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Autore: Solitaire    15/11/2009    4 recensioni
nemmeno noi siamo solo logica e calcolo, per il semplice fatto che si arriva a un punto dove non c’è alcuna logica né alcun calcolo e la differenza è fatta solo dalla nostra volontà
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riku, Roxas, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Terza parte

 

Terza parte

 

 

 

Ecco l'Alfiere del Re. Essendo stato punito, ora è in prigione, e il processo non comincerà che mercoledì prossimo. Naturalmente, il delitto è l'ultimo ad accadere.

 

Attraverso lo specchio, Lewis Carroll

 

 

 

* * * * * * * * * * *

 

 

 

Non misura il passare del tempo. Non esiste tempo dove non esiste cambiamento, dove non esiste differenza fra prima, adesso e dopo.

Si limita a galleggiare, sospeso nel ricordo del tradimento.

Poi, non è più solo. Un altro esule ha invaso la sua prigione.

Il suo arrivo interrompe l’uniformità, porta il tempo in quel regno vuoto. Gli permette di avere un riferimento, valutare quanto è trascorso dall’inizio del suo esilio.

 

Anni.

Fluttuante nel nulla.

Nella dimensione del nulla.

Anni di nulla.

 

Prova curiosità per il nuovo arrivato. Ma, soprattutto, prova paura. E disgusto, e odio.

Oscurità. Non ha mai visto tanta Oscurità in un essere vivente, eccetto uno. Un figlio, disperatamente amato. Qualcuno la cui slealtà era stata tanto più dolorosa proprio per questo.

 

Vorrebbe cancellare questa cosa, afferrare la sua essenza vitale e farla brandelli, sparpagliarla per il non-spazio.

Ma la tenebra è un genitore premuroso e protegge sempre i suoi figli. Si protrae dall’intruso, lo chiude in un abbraccio protettivo. I suoi tentacoli si sollevano come serpi gonfie di veleno, pronti a difendere il loro prezioso fardello.

 

Allora, reprime paura e odio. Resta la curiosità.

 

 

cosa sei?

 

 

L’alieno pensa a sé come una forma e un’identità. Un ragazzo umanoide, dai capelli bianchi.

 

 

chi sei?

 

 

La risposta è in immagini.

Foreste praterie savane montagne. Spiagge mari laghi deserti ghiacciai. Radici nubi arcobaleni. Pioggia vulcani nebbia.

 

 

il tuo nome

 

 

Una parola che è una benedizione per tutti i popoli dei Mondi.

 

Deve essere stato molto amato perché gli abbiano imposto un nome simile. O i suoi genitori hanno avuto molto orgoglio.

O hanno sperato così di esorcizzare il mostro a cui hanno dato vita.

 

Capelli bianchi…

 

L’Oscurità culla la creatura come una madre farebbe con il figlio malato.

L’entità che un tempo ha avuto corpo, nome e regno, si avvicina.

 

 

Terra

 

 

 

* * * * * * *

 

 

 

Il delfino irrompe dall’acqua, emette uno sbuffo e un fischio e conclude il salto immergendosi di nuovo. Il suo tuffo quasi non smuove la superficie oleosa del mare.

In un attimo i delfini sono due, tre, cinque, così tanti da non poterli contare. I loro fischi diventano un coro a fare da accompagnamento a una risata.

Per ore i delfini continuano a danzare intorno all’imbarcazione, poi, l’uno dopo l’altro, l’uno insieme agli altri, abbandonano e si allontanano. Emergono in controluce contro l’argento incandescente dell’acqua. Un altro secondo e sono scomparsi, tutti.

Con lui restano due voci distinte. Due figure distinte, a tendere le cime delle vele.

Sono quasi riconoscibili.

La mano che governa il timone dovrebbe essere la sua, ma è troppo scura, troppo diversa. Sbagliata.

 

Apre gli occhi e si aspetta di essere sorpreso dal fulgore di quel cielo quasi bianco, dal sole rovente, dalla sensazione che tutta quella luce lo possa…

 

Abbagliare?

 

E questo è davvero un pensiero che non gli appartiene, perché lui può fissare le stelle dallo spazio a occhi nudi.

E’ quasi sorpreso di trovarsi nel buio. Ma non dovrebbe aspettarsi altro.

Fuori, la neve continua a cadere. Come sempre, il cielo è nero.

 

Si siede e non accende luci. Non vuole bandire l’oscurità, non ora.

Allunga la mano a cercare la cosa che tiene sul mobile accanto al letto, un coltello dalla lama nera e l’impugnatura rosa.

La sua solidità è reale.

Lo solleva davanti al volto.

Le mano con cui lo stringe è sua. Questa è sua.

 

Lascia il pugnale, si alza ed esce sulla terrazza. La neve brucia sulla pelle nuda, ma il suo tocco gelido ha il sapore di casa.

 

Con un dito, disegna ghirigori nella spesso strato bianco sul parapetto di vetro.

 

Sotto il castello fluttuante, la città è una galassia inchiodata a terra, luci e angoli confusi e ammorbiditi dalla nevicata.

L’atmosfera e le nubi filtrano gran parte dei raggi cosmici, ma la percentuale che sfugge alla copertura è riflessa dai fiocchi e trasforma la nevicata in un balletto di particelle fluorescenti.

Luci terrestri per compensare la mancanza di luci celesti.

Ci sono stelle, anche qui. Poche e disperse, rispetto ad altri universi, perché le stelle sono prodotto della Luce e questo Mondo è molto vicino al mare di Oscurità, però ci sono.

Ma il cielo è quasi sempre coperto e, quando è sereno, il chiarore della luna è abbastanza intenso da nasconderle, e sono troppo lontane perché persino lui possa distinguere la loro voce dalla radiazione universale di fondo.

Dovrebbe volare oltre l’atmosfera, per vederle.

 

E’ tutto normale, ora.

Non come quando si è svegliato e il mondo, per un istante, ha perso logica e ordine.

 

Traccia un cerchio quasi perfetto.

 

Tutto normale. Tutto bene. Tutto come deve essere.

 

Con la mano, spazza via la neve e cancella i disegni.

 

Tutto normale, ma non ha più intenzione di dormire.

 

 

* * *

 

 

Ogni volta che torna su questo mondo, nel palazzo che ha chiamato casa, Xemnas pensa a un fiume.

Un fiume ampio, basso, dal corso lento.

Ne ha l’immagine così chiara in mente che riesce a vedere i pigri vortici delle correnti, la luce pulviscolare del sole rosa riflessa dalla superficie, i lunghi rami degli alberi che si piegano a toccare il fiume, i vegetali che si inclinano appena al vento. Può persino sentire il ronzio degli insetti e il suono soporifero dell’acqua che scorre.

Proprio come quando, nelle estati più calde, andava a studiare in riva al fiume che scorreva nella pianura fra la città e le montagne blu e si sdraiava fra l’erba lunga e umida. Oppure prendeva una delle barche dalla chiglia piatta e si abbandonava alla corrente lenta e sonnacchiosa.

Qualche volta, il fiume gli appare nella sfumature di grigio di una fredda alba autunnale, con le canne simili a spettri nella nebbia e le grida rauche degli uccelli palustri.

Però sempre, attraverso la trasparenza delle acque, può vedere il fondo.

E ciò che compone il fondo. Quello è importante.

Ciottoli e sabbia. Un coacervo inscindibile e, al tempo stesso, composto da elementi singoli impossibili da amalgamare.

Granelli di varie dimensioni e colori. Bianco silice, rosso ruggine, nero basalto. Oro.

 

Tutta colpa di quello che Ansem gli aveva detto un giorno.

 

Nonostante tutti i nostri programmi, tutti i nostri calcoli, tutto il nostro metodo, noi semplicemente cerchiamo, sperando di imbatterci nella risposta giusta. Siamo come cercatori d’oro che setacciano la sabbia di un fiume. Possiamo solo andare avanti, mentre sogniamo di trovare un granello perso fra tutti gli altri.

 

Ma sperare era inaccettabile allora, è ancora più inaccettabile adesso.

 

Una volta ci aveva provato. Aveva preso una manciata di sabbia dal fiume e l’aveva posata sulla riva, poi aveva cercato di separarla nelle sue componenti, dividendola in gruppo. Un gruppo per ogni colore e ogni dimensione dei grani.

Ma era impossibile. Qualcosa gli sfuggiva sempre, e qualcosa non ricadeva in nessun gruppo. Qualcosa aveva un po’ di uno e un po’ dell’altro e non sapeva a quale insieme appartenesse. I granelli umidi si agglomeravano e gli si appiccicavano alla pelle.

Alla fine, li aveva raccolti, tutti quelli che era riuscito a radunare, e aveva immerso le mani serrate nel fiume. La sabbia gli era sfuggita fra le dita fino a quanto non aveva stretto altro che il nulla.

 

setacciamo sabbia

 

Una sabbia di cui ogni grano è un essere vivente.

Uno per ogni creatura di ogni terra. Per ogni terra di ogni universo.

 

Ora, fra la città e le montagne blu c’è solo una piatta distesa vuota. Il fiume non esiste più, cancellato in una notte, e il resto del mondo, oltre la fortezza, è il territorio di caccia di esseri senza nome.

 

Il Baluardo di fronte all’Oscurità.

Il suo mondo.

Doveva essere il suo regno.

Doveva essere il suo popolo.

 

il mio Cuore il mio Cuore il mio Cuore il mio

 

Può tornare ad esserlo.

Lui può tornare a essere...

 

XehanortXehanortXehanortXehanortXehanortXehanort

 

NO!

 

Non è Xehanort. Non è più solo Xehanort ansemansemansem

 

Il suo popolo è esiliato nel buio e, nel suo regno, i fiumi scorrono fra rive nude e nessun sole ne illumina le acque.

Questo è solo il suo nemico. E non c’è nemico peggiore. 

 

Un ritratto lo osserva sereno con i suoi occhi dipinti.

Lui ricambia, ma non sa chi sta guardando.

 

dov’è il mio Cuore?

 

Non ha fatto altro che scambiare la sabbia di fiume con quella di un oceano.

 

 

* * *

 

 

La figura si muove nella sua direzione.

Zexion ne fiuta l’odore. Sente il suono dei passi. Lo vede. Non si limita a riconoscerne la presenza solo come un complesso di dati.

Lo percepisce con i sensi e i suoi sensi non sono soggetti a inganni. La replica è concreta.

 

Il doppione apre la bocca come per dire qualcosa, la richiude.

Il giovane gli porge il rompicapo di metallo e cristallo. Nel farlo, gli tocca le dita. Sono solide, calde, lievemente sudate.

L’entità afferra l’oggetto tetradimensionale.

Zexion si deconcentra. Lascia dissipare la matrice di pensiero che comprende in sé l’idea stessa del duplicato, che lo tiene in esistenza.

Lo fa con cautela, quasi con timore, come se aggiungesse l’ultimo pezzo in cima a un instabile castello di carte.

Il suo gemello non si dissolve.

 

?

 

Da esso – Lui. Da Lui – proviene una vaga curiosità e un’embrionale consapevolezza di esistere.

 

io…?

 

La replica si disfa in un groviglio di ombre senza terminare di formulare il pensiero. Il rompicapo cade e il giovane si allunga ad afferrarlo prima che si infranga a terra.

 

Non è vera vita, non ancora. Non è ancora in grado di generare un’entità capace di durare indipendentemente in modo stabile.

Eppure, per qualche istante, la replica è esistita da sola, priva del sostegno della configurazione mentale che le dava realtà. Per qualche istante, ha posseduto l’ombra di una coscienza.

Per qualche istante, ha portato un’anima in questo mondo. E senza avere bisogno di una terza mente da usare come sorgente di potere. Il risultato è solo suo.

Un risultato impossibile, fino a ieri. Adesso, tutto è cambiato.

 

libero

 

A meno di tre mesi dall’inizio della sua stessa ristrutturazione mentale, può dirla conclusa.

Un tempo molto inferiore a quello impiegato con Roxas. Ma la sua mente non è terreno sconosciuto e, diversamente che con il ragazzo, non c’è stata resistenza.

 

sono libero

 

L’umanità, ora, è davvero perduta.

Ma l’umanità è sempre stata solo un’illusione e, su di lui, le illusioni non hanno potere.

 

Hai detto che puoi trovare una cura per la nostra condizione.

 

Ancora una volta, Marluxia ha visto più lontano e con più precisione di chiunque. Anche se irrita doverlo ammettere.

Non una condanna, non un destino. Solo una malattia e dalle malattie si può guarire.

Non ne è stato sicuro, nemmeno dopo avere ottenuto il successo con Roxas. Senza la zavorra di una vita non sua, il ragazzo poteva essere un caso unico, un caso irripetibile. Ma lui no. Di tutti, è quello che porta il peso maggiore del passato, con nulla a mitigare ricordi perfetti e completi.

 

Dovrebbe tornare subito al lavoro, ma vuole sperimentare ancora un po’ questa nuova condizione.

 

In un recesso del suo pensiero, Naminé artiglia i legami di ombra con cui la immobilizza.

Non è una gabbia, quella dove è chiusa. E’ il vetrino portacampioni di un microscopio.

Ora, è lui il più forte.

Ora, lei non può più fargli del male.

Il solo modo in cui Naminé potrebbe rappresentare un pericolo, è se agisse di concerto con altre menti, la cui magnitudine psichica complessiva superi quella di lui. E avere qualcuno che guidi il coro mentale. Qualcuno ben più capace della ragazza.

Adesso, può permettersi di studiarla con l’accuratezza che merita.

 

Ma insieme a nuova forza, nuova vita, il completamento ha avuto un’altra conseguenza. Un effetto logico della sua stessa opera.

Non è imprevisto, ma se ne stupisce. Ora se ne stupisce.

 

niente si ottiene per niente

 

Ha dovuto dare in cambio qualcosa e, presto, tutto sarà tanto più difficile.

Per adesso, indulge a sperimentare anche il suo stesso stupore.

 

Sotto la lente da cui è osservata, Naminé supplica per essere lasciata libera.

Nel suo dibattersi, si lascia sfuggire un’immagine.

La strega ricorda.

Ricorda chi è lei. Ricorda chi è Roxas.

Ricorda tutto.

 

 

* * *

 

 

A quasi un mese dall’arrivo, i suoi appartamenti sono pieni di scatole, bagagli, abiti, libri, oggetti di ogni genere. Gettati in modo casuale, confuso, caotico.

E’ quello che tutti loro si aspettano da lui. Disordine fisico che riflette disordine mentale.

Anche se nessuno lo vedrà mai. Non permette di entrare nei suoi alloggi, come non permette di entrare nel suo passato.

 

Non sistemerà nulla. Non lo ha mai fatto.

Ordine è solo una parola che indica il tentativo di organizzare il mondo affinché sia facilmente studiabile, facilmente comprensibile. Affinché ogni suo aspetto sia facilmente rintracciabile.

Significa classificare la realtà, imprigionarla nelle proprie limitazioni.

Ordine è solo una forma di caos considerato da un diverso sistema di misura.

Lui sa benissimo dove si trova ogni singolo oggetto, quindi, non ha necessità di trasformare questa forma di disordine in una differente forma di disordine.

In realtà, sa dove si trova ogni singolo elemento nel castello. E ogni singola persona, anche. Le loro impronte termiche li rendono fiamme nel buio. Pedine di fuoco in una scacchiera di fumo discontinuo e mutevole.

Naturalmente, sa di essere a sua volta visibile. Nessuno di loro può nascondersi agli altri.

Tranne uno, che può celarsi a chiunque.

Eppure, anche le ombre si scoprono, sotto la giusta luce. Sotto la luce giusta, le ombre si dissolvono.

 

Axel resta seduto in mezzo alla sala, circondato dal caos che per lui non ha incognite.

 

 

* * *

 

 

Presenze infauste si aggirano per il mondo nero.

Gli incubi di un’anima possente.

Brandelli di sogni sfuggono al sognatore, vagabondano nell’etere psichico. Parassiti onirici, cercano menti recettive a cui aggrapparsi.

Si insidiano nei pensieri dei dormienti, portano sogni di un tempo in cui non erano alla ricerca di qualcosa sempre fuori dalla loro portata.

 

Sulla terrazza superiore del castello, Saïx non dorme, eppure non è meno irrequieto.

 

Comincia sempre con una lieve agitazione, un lieve nervosismo che lo rende solo un po’ più reattivo del consueto.

Poi l’agitazione cresce. I confini del castello diventano troppo stretti, la presenza altrui si trasforma in oppressione, fino a che tutti coloro che lo circondano sono nemici.

Non c’è un nome per quella sensazione. E’ talmente familiare che non ha mai pensato di darle un nome.

E’ come vivere su una lastra di ghiaccio. Può spezzarsi in ogni momento, a un solo passo falso.

La sola soluzione è andarsene, lontano da tutto quello che è diventata una gabbia, e restare lontano fino a quando non torna a essere casa.

 

Guarda la luna, anche se la luna è nascosta dalle nubi e a bagnargli il volto è la neve, non la luce.

 

Questa notte, sotto l’influenza del fenomeno onirico, è peggio del solito. Il creatore di incubi nutre la sua stessa insofferenza. Le dà vigore e violenza.

 

Saïx svanisce in un vortice di Oscurità, seguendo una pista che lo porta a cacciare su un altro Mondo.

 

I cattivi sogni si allargano sul castello, come macchie d’olio in una pozza d’acqua.

 

 

* * *

 

 

Si materializza sulla cima di uno degli archi di pietra che sorgono dal mare.

E’ scivoloso di ghiaccio, e vento e neve lo squassano, ma la volontà del ragazzo in impossibile equilibrio su quella massa di gelo e roccia è sufficiente a piegare anche la gravità e la bufera.

Sotto di lui, l’oceano partorisce onde e schiuma, e frammenti di ghiaccio sono gettati sulla riva.

 

Non è tutto come deve essere.

Ricorda come si naviga. Ricorda le manovre da effettuare. Come tendere le vele per cogliere il vento.

Ricorda acqua turchese e schiuma bianca e pesci variopinti e sole rovente.

Ricorda tutto e sa di non avere mai stretto un timone né le cime di una vela, e quel mare limpido è un mare straniero.

E’ peggio che non ricordare, ricordare solo immagini senza appartenenza.

 

 

 

 

* * * * * * * * * * * * *

 

 

 

E io che avevo paura di avere fatto, ancora una volta, Xemnas troppo soft ^O^

Possono dirmi quello che vogliono, fare tutte le versioni rieditate del gioco che vogliono, non riesco a figurarmi Xemnas come il cattivo di regime. D’accordo, stavolta ha avuto una reazione un filino eccessiva, ma povero, un po’ di comprensione. Già gli adolescenti sono rognosi, quanto rognoso, e pericoloso, deve essere un adolescente nobody?

Forse la cosa più sensata che Xemnas poteva fare era confessare di avere taciuto, dire tutto e chiedere scusa. Magari, così avrebbe preso Roxas in contropiede e lo avrebbe fatto sbollire. Ma stiamo parlando di Xemnas. Xemnas non piega la testa davanti a nessuno, neppure per finta, e non sa trattare con le persone. Non è un manipolatore. E’ una specie di schiacciasassi che va avanti travolgendo tutto quello che si trova fra lui e il suo obiettivo, e Roxas era in cerca di una battuta già da un po’ di capitoli ^O^

Gli va ripetutamente bene con Zexion, gli è andata bene con Vexen, gli è andata benissimo con Xaldin. Stavolta è andato a stuzzicare il vespaio sbagliato. Dubito che Xemnas abbia mai sentito parlare del metodo Montessori. Comunque, non è mai decisione saggia alzare la voce con un sovrano, figuriamoci poi minacciarlo armi in pugno.

E cara grazia che Rox è andato a litigare con il ‘mio’ Xemnas. Ci sono posti dove, se tanto faceva di rispondere, finiva scuoiato a suon di frustate, e magari anche violentato, giusto per sottolineare il concetto.

Poi, non dimentichiamo che Xemnas è al punto di rottura. Ha retto per dieci anni. Ora basta niente per farlo saltare e Roxas quel ‘niente’ lo ha superato con entusiasmo.

 

Chris: Grazie per il ‘bello’, ma è solo merito degli attori, non mio ^O^

Ora che ci penso, potevo far intervenire Luxord invece di quel ranocchio di Roxas (no, povero cucciolotto. E’ carino. Ma è così maledettamente piccolo), così superavo ogni prudente limite di figosità, ma come adolescente isterico non me lo vedo ^__^

Cuccia, fangirl cattiva. Cuccia!

 

Xemnas e Saïx hanno bisogno di più amore. Ho letto davvero pochissime storie su di loro. E intendo ‘loro’, non i bamboli yaoi.

Adoro Xemnas. Adoro tutti i sei, ma ci sono comunque quelli che favorisco e Xemnas si piazza bene in graduatoria, e ho il vago sospetto parte del mio amore per lui sia dovuto allo stesso motivo per cui amo Vexen, Lexaeus e Saïx. Godono di pochissima considerazione, quando ci sono personaggi che, avendo fatto quello che fanno loro, sono straadorati.

Prendiamo il mio caro Zexion. E’ della stessa pasta di Xemnas, così come Ienzo era della pasta di Xehanort. Anzi, persino più lucido, in quanto non aveva l’amnesia ad annebbiarlo. Ienzo è stato il più deciso a proseguire le ricerche e Zexion usa Lex e Vexen con la stessa spietatezza con cui Xemnas usa Saïx e gli altri, scendendo in campo solo alla fine. Eppure, Zexion passa per uno dei nobody ‘buoni’. 

Quanto a Saïx, hai ragione. Lo caratterizzano sempre come pazzo sbalestrato o giocattolo, ma non so che Saïx hanno visto gli altri. Quello che conosco io è calmo come Buddha. Al di fuori della fase berserk, che è un aspetto del suo potere, è uno dei più razionali e intelligenti del gruppo, e mi urta quando lo descrivono come lo zerbino di Xemnas. E' come se dicessero che il solo modo che ha per essere convinto delle azioni che compie è quello di essere plagiato e non perché ci arriva con la sua testa.

Poi, perché un Axel, che muore per l’ombra del suo amico, fa sdilinquire le folle, e Saïx, che muore per il ‘suo’ amico, è tacciato di essere un leccaculo? Perché non tradisce e non causa uno sterminio solo per dare retta a un organo che non dovrebbe essere usato per pensare?

A me Saïx piace molto. Lo trovo dignitoso, coerente e nobile. E sa da che parte stare. E, ogni tanto, guarda Xemnas con la stessa espressione con cui il mio gatto guarda me quando faccio qualcosa di particolarmente idiota. Ma, siccome lui è compassionevole e mi vuole bene nonostante i miei limiti, mi sopporta e mi sosterrà sempre.

Fosse per me, Saïx e Xemnas sarebbero i primi a risorgere. Purtroppo, ho deciso di giocare secondo le regole, ma Zexion ha ragione. Le regole servono per sapere cosa infrangere. Quindi baro, ma sono un baro onesto e come barerò è evidente sin quasi dall’inizio ^__^

 

Gioia, per agire come agisce, Naminé è una ritardata solo nel migliore dei casi. Una demente che tira fuori frasi completamente sconclusionate, che, grazie all’orientamento pilotato fatto nel gioco, passano per grandi verità. Ma che razza di verità può conoscere una tipa che ha pochi mesi di vita passati tutti chiusa in una stanza a disegnare? Ma soprattutto, chi può prenderla sul serio?

Fa passare il messaggio che il solo nobody buono è quello che se ne va al macello a testa china e senza fiatare, ma quale creatura, senziente o meno, però sana, farebbe una cosa simile?

 

Giodan: lusinghiero come sempre. E, onestamente, non so come rispondere a tanto entusiasmo. In realtà, credo che la sola cosa in cui io sia diversa, è che mi interesso a temi che, almeno nel fandom italiano, non sono considerati. O, perlomeno, lo sono molto poco. In quello internazionale non è proprio così. Ci sono storie che, ti assicuro, fanno sfigurare la mia. Ecco, quelle sì che mi piacerebbe tradurle. Purtroppo, anche se leggo bene l’inglese, non ne ho una tale padronanza da potere rendere la bellezza di simili storie.

 

Lux: Sapevo che tu avresti notato la faccenda della riscrizione di personalità. E’ un particolare necessario, così come altri particolari che ho lasciato nella storia, proprio perché è parte di quello che DiZ farà a Roxas.

Piccolo problema. Come fa a sapere come agire? DiZ ha passato l’ultimo decennio a galleggiare nel nulla, dove dubito molto abbia potuto inventarsi una scienza ex-novo. Né può essere una sua conoscenza pre-esilio, perché lui è stato eliminato dal novero dei viventi ‘prima’ dell’esistenza dei nobody. E non credo proprio abbia avuto tempo di imparare nel breve periodo passato dalla sua liberazione a quando manda Riku a rapire Roxas.

La scienza non nasce dal nulla. Non è vero che, se sei uno dei buoni, soprattutto uno dei saggi dei buoni, vedi una cosa e impari subito a: capirla, replicarla, migliorarla, inventare il fattore antagonista per contrastarla.

La scienza è un processo lungo, disciplinato e consecutivo.

Quindi, DiZ sa come agire soprattutto perché si basa su conoscenze che acquisisce da altri. La faccenda della riscrizione di personalità e delle realtà virtuali li conosce perché sono parte del bagaglio culturale del suo pianeta. Sul fatto che è possibile riunire un nobody con il suo heartless, lo saprà perché erediterà le scoperte di un’altra persona. E questa cosa l’ho già introdotta in un vecchio capitolo. E quello che gli manca… sistemerò pure quello ^__^

Uno dei motivi per cui adoro scrivere di DiZ è che non è possibile fargli bashing. Tutto il peggio a cui si può pensare è già implicito nelle sue azioni ^__^

Tra l’altro, questo mi ha permesso di inventare qualcosa su Radiant Garden e sul suo popolo. Che dubito fortissimamente fosse un gruppo di hippy new-age peace and love. Sono pur sempre coloro che hanno subito la prima ondata di invasione degli heartless, senza sapere cosa fossero, ma sono comunque sopravvissuti. Poi teniamo conto che gente come Xigbar, Xaldin, Lexaeus e lo stesso Xemnas erano un po’ i loro topi di biblioteca. Se quella era la media del secchione, cosa potevano essere gli altri?

 

Rixika: Cara, la freddezza di Zexion è del tutto intenzionale. Compreso il non cercare neppure di capire cosa è successo. Non va ad alimentare una forma di vulnerabilità in Roxas, facendogli credere che, ogni volta che ha un problema, può correre da lui, o da chiunque altro, per farsi aiutare. Il suo scopo è sempre stato quello di renderlo più indipendente possibile, e capace di fare i conti con le conseguenze delle sue azioni e dei suoi scatti emotivi.

E’ che il Roxas canon è un ragazzino estremamente emotivo, molto più di Sora, che invece è alquanto debole dal punto di vista interiore. Sora ha questo bel sorriso allegro e un comportamento da palla di gomma, ma ridere e palleggiare non vuol dire essere maggiormente emotivi. Emozione è allegria, ma anche stanchezza, tristezza, rabbia, confusione, incoerenza, curiosità, paura, felicità, disgusto e infinite altre che, come conseguenza, portano a svariatissime sfumature di atteggiamento e comportamento.

Sora ha solo due marce: allegro con brio e assalto. E’ quasi una macchina eternamente settata sul valore ‘sugar-high’, e non c’è spazio per sentimenti ed emozioni in una macchina. C’è spazio solo per il programma e Sora è così. Emotivamente, è un mattone. Anche la sua decisione di ritrovare Riku, che molti scambiano come prova di profondo sentimento, ha un aspetto trucemente calcolato.

Le capacità emotive di Sora sono limitatissime, soprattutto se paragonato al suo gemello, che, invece, è un uragano di passioni. La differenza è che Sora è un estroverso, le due cose che prova te le sbatte in faccia. Roxas è terribilmente introverso. Ma ha più emozioni lui in sei giorni che Sora in tre anni.

 

Oh, Xemnas tiene ai suoi compagni. Perlomeno, era partito così. Poi si è impantanato nella peggiore delle fogne intenzionali. Cioè, le persone sono diventate secondarie allo scopo. E’ una cosa che capita davvero. Cominci a credere di dovere fare qualcosa per il bene di certi individui, poi, poco per volta, l’idea di raggiungere quel bene diventa più importante di coloro a cui dovresti farlo. E finisci per bruciare la gente sul rogo per salvare loro l’anima.

 

Certo che darò voce anche alla parte opposta. Tutte e due le parti opposte. Gli heartless non mica sono inferiori agli altri. Tra l’altro, ho un vero debole per Xehanort. E’ simpatico e non si fa troppe seghe mentali (e dopo Riku e i nobody, qualcuno così ci vuole), senza però avere la stupidità abissale di Sora, ed è divertentissimo fargli fare la parte della coscienza di Riku.

Quello sciagurato merita ogni singola legnata che posso rifilargli. Arriverà alla fine che quello che gli farà Roxas gli sembrerà una scampagnata alle terme ^__^

 

MaxT: Grazie ^__^

Vedi, nel gioco non si premurano di dare una spiegazione chiara e unitaria al problema dell’identità. Roxas è un individuo diverso rispetto a Sora, e questo è lapalissiano, ma gli altri nobody? Sono le stesse entità umane? E gli heartless come si piazzano?

Spesso mi capita di leggere nelle fanfiction che Roxas e Naminé sono diversi dagli altri nobody, quindi non fanno testo. A parte che due su quattordici è una percentuale altissima, ma lo sarebbe pure uno su quattordici, sono d’accordo su Naminé, lei è diversa in senso letterale, arriviamo a Roxas, che è diverso perché? Perché Sora è vivo?

Roxas è nelle stesse condizioni di Xemnas. Anche per lui la sua controparte esiste e ha mantenuto intelletto umano, eppure nessuno dice che Xemnas è diverso.

Peraltro, non capisco perché, se i nobody rappresentano la consapevolezza e l’intelligenza degli individui, siano considerati delle specie di… elementi minoritari. Personalmente, odio classificare gli esseri viventi, ma se proprio devo, per me sono ragione e coscienza quello che rendono una persona… una persona. Tutto il resto è subordinato. Quindi, semmai, i nobody sarebbero le persone e i cuori soltanto una parte di cui mancano.

 

Se devo proprio essere sincera, non è che delle convinzioni religiose mi interessi molto. D’altra parte, molte religioni urtano le mie radicate convinzioni. Non vedo perché dovrei mostrare loro maggiore considerazione di quanto loro non mostrano per le mie. Sono sostenitrice della reciprocità.

Al massimo, se qualcuno si sente offeso, può sempre chiudere. Glielo consiglio, anche perché siamo solo all’inizio ^__^

 

 

  
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