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Autore: war    12/11/2009    1 recensioni
Fra gli esorcisiti, per combattere il Conte del Millennio e i Noah, viene inviato dal Vaticano un aiuto, giunto direttamente da quel Dio che a volte ci si dimentica di amare... La strada da percorrere è una sola: ed essa è sempre stata perfettamente delineata davanti ai nostri piedi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Quando arrivai in infermeria Yu si accomodò fuori dalla stanza e sentii chiaramente i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio. Non era che mi aspettassi chissà che cosa però quel suo totale disinteresse mi amareggiò un poco. A voler essere precisi, non v’era ragione alcuna perché lui mi aspettasse, anzi, era stato oltremodo cordiale ad accompagnarmi fino lì, visti i suoi standard. La mano calda della donna sul mio volto mi fece trasalire.
- Senti male? – chiese senza tuttavia spostare la mano.
- No, no… - riconobbi.
- Non è un taglio profondo, sembrerebbe più un graffio… - disse prendendo del disinfettante e un cerotto piuttosto grande.
- Magari me lo sono fatta nel sonno, con le unghie… Dicono che le ferite al capo sanguinino molto più delle altre – borbottai.
La donna ridacchiò.
- Se te lo sei fatto con le tue unghie hai con te delle armi improprie! No, direi che è stato qualcosa di appuntito, tipo un chiodo o un fuso… - disse
- Meno male che non sono la bella addormentata! Sennò ero fatta! – dissi istintivamente anche se… Diamine se qualcuno si fosse introdotto nella mia camera me ne sarei accorta, no? Forse no… Se quel qualcuno aveva un potere particolare, come un certo Noah gentiluomo che lasciava fiori sulla tomba di una donna… Mi affrettai a escludere anche quella pista. Un Noah non aveva ragione di introdursi nella sede della Dark Relugious, graffiare me e sparire. Come minimo mi avrebbe dovuta fare secca. A meno che non volesse giocare… Ma nemmeno quella teoria reggeva. I controlli erano troppo alti e sofisticati per passarli tutti senza destare il minimo sospetto.



Come avevo supposto, Kanda se n’era andato. Mi strinsi nelle spalle e sistemai il nodo della vestaglia da camera che indossavo. Non sarebbe stato troppo decoroso per me se qualcuno avesse visto i pinocchietti con le rane che indossavo, per non parlare della maglietta col faccione gigantesco di un mostriciattolo verde tutto occhi e guanciotte gialle…. Mi spostai lungo il corridioio, sperando che nessuno mi scorgesse ed io avessi la mia preziosa vanità salva.
- Cane del Vaticano! – la voce roca mi trapassò il cranio e mi fece bloccare il passo a mezz’aria. Mi voltai lentamente maledicendo la malasorte che dava al mio nemico tutto quel vantaggio su di me.
- Gensui Marian Cross… - salutai con lo stesso entusiasmo con cui si saluta un mal di denti. Gli occhialetti da intellettuale scivolarono leggermente sulla punta del naso dritto e deciso. Gli occhi castani dai lievi riflessi paglierini mi fissarono con un’intensità che giudicai sfacciata e inappropriata. Impertinente esattamente come mi era stato descritto, il Generale si avvicinò e con una mossa fulminea mi slacciò la cintura della vestaglia.
Notai la sorpresa passare sul suo volto e poi la grassa risata riempì il corridoio.
Avvampai miseramente.
- Allora è così che stanno le cose? – chiese osservando di nuovo la mia tenuta da camera.
- In che senso? – chiesi mettendomi sulla difensiva. Quello che avevo davanti non era uno supidotto qualsiasi che potevo raggirare facilmente.
- Così sembri ancora di più una mocciosa che puzza ancora di latte – disse squadrando il mio pigiama.
- Spiacente di non indossare lingerie parigina e reggicalze con tacchi a spillo – masticai fra i denti
- Oh, con quello addosso saresti ancora più ridicola: dato che sei piatta come una tavola ti scambierebbero per un ragazzo di piacere. –
- Ancora più spiacente di non avere due tette che fanno invidia ad una mucca! – ringhiai.
- Ma che linguaggio colorito per un Cane del Vaticano… -
- Bhe… Se punzecchiarmi è il suo scopo, la conversazione può anche terminare qui. – dissi ricordandomi improvvisamente dei fascicoli che avevo in camera e che volevo consultare quanto prima.
- Cos’hai fatto alla testa? Forse la dolce Lenalee non ha approvato il tuo gironzolare intorno ad un mio certo stupido allievo? - chiese ironico.
- Parrebbe che questo mio gironzolare intorno ad Allen Walker abbia infastidito più lei che la sorella del Supervisore Lee. – risposi stringendomi nelle spalle.
Il generale sospirò ma parve rilassarsi, come se mi avesse messa alla prova ed io l’avessi superata, ma avevo abbastanza esperienza per sapere che questa poteva solo essere una tattica, per costringere me a dire una parola di troppo e a tradirmi. In effetti non era che ci fosse poi molto da essere tradito. Ero stata inviata dal Vaticano per tenere sotto controllo l’esorcista che forse aveva in se il Quattordicesimo e Cross non era così poco scaltro da non averlo già capito.
- Possiamo fare due chiacchiere? – chiese assumendo un atteggiamento completamente diverso. Pareva addirittura un’altra persona.
- Andiamo – dissi dirigendomi verso la mia camera.
Lanciai un rapido sguardo al corridoio deserto e poi aprii la porta.
- Se ci vedessero ora… - mi punzecchiò di nuovo il Generale.
- Non ci vedranno, ad ogni modo, una mossa sbagliata e il mio bel generale si ritroverà a librarsi in cielo come un passerotto, passando direttamente dalla finestra. – lo avvisai.
Lui sorrise come se avessi detto un esagerazione poi si fece serio.
- Forse ne saresti davvero capace… - riconobbe.
- Il forse è suprefluo. – confermai.



La diretta schiettezza del generale fu qualcosa che giocò a suo favore. Forse fu la sola e unica ragione per la quale gli dissi cose che non avevo propriamente l’intenzione di raccontargli, ma ormai era fatta.
- Sicchè anche tu possiedi l’Innocence. – disse passando le dita sui fascicoli che avevo richiesto.
- Si, possiamo dire che la possiedo. – riconobbi.
- Cos’è quel ma sottointeso nella tua considerazione? – chiese lui.
- Ho qualche problema con la sua attivazione e non è legato alla sincronizzazione con essa. E’ una questione… personale. – ammisi.
- Però devi essere una tipa dannatamente in gamba se sei l’Angelo Assassino della Chiesa, anche senza l’Innocence – appuntò prima di accendersi una sigaretta e spedirmi in faccia il fumo azzurrognolo.
- Generale, la sua nomea di galantuomo è arrivata fino a Roma, ma a quanto pare io devo starle un po’ tanto sulle terga… - sospirai andando ad aprire la finestra.
- Ti hanno addestrata a non arrabbiarti mai, vero? – chiese lui aspirando una generosa boccata di fumo. - No, questa è una dote naturale. Ma adesso vorrei essere io a fare qualche domanda. Allen Walker ha davvero le memorie del Quattordicesimo? – chiesi seria.
- Si, le ha. – disse lui senza esitare. Quindi sospettava che la Chiesa era già a parte di quel segreto o presunto tale.
- Tuttavia avere i ricordi di qualcuno non significa essere quel qualcuno. – dissi.
- E’ una possibilità. Come lo è il fatto che quei ricordi influiscano sulle scelte future di chi li possiede. – disse lui serio.
- Troppe possibilità confondono anche le certezze. Quale legame ha Allen con i Noah? – era evidente che non volevo sapere oltre sul Quattordicesimo.
- Diciamo che il nostro amico aveva un fratello maggiore… Un tale Mana. – mi svelò il Generale.
- Il padre adottivo di Allen. –
- Sai già parecchio – constatò.
- Ok, l’ordine della Santa Sede non è solo quello di controllare l’esorcista albino, ma è anche quello di proteggerlo e salvarlo dalle tenebre qualora fosse possibile. – confessai
- E se non fosse possibile? – chiese il Generale.
- Questo lo sa meglio di me, è davvero necessario che lo ripeta? – chiesi.
- No. Ma lui sarà un nemico… Fra i più potenti. – riconobbe Cross.
- C’è altro che vuole dirmi, Generale? – chiesi notando che aveva spento la sigaretta nella mia tazza da tea.
- Per il momento no. Tuttavia… Abbi cura di Allen. – mi disse prima di lasciare la stanza.
Per un momento mi sentii come se… Afferrai un ricordo che era riemerso.



- Angelo di Dio, che sei il mio custode…
Illumina, custodisci, reggi e governa me
Che ti fui affidato dalla Pietà Celeste…
Quando questa preghiera vi raggiungerà, quando la sentirete, dovrete cercare l’essere umano che l’ha innalzata e proteggerlo preservandolo dalle tenebre per tutta la durata della sua vita. E’ tutto chiaro? – la voce della creatura era chiara e cristallina. Allegra come il crepitare di un ceppo nel camino e altrettanto calda e avvolgente. Le sei maestose ali che si aprivano alle sue spalle non erano bianche come la neve ma rosse, come il fuoco e le fiamme.
Gli occhi azzurri fissavano… me?
- Azael, ci aspettiamo molto da te! – mi disse poggiandomi le mani sulle spalle.
- …. –
- Forza giovani Cherubini! Andare sulla terra e riempitela dell’amore di Dio – ci disse il Serafino ed io (o il mio io di allora o quello che era!) si rese conto che molti suoi compagni stavano già spiegando le ali per discendere dai Cieli.
- Azael… Lui cercherà di ostacolarti. Sei davvero pronta ad affrontarlo come un nemico? –
- … -
Maledizione! La parte più interessante del ricordo non aveva audio!
Perché non ricordavo le mie o comunque presunte tali, risposte?! Maledizione!



- Angel! –
Tornai bruscamente alla realtà. La porta della mia stanza era aperta e Kanda mi fissava in un modo che mi fece irrigidire. Pareva arrabbiato, cioè, più arrabbiato del solito…
-Yu… Che ci fai qui? Come sei entrato? – chiesi perpelssa.
-Tsk! –
- Tsk? –
- Cosa ci faceva Il Generale Cross in camera tua? – indagò
- A parte appestarmi l’aria con quella sua puzzolentissima sigaretta e prendermi per i fondelli per il mio pigiama? Direi nulla – dissi sapendo di essere una bugiarda facilmente smascherabile.
- Bene. Chiudi la porta a chiave prima di sognare ad occhi aperti. – borbottò lui prima di andarsene.
Quella sera eravamo tutti decisamente sfasati!
Chiusi con doppia mandata la porta della stanza, misi la tazzina da tea sul davanzale e chiusi anche la finestra. Dubitavo che qualcuno si arrampicasse fino al quarto piano solo per farmi una visita notturna, ma l’aria era troppo frizzantina per dormire coi vetri aperti.
Presi una grossa candela dal cassetto e l ’accesi mentre mi lasciavo cadere sul materasso con un malloppo di fascicoli in grembo.
Le indagini iniziavano da subito.
Le dita corsero istintivamente all’orecchino, che accarezzai con i polpastrelli delle dita. Sotto la superficie metallica c’era qualcosa d’altro. Qualcosa di tiepido, come il mio stesso corpo. Qualcosa che mi apparteneva.
Le parole scorrevano veloci sotto i miei occhi. Lettere nere vergate con cura e precisione. Il loro senso era lampante e veniva rapidamente mandato nella mia memoria.
Albeggiava quando chiusi anche l’ultimo fascicolo, la candela ridotta ad un misero tizzone. Finalmente mi lasciai andare all’abbraccio del sonno, ma mi parve di sentire la risata di una bambina.
- Ce ne hai messo di tempo! I tuoi amici giocano con me già da un bel po’ di tempo! Mancavi solo tu! – mi disse
Attorno a me era tutto buio, solo quella voce mi raggiungeva ma per qualche strano motivo mi infastidiva. Era stonata. Come lo stridere del gesso sulla lavagna, o come una carezza elettrostatica.
- Acqua, acqua… Se non cammini non arriverai mai da loro… - mi irrise.
- Sono stanca morta, ci mancavano solo sogni da demenza senile! – borbottai scontenta.
- Se fai così non mi diverto per niente a giocare con te! – protestò la vocetta.
- Te lo propongo io un bel gioco. Tu ti vai a nascondere e poi vengo a cercarti… Diciamo quando avrò contato fino a … Settemiladuecento? – azzardai calcolando quanti secondi ci potessero essere in due ore, il tempo che necessitavo di dormire.
- - No-oh-oh-oh! – petulante voce infantile.
Decisi di ignorarla e mi voltai per tornare indietro sui miei passi. Ma avevo mai camminato? Mi ero mai davvero mossa? Era mai giunta da una direzione qualsiasi? Che razza di sogno schifoso!
- Non ti piace questo sogno? Allora te ne mostro un altro! – disse la ragazzina.



  
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