ALTERNATIVE LOVE
Era turbata e spaventata.
Aveva letto e riletto quel testo cercandone i vari e possibili significati ma
tutto era inequivocabilmente riconducibile ad una
malinconia sconosciuta. Una malinconia indesiderata ed
inaspettata che aveva posseduto Shikamaru e l’aveva nascosto alle bellezze
della vita. Lei era felice, lei si godeva quello straccio di vita che
credeva valesse la pena di essere vissuta. Ma Lui? Lui era felice di vivere? Era soddisfatto della sua
vita? Delle sue lotte? Delle sue idee?
Si sentì una cretina a non
averglielo mai domandato, a non essersene mai interessata, ma era sempre stata
convinta che fosse una delle persone più felici di
Konoha…proprio perché aveva il coraggio di essere se stesso.
E invece non è così, si disse abbassando lo sguardo. Ma allora che cosa serve per essere veramente felici? Qual è
la chiave? Qual è la strada da prendere?
Ino l’aveva ammirato,
l’aveva amato, l’aveva adorato per il suo modo di essere
ed esistere…ed aveva segretamente sognato di diventare come lui un giorno.
Ma era questo ciò che l’attendeva? Testi tristi
accompagnati da note altrettanto deprimenti?
Non era più molto certa
della sua scelta, di abbandonare la vecchia sé per far spazio a quella nuova
che, prima o poi, si sarebbe trasformata in un corpo
privo della capacità di ridere di gusto.
Dopotutto, anche se prima
era sempre stata un’ochetta superficiale, era felice.
Si disse
che non aveva senso parlarne e corrodersi lo stomaco con queste domande.
Prese un pentolino e lo
riempì d’acqua. Lo mise sul fuoco per farsi un tè e per rilassarsi un po’.
Aveva deciso che avrebbe
parlato a Shikamaru quando sarebbe tornato …sia di
quel testo triste che le aveva creato troppi dubbi nella testa e sia di loro
due…
Perché c’era un’altra
domanda che la stava soffocando: che cos’erano
diventati?
Non lo sapeva, ma voleva
davvero capirlo.
Voleva sentirsi dire come
quel bacio per lui avesse avuto un significato e come
questo avrebbe potuto incidere sulle loro vite.
Oramai si sentiva quasi
una brava mogliettina, ad aspettarlo a casa e magari preparandogli la cena.
Era felice, per quanto non
ne fosse abituata, di coabitare così con una persona. Le piaceva davvero tanto
essere ospite del mondo del Nara e poterci scorrazzare
libera.
Stare così vicini aveva
innescato un meccanismo troppo complicato perché fosse possibile fermarlo. E la
loro attrazione si faceva sempre più forte, soprattutto quella di Ino.
il solo pensiero di dover tornare nella sua casa le metteva i brividi, come se
ormai nella sua mente solo quella
potesse più essere casa sua, e solo quello
potesse essere il suo letto.
Guardava quelle pareti
come se nascondessero una storia infinita e tutta la sua vita. Ma così non era. Si,
una vita però, si trovò a pensare, era
cominciata..
E non era quella di lei… e nemmeno quella di lui.
Sperò tanto Ino che quella ad essere iniziata fosse proprio
insieme..
***
“sai che sei un Bastardo!?” il volume della voce che si alzò “lo so Choji…lo so…”
C’era tensione, c’era silenzio. Solo due sguardi castani che
si scrutavano e lottavano muti, che si colpivano e si ferivano senza muoversi
ne sfiorarsi.
Due nemici o
due amici, stava a loro decidere.
“ti ho
chiesto che cosa vuoi!” aveva nuovamente alzato la voce “ed io ti ho già
risposto…” era calmo, come suo solito “come te la passi vecchio amico?” aveva
domandato “non sono un tuo amico!” fu l’esclamazione “e comunque
che ti importa?!” fu ancora l’attacco dell’Akimichi.
“ero venuto
solo per parlarti, credevo di essere ben accetto”
Quando aveva citofonato aveva detto nome e cognome con
una tale apatia da sembrare una segreteria telefonica. La porta si era aperta
di scatto senza nemmeno sentire una parola.
Era entrato
in silenzio con lo sguardo basso. “non lo sei” era crudele la sua voce
Shikamaru
aveva provato come una pugnalata al petto.
La loro
amicizia era svanita da mesi, ma era convinto che non sarebbero bastati per
dimenticare una vita intera. Eppure era così, non si riconoscevano più, gli
amici che avevano condiviso tutto ora erano tutt’altro, e si squadravano come predatori affamati.
“volevo
provare a sistemare le cose tra noi…” aveva cominciato, azzardando… Choji lo guardò di storto “e come mai, di grazia!?” era stizzito
Un attimo di vuoto, nessun’atmosfera, niente
che potesse fluttuare tra i due. E vennero le parole: “Ino
mi ha fatto pensare…”
Erano in
piedi l’uno di fronte all’altro, nel salotto di casa Akimichi.
Con crudeltà in corpo, il paffutello aveva perso il fiato, di fronte a tale
concetto…
Ino…
Era così
strano ormai sentire il Nara parlare di lei, come se
fossero amici come un tempo.
Erano stati
i magnifici tre ed ora non erano altro che un vecchio ricordo ingiallito e
lasciato marcire in fondo ad un cassetto pieno di polvere. Ed
ora quel nome e quel volto scuro come Suna sembravano
soffiare sopra a quel ricordo, riportarlo alla luce, pulirlo accuratamente come
se potesse essere ancora reale. “e lei che cosa c’entra?”
Era
spaventato, sudava freddo, non capiva cosa stesse
succedendo. Improvvisamente un’onda di domande si era fatta avanti e l’aveva
investito senza fermarsi un attimo… e se tutti i suoi dubbi fossero
stati fondati?? Che avessero un’amicizia
segreta? L’aveva sospettato, da quando Sasuke aveva fatto
notare quanto
Loro due,
ancora insieme…
E lui dov’era? Si stava
chiedendo.. perché era stato tenuto all’oscuro di
tutto?
“non ha
importanza…” aveva leggermente sussurrato, a testa china. “si
che lo ha!” fu la continuazione. Voleva delle risposte. “ti basti sapere…”
cominciò, alzando finalmente lo sguardo, così che quel giovane potesse osservarlo, catturare ogni particella di quell’essenza nascosta al resto del mondo. Prese tempo,
così che ogni sua sentenza potesse avere l’effetto desiderato, che potesse essere veramente compresa, come quell’affetto
dimenticato. La sua voce risuonò malinconica “..che mi
manca la nostra amicizia”
Lo fissò
ancora, in attesa. Dalle prossime parole sarebbe di
certo dipeso tutto. Si era prostrato, si era inchinato, aveva preso quel
coraggio che credeva di non possedere più. Voleva provare a tornare al suo
vecchio mondo, infilarci la testa ed osservarlo per capire se veramente..
fosse così diverso dal suo. Tutto ciò che ebbe in principio
come risposta fu un’espressione scomposta, stupita.
Prima Ino,
poi questo. La situazione gli era palesemente sfuggita di mano. Non si aspettava
tutto ciò quando si era lentamente risvegliato quella
mattina, ma di certo qualche dubbio era sorto appena aveva riconosciuto la voce
roca del Nara parlare al suo citofono.
“no…” si udì
aspro “non va…” quello lo guardava con una diversa faccia, che non era più
quella che Shikamaru ricordava. Non c’erano più le iridi scure, i capelli
lunghi, quel viso paffutello.
Era ora una
nuova persona, che di certo non aveva mai visto. Shikamaru aspettò che
continuasse, anche se quella negazione ormai aveva risposto
ad ogni domanda. Sperava però dentro di sé di aver
compreso male, che non fossero realmente quelle le sentenze dell’Akimichi. “mi dispiace, non è più come una volta” era
tagliente e pungente ogni sua sillaba, e il Nara si
sentì crollare.
Non credeva
fosse possibile, che tutto ciò che avevano costruito insieme potesse cedere per
quei mesi passati lontani. Era stato il suo migliore amico,
era stato come un fratello. Ed ora cos’era
rimasto di quella splendida amicizia? Nulla…doveva rassegnarsi. “credevo…” tentò di parlare, tentò di raccattare i cocci di quell’arte ormai spenta, ormai dimenticata.
Non voleva
arrendersi dopo tutta la fatica che aveva fatto per camminare fino a quella
dimora, per premere quel nome familiare sulla
targhetta e per entrare in quella villa che da bambini era il nascondiglio per
le loro fantasie e i loro giochi infantili. Choji
incrinò le sopracciglia, con freddezza. “credevi male” non lo lasciò finire.
BOOM era
esplosa la bomba. il moro venne percosso con forza,
come se dovesse d’un tratto riprendere il senno. Così era stato deciso. Aveva
sbagliato, si era solamente illuso che tutto potesse ricominciare, con una
buona collaborazione. Ma non ve n’era, in quella casa.
Non c’era nient’altro che il suo stupido sogno di riprendere un’amicizia che
credeva non fosse poi così morta.
E invece era morta eccome, si disse
con tristezza, e non poteva più tornare indietro.
Gli occhi
così scuri come erano sempre stati si osservarono a
vicenda, senza più fiatare. E in quegli interminabili secondi chiaccherarono e
si raccontarono di quant’è
bella la vita, anche se non c’erano più parole per dirselo. L’Akimichi abbassò lievemente lo sguardo, come se si vergognasse
di ciò che aveva appena detto. Ma non si smentì, e
nemmeno provò a farlo. “ciao allora…” aveva sussurrato Shikamaru tornando sui
suoi vecchi passi. Aprì la porta e la scavalcò “ciao” e l’uscio si richiuse.
Appena
chiusa la serratura Choji sospirò come se avesse
appena commesso un atto di estrema fatica. Perché dopotutto fu proprio così.
Era stato
faticoso allontanare una faccia così conosciuta e bruciarla di parole. Era
stato faticoso non cedere alla tentazione di restaurare ciò che da mesi non
aveva fatto altro che rimpiangere.
Ma la loro
amicizia, se ne rese conto, non sarebbe comunque
tornata quella di un tempo, perché entrambi erano cambiati e cresciuti in quel
periodo, e preferiva senza ombra di dubbio credere che quello fosse ancora quel
suo fratello più che un estraneo.
Non sarebbe
mai riuscito ad accettare l’idea di non saperlo più riconoscere.
Preferiva il
dolce ricordo di un’amicizia sbiadita, piuttosto che il pensiero di due persone
estranee che fingano di essere ancora come quando
erano bambini.
***
Fluttuava in quella casa,
svolazzava di qua e di la quella curiosa giovane. Dava occhiate ad ogni mobile, ad ogni quadro appeso. Cercava
di scavare dentro quell’arredamento e ricavarne un
sapore che ricordasse, un sentimento che Shikamaru
poteva aver posseduto, in quel suo cuore freddo.
Aveva creduto che fosse
una persona calda, amichevole, solare…ed invece quelle sue parole scritte in
nero sulla carta rivelavano il contrario e, come se non bastasse, indicavano ad
Ino quanto in realtà non lo conoscesse. Si era sentita spiazzata dal senso di
colpa di non essersi mai resa conto di quando lui soffrisse
tra i suoi silenzi e le sue canzoni. Vide su uno scaffale una scatoletta,
avvicinandosi riconobbe la familiare marca di sigarette che notò fosse ancora chiusa.
Il pacchetto di riserva, sorrise sotto i baffi. Quel suo vizio l’aveva da sempre adirata, da quando aveva iniziato, fino a
quando lui era partito per Suna. Da quel momento in
poi aveva come notato lo strano fascino di quella dipendenza, lo strano odore che gli ricopriva la pelle, e di come la sua
voce fosse divenuta roca. Aveva assunto una bellezza più adulta, quasi paterna.
Come se quel pacchetto di
sigarette sempre in tasca gli ricordasse il suo vecchio maetro…Asuma.
Così come lui era stato un
secondo padre, ora Ino era follemente corsa tra le
braccia di Shikamaru per trovare il conforto che Inochi
non avrebbe mai potuto darle.
Sorrise all’idea di
pensare al Nara come un padre, dato che ne era.. ora
possiamo dirlo…innamorata.
Che strana cosa, rifletté, la loro storia…
C’era bisogno di perderlo
per capire quanto in realtà ci fosse affezionata? Non
poteva saperlo…
Ma chissà se saremmo finiti in questa
situazione se solo lui non fosse partito per il villaggio della Sabbia? Continuava a domandarsi. Afferrò il pacchetto e lo
rigirò tra le dita. Lo aprì, solo per annusarne l’odore, e scoprire se l’avrebbe ricondotta a lui. Gli scintillanti filtri arancioni risaltarono subito mentre
lei odorava il tabacco. Bleah! L’allontanò dal viso. Come poteva
Shikamaru essere schiavo di quella roba? Assaporò l’aroma che lentamente si
sprigionava nell’aria. L’odore riportò alla mente della ragazza una figura
snella, coi capelli scuri raccolti e uno sguardo perso
a contemplare il lento passaggio delle nuvole nel cielo. E
subito vorticosamente l’immagine sparì, per lasciare posto ad una chitarra che
suonava la dolce melodia che le era rimasta nella mente da quella mattinata nel
parco.Estrasse una sigaretta. Era liscia, bianca,
perfetta. Non come quelle schiacciate che il moro teneva
continuamente tra le dita. Cercò un accendino, non ne comprese bene il
motivo, ma lo cercò frettolosamente. Ne trovò uno sul davanzale, uno Smoking nero. Si guardò intorno, come se
stesse per
commettere un delitto e controllasse che non ci fossero testimoni o telecamere
pronte ad incriminarla. Portò l’immacolata sigaretta vicino alla sua bocca e,
prendendo un bel respiro la mise tra le labbra. Smise di respirare per non
sentire quell’odore che per niente le piaceva. La
fiamma dell’accendino mangiò la carta e pian piano il tabacco sulla punta.
Il fumo si agitò subito in
aria mentre cominciava ad entrarle negli occhi. Li
chiuse subito ed ispirò con timidezza. Sentì il bruciore scendere giù per gola
e a quel punto tossì così forte da credere che i polmoni le sarebbero
schizzati fuori dal corpo. Rimase in preda alla tosse per una quindicina
di secondi e poi si riprese. Osservò la sigaretta che aveva tra le dita
tenendola a debita distanza, come se fosse un’arma pericolosissima. A quel
punto fu tentata di gettarla via, ma non lo fece… anzi
riavvicinò la sigaretta alle sue labbra e tirò di nuovo ma questa volta
lasciando il fumo nella bocca, senza mandare giù. In quel modo il fumo non le
diede alcun fastidio, anzi, le ricordò proprio l’aroma che Shikamaru aveva
ormai nella pelle. Era proprio l’odore che cercava.
Udì all’improvviso il
gracchiare del citofono. Deve
essere lui, immaginò. Posò la sigaretta sul posacenere pulito, nel
bordino incavato, e corse verso la porta. “chi è?” e riconobbe la voce pronunciare
il proprio nome. Aprì ed attese che il corpo morbido di lui salisse
fino all’entrata dell’appartamento. Dlin Dlon. Tirò la maniglia di scatto per vedere quegli
occhi che le erano stupidamente mancati in quella misera mezz’oretta. “ciao!”
osservò l’espressione di lui, che non era
assolutamente allegra come quella di Ino “che succede?” domandò immediatamente.
Il Nara aveva il volto distrutto e tendente all’impassibilità.
Indescrivibile.
“sei arrabbiato?” domandò subito la biondina, lasciandolo entrare “naaa…lascia stare” aveva sbiascicato lui. “ma…”continuò il ragazzo. Dopo aver annusato stupefatto
l’aria si trovò a guardare la sigaretta accesa sul tavolino davanti alla
televisione “..stavi fumando?!?” si voltò di scatto
giusto in tempo per cogliere la mortificata espressione di lei “emh…” tentò di spiegarsi “volevo solo pr..”
ma venne subito investita “non voglio che fumi!” le
venne gridato contro.
Ino rimase spiazzata…
Le sorse un involontario
enorme sorriso appena compreso il benvoluto concetto. Lui la stava proteggendo.
La cosa, della quale non capì immediatamente il motivo, la rendeva felice.
Decise di giocare un po’, tanto per chiarire bene le
intenzione del Nara. Assunse un’espressione alquanto spudorata“e allora?
Mica devo chiedere il permesso a te!!” fece la sua
parte da brava attrice. Shikamaru si tranquillizzò, intuito il sadico rituale
della Yamanaka. Fece un sorrisetto furbo “beh si, finche usi
le mie sigarette!” rise, avendola spiazzata. La biondina si rese conto
che lui non stava affatto proteggendo lei ma i suoi
interessi “beh allora domani me le compro…” disse, poco convinta. Lo sguardo
accigliato del Nara si posò con forza su quello
celeste di lei. Lo bruciò letteralmente, ma lui non fiatò, aveva
detto tutto. La giovane si stupì del fatto che lui non avesse provato
nemmeno a farle cambiare idea. Che veramente non gli
importasse nulla di lei?
Rimasero in silenzio,
l’uno più immobile dell’altra. Ino nella totale quiete ripassava ogni parola
che in quel momento sarebbe stata più giusta dire…ma
non le venne fuori niente.
Pensò che forse quel momento statico fosse giusto per
parlargli dello strano testo e soprattutto, della loro situazione. Anche perché
quella, più di ogni
altra cosa, era una seria incognita. “ preparo la cena”aveva
detto lui, stanco di quel nulla. La ragazza si ritrovò ad annuire piano.
Shikamaru si precipitò nel frigo a cercare qualsiasi cosa potesse essere
commestibile e si rifugiò tra pentole e pentolini, tanto per sfuggire a quella
tensione fluttuante.
“Tu non sai proprio niente
di me!” aveva esclamato alzando la voce, di spalle, chinato sul fuoco. Ino venne paralizzata dalla crudeltà di simili parole. Non si
aspettava quella risposta e di certo una rabbia del genere. Si sentì
improvvisamente una bambina ripresa per un cattivo comportamento e, come tale,
le guance cominciarono a pulsarle forte, come ricordava fosse successo qualche giorno prima nello stesso appartamento. Non disse
niente, ma cominciò a cercare freneticamente tra i cassetti
una tovaglia per apparecchiare.
La trovò, bianca e
semplice e la stese sul tavolo, dopo averlo sgombrato da testi drammatici e
posacenere con sigarette ormai spente. Nel frattempo quelle maledette
pulsazioni si erano estese alle tempie e intorno agli occhi e si erano
intensificate. Aveva ormai la vista appannata. Odiava quella sensazione di
pianto immediato che non aveva idea di come fermare.
Perché devo essere così
debole?si chiese abbassando il
volto, onde evitare di essere vista con gli occhi arrossati e lucidi, nel caso
in cui lui si fosse improvvisamente voltato. Forse era vero, anzi quasi
certamente Ino aveva aperto bocca, come suo solito, quando non era lecito, ed aveva
sputato giudizi velenosi senza saperne nulla. Che
poteva capire lei di Shikamaru? Che ne poteva sapere
se quelle parole scritte nell’inchiostro non fossero veramente gemelle dei suoi
pensieri? Chi sono
io per giudicarlo?si domandò, mentre una lacrima scese pesante sul viso,
provocandole un fastidioso solletico lungo la guancia. Tirò su col naso, quasi
automaticamente. Si sentiva una cretina, perché, come quella sera sotto casa
sua, aveva creduto di conoscerlo abbastanza bene da permettersi di proferir
parola a suo riguardo, ma ogni volta venivano smentite
le sue teorie ed ogni volta perdeva le sue sicurezze.Era
una cosa che non poteva sopportare. Shikamaru non si sarebbe mai fidato di lei,
perché probabilmente per lui era come un’estranea.
Ed ecco
che le illusioni della Yamanaka cadevano in frantumi.
Aveva creduto di essersi
finalmente avvicinata allo splendido ragazzo vagabondo… ma
lui, con una bella risata, aveva fatto un passo avanti, allontanandosi da lei,
come se non stesse facendo altro che innalzare un muro tra loro per non essere
toccato.
Perché non vuoi che io ti capisca?
Intanto il
Nara aveva cercato in tutte le maniere di concentrarsi sul pasto in
preparazione pur di non pensare al pessimo tono con il quale aveva risposto
alla povera giovane che aveva alle spalle. Odiava quando
gli venivano toccati i propri averi,soprattutto quelli così privati. E poi
quella frase…quanto l’aveva innervosito! Ma quel suo
tono probabilmente era stato troppo brusco e in quei secondi passati
dall’ultima voce udita
lui non aveva fatto altro che pregare se stesso di trovare la
forza di voltarsi e chiedere scusa… poi…
un suono…un singhiozzo soffocato.
Si voltò di scatto, col
rischio di ribaltare la pentola sul fuoco. Gli si sbarrarono gli occhi alla
vista di una tavola teneramente apparecchiata per due ed una figura
rannicchiata sulla sedia,di fronte a lui, dall’altra
parte del tavolo. Aveva la testa china, i lunghi capelli biondi riversati a
sfiorarle le ginocchia. Un altro singhiozzo, e Shikamaru perse il fiato. La
guardò dall’alto senza saper che fare “ehi…” provò a sussurrare, senza ricevere
risposta.
La biondina respirava
veloce, con affanno, spaventata, come se avesse corso chilometri per sfuggire
ad un potenziale assassino. Era terrorizzata dal suo tocco e dalla sua espressione sconvolta. Detestava il modo in cui
Shikamaru la stava guardando: come una pazza…come fosse fuori controllo.
E probabilmente in quel
momento lo era davvero
“ehi…stai tranquilla…” si
avvicinava cauto come se parlasse ad un animale selvatico e pericoloso del
quale non si conoscono le possibili reazioni.
Convinta di non voler più
stare sotto quello sguardo insopportabile, corse senza dire una parola verso la
camera da letto, chiudendosi con ferocia la porta alle spalle. Il moro l’aveva
immediatamente seguita ma quella porta li aveva
separati, accompagnata da un forte rumore rimbombante nella casa. “Ino apri!”
aveva urlato, ma lei con tutta la sua forza la teneva
bloccata.
Non rispose
“è inutile tanto volendo riuscirei ad entrare lo stesso…” tornò lui
calmo, abbassando lo sguardo. Non riusciva a capacitarsi di come fosse accaduto quel susseguirsi di eventi. Era proprio vero, con Temari simili
situazioni non si erano mai verificate. Ogni movimento naturale, si disse, ogni reazione programmata, era forse
proprio quello strano ed imprevedibile modo d’agire che lo aveva reso così
follemente innamorato di lei. Rimase con lo sguardo basso a contemplare quei
suoi pensieri. Gli sembrava continuamente di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, come se la loro relazione non fosse che un vaso
di cristallo su un tavolino traballante.
Sentì il flebile rumore
del corpo di lei che lentamente abbandonava l’uscio e
si buttava tra le lenzuola del letto, annegandoci.
Si era arresa, appena
compreso che quella fuga non sarebbe servita. Infossò
il viso in un cuscino candido e sperò di addormentarsi immediatamente, cosa che però non poteva accadere. Sentiva ancora la presenza e
il respiro del ragazzo dietro lo stipite. “non entro se non vuoi…” aveva
continuato, fuori dalla stanza. Ancora niente, nessuna
risposta. Era indecisa se mandarlo via o lasciarlo entrare. Dopotutto che aveva
fatto lui di malvagio?
Era semplicemente stato
sincero…aveva detto le cose come stavano.
Lei non sapeva
nulla di Shikamaru, non poteva nemmeno dire di conoscerlo sul serio.
Ma la cosa che più di tutto l’aveva messa nella
condizione di fuggire davanti agli occhi castani, era stata la risposta alla
sua seconda domanda, che involontariamente era giunta.
Loro non erano niente.
Non erano amici, non erano
fidanzati, non avevano nemmeno una relazione.
Erano
poco più della polvere soffiata
via da una vecchia fotografia ingiallita che raffigurava un’amicizia ormai
perduta. Come si sarebbe spiegata ora?
Come avrebbe potuto dire a
Shikamaru che il motivo delle sue lacrime non era che
una stupida illusione frantumata in mille pezzi?
Aveva creduto in quel
bacio, aveva creduto in immaginari sentimenti, che
evidentemente solo lei provava. Ma la realtà era ben diversa:
Shikamaru la allontanava, Shikamaru la lasciava per starsene da solo. Sapeva
già allora che i suoi silenzi non avrebbero fatto altro che farla
soffrire.
Sentì improvvisamente un
cigolio alle sue spalle, ma non si voltò nemmeno a guardare il ragazzo entrare.I passi erano lenti, ma non provò nemmeno a fermarli.
Sentì un peso al suo fianco, e le molle del letto abbassarsi mentre lui le si sdraiava affianco e le prendeva un polso per farla
voltare.
Non tentò nemmeno di
opporre resistenza e le grandi iridi celesti tornarono a guardare la luce e
poco dopo, anche il volto dell’altro. “ehilà..” aveva
scherzato il Nara.
Lentamente
si abbassava e lentamente i loro visi si avvicinavano. Erano fiato contro fiato quando
egli parlò “ scusa…”aveva bisbigliato con fare suadente “ non volevo ferirti” le
parole erano tornate roche e calde, non più come quando era entrato in casa,
ancora adirato per il colloquio con l’Akimichi. Erano
state subito rassicuranti, e quella presa e quella
vicinanza le fecero battere il cuore sempre più veloce.
“non importa…” aveva
sussurrato lei, con voce strozzata. Tentò di non far notare lo sguardo lucido ma non ci fu verso, il moro le accarezzò una guancia
per asciugarle una lacrima. Poco prima era così infuriata che l’avrebbe preso a
pugni se solo avesse potuto, perché aveva mandato in frantumi le sue fantasie romantiche
ed infantili, ma appena i loro sguardi si erano incontrati aveva dimenticato
tutto, come in un blackout. Era bastato vederlo lì, di
fronte a lei, o meglio dire sopra di lei,
che ogni contestazione si era dileguata nel nulla.
Era arrivato…e lei non
aveva più preoccupazioni.
“ guarda che ho capito…” tornò
sulla terra alla velocità della luce, giusto in tempo per vedere il viso di lui quasi toccare il proprio “ah si?” domandò,
preoccupata che ciò fosse vero.
Se egli avesse veramente
compreso il motivo di quel pianto non solo avrebbe
intuito quanto lei fosse invaghita di lui, in più avrebbe dovuto sotterrarsi da
qualche parte, per nascondersi dall’imbarazzo.
Il Nara dal canto suo non poteva che essere intenerito
dalla scenata che gli era appena stata presentata. Aveva capito…eccome. Dopo
tutti i tentativi e gli sforzi che Ino aveva fatto per riallacciare i legami,
non era proprio giusto che venisse trattata così. Decise
così di rimediare:“non ti preoccupare” cominciò con un
radioso sorriso “..te le offro io le sigarette…” e prese a ridere scioccamente.
Ella in un primo momento lo guardò di storto ma poi si
abbandonò anche lei ad un riso libero. La stava prendendo in giro, ne era certa, ed era più giusto così…che la cosa non venisse
affrontata subito. Non avrebbe retto un chiarimento negativo, non in quel
momento. Era felice, era contenta di trovarsi costretta in un letto, costretta
da quel meraviglioso corpo che le si ergeva davanti.
Era così invitante… sprigionava ormoni da ogni suo poro e
“aspetta!” Shikamaru se la
scrollò di dosso tirandosi su a sedere. Improvvisamente un nuovo incubo si era
impadronito dei pensieri di Ino…che lui volesse
nuovamente scappare, proprio nel momento in cui non desiderava altro che averlo
in tutto e per tutto?! L’espressione del moro era di un terrore agghiacciante..“ho lasciato la pentola sul fuoco!” aveva esordito
catapultandosi nell’altra stanza.
Ella non poté far altro che sciogliersi in un’altra
sonora risata quasi immediata, dopo aver scampato il pericolo.
Rise di gusto, poiché non
poteva far altro che ridere delle assurde situazioni in cui riuscivano
sempre ad incastrarsi, e di come erano in grado di distruggere una splendida
atmosfera con un evento comico come quello. Guardò quella stanza un’altra
volta, come se ormai non la conoscesse a memoria, e pensò che in fin dei conti era meglio non crearsi troppo problemi. Meglio lasciar stare, decise, meglio non obbligarsi
a prendere una certa strada, solo per loro due, ma lasciare che le cose vadano
da sole…sarebbe stato alla loro vita di coppia decidere che via percorrere.
Non voleva di certo
rischiare di far finire tutto prima che quel tutto cominciasse…
Però di una cosa era assolutamente certa…lo voleva.
E lo voleva in ogni sua parte o cellula, in ogni suo
respiro o carezza. Voleva avere la sua intelligenza e voleva
il suo corpo. Andò nell’altra stanza mentre lui
controllava la sua povera cena. Lo fissò un istante…
E con la consapevolezza di quella certezza decise
che se davvero lo voleva avrebbe dovuto
prenderselo…
Pensò al
testo di quella canzone mai cantata… qualche parola le saltò alla mente, senza ritmo, senza alcuno schema…
Andando da nessuna parte,Nessuna
espressione …
Nessun domani…
Doveva dimenticare quel
testo,non voleva dire niente. Ora c’erano solo loro
due, ed una cena ormai bruciata…
non avrebbe più avuto importanza alcuna nota di quella
melodia. Shikamaru quando era con lei non rispecchiava
affatto ciò che aveva scritto…
tentò di scacciare via quei pensieri ma altre parole,
sussurrate piano, le persuasero la mente, cantate, invocate, spaventosamente
reali, come se qualcuno alle sue spalle le stesse cantando
Nessuno mi conosce…Nessuno
mi conosce
Vi ho fatto attendere molto per questo capitolo ma spero che ne sia valsa la pena xD
Mi fa troppo ridere l’idea di Ino che si vuole portare a letto Shikamaru e che non
accetta alcuna risposta che non sia un SI! Ve la dovete proprio godere questa
scena!
Infatti d’ora in poi la fic imboccherà una trama un po’ più hot, che è l’inizio
anche di una nuova fase della storia…. La
conquista delle voglie di Shikamaru, al prossimo aggiornamento!!
Che risate! xD
Proprio per questo lavoro ho incaricato
mia sorella, che è una pazza psicopatica e che è adatta a questo genere di stronzate xD
spero che continuerete a seguirmi J
Ringrazio tutti coloro
che hanno messo la mia fic tra i preferiti o tra
storie seguite. E grazie anche alle recensioni.
Spero di riceverne al più presto di
altre.
Alla prossima
Ale