THERE’S NO PLACE LIKE LONDON
CAPITOLO VII
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er tutto il pomeriggio, Juliet continuò a
rimuginare su quello che era successo, e sulle parole di Viola e Sebastian. Era
stata davvero così palese la sua cotta per Orlando? Lui non se n’era mai
accorto, e neppure lei si era resa conto di come lui fosse innamorato –o così
aveva detto Viola- lei. In quel periodo erano stati parecchio uniti, e lei lo
aveva attribuito al fatto che entrambi erano usciti da poco dalle loro prime
storie importanti, e di conseguenza avevano entrambi bisogno di qualcuno che li
aiutasse a non rendere quei distacchi troppo repentini. Vivevano quasi in
simbiosi, e se non fosse stato per la mancanza di tutti quei gesti affettuosi
tipici di due innamorati, si poteva benissimo pensare che quei due ragazza
stavano insieme.
Ora, dopo quasi 20 anni, ripensare a quei momenti
la fece sorridere; chissà cosa sarebbe successo se entrambi si fossero accorti
d quello che provavano l’uno per l’altra. Sarebbero passati tutti quegli anni? O
la loro amicizia si sarebbe distrutta quando tutto fosse finito?
Rimase parecchio tempo sdraiato sul divano,
ponendosi mille domande a cui non riusciva a dare una risposta; poi si ricordò
delle parole che aveva detto a Viola. Perché farsi paranoie inutili? Ormai si
era scoperto, e non c’era nulla che la potesse far tornare sui suoi passi;
tanto valeva giocare fino infondo, perché non aveva più niente da perdere.
Si alzò dal divano, e riordinò un poco
l’appartamento, mentre Tinkerbell le girava intorno curiosa, come se vedesse la
sua padrona sotto una nuova luce.
Verso le 17.00 ricevette la chiamata di Sophie,
avvisandola dell’invito di Sonia e raccomandandosi sulla puntualità,
aggiungendo che c’erano delle interessanti novità.
Juliet cercò di farla sbottare, ma Sophie fu
ermetica, liquidandola con un frase che usava spesso in quelle situazioni: i tuoi trucchetti da giornalista con me non
attaccano.
Conclusa la chiamata, finì di rassettare, per poi
concedersi un bagno ristoratore che durò un buon tre quarti d’ora. Si avvolse
in un asciugamano e andò nella sua stanza, dove, aperto l’armadio, cominciò a
cercare qualcosa di adatto, che fosse elegante, ma allo stesso tempo casual.
Mentre rovistava, arrivò Tink, che si mise accovacciata sul letto, in attesa
dell’attenzione della padrona.
Dall’armadio Jules tirò fuori alcune crocette, per
poi andare in bagno a cambiarsi; ne uscì tre volte, con tre tipologie diverse
di abbigliamento. La prima volta indossava un completo grigio con una camicia
bianca che aveva alcune frappe; Tink la guardò perplessa.
“Hai ragione; troppo professionale…” osservò,
storcendo la bocca la giornalista, tornando a cambiarsi.
La seconda volta ne uscì con jeans scuri, stivali,
e maglia con scollatura a V viola; anche questa volta non era particolarmente
convinta, dicendo che la faceva troppo ragazzina
per bene. Alla terza uscita, la cagnolina scattò giù dal letto, andandola
incontro scodinzolando. Juliet indossava un abitino giallo, senza spallina, la
cui gonna, che terminava con alcuni fiori bianchi e neri, arrivava appena sotto
il ginocchio.
“Direi che ce l’abbiamo fatta…” osservò,
coccolando Tink, che la riempiva di feste.
Dopo di ché, indossò un paio di decolté nere, e
concluse la vestizione con un paio di anelle dorate, mantenendo i capelli
sciolti, e un filo di trucco.
Soddisfatta del risultato, legò il cane al
guinzaglio, infilò la giacca, e prese la borsa uscendo di casa giocando con le
chiavi dell’auto.
Arrivò a Canterbury alle 19.20, impiegando 5 minuti
per trovare parcheggio. Dopo di ché, uscì dall’auto seguita da Tink, arrivando
fino alla casa dei genitori di Orlando.
Tutto ad un tratto, una strana tensione l’avvolse,
facendole sembrare ogni movimento sempre più difficile; suonare il campanello
le sembrava n’impresa, ma l’arrivo provvidenziale di Sidi le evitò il tutto.
“Ma guarda chi si vede…” osservò, mentre il cane
nero abbaiava allegramente. Pochi secondi e notò la cockerina, che la osservava
leggermente impaurita.
Dulie li guardò entrambi sorridendo, per poi
abbassarsi all’altezza dei due animali.
“È un cane buono, Tink. Si chiama Sidi e so già
che diventerete amici.” Le spiegò, coccolandola.
“E così hai una compagna a quattro zampe…” osservò
una voce maschile di fronte a lei. Si alzò, trovandosi davanti Orlando, in
maniche di camicia, che la osservava sorridente. Aprì il cancello e la fece
entrare.
“Dovevo trovare qualcuno che sostituisse il mio
migliore amico.” gli rispose sibillina, slegando il cane che subito andò di
fronte a Sidi, che capendo di avere a che fare con una possibile amica si avvicino e le fece cenno di
seguirlo.
“A quanto pare vanno d’amore e d’accordo.” osservò
Jules. “Ci speravo.” concluse, rivolgendo il suo sguardo verso Orlando, il
quale, senza preavviso alcuno, la attirò a sé, unendo le sue labbra a quelle di
lei, che le schiuse, dando vita ad un vero e proprio bacio. Quando si
staccarono, i loro volti erano stupiti ma anche irrimediabilmente sereni,
avendo entrambi scoperto le loro carte.
Come se fossero attratti da una forza a loro
sconosciuta, si baciarono nuovamente, lasciandosi andate a quelle meravigliose
sensazioni che si procuravano a vicenda; Juliet gli cinse il collo con le
braccia, insinuando una mano tra i suoi capelli. Orlando la strinse
maggiormente a sé, accarezzandole i fianchi; quante volte aveva sognato quel
momento, tanto da pensare che forse, ancora una volta, si trovava nel mondo dei
sogni.
Fu Sidi ad interrompere quel momento, richiamando
il padrone all’ordine, abbaiando festosamente.
“Forza, Bloom. Non farmi fare la figura della
ritardataria.” Gli disse lei, dandogli una leggera botta con il fianco mentre
andava verso la porta. Bussò e pochi secondi le aprì Samantha.
“Allora eri davvero tu!” esclamò.
“Sì. Ho portato con me il cane, e volevo vedere
come andava con Sidi.”
“Ci scommetto che ne sarà affascinata. Non c’è
cane o umano che non lo adori… mi ricorda qualcuno…” osservò.
“Ma io non sono un cane, per cui gradirei entrare.
Non è poi tutto questo caldo…” le rispose Orlando, arrivato dietro a Juliet
pochi istanti prima.
“Che dici, lo facciamo entrare?” chiese Sam alla
giornalista.
“Tua madre ci lincia se lo lasciamo fuori.”
“Vero! Lui è il cocco di mamma…”
“Sam, lo sai che l’età adolescenziale è finita da
un pezzo? Possibile che tu debba perdurare a sfottere?” s’impermalì il
fratello.
Eccolo là,
parla l’angioletto.
“Guarda che è tua sorella e avete parecchi geni in
comune.” osservò Juliet.
Orlando stava per risponderle a tono, quando una
voce all’interno li richiamò all’ordine.
“Sammie, Orli, Ju, perché non la smettete di fare i bambini e venite a
tavola? La cena è pronta!”
“Sì, mamma…” risposero tutti e tre in coro.
Ormai Sonia Copeland, madre di Samantha ed
Orlando, era diventata a tutti gli effetti una seconda genitrice anche per
Jules, come Sophie lo era per i fratelli Bloom, Orlando in primis.
Arrivati nell’ingresso, la giornalista si tolse la
giacca, appendendola all’attaccapanni.
“Sei uno schianto!” osservò Samantha. “Devi fare
conquiste?”
“E chi lo sa…” le rispose, ironica, per poi
rivolgere un’occhiata ad Orlando. Vedendo la sua espressione, dovette
trattenere una risata. In effetti, non appena la donna aveva iniziato a
sfilarsi la giacca, l’attore era rimasto pietrificato. Quell’abitino giallo,
faceva risaltare il suo fisico non troppo magro, ma ben delineato. La gambe,
dritte e agili, compivano eleganti movimenti, come se le decolté su cui
camminava fossero comodissime scarpe. Per non parlare del viso; solare,
allegro, incorniciato dai capelli lasciati sciolti… insomma, quella sera era
semplicemente meravigliosa.
“La smetti di radiografarmi come se fossi la più
bella delle creature?” gli sussurrò lei ad un orecchio, dopo essersi avvicinata
a lui. Detto ciò gli stampò un bacio sulla guancia, e si avviò verso il
salotto.
Samantha gli si avvicinò. “Ora pure lei…” gli
disse. “Fare l’attore ti ha fatto decisamente male.” osservò. “Oppure sei
talmente disperato da ripiegare su di lei.”
“Sam, piantala una buona volta.” ringhiò lui. “Tu
non sai nulla.” e detto ciò entrò nella sala dove Juliet stava salutando i
genitori. Aveva già abbracciato il padre, e in quel momento era tra le braccia
di Sophie, che si stava lamentando di non essere stata avvisata prima
dell’ultima intervista della figlia.
“Ma eri in Francia!” protestò lei. “Te l’avrei
detto non appena fossi tornata; e comunque, te ne ho già messa una copia nel
raccoglitore.”
“Ce l’ha fatto leggere Sonia mentre ti
aspettavamo.” le disse Sophie, indicandole la carpetta gialla aperta sul suo
articolo.
Juliet stava per protestare, quando suo fratello
intervenì a stemperare gli animi.
“Hanno pianto per 10 minuti buoni.” disse,
riferendosi alle due madri. ”Sono così orgogliose dei loro figlioli.” e fece
una smorfia. ”Io mi chiedo come il tuo capo non abbia ancora capito nulla… io
ti avrei già licenziata.”
“Ma tu non sei il mio capo; e nemmeno un
giornalista.” gli rispose, andandogli incontro per abbracciarlo, contenta di
rivederlo dopo lungo tempo. Quando si staccò da lui, fu la volta di Marion.
Sin da quando si erano conosciute, era stata molto
timida nei confronti di tutta la famiglia Wollstonecraft, nonostante l’avessero
subito accolta ben volentieri in famiglia. Ora, la situazione in cui si trovava
la metteva maggiormente in imbarazzo; Henry le aveva ovviamente parlato di
Sonia e della sua famiglia, Orlando compreso, senza però pensare al cognome.
Quindi Marion aveva scoperto che il famoso migliore amico di Juliet altri non
era che il famoso Orlando Bloom, solo quando se lo era trovato davanti agli
occhi. Ovviamente la ragazza non aveva incolpato Henry per non averglielo
detto; per lui Orlando era un amico, quasi un membro della famiglia. La sua
fama era solo una piccola parte di lui.
Per questo, non appena Juliet le fu davanti, notò
che aveva una strana luce negli occhi che glieli faceva brillare; una sorta di
orgoglio materno per un segreto che custodiva tenacemente dentro di sé.
Riconobbe subito quello sguardo, di cui tanto Viola le aveva detto, ma cercò di
sotterrare quel buco allo stomaco che le si era formato, assieme a quel senso
di inadeguatezza tipico di quando si era trovata in una situazione simile negli
ultimi 3 anni. Sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e la salutò cordialmente.
“Allora, quali sono queste novità?” chiese,
curiosa.
Fu in quel momento che Sonia sbucò dalla cucina
accompagnata da Colin che reggeva una leccarda di pasta al forno.
“Una la conosci,” iniziò la donna “mentre l’altra
è una sorpresa anche per noi.”
E quel noi
si riferiva ovviamente alla famiglia Bloom. “Ma ne possiamo parlare
tranquillamente a cena.” concluse, avviandosi verso la sala da pranzo.
In quel momento suonarono alla porta, e tutti si
voltarono incuriositi; nessuno di loro aspettava l’arrivo di qualcuno.
“Vado io!” esclamò Sam dall’ingresso, mentre le
due coppie di genitori, assieme ad Henry e Marion, entravano nella sala.
Jules si ritrovò accanto Orlando che, con il
solito tono di voce che usava per provocarla le disse: “Aspetti per caso il tuo
ragazzo?”
Lei subito reagì, voltandosi verso di lui e
assestandogli uno scappellotto coi fiocchi.
“Scemo!” lo redarguì a denti stretti. “Sarà Alan…”
Orlando grugnì in senso di disapprovazione, per
poi andare con Juliet nella sala da pranzo, sedendosi come di consuetudine
(quando Orlando non era ancora una star) uno accanto all’altra.
Alan altri non era che l’attuale ragazzo di Samantha,
il quale secondo Orlando non era il tipo adatto alla sorella, come non lo era
stato nessuno prima di lui; in poche parole, era geloso di chiunque si
presentasse come ragazzo di sua sorella.
Jules a questi pensieri sorrise, e stava per
difendere Alan, quando Samantha entrò nella stanza.
“Hai visite, Gibbo.” disse al fratello, che la
guardò interrogativa, prima che lei si scostasse dalla porta per far entrare
Sebastian.
“Ci avevo quasi preso…” osservò l’attore,
rivolgendosi a Juliet che non appena sentì quelli parole, gli rifilò un
ennesimo scappellotto.
Sebastian osservò per qualche attimo i due con un
sorriso soddisfatto, poi la giornalista si alzò per salutarlo e quando vide il
suo look della serata rimase parecchio stupito. Le prese la mano e le fece fare
una piroetta.
“Ti adoro, Jules…” commentò, divertito e
soddisfatto di quello che vedeva. “Sono davvero orgoglioso.”
“Era la mia speranza…” osservò lei, sorridendo.
“Come vedi, la speranza è l’ultima a morire… e io sono una donna
intraprendente…” concluse, facendogli un occhiolino.
Sebastian le sorrise, per poi lasciarla tornare al
suo posto.
“A proposito!” riprese. “Grazie ancora per il
servizio. Sei stato fenomenale…” si congratulò.
“Figurati… è stato come al solito un piacere…”
“Sebastian, resti a cena con noi?” gli chiese
Sonia, cambiando discorso.
“No, grazie, zia. Ero passato per prendere una
cosa di Orlando.” e vedendo il cugino alzarsi si rivolse a lui, fermandolo. “Se
mi dici dov’è la prendo io, tanto so arrivarci in camera tua.” gli disse. “Ci metto
un secondo, poi scappo che devo uscire con alcuni amici. Andiamo al Pacha dopo cena… vi unite a noi?” chiese
ai due Bloom e a Juliet. “Sam, tu puoi chiamare Alan, se vuoi.”
Orlando storse il naso alla parola Alan, ma non rispose; non amava andare
in discoteca, soprattutto perché veniva sempre riconosciuto, ma il Pacha London per quanto in centro non
era l’ultimo locale alla moda, e aveva un po’ voglia di divertirsi fregandosene
del resto del mondo… a Londra i paparazzi non erano come cani affamati alla
ricerca dell’ultima pazzia del VIP di turno; e infondo lui andava solo a
ballare con alcuni amici, nulla più.
Per Juliet non c’era alcun problema, anzi: erano
secoli che non andava a ballare, perché a Viola non piaceva particolarmente e
non se la sentiva di uscire con le sue colleghe, con cui non aveva un rapporto,
se non professionale, tranne che con la sua segretaria. Quindi l’idea di
Sebastian non era affatto male; sarebbe prima passata da casa a mettersi
qualcosa di più adatto ad una discoteca. Ovviamente il tutto se ad Orlando
avesse fatto piacere, visto che per quella sera aveva deciso di fregarsene
altamente del mondo e occuparsi solo di sé stessa, stando con la persona a cui
teneva forse di più al mondo.
Fu proprio lui, a prendere la parola.
“Jules, ti va?” le chiese. “Possiamo chiamare
anche gli altri…” disse, riferendosi al group.
“A me va benissimo, anzi. Ne ho proprio voglia di
andare a ballare!” annuì con un sorriso. “Gli altri non verranno; lavorano
tutti e lo sai che non amano le discoteche.” gli ricordò.
“Vengo pure io! E Alan ha detto che viene!”
confermò Samantha, e quando vide Orlando sbuffare, lo fulminò con lo sguardo.
“È il mio ragazzo e ci esco quando mi pare, quindi smettila di fare la pentola
a pressione!”
Orlando le fece una boccaccia di rimando, mentre i
loro genitori li guardavano, arresi all’evidenza che i loro figli sarebbero
sempre rimasti i soliti, anche se ora avevano entrambi 30 anni suonati.
“Okay, allora ci vediamo dopo!” concluse il
discorso Sebastian. “Ah, Orlando, dove hai la Canon?” gli chiede.
“È nella seconda mensola dall’alto sopra la
scrivania…” fu la risposta dell’attore. Il cugino lo ringraziò per poi andare
di sopra. Tornato di sotto passò a salutare tutti quanti, e prima di andare via
si avvicinò a Samantha, mettendogli una mano sulla spalla.
“Poverina, non sai quanto mi dispiace andare via…”
commentò, ricevendo dalla donna un’occhiata interrogativa, mentre Orlando e
Jules lo guardarono leggermente innervositi, calmandosi un attimo dopo, visto
che Sam aveva guardato il fratello interrogativa.
Dopo di ché, il fotografo uscì, salutato da un
coro di Ciao Sebastian!.
“Ma che stava dicendo?” chiese alla fine Sam.
“Lascia stare… ha qualche rotella fuori posto.”
tagliò corto Orlando, volendo cambiare argomento.
Così le due famiglie cominciarono a cenare,
chiacchierando di tanto in tanto degli argomenti più disparati. Ovviamente
l’intervista di Juliet ad Orlando fu uno degli argomenti principali, che tenne
banco a quella tavola per buona parte della durata dell’intera teglia di pasta
al forno. I loro genitori erano davvero orgogliosi di entrambi, come se
avessero raggiunto in quel momento il top
delle loro carriere.
Col passare del tempo Juliet scoprì qual era la
novità di cui era già a conoscenza, e che si rivelò principalmente per opera
sua: Orlando, prima che i giornali avessero potuto pubblicare alcunché aveva
detto ai suoi della rottura con Miranda, spiegandogli le ragioni e aggiungendo
anche la questione delle foto. Durante la cena Sonia si pentì amaramente delle
buone parole che aveva avuto per quella ragazza, dicendo che forse era proprio
lei una delle cause del crollo artistico del figlio. Ad essa si aggiunse anche
Sophie che, dispiaciuta, aiutò la sua amica a distruggere la buona reputazione
che la modella godeva fino a qualche tempo prima nelle famiglie.
Samantha e Juliet si guardavano complici, alzando
gli occhi quando una delle loro madri rivedeva le proprie teorie a riguardo; erano
state paragonate in continuazione, negli ultimi due anni, a Miranda, e sentirsi
nuovamente migliori di lei, diede loro un certo senso di rivalsa e
soddisfazione, anche perché non erano state responsabili di quello che era
accaduto. Mentre le madri continuavano la loro opera di distruzione, Juliet poté
osservare come Orlando non fosse affatto toccato da quelle considerazioni;
sembrava che non fosse lui quello che era stato prima usato per arrivare in
cima allo star system e poi
cornificato alla grande in mondovisione. Non era di certo la prima volta, ma la
giornalista ricordava che era abbastanza suscettibile da essersela presa ed
esserci stato anche maluccio nei primi tempi. Davvero non ne era mai stato
innamorato, così da non scomporlo nel momento della rottura? Certo, anche lei
aveva capito che entrambi aveva sfruttato quei momenti anche per farsi
pubblicità, ma una parte di lei aveva sperato che anche per un po’ lui fosse
stato lievemente preso da lei in quanto persona, avendo trovato in lei una
qualche qualità dalla quale era stato particolarmente affascinato. Ma probabilmente
così non era, vista la reazione attuale dell’attore.
“Con la prossima sappi che ho intenzione di farci
due chiacchiere faccia a faccia.” sentenziò Sonia, in conclusione. “Non si può
andare avanti così; siete ormai adulti entrambi e emi chiedo quando comincerete
a pensare ad avere una vostra famiglia, invece di venire sempre qui a sbaffo.” si
lamentò.
“Sonia, cara, sono ancora giovani; perché dovrebbero
pensare ad una famiglia… hanno una vita davanti.” cercò di calmarla Colin,
trovando l’approvazione di Jack.
“Colin, io mi trovo d’accordo con Sonia; ormai i
nostri figli sono tutti grandi e vaccinati e mi sembra il caso che comincino
TUTTI a pensare al loro futuro, oltre che alla loro carriera.” giunse in aiuto
di Sonia, la madre di Juliet ed Henry, lanciando un’occhiata eloquente alla
figlia, che sbuffò, roteando gli occhi.
“Ma mamma!” protestò. “Perché dovrei pensare a
costruirmi una famiglia, quando non ho nemmeno qualcuno con cui costruirla?” le
chiese sibillina. “Posso capire Samantha e Henry, ma né io né Orlando possiamo
prendere in considerazione una cosa simile…”
“Cara, forse se inizierete a pensarci potreste
anche accorgervi che ciò che cercate non è poi molto lontano, e magari si
nasconde entro le mura della vostra casa…” osservò Sonia, senza voler fare
nessun reale riferimento a qualcosa che in realtà stava accadendo.
A quelle parole infatti, Jules e Orlando
spalancarono gli occhi, guardando la donna interrogativi e chiedendosi entrambi
se non avesse capito molto più di quello che dava ad intendere. Infondo,
secondo quanto dicevano Viola e Sebastian, c’era stato un periodo in cui tutti
avevano capito quello che stava accadendo a loro due, tranne ovviamente loro
stessi.
La giornalista, volendo cambiare argomento alla
velocità della luce, si ricompose, scoprendo che istintivamente aveva stretto
la mano al suo migliore amico, si staccò lievemente, rendendo quel distacco
leggero ed elegante, per poi prendere la parola.
“Okay, appurato che io e Orlando dobbiamo trovare
un ragazzo che ci sopporti per l’eternità…” e roteò gli occhi, come se questo
tipo di persona non potesse esistere, e facendo ridacchiare Marion. “Direi che
è arrivato il momento per sapere la seconda novità, giusto, ma?” osservò
diretta verso la madre.
Ormai avevano spolverato tutto quella che la
cucina di Sonia aveva da offrire; il ché era stata una montagna di cibo,
considerando che erano solo in otto, ma la cuoca aveva constatato che i giovani
della famiglia -suo figlio in testa- parevano piuttosto deperiti e magrolini,
ovviamente secondo la sua visione materna che voleva i figlia belli in forma. Di
conseguenza, quella semplice cena era diventata una sorta di cenone natalizio
rivisitato e corretto in chiave leggermente più sobria e ridotta, ma non di
molto. All’appello mancava solo il dolce, che si trattava come di consueto di
una cheesecake alle fragole, che da sola avrebbe
fatto rabbrividire qualunque persona sotto dieta ferrea, facendola crollare
sotto quell’immenso quantitativo di calorie.
“Credo tu abbia ragione…” fu la risposta di Sophie,
voltandosi poi verso il figlio. “Henry?” lo chiamò, per farlo iniziare a
parlare.
Marion in quel momento abbassò lo sguardo,
leggermente imbarazzata e arrossita nelle guance. Henry a sua volta si schiarì
la voce, prendendo la mano della sua ragazza, alzando lo sguardo vero i
commensali che lo stavano guardando incuriositi e bramosi di conoscere questa
novità.
“Quando mamma e papà mi sono venuti a trovare, gli
abbiamo presentato anche i genitori di Marion, che erano ansiosi di conoscerli,
come non vedono l’ora di conoscere anche Juliet…e ovviamente anche voi…”
iniziò, lievemente agitato, facendo sorridere sua sorella.
“Appena ho un weekend prometto che vengo in
Francia seduta stante…” gli promise lei, per poi incitarlo a continuare.
“Di sicuro saranno contentissimi…” osservò lui,
prima di riprendere il discorso. “Ma penso che saranno loro a venire qui…”
disse, facendo calare il silenzio, mentre tutti lo osservarono interrogativi.
“Resteremo per un po’ qui a Londra; abbiamo
trovato una casa in affitto e con il lavoro darò una mano a papà per un po’;
infondo è stato il primo vero lavoro che ho avuto…” osservò, lievemente
divertito.
Jack lavorava in una ditta di imbianchini e si
occupava anche di decorazioni natalizie artigianali; Henry aveva iniziato a
lavorare proprio con il padre, prima di trasferirsi in Francia, dove faceva l’avvocato
in un suo studio, che era poi il lavoro per cui aveva studiato. Marion invece
era una ballerina di danza classica; faceva parte di un gruppo che si esibiva
in vari teatri, tra i quali pure l’Opera di Parigi.
“Ma quanto resterete?” chiese Sonia. “Mi sembra
strano che vogliate tornare a Londra, così, senza un motivo preciso.” osservò.
“Resteremo qui per un annetto, forse anche due…”
fu la risposta di Henry. “Un motivo in realtà c’è. Marion fra qualche mese non potrà
più muoversi liberamente…” e non riuscì ad andare oltre, abbassando lo sguardo.
Juliet in quel momento ebbe la conferma di ciò che
aveva sospettato sin da quando era entrata in quella stanza. Il buco nello
stomaco tornò ad aprirsi, e nuovamente sentì quel peso sulle spalle che ogni
volta la schiacciava. Cercò di rimanere impassibile all’esterno, imponendosi la
calma e un sorriso tranquillo e rilassato.
Tutti erano in attesa di sapere cosa stava
accadendo, ma Henry sembrava non riuscire più a parlare. Con sommo stupore di
tutti, fu Marion ad alzare lo sguardo, decisa, lasciando da parte ogni timore
ed ogni imbarazzo. Strinse maggiormente la mano di Henry e prese un respiro;
Juliet intanto si stava preparando a quella conferma di cui ormai era già
certa. Sicuro sua madre e suo padre ne erano felici; infondo erano una coppia
perfetta e si amavano, quindi non c’era nulla di male…
Con tutto il coraggio e la forza d’animo che
possedeva, sorrise a Marion, spostando il suo sguardo su di lei, come per
incoraggiarla, mentre la famiglia Bloom era ferma immobile, con lo sguardo
fisso sulla ragazza, che dopo aver preso un bel respiro, parlò.
“Sono incinta.”
Ragazze grazie e mille!!!!
Sono contenta che nonostante la
lunghezza, il capitolo vi sia piaciuto!
bebe: qui non vai
in apnea, assicurato!
Lady Elizabeth: Oddio! Ti ho commossa??? Aiuuutooo!
eminae: che dovevo
farlo più lungo? 12 pagine non erano abbastanza? :P Cmq se vuoi scommetto io,
anche se non so quanto sia valido, visto che sono l’autrice XD.
Bene, detto ciò, ringrazio anche tutte le
lettrici silenti, che immagino stiano gradendo la storia, visto che la
continuate a seguire, o così pare…
Ah! Il capitolo è appositamente più
corto, giusto per lasciare un pochino di suspance, e
spezzare la serata… poi dopo il papiro dell’ultimo mi sembrava pure giusto
farvi prendere un po’ d’aria…
Spero di aggiornare presto, visto che
ultimamente sono parecchio ispirata sotto tutti i fronti, però l’ottavo
capitolo è solo nella mia mente e non ne ho scritto ancora una riga. Di
conseguenza spero di poter aggiornare alla fine della prox
settimana, ma non datelo per certo.
Bene, direi che ho finito di
sproloquiare!
Besitos,
Klood