»
Leurak riuscì a distrarre il greco dalle onde e dai gabbiani. Camus rideva in continuazione per la vitalità dell’altro e in poco tempo, entrambi i piccoli, si trovarono a progettare un gigantesco castello. Senza capirsi.
«Faisons nous le grand![Facciamolo grande!]»
«Lo facciamo enorme, così poi lo buttiamo giù ed è più divertente.»
«Attention! [Attento!]»
«Hai dei bei capelli, mi piace il rosso.»
Trascorsero qualche ora ad accumulare sabbia, finché l’opera d’arte non fu conclusa.
«Leurak, ora devi buttarlo giù. Bene però.»
Gli adulti scoppiarono a ridere.
«Milo – chiese Leurak – che vuol dire bene?»
«Che non devi farlo male o non cade tutto. Vero Camus?»
«Il y aie là-bas un navire![C’è una nave laggiù!]»
«Visto, mi da ragione.»
Akylina intervenne traducendo al pestifero greco quello che aveva appena detto il francese, ma Milo la ignorò completamente. La giovane decise allora di chiedere al piccolo se fosse d’accordo a buttar giù il castello che aveva appena costruito.
«Oui.»
«Bene. Siamo tutti d’accordo. Leurak procedi con la demolizione.»
«Agli ordini, signora!»
Dopo che il mongolo concluse il saluto militare prese una breve rincorsa e si tuffò sulla sabbiosa opera architettonica. Milo gridò con gioia, afferrò il polso del nuovo amico e si gettò nella mischia con l’adulto.
Giocarono a rotolarsi per un po’ sulla sabbia. Sinché non fu ora di andare a mangiare.

I tre tornarono al Santuario e presero posto alla mensa degli adulti. Milo, durante il pasto, disse ad Akylina che anche Aiolia avrebbe dovuto conoscere Camus, perché  «Camus è bello e buono, non come gli altri bambini che non giocano perché sennò poi li sgridano.»
Leurak e Akylina non riuscirono a trattenere le risate, suscitando l’ira del piccolo. Alle volte Milo era davvero permaloso. Si offese e girò la testa, smettendo di mangiare. Non dovevano ridere di lui, e non volle udire che Aiolia e Camus si erano già conosciuti.
Leurak cercò di far cambiare idea al greco, invitandolo a continuare a mangiare, ma era davvero ferito.
Camus intervenne. Prese la forchetta di Milo dal suo piatto e gliela mise in mano. Aggiunse poi preoccupato:
«Si vous ne mangez pas mourir alors![Devi mangiare, sennò muori!]»
Akylina riprese a ridere e cadde quasi dalla sedia, rideva in modo convulso e cercava di spiegare al compagno cosa avesse appena detto il piccolo francese. I tre maschietti si scambiarono uno sguardo interrogativo, non capivano cosa ci fosse di tanto divertente.
Dopo una decina di minuti la giovane si riprese. Milo aveva ricominciato a mangiare ubbidendo al francese mentre Leurak iniziava a ridere. Akylina era riuscita a tradurgli la frase.
Finirono di pranzare e decisero di andare a riposare. Trovarono un posticino all’ombra nella stessa piazza che, poco più di un mese prima, aveva vegliato sul riposo di Tyko. Si sedettero e parlarono. Akylina iniziò ad insegnare il greco a Camus sotto l’attenta supervisione di Milo che suggeriva le prime parole da insegnare: giocare, rosso, scorpione, acqua, ghiaccio. Il francese imparava in fretta.

In meno di un mese, grazie all’insistenza di Milo, Camus parlava greco quasi perfettamente. Poteva dormire anche lui con gli altri. Akylina preparò gli effetti personali del piccolo e lo condusse nel dormitorio. Trovarono un sorridente Milo ed un assonnato Aiolia ad attenderli.
«Vieni Aiolia. Devo presentarti.»
Corsero incontro al piccolo e alla ragazza.
«Camus, lui è Aiolia. E’ bravo anche lui. Aiolia, lui è Camus. E’ bravo e bello, hai visto?»
Il biondo greco salutò con la mano il nuovo arrivato, che ricambiò, dicendo solamente:
«Lo conosco già.»
Le nutrici assegnarono il letto al francese che ne prese subito possesso spostando il cuscino. Odiava i cuscini, non li sopportava e finalmente poteva farne a meno. Lo mise ai piedi del letto.
«Perché lo sposti?» chiese Aiolia incuriosito.
«Non mi piace il cuscino. Mi piace dormire senza.»
Non c’era niente da replicare. Intervenne Milo.
«Se non lo vuoi lo prendo io. A me piacciono un sacco, sono morbidi.»
Camus lo cedette volentieri.

-

Trascorsero rapide le giornate tra lezioni e allenamenti.
I bambini seguivano con interesse e curiosità tutto quello che gli veniva insegnato e, alla sera, i più grandi non risparmiavano energie per aiutare i piccoli nell'apprendimento di quello che non avevano capito, aiutando chi era rimasto indietro.
Tra i più grandi nacque presto una sorta di cameratismo: si formarono due gruppi principali che, cordialmente e di nascosto, si facevano la guerra.
Quella divisione invisibile tra i ragazzi non aveva fatto altro che saldare le amicizie all'interno dei due gruppi, separazione costantemente tenuta d'occhio dai maestri e dalle nutrici, per ordine e richiesta del Gran Sacerdote.
Aiolos e Saga, con Kanon in seconda, capeggiavano il primo gruppo, nel quale volenti o nolenti si erano ritrovati a fare parte Angelo, Tyko e Shura.
L'altro gruppo, con altri sette bambini, era comandato da Ankel.
La divisione tra loro era ben visibile: alcuni di loro avevano cambiato letto formando una trincea di letti vuoti tra le due fazioni.
Saga e Aiolos, si mostravano essere buoni capi, controllavano gli altri e li aiutavano in ogni modo.
Aiolos si divideva tra Aiolia, al quale insegnava ogni giorno qualcosa, e Shura. I due avevano stretto una profonda amicizia, ma non solo. Shura quasi venerava Aiolos, così simile alla figura dell'eroe trasmessagli dal padre quando ogni sera gli raccontava qualcosa.
Erano sempre più rari i momenti di sconforto e solitudine, non ne aveva il tempo. Avrebbe fatto i conti col suo dolore più avanti, quando non ci sarebbero stati più allenamenti, quando non ci sarebbe più stato bisogno di controllare che nessuno compisse cattiverie. Seguiva Aiolos, ogni sua parola sembrava giusta e veritiera, inoltre era uno dei più forti di entrambi i gruppi. Imparava rapidamente e, con altrettanta velocità, era in grado di trasmettere le conoscenze apprese.
Saga cercava di seguire il fratello che mostrava un carattere sempre più asociale e che mal si conciliava con il resto del gruppo. Spesso era intervenuto per sedare qualche piccola diatriba, ma lo preoccupava soprattutto l'astio che provava nei confronti di Ankel. Comprendeva l'antipatia, che in parte condivideva, nei confronti del giovane russo, ma non concepiva il comportamento fraterno. Sembrava che Kanon riuscisse ad andare d'accordo con Angelo, che aveva mostrato sempre più spesso il desiderio di diventare forte, il più forte nel gruppo. Non lo preoccupava eccessivamente, ma forse staccarsi sarebbe stato un bene.
Aveva compreso che Kanon si sentiva messo in ombra da lui e non riusciva a non soffrirne. Erano uguali, non c'era differenza tra loro, ma allora perchè quel comportamento? Non aveva più ripensato a quella luce strana che aveva brillato nello sguardo di Kanon. Erano passati due mesi da quel giorno.
Anche Galgo non sembrava ricordarsene, ma in compenso
João sembrava sempre più attento ai loro comportamenti. Spesso li prendeva da parte e cercava di parlar loro, li subissava di domande riguardo i loro stati d'animo, ma sapeva. Capiva che il portoghese lo faceva perchè si sentiva in dovere di farlo, ma non comprendeva il motivo di tutte quelle attenzioni. Non era il caso che si preoccupasse a quel modo per loro. Si ripeteva sempre che più avanti avrebbe capito.
Camus e Milo iniziavano a formare un duo indivisibile, mentre Aiolia aveva cominciato a prestare più interesse verso gli allenamenti.
Il ritmo dell'apprendistato dei più giovani non era serrato come per i più grandi. Benchè sembrasse fosse urgente concludere il prima possibile la fase preliminare dell'addestramento, nutrici e maestri facevano in modo che le lezioni pratiche e teoriche fossero intervallate da piccole sessioni di gioco e svago, mirato comunque a sviluppare intuito, intelligenza e fisicità.
Nei momenti di gioco i tre bambini facevano squadra, dimostrando di aver stretto un legame forte, basato sulla fiducia. La gelosia iniziale di Aiolia nei confronti di Camus era svanita sebbene Milo mostrasse una certa attrazione per il francese, ma aveva capito. Camus era per Milo un fratello, un vero fratello, come Aiolos lo era per lui. Crescevano assieme, conoscendosi ogni giorno di più. In fondo non era male il francese e sembrava essere l'unico abitante del Santuario in grado di tenere Milo a freno, per cui, spesso, le nutrici stesse o i maestri affiancavano i due.
Angelo e Tyko trascorrevano assieme tutto il tempo che avevano a disposizione. Formavano una strana coppia: uno così spipillo e curioso, l'altro più riflessivo e concentrato. Erano due opposti che ben si mescolavano assieme: allegri e rumorosi. Angelo rispondeva ai rimproveri, mostrando un carattere forte e determinato, mentre Tyko faceva semplicemente finta di ascoltare e annuiva, teneva a mente le parole che gli venivano rivolte, per poi usarle il prima possibile contro chi gliele aveva rivolte.
Erano simili. Spesso si riunivano con Shura e si allenavano assieme.
Il gruppo prendeva sempre più coesione, arrivando ad allenarsi tutti insieme sotto la guida dei migliori: Aiolos e Saga.
I loro maestri li seguivano, chi da lontano e chi da vicino. Potevano sempre contare su
João, Galgo, Akylina e Leurak e lo sapevano.
In quel mese, Akylina e Leurak avevano rafforzato ancora il loro legame dovendosi prendere cura di Camus. Galgo e
João, invece, avevano avuto sempre meno tempo per confabulare, sempre pronti ad addestrare le reclute, a dirigere i soldati, aiutare il Gran Sacerdote e rispondere alle sue chiamate. Sion, come faceva ogni notte da molto tempo, si recava a Star Hill e consultava gli astri, li guardava e ascoltava le loro silenziose parole.
L'Altura delle Stelle era uno dei luoghi più sacri del Santuario dopo la sala che ospitava la statua della dea.
Solo a lui era permesso accedervi e controllare la volta celeste, ma nell'ultimo periodo si faceva fare compagnia da Arles.
Si sentiva vecchio come non mai.
Riusciva a precepire il peso dei suoi anni che, come un filo d'acqua che lede la roccia, gli portava via energie preziose. Gli sembrava di percepire lo scorrere del tempo come se fosse liquido, sentendolo scivolare sul corpo.
«Riposa un po', sarai stanco.»
La voce di Arles lo scosse dai suoi pensieri, era calda e rassicurante: la voce di un amico.
«Non posso, potrebbe rivelarsi un altro cosmo questa notte. La rinascita della dea si avvicina Arles, lo sai che significa?»
«Sì, che stanno per arrivare i guai. Ma toglimi una curiosità, se puoi.»
«Ti ascolto.»
Il Cavaliere dell'Altare prese qualche secondo prima di formulare la domanda.
Provava un po' di vergogna a fare una domanda così stupida a Sion, suo caro amico ma anche e Gran Sacerdote, ma aveva la necessità di sapere.
«Com'è la dea?» disse tutto d'un fiato, strappando un sorriso all'uomo che, chino su una piccola meridiana, si tolse la maschera mostrando al tintinnio delle stelle i suoi occhi stanchi, velati di malinconia ed incredibilmente splendenti. Sembrava che potessero illuminare la notte.
«Non posso darti una risposta, la dea è la dea. E' esattamente come ti aspetti che sia.»
«Suvvia, sembra che tu stia cercando di spiegarmi come possa essere Babbo Natale.» rispose ironico.
«Davvero. Io mi aspetto una donna giusta, caritatevole e meritevole di completa fede. In passato lo è stata, l'ho conosciuta e l'ho protetta con le mie stesse mani.»
Portò i pugni, serrati, all'altezza del viso e li fissò a lungo.
Guardò la volta stellata un'ultima volta prima di rispondere nuovamente al suo vice.
«E' giustizia, pace, armonia. E' tranquillità e calore. Averla accanto è come vivere un sogno. Conoscerai presto la purezza che la avvolge, così come percepirai il suo cosmo. Dona la pace dei sensi.»
Arles sorrise a quelle parole, cercando di immaginare come ci si potesse sentire al fianco della dea.
La fede di Arles era salda e forte, mai niente o nessuno avrebbe potuto instillargli il minimo dubbio riguardo Atena. Si era votato, anima e corpo, alla figura della fanciulla guerriera che combatte per proteggere la Terra, sapeva che anche lui avrebbe potuto bearsi di un suo sguardo e che presto avrebbe potuto servirla realmente.
«Ancora pochi anni...» sospirò, incerto se mostrarsi impaziente o gioire della rinascita.
«E' anche guerra, morte, sangue e distruzione.»
«Cosa?» esclamo meravigliato.
«Non fraintendermi Arles, ma la rinascita della dea significa che il mondo sarà presto in pericolo. I sigilli imposti dalla dea agli spiriti delle divinità conquistatrici si scioglieranno presto gettando il pianeta nel caos. Con lei al nostro fianco saremo in grado di scongiurare la fine del mondo, letteralmente. Ma è orribile. Il mio maestro morì sotto il mio sguardo, i miei compagni morirono in modo atroce. Lei non è esattemente la pace, ma la strada che conduce ad essa.»
«Capisco.»
«No, non capisci, non puoi. Ma lo farai, presto.»
Un lungo silenzio, carico di significati per entrambi.
Lo sguardo di Sion si velò impercettibilmente di lacrime, mentre indossava nuovamente la maschera che gli celava il volto da più di duecento anni.
Il ricordo del maestro e dei vecchi compagni fu prepotente a manifestarsi ancora, come spesso accadde da quella guerra.
Tutti gli amici di un tempo erano morti, riposavano nei Campi Elisi.
Ripensava alla volontà di Manigoldo, manifestasi a lui perchè riferisse un messaggio al suo maestro, e lui comprese, capì senza bisogno che il Cavaliere del Cancro si spiegasse. Bastò l'elmo.
Lo stesso copricapo che ora indossava lui: simbolo di potere. Non avrebbe deluso i vecchi compagni.
Rivolse lo sguardo al cielo, pronto a leggere nelle stelle brillanti della fresca notte di settembre. Qualcosa sarebbe accaduto quella notte, e lui era pronto a leggere e a capire.
Arles rimuginava silenzioso sulle parole appena udite: Atena era la via per un mondo migliore, dove trionfasse la giustizia, la pace, la fratellanza.
La via da seguire era irta di ostacoli e dolore, ma era pronto; aspettava da sempre il momento in cui avrebbe potuto venerare la sua dea e combattere al suo fianco.
Le parole di Sion gli avevano rivelato una grande verità: era necessario accettare qualche compromesso, e questo altro non era che la vita di ogni Cavaliere della dea.
«Lo percepisco, Arles.»
Il Gran Sacerdote lo riportò alla realtà. Si alzò e gli si affiancò sollevando lo sguardo ad osservare il cielo.
«Lo senti?» gli chiese afferandogli il polso. Fu come se gli stesse trasmettendo l'energia pura delle stelle, la loro sapienza e la loro eternità.
Arles si sentì pervadere da una nuova energia e, per un secondo, sembrò non avvertire più il peso del tempo, la corsa dell'acqua di una cascata. Per un secondo tutto si fermò: il mondo smise di girare, le stelle si rischiarare la notte, il sole di bruciare e lui di respirare.
Il suo sguardo, istintivamente e senza motivo, si diresse rapidamente verso una delle costellazioni dell'eclittica: un cavaliere d'oro si manifestava per la prima volta.
«Si, Sion, lo sento. E' debole ancora.»
Annuì a quelle parole, continuando a fissare quell'ammasso di stelle nel cielo di fine settembre. La stella principale brillava con veemenza, oscurando le altre.
«Chi devo far convocare?» chiese, pronto a preparare la spedizione di recupero.
«Nessuno.» fu la risposta di Sion.
«Come nessuno?»
«C'è ancora tempo.» disse seraficamente volgendo lo sguardo al Santuario intero che riposava.






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Sion ha percepito un nuovo cosmo e un nuovo prescelto farà presto la sua comparsa. Indovinate di chi si tratta! Sempre che vi vada eh.

Ringrazio tutti i lettori, sakura2480 per aver  inserito la fic tra le seguite e chi ha lasciato una recensione! Grazie, grazie, grazie!!

sakura2480.
Carissima, bisogna pur sorridere in questa vita che di risate tende ad elargirne ben poche! Vediamo di viverla con un po' di allegria e alle spalle di Leurak. Povero, mi spiace che Angelo gli abbia assestato un pugno nei gioielli, davvero. Non farmi troppi complimenti o rischierò di montarmi la testa e non è il caso, sono tutti apprezzatissimi però, sappilo. E s'inizia a citare il Lost Canvas, dopotutto Sion sa', oh se sa', soprattutto sa come porre rimedio ad un'indigestione cosmica. Un bacione!!

Himechan.
I Bastoncini di Capitan Nemo *.*, no, tu vuoi farmi perdere la testa e uccidermi, non puoi, non puoi!! Farò in modo che in tutto il Santuario, soldati, bronze, silver e gold si cibino di queste prelibatezze!
E ti mando tutti i birbantelli per giardinare come si deve in attesa della bakata sul piccione de fuego!! Grazie mille!! Un bacione!!

miloxcamus.
Qui c'è un'altra dose di patatosità scorpionifera. Dai, è un bambino adorabile, rompiscatole come pochi ma adorabile. Perdona il ritardo! Un bacione!

Ricklee.
Cara mia, ecco un altro po' di Milo e Camus, in tutto il loro splendore dorato. Cominciano a piacere anche a me questi pargoletti! Grazie mille, un bacione e alla prossima!

whitesary.
Si, ti ho colorato El Cid, è bellissimo come namecciano e gli ho fatto il mantello color arcobaleno!! Odiami pure, ma ha acquisito fascino.

Saruwatari_Asuka.
Vedrò di fare in modo di salvare i gioielli di Leurak, sperando che non sia troppo tardi. Deve riprodursi, almeno un po'!! Grazie mille, ci sei sempre *.* Un bacione!!

   
 
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