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“Due mesi senza giocare?” esclamarono in coro Tom e Bruce.
La smorfia di Holly parlava da sola, ma lui rispose ugualmente. “Così
hanno detto.”
Il fallo subito il giorno prima aveva in parte compromesso la
riabilitazione del crociato destro, suo flagello da quasi un anno. “Il medico ha
prescritto riposo assoluto per una settimana, o l’infiammazione rischia di cronicizzarsi.”
“Dovrai rimettere le stampelle,” osservò Susie
costernata.
Fortunatamente la prima partita prevista a calendario si sarebbe tenuta
dopo l’estate. “Avrò tutto il tempo di riprendermi, non vi preoccupate.”
Il sorriso tirato di Holly rivelò che aveva bisogno di riposare, il
dolore doveva averlo tenuto sveglio gran parte della notte. I ragazzi si
accomiatarono, lasciandolo alle cure amorevoli di Patty.
“Questa non ci voleva.” Tom serrò la mascella con rabbia. “Per una
partita di qualificazione poi.”
Gli infortuni di gioventù avevano lasciato profondi segni sul fisico
dell’attaccante. Myriam ricordava bene le partite giocate allo stremo delle
forze, con fasciature strette a spalla e caviglia, spesso all’insaputa dei
compagni di squadra.
“Si rimetterà presto, non
temete” intervenne Benji serio, mentre uscivano dal retro per evitare la stampa
accalcata all’ingresso. “Holly non è tipo da rimanere fermo a lungo.”
“Un po’ lo invidio” intervenne Bruce attirandosi una serie di sguardi perplessi.
“Riceverà le coccole delle infermiere più carine del reparto ortopedia.”
Dopo un primo momento di stupore i ragazzi scoppiarono in una risata fragorosa.
“Bruce peggiora sempre” commentò Susie scuotendo il capo.
“Non lo credevo possibile,” scherzò Tom di
rimando.
Cercando di tornare seria, Myriam percepì il clima di serenità
generale. Ormai primi nel loro girone, li attendevano due settimane di vero
relax. Se non fosse stato per l’infortunio di Holly avrebbero sicuramente
passato il giorno a brindare allegramente.
Pochi minuti bastarono invece perché il gruppetto si sciogliesse,
ognuno con i propri impegni per il pomeriggio. La calura estiva si univa
all’umidità, e l’idea di sedersi a mangiare non allettava nessuno.
Benji si avviò in silenzio verso la macchina e lei lo seguì in silenzio.
“Hai programmi per i prossimi giorni?” chiese Benji aprendole
la portiera, prima di fare il giro e salire a sua volta.
Gli lanciò un’occhiata incuriosita. Benji non faceva mai
domande a caso, stava sicuramente tramando qualcosa. Ripensò al loro volo di
rientro e un sorriso le piegò le labbra.
Complice una forte perturbazione, l’aereo sul quale
viaggiavano aveva ballato fino all’arrivo a Tokyo. Mentre il panico dilagava
tra i passeggeri, Benji aveva insistito per tenerla stretta tra le braccia,
giocherellando con i suoi capelli e sussurrandole parole dolci all’orecchio. Tale
l’abitudine a volare trovava quel trambusto esagerato, ma si era presto arresa
alla voce carezzevole del ragazzo.
Come sono sdolcinata pensò tra sé, incrociando due
occhi scuri che la fissavano in attesa di una risposta. “Nessun programma,” si affrettò a negare con un gesto del capo. Era certa che
i battiti del suo cuore fossero udibili a chilometri di distanza ma si rifiutò
di pensarci.
Il ragazzo avviò il motore senza distogliere lo sguardo da lei. Myriam
deglutì abbozzando un timido sorriso, del tutto inconsapevole dell’immagine che
poteva offrire a un osservatore esterno. Irradiava luce interiore. Energia
potente, istintiva.
Benji si schiarì la voce, uscendo dal parcheggio e concentrandosi sulla
strada. “Che ne diresti di una vacanza in barca? Comincia a fare troppo caldo
per i miei gusti.”
“Noi due soli?”
“Sì.”
Il ragazzo trattenne il fiato per un attimo. Si sarebbe lanciato da un
treno in corsa piuttosto che veder spegnersi quel bagliore ambrato negli occhi
che lo osservavano con stupore.
“Ok.”
Semplice e concisa. Nessun cambiamento nel tono di voce, nessun segno apparente
di tensione. Espirò nuovamente. “Ok
per la barca, oppure ok partiamo da
soli?”
“Ok per entrambi.”
“Affare fatto allora” concluse il ragazzo con un sorriso mozzafiato.
Myriam lo guardò senza riuscire ad aggiungere altro. La portata della
decisione appena presa le si insinuò nelle vene. Avrebbero davvero trascorso
più giorni in barca, senz’altra compagnia che il mare? Stentava a crederlo. Il
profilo rilassato di Benji alla guida contrastava con le piroette del suo
stomaco. Forse aveva sognato. “Non ho l’abbigliamento adatto,”
mormorò non appena ebbe recuperato l’uso della parola.
Benji si voltò verso di lei, sembrava divertito. “Dubito che il
guardaroba di Gisèle offra molto in tema velistico, stavolta mi toccherà
davvero accompagnarti a fare shopping.”
La ragazza sprofondò nel sedile lanciandogli uno di quegli sguardi che,
se solo si fosse potuta vedere, avrebbe senz’altro cercato di reprimere.
* * *
Era mattina presto. Il sole si stava arrampicando dolcemente nel cielo,
inondando di luce l’insenatura dove si erano ancorati per la notte.
Benji scese dal letto e si sgranchì le lunghe braccia. Una delle cose
che amava sopra a ogni altra era fare il bagno appena sveglio. Uscì dalla
cabina con passo leggero e si cambiò, indossando il costume messo ad asciugare
la sera prima.
Fuori il silenzio era interrotto solo dallo sciabordio delle onde
contro la chiglia e dallo stridio dei gabbiani che volavano in lontananza.
Si tuffò con una spinta dei potenti muscoli delle gambe, sparendo
sott’acqua per riemergere alcuni metri più avanti. Iniziò a nuotare con lunghe
e possenti bracciate, allontanandosi dalla barca.
L’acqua era fresca e limpida, e Benji si lasciò trasportare dalla
sensazione di incredibile libertà che il mare riusciva a infondergli. Erano
partiti da quasi una settimana e nulla sembrava poter guastare la magia del
tempo trascorso insieme a Myriam. Per quanto condividessero castamente la cabina
di poppa era certo che con un po’ di pazienza tutto sarebbe andato per il verso
giusto.
Nuotò per diversi minuti, prima di scorgere una sagoma familiare che lo
chiamava salutandolo con la mano.
“Buongiorno signorina” rispose poco dopo
mentre, risalito a bordo, si scrollava i capelli passandovi le dita per
riordinarli.
La ragazza gli si avvicinò, sfiorandolo con
un bacio. Reagì al sale senza quasi accorgersene, passandosi la punta della
lingua sul labbro inferiore. “Buongiorno a te.”
Una luce intensa illuminò lo sguardo del
giovane. Noncurante del pigiama della ragazza, le circondò la vita con un
braccio e la attirò verso di sé.
Myriam trattenne a stento una risatina.
“Sto cercando di sedurti, gradirei che prendessi la cosa più seriamente,” commentò Benji senza scomporsi. La ragazza gli passò una
mano dietro l’orecchio, presentandogli con aria divertita un’alga rimasta impigliata
tra i suoi capelli.
Un largo sorriso si fece strada sul volto di Benji. “Basta così poco
per fermarti? Forse sei ancora addormentata, vediamo come rimediare al problema.”
Un che di inaffidabile gli balenò negli occhi e Myriam si sciolse
dall’abbraccio facendo un passo indietro. “Fermo Price,
niente colpi bassi prima di colazione.”
Il ragazzo ignorò il monito e la sollevò da terra senza difficoltà.
“La mattina ti prende sempre così?” protestò lei a mezz’aria. “Sono
ancora in pigiama!” Non fece in tempo a finire la frase che, con un agile
balzo, Benji catapultava entrambi in acqua. “Cavernicolo” annaspò pochi istanti
dopo fra le risate di lui, “quando scendiamo a terra ricordami di regalarti una
clava.”
Benji si arrampicò su per la scaletta, senza smettere di ridere. “Così
impari” la rimbeccò aiutandola a salire. Non appena fu a portata di braccio, la
ragazza lo colpì sulla spalla con finta rabbia.
“Potresti almeno passarmi un asciugamano?” domandò gocciolando sul
ponte.
Mentre aspettava con il braccio teso, notò una trasformazione nell’atteggiamento
di Benji. La spensieratezza era scomparsa, lasciando il posto a un’espressione indecifrabile.
“Tutto ok?”
Le bastò un attimo per vedersi con i suoi occhi. Bagnata dalla testa ai
piedi, la maglietta incollata
alla pelle, praticamente nuda in pieno giorno. Si coprì il petto con le
braccia, mentre il viso le andava a fuoco.
Benji si scosse dal suo torpore e volse via lo sguardo con imbarazzo.
“Scusami, non ci avevo pensato,” ammise porgendole un
ampio telo di spugna.
La ragazza vi si avviluppò a mo’ di mummia, cercando di sembrare meno
stupida di quanto si sentisse in realtà. Lui, abituato a ogni tipo di donna e
avventura, stava dimostrando pazienza e nervi di acciaio. Lei sembrava bloccata
ai pudori dell’adolescenza. Sentì un’onda di frustrazione montarle dentro.
“Sai che appena sveglio mi funziona solo un neurone,”
cercò di sdrammatizzare Benji con una smorfia buffa.
Myriam abbassò gli occhi, e un timido sorriso le piegò le labbra. “Mi
cambio e ti preparo la colazione.”
Scese sotto coperta e infilò un leggero vestito azzurro sopra al
bikini. Si fermò un attimo a guardarsi allo specchio, incrociando lo sguardo
della sconosciuta che solo Benji sapeva evocare. Sparite le occhiaie, il naso
leggermente spellato dal sole e lontano, molto lontano il ricordo delle notti passate
a sognare un futuro che fino a pochi giorni prima sembrava impossibile.
Inspirò a pieni polmoni e aprì la porta, dirigendosi verso la piccola
cucina. Pochi minuti dopo il profumo di caffè arrivò fin sul ponte, decretando
l’inizio della giornata.
“Grazie mille,” disse Benji mentre le prendeva
dalle mani una tazzina fumante e un piatto pieno di biscotti.
Myriam si sedette a poppa accanto a lui. Doveva parlare del più e del
meno e non pensare. Soprattutto non pensare al suo torso
abbronzato e ancora nudo, la linea dei suoi muscoli si perdeva in un
disegno armonico che le toglieva il fiato. “Pensi che andremo in paese a fare
un po’ di spesa?” fu la prima domanda che le venne in mente.
Benji le fece l’occhiolino. “Come preferisci. Tu sei la
mente e io il braccio, tu
comandi nell’ombra mentre io agisco alla luce del sole.”
La ragazza gli lanciò un’occhiata allegra. “Vuoi
vedere cosa sono riuscita a fare ieri sera?” Prima ancora che potesse
risponderle, gli mise in mano un pezzo di cima che aveva tenuto da conto la
sera prima.
“Un nodo da parabordo, complimenti” la
canzonò, divertito dai suoi tentativi andati a vuoto con nodi più difficili. “Sei
quasi pronta per la Coppa America.”
Alla sola idea Myriam scoppiò a ridere e lo sguardo di Benji si
illuminò. Vederla felice gli faceva sciogliere il cuore. Era così espressiva,
così piena di passione. Le circondò la vita con un braccio per darle un bacio,
ma qualcosa attirò la sua attenzione. Alcune nuvole in cielo si stavano
addensando, non lasciando presagire nulla di buono.
Si allontanò da lei con dolcezza. Myriam lo seguì con lo sguardo mentre
raggiungeva agilmente la prua e azionava il comando elettrico per sollevare
l’ancora.
“Prendi il timone e punta verso il
promontorio” le ordinò da sopra una spalla.
Ubbidì, senza capire cosa lo
stesse preoccupando. Cominciava ad avere un po’ di dimestichezza con le manovre
in movimento, ma non era solito lasciarla sola al timone.
Poco dopo le era di
nuovo affianco. “Dannazione,” esclamò azionando a
vuoto il pulsante di accensione del motore. “L’elettrovalvola si è inceppata.”
La ragazza aggrottò le sopracciglia. “Non
parte?”
“Sembra di no” rispose lui serio. “Direi che
siamo nei guai.”
Myriam abbozzò un sorriso incredulo. Il sole
brillava nel cielo e fino a pochi istanti prima il suo unico problema era stato
tenere a bada i propri ormoni impazziti. “Che bello, è sempre un piacere
iniziare la giornata con una buona dose di ottimismo.”
Benji non raccolse la scherzosa provocazione.
In quelle condizioni avrebbero dovuto manovrare a vela fin dentro il porto,
distante diverse miglia. La migliore volontà del mondo poteva non rivelarsi
sufficiente nel caso il tempo fosse peggiorato.
“In marcia” concluse serrando la mascella. “Prima
ci avviamo, prima arriviamo a destinazione.”
Myriam osservò in silenzio l’espressione
indurita sul suo volto, cercando di assimilarne il repentino cambiamento. Provava
fiducia estrema in Benji ed era certa che seguendo le sue istruzioni alla
lettera tutto sarebbe filato liscio.
Rimase al timone mentre il ragazzo eseguiva le
manovre con misurata lentezza, le mani tese sotto i piccoli guanti che le
aveva fatto indossare. In meno di mezz’ora il vento si
era alzato di dieci nodi e il cielo si era parzialmente oscurato.
Nonostante il salvagente sentiva freddo e la
salsedine le tirava la pelle, ma la concentrazione necessaria a tenere la rotta
la rendeva immune alle oscillazioni del ponte. Si scambiarono poche parole,
strettamente necessarie, veleggiando con onde sempre più alte fino a un piccolo
villaggio di pescatori.
Sorrise alla vista del porticciolo,
concedendosi un breve momento di relax. Benji lasciò le scotte (15) e le prese il timone dalle mani. Senza che
glielo chiedesse si affrettò a sistemare i parabordi, camminando bassa per
evitare di finire in acqua sul più bello.
Non appena superato il faro, i grandi massi
che delimitavano l’ingresso delle imbarcazioni li accolsero nella loro cerchia
protettiva. Grazie all’aiuto di un solerte ragazzino, poterono ormeggiare senza
troppe difficoltà.
Myriam sentì le ginocchia tremare per la
tensione accumulata, e si lasciò cadere a terra lanciando un sospiro di
sollievo. Le prime gocce di pioggia le bagnarono il viso e le accolse con un sorriso.
“Siamo stati fortunati.”
“Puoi dirlo forte” considerò Benji scivolando
accanto a lei, affatto turbato dalla pioggia che si stava trasformando in
acquazzone. “Senza quel ragazzo e con la tua abilità velistica avremmo girato
su noi stessi per il resto della vacanza.”
“Grazie, non so vivere senza essere trattata
male.”
Per tutta risposta Benji l’attirò a sé. Una folata di vento lì investì
ma non vi fecero caso. “Sei stata bravissima, sono fiero di te.”
Myriam alzò lo sguardo, incrociando quello di lui. Provò un formicolio
allo stomaco, unito a un ormai familiare senso di vertigine. Dopo un primo
attimo di esitazione avvicinò le labbra alle sue, calde e morbide, e chiuse gli
occhi, mentre lui la stringeva tanto da accorciarle il respiro.
* * *
“Fa meno male con uno strappo secco,” insisté
scontrandosi con la diffidenza di Benji. Erano due giorni che doveva togliersi
un cerotto e non c’era modo di convincerlo. La colla nera gli si appiccicava ai
peli e continuava a lamentarsi. “Saresti pronto a giocare una partita con la
spalla lussata e hai paura di un po’ di adesivo?”
Il ragazzo la guardò in cagnesco. “Che c’è di male?”
Myriam provò a non ridere ma fallì. Si era fatto un taglietto mentre
aiutava il manovale a sistemare il quadro del motore e sembrava che avesse
perso l’uso dell’arto. Se fossero stati ancora in porto le avrebbe chiesto di
accompagnarlo al pronto soccorso. “Possibile che voi uomini facciate tante
storie alla vista di una goccia di sangue?”
Visibilmente ferito nel suo amor proprio, Benji le porse il braccio. La
ragazza prese un lembo del cerotto con la punta delle dita e tirò con forza. “Mi
sa che mi sbagliavo” disse con una piccola smorfia, cercando di restare seria
alla vista del polso depilato e di Benji che imprecava tra sé.
“Non dovevo darti retta” disse infine quando il bruciore si attenuò. “Se
ne sarebbe andato con l’acqua di mare.”
“Si, certo” fece lei di rimando. “Magari con
l’aiuto di qualche squalo.” Guardò Benji con un sorriso. Seduti a prua potevano
ammirare il profilo del sole prossimo al tramonto, ma qualcosa sembrava
distrarlo. “Stai bene?”
“Si, perché?”
Gli spostò con le dita un ciuffo di capelli ribelli. “Stai aggrottando
la fronte. Lo fai solo se qualcosa ti preoccupa.”
Le circondò le spalle con un braccio, attirandola ancora più vicina. “Vorrei
che questa vacanza durasse per sempre,” rispose
cogliendola di sorpresa. “Tu hai qualcosa che mi fa sentire a casa” proseguì,
divertendosi a fissarla mentre cercava di vincere l’ennesimo attacco di rossore.
Myriam pensò a qualcosa di brillante da dire ma non le venne in mente
nulla. Con un sospiro si concentrò sul mare e il ragazzo rispettò il suo
silenzio.
Nemmeno lei sarebbe mai voluta scendere da quella barca. Una volta superata
la sua corazza di feroce riserbo scopriva un uomo complesso e adorabile, capace
di scavarle nell’animo e accogliere le sue paure con infinita tenerezza. Al
solo pensiero di perderlo sentì lo stomaco stringersi in una morsa.
La fissò con intensità crescente, prima di aprirsi nel sorriso che
preferiva. “Tutto questo entusiasmo mi commuove.”
“Benji, io...”
“Cosa?”
“Niente.”
“Conosco quel niente. Non è niente,
è qualcosa. Tu cosa?”
Il rollio della chiglia sembrò accentuarsi nella sua mente. Non disse
nulla. Si limitò ad alzarsi, porgendo al ragazzo la mano destra. Benji si mise
in piedi, seguendola nella cabina che avrebbero condiviso per l’ultima notte. Mancandole
il coraggio di esprimersi ad alta voce i suoi gesti avrebbe parlato per lei. Lo
voleva, aveva bisogno di lui.
La luce del tramonto creava strane ombre intorno a loro, tutto era dei
toni del rosa e dell’arancio. Myriam gli prese il viso tra le mani e lo baciò
dolcemente, conscia del desiderio che sentiva crescere dentro di sé.
Sempre in silenzio Benji la strinse fino a che i loro corpi non aderirono
perfettamente. Le sfiorò il collo con tanti piccoli baci, facendole scorrere la
mano sulla schiena, mentre lei gli slacciava uno ad uno i
bottoni della camicia. Un lento sorriso stirò le labbra del giovane allorché
incontrò lo sguardo di lei, perduto di emozione.
Con un brivido Myriam gli scostò il cotone dalla pelle, passandogli le
dita sul petto. Inspirò profondamente. Sapeva di mare.
Si sentiva nervosa, ma non era la stessa sensazione di timore che l’aveva
bloccata tante volte. Un calore irradiava il suo corpo, generando una violenta
sensazione di aspettativa. Trasalì al contatto delle labbra che il suo collo
reclino aspettava inconsciamente e, senza quasi accorgersene, cominciò a
respirare con affanno.
Si sdraiarono, senza staccarsi l’uno dall’altra. Da quel momento Myriam
cessò di appartenersi. Chiuse gli occhi, aprendosi alle emozioni inafferrabili
di una realtà sospesa tra lo spazio e il tempo.
* * *
Scrutò nella penombra il volto della ragazza addormentata al suo fianco.
Mai aveva provato una tale urgenza mista a infinita tenerezza. I primi baci e
le carezze erano stati il preludio di una passione crescente, che li aveva
portati a fondersi nel primo vero abbraccio della sua vita.
Era quello l’amore? Evocò il ricordo di infatuazioni effimere quanto il
battito d’ali di una farfalla. Immagini di volti femminili si confusero tra
loro in un panorama indistinto e lontano. Sorrise.
Le sue labbra si posarono lievi sui capelli di lei. Fu improvvisamente
colto da un timore istintivo, come se potesse sfuggirgli,
quale sabbia tra le dita. Provò un’irrazionale fitta di gelosia e trattenne a
stento l’impulso di svegliarla per riportarla a sé.
“Benji” lo chiamò.
Si bloccò per un attimo, fissando i suoi occhi chiusi. Si era
svegliata? La sua voce cristallina non lasciava adito a dubbi.
Myriam sospirò, muovendosi inconsapevole nel
sonno. “Benji” mormorò dolcemente.
Lo stava sognando. Il cuore gli tamburellò nel petto.
“Resta” sussurrò. “Non andare... ti prego.”
Lo stava sognando e voleva che restasse con lei, nel suo sogno.
Cercò di dare un senso ai sentimenti che d’un tratto lo sommersero, ma
nessuna parola era potente abbastanza da definirli. Per un lungo momento si
lasciò andare, annegando in quel vortice misterioso.
Quando riaffiorò in superficie sentì che non sarebbe mai più stato lo
stesso. Guardò fuori, stupito che fosse ancora buio, che il sole non fosse
sorto insieme a lui.
Pensò ai suoi genitori, all’amore che li aveva sempre uniti. Trent’anni
di matrimonio e ancora si guardavano come il primo giorno. Sarebbe stato così
anche per lui. Avrebbe amato la ragazza stesa al suo fianco per il resto della
vita.
Fissò rapito la sua espressione inconsapevole, sentendo l’amore per lei
fissarsi in ogni fibra del suo essere.
Dormiva più serena ora, un leggero sorriso disegnato sulle labbra.
Note:
(15) La
scotta è un termine marinaresco che designa una cima, ovvero una corda che
permette la regolazione delle vele di un'imbarcazione.
Per
la parte finale di questo capitolo ho tratto ispirazione dalla canzone
dell’ultima scena di Twilight, “Flightless
bird, American mouth”, che
potete ascoltare al link http://www.youtube.com/watch?v=7FddRcJwlT4.
¨ ¨ ¨
Cast della FF
Cliccate sui link sottostanti
e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... in ordine
di apparizione nella FF: