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Autore: Klood    28/11/2009    4 recensioni
Cosa cambia nel cuore di due persone che non si vedono da sei anni? Può un'amicizia durare nonostante la distanza e la lontananza più totale? Juliet, nota giornalista, rivede Orlando, ormai attore affermato del cinema....
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THERE’S NO PLACE LIKE LONDON

CAPITOLO VII

 

 

P

er tutto il pomeriggio, Juliet continuò a rimuginare su quello che era successo, e sulle parole di Viola e Sebastian. Era stata davvero così palese la sua cotta per Orlando? Lui non se n’era mai accorto, e neppure lei si era resa conto di come lui fosse innamorato –o così aveva detto Viola- lei. In quel periodo erano stati parecchio uniti, e lei lo aveva attribuito al fatto che entrambi erano usciti da poco dalle loro prime storie importanti, e di conseguenza avevano entrambi bisogno di qualcuno che li aiutasse a non rendere quei distacchi troppo repentini. Vivevano quasi in simbiosi, e se non fosse stato per la mancanza di tutti quei gesti affettuosi tipici di due innamorati, si poteva benissimo pensare che quei due ragazza stavano insieme.

Ora, dopo quasi 20 anni, ripensare a quei momenti la fece sorridere; chissà cosa sarebbe successo se entrambi si fossero accorti d quello che provavano l’uno per l’altra. Sarebbero passati tutti quegli anni? O la loro amicizia si sarebbe distrutta quando tutto fosse finito?

Rimase parecchio tempo sdraiato sul divano, ponendosi mille domande a cui non riusciva a dare una risposta; poi si ricordò delle parole che aveva detto a Viola. Perché farsi paranoie inutili? Ormai si era scoperto, e non c’era nulla che la potesse far tornare sui suoi passi; tanto valeva giocare fino infondo, perché non aveva più niente da perdere.

Si alzò dal divano, e riordinò un poco l’appartamento, mentre Tinkerbell le girava intorno curiosa, come se vedesse la sua padrona sotto una nuova luce.

Verso le 17.00 ricevette la chiamata di Sophie, avvisandola dell’invito di Sonia e raccomandandosi sulla puntualità, aggiungendo che c’erano delle interessanti novità.

Juliet cercò di farla sbottare, ma Sophie fu ermetica, liquidandola con un frase che usava spesso in quelle situazioni: i tuoi trucchetti da giornalista con me non attaccano.

Conclusa la chiamata, finì di rassettare, per poi concedersi un bagno ristoratore che durò un buon tre quarti d’ora. Si avvolse in un asciugamano e andò nella sua stanza, dove, aperto l’armadio, cominciò a cercare qualcosa di adatto, che fosse elegante, ma allo stesso tempo casual. Mentre rovistava, arrivò Tink, che si mise accovacciata sul letto, in attesa dell’attenzione della padrona.

Dall’armadio Jules tirò fuori alcune crocette, per poi andare in bagno a cambiarsi; ne uscì tre volte, con tre tipologie diverse di abbigliamento. La prima volta indossava un completo grigio con una camicia bianca che aveva alcune frappe; Tink la guardò perplessa.

“Hai ragione; troppo professionale…” osservò, storcendo la bocca la giornalista, tornando a cambiarsi.

La seconda volta ne uscì con jeans scuri, stivali, e maglia con scollatura a V viola; anche questa volta non era particolarmente convinta, dicendo che la faceva troppo ragazzina per bene. Alla terza uscita, la cagnolina scattò giù dal letto, andandola incontro scodinzolando. Juliet indossava un abitino giallo, senza spallina, la cui gonna, che terminava con alcuni fiori bianchi e neri, arrivava appena sotto il ginocchio.

“Direi che ce l’abbiamo fatta…” osservò, coccolando Tink, che la riempiva di feste.

Dopo di ché, indossò un paio di decolté nere, e concluse la vestizione con un paio di anelle dorate, mantenendo i capelli sciolti, e un filo di trucco.

Soddisfatta del risultato, legò il cane al guinzaglio, infilò la giacca, e prese la borsa uscendo di casa giocando con le chiavi dell’auto.

Arrivò a Canterbury alle 19.20, impiegando 5 minuti per trovare parcheggio. Dopo di ché, uscì dall’auto seguita da Tink, arrivando fino alla casa dei genitori di Orlando.

Tutto ad un tratto, una strana tensione l’avvolse, facendole sembrare ogni movimento sempre più difficile; suonare il campanello le sembrava n’impresa, ma l’arrivo provvidenziale di Sidi le evitò il tutto.

“Ma guarda chi si vede…” osservò, mentre il cane nero abbaiava allegramente. Pochi secondi e notò la cockerina, che la osservava leggermente impaurita.

Dulie li guardò entrambi sorridendo, per poi abbassarsi all’altezza dei due animali.

“È un cane buono, Tink. Si chiama Sidi e so già che diventerete amici.” Le spiegò, coccolandola.

“E così hai una compagna a quattro zampe…” osservò una voce maschile di fronte a lei. Si alzò, trovandosi davanti Orlando, in maniche di camicia, che la osservava sorridente. Aprì il cancello e la fece entrare.

“Dovevo trovare qualcuno che sostituisse il mio migliore amico.” gli rispose sibillina, slegando il cane che subito andò di fronte a Sidi, che capendo di avere a che fare con una possibile amica si avvicino e le fece cenno di seguirlo.

“A quanto pare vanno d’amore e d’accordo.” osservò Jules. “Ci speravo.” concluse, rivolgendo il suo sguardo verso Orlando, il quale, senza preavviso alcuno, la attirò a sé, unendo le sue labbra a quelle di lei, che le schiuse, dando vita ad un vero e proprio bacio. Quando si staccarono, i loro volti erano stupiti ma anche irrimediabilmente sereni, avendo entrambi scoperto le loro carte.

Come se fossero attratti da una forza a loro sconosciuta, si baciarono nuovamente, lasciandosi andate a quelle meravigliose sensazioni che si procuravano a vicenda; Juliet gli cinse il collo con le braccia, insinuando una mano tra i suoi capelli. Orlando la strinse maggiormente a sé, accarezzandole i fianchi; quante volte aveva sognato quel momento, tanto da pensare che forse, ancora una volta, si trovava nel mondo dei sogni.

Fu Sidi ad interrompere quel momento, richiamando il padrone all’ordine, abbaiando festosamente.

“Forza, Bloom. Non farmi fare la figura della ritardataria.” Gli disse lei, dandogli una leggera botta con il fianco mentre andava verso la porta. Bussò e pochi secondi le aprì Samantha.

“Allora eri davvero tu!” esclamò.

“Sì. Ho portato con me il cane, e volevo vedere come andava con Sidi.”

“Ci scommetto che ne sarà affascinata. Non c’è cane o umano che non lo adori… mi ricorda qualcuno…” osservò.

“Ma io non sono un cane, per cui gradirei entrare. Non è poi tutto questo caldo…” le rispose Orlando, arrivato dietro a Juliet pochi istanti prima.

“Che dici, lo facciamo entrare?” chiese Sam alla giornalista.

“Tua madre ci lincia se lo lasciamo fuori.”

“Vero! Lui è il cocco di mamma…”

“Sam, lo sai che l’età adolescenziale è finita da un pezzo? Possibile che tu debba perdurare a sfottere?” s’impermalì il fratello.

Eccolo là, parla l’angioletto.

“Guarda che è tua sorella e avete parecchi geni in comune.” osservò Juliet.

Orlando stava per risponderle a tono, quando una voce all’interno li richiamò all’ordine.

Sammie, Orli, Ju, perché non la smettete di fare i bambini e venite a tavola? La cena è pronta!”

“Sì, mamma…” risposero tutti e tre in coro.

Ormai Sonia Copeland, madre di Samantha ed Orlando, era diventata a tutti gli effetti una seconda genitrice anche per Jules, come Sophie lo era per i fratelli Bloom, Orlando in primis.

Arrivati nell’ingresso, la giornalista si tolse la giacca, appendendola all’attaccapanni.

“Sei uno schianto!” osservò Samantha. “Devi fare conquiste?”

“E chi lo sa…” le rispose, ironica, per poi rivolgere un’occhiata ad Orlando. Vedendo la sua espressione, dovette trattenere una risata. In effetti, non appena la donna aveva iniziato a sfilarsi la giacca, l’attore era rimasto pietrificato. Quell’abitino giallo, faceva risaltare il suo fisico non troppo magro, ma ben delineato. La gambe, dritte e agili, compivano eleganti movimenti, come se le decolté su cui camminava fossero comodissime scarpe. Per non parlare del viso; solare, allegro, incorniciato dai capelli lasciati sciolti… insomma, quella sera era semplicemente meravigliosa.

“La smetti di radiografarmi come se fossi la più bella delle creature?” gli sussurrò lei ad un orecchio, dopo essersi avvicinata a lui. Detto ciò gli stampò un bacio sulla guancia, e si avviò verso il salotto.

Samantha gli si avvicinò. “Ora pure lei…” gli disse. “Fare l’attore ti ha fatto decisamente male.” osservò. “Oppure sei talmente disperato da ripiegare su di lei.”

“Sam, piantala una buona volta.” ringhiò lui. “Tu non sai nulla.” e detto ciò entrò nella sala dove Juliet stava salutando i genitori. Aveva già abbracciato il padre, e in quel momento era tra le braccia di Sophie, che si stava lamentando di non essere stata avvisata prima dell’ultima intervista della figlia.

“Ma eri in Francia!” protestò lei. “Te l’avrei detto non appena fossi tornata; e comunque, te ne ho già messa una copia nel raccoglitore.”

“Ce l’ha fatto leggere Sonia mentre ti aspettavamo.” le disse Sophie, indicandole la carpetta gialla aperta sul suo articolo.

Juliet stava per protestare, quando suo fratello intervenì a stemperare gli animi.

“Hanno pianto per 10 minuti buoni.” disse, riferendosi alle due madri. ”Sono così orgogliose dei loro figlioli.” e fece una smorfia. ”Io mi chiedo come il tuo capo non abbia ancora capito nulla… io ti avrei già licenziata.”

“Ma tu non sei il mio capo; e nemmeno un giornalista.” gli rispose, andandogli incontro per abbracciarlo, contenta di rivederlo dopo lungo tempo. Quando si staccò da lui, fu la volta di Marion.

Sin da quando si erano conosciute, era stata molto timida nei confronti di tutta la famiglia Wollstonecraft, nonostante l’avessero subito accolta ben volentieri in famiglia. Ora, la situazione in cui si trovava la metteva maggiormente in imbarazzo; Henry le aveva ovviamente parlato di Sonia e della sua famiglia, Orlando compreso, senza però pensare al cognome. Quindi Marion aveva scoperto che il famoso migliore amico di Juliet altri non era che il famoso Orlando Bloom, solo quando se lo era trovato davanti agli occhi. Ovviamente la ragazza non aveva incolpato Henry per non averglielo detto; per lui Orlando era un amico, quasi un membro della famiglia. La sua fama era solo una piccola parte di lui.

Per questo, non appena Juliet le fu davanti, notò che aveva una strana luce negli occhi che glieli faceva brillare; una sorta di orgoglio materno per un segreto che custodiva tenacemente dentro di sé. Riconobbe subito quello sguardo, di cui tanto Viola le aveva detto, ma cercò di sotterrare quel buco allo stomaco che le si era formato, assieme a quel senso di inadeguatezza tipico di quando si era trovata in una situazione simile negli ultimi 3 anni. Sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e la salutò cordialmente.

“Allora, quali sono queste novità?” chiese, curiosa.

Fu in quel momento che Sonia sbucò dalla cucina accompagnata da Colin che reggeva una leccarda di pasta al forno.

“Una la conosci,” iniziò la donna “mentre l’altra è una sorpresa anche per noi.”

E quel noi si riferiva ovviamente alla famiglia Bloom. “Ma ne possiamo parlare tranquillamente a cena.” concluse, avviandosi verso la sala da pranzo.

In quel momento suonarono alla porta, e tutti si voltarono incuriositi; nessuno di loro aspettava l’arrivo di qualcuno.

“Vado io!” esclamò Sam dall’ingresso, mentre le due coppie di genitori, assieme ad Henry e Marion, entravano nella sala.

Jules si ritrovò accanto Orlando che, con il solito tono di voce che usava per provocarla le disse: “Aspetti per caso il tuo ragazzo?”

Lei subito reagì, voltandosi verso di lui e assestandogli uno scappellotto coi fiocchi.

“Scemo!” lo redarguì a denti stretti. “Sarà Alan…”

Orlando grugnì in senso di disapprovazione, per poi andare con Juliet nella sala da pranzo, sedendosi come di consuetudine (quando Orlando non era ancora una star) uno accanto all’altra.

Alan altri non era che l’attuale ragazzo di Samantha, il quale secondo Orlando non era il tipo adatto alla sorella, come non lo era stato nessuno prima di lui; in poche parole, era geloso di chiunque si presentasse come ragazzo di sua sorella.

Jules a questi pensieri sorrise, e stava per difendere Alan, quando Samantha entrò nella stanza.

“Hai visite, Gibbo.” disse al fratello, che la guardò interrogativa, prima che lei si scostasse dalla porta per far entrare Sebastian.

“Ci avevo quasi preso…” osservò l’attore, rivolgendosi a Juliet che non appena sentì quelli parole, gli rifilò un ennesimo scappellotto.

Sebastian osservò per qualche attimo i due con un sorriso soddisfatto, poi la giornalista si alzò per salutarlo e quando vide il suo look della serata rimase parecchio stupito. Le prese la mano e le fece fare una piroetta.

“Ti adoro, Jules…” commentò, divertito e soddisfatto di quello che vedeva. “Sono davvero orgoglioso.”

“Era la mia speranza…” osservò lei, sorridendo. “Come vedi, la speranza è l’ultima a morire… e io sono una donna intraprendente…” concluse, facendogli un occhiolino.

Sebastian le sorrise, per poi lasciarla tornare al suo posto.

“A proposito!” riprese. “Grazie ancora per il servizio. Sei stato fenomenale…” si congratulò.

“Figurati… è stato come al solito un piacere…”

“Sebastian, resti a cena con noi?” gli chiese Sonia, cambiando discorso.

“No, grazie, zia. Ero passato per prendere una cosa di Orlando.” e vedendo il cugino alzarsi si rivolse a lui, fermandolo. “Se mi dici dov’è la prendo io, tanto so arrivarci in camera tua.” gli disse. “Ci metto un secondo, poi scappo che devo uscire con alcuni amici. Andiamo al Pacha dopo cena… vi unite a noi?” chiese ai due Bloom e a Juliet. “Sam, tu puoi chiamare Alan, se vuoi.”

Orlando storse il naso alla parola Alan, ma non rispose; non amava andare in discoteca, soprattutto perché veniva sempre riconosciuto, ma il Pacha London per quanto in centro non era l’ultimo locale alla moda, e aveva un po’ voglia di divertirsi fregandosene del resto del mondo… a Londra i paparazzi non erano come cani affamati alla ricerca dell’ultima pazzia del VIP di turno; e infondo lui andava solo a ballare con alcuni amici, nulla più.

Per Juliet non c’era alcun problema, anzi: erano secoli che non andava a ballare, perché a Viola non piaceva particolarmente e non se la sentiva di uscire con le sue colleghe, con cui non aveva un rapporto, se non professionale, tranne che con la sua segretaria. Quindi l’idea di Sebastian non era affatto male; sarebbe prima passata da casa a mettersi qualcosa di più adatto ad una discoteca. Ovviamente il tutto se ad Orlando avesse fatto piacere, visto che per quella sera aveva deciso di fregarsene altamente del mondo e occuparsi solo di sé stessa, stando con la persona a cui teneva forse di più al mondo.

Fu proprio lui, a prendere la parola.

“Jules, ti va?” le chiese. “Possiamo chiamare anche gli altri…” disse, riferendosi al group.

“A me va benissimo, anzi. Ne ho proprio voglia di andare a ballare!” annuì con un sorriso. “Gli altri non verranno; lavorano tutti e lo sai che non amano le discoteche.” gli ricordò.

“Vengo pure io! E Alan ha detto che viene!” confermò Samantha, e quando vide Orlando sbuffare, lo fulminò con lo sguardo. “È il mio ragazzo e ci esco quando mi pare, quindi smettila di fare la pentola a pressione!”

Orlando le fece una boccaccia di rimando, mentre i loro genitori li guardavano, arresi all’evidenza che i loro figli sarebbero sempre rimasti i soliti, anche se ora avevano entrambi 30 anni suonati.

“Okay, allora ci vediamo dopo!” concluse il discorso Sebastian. “Ah, Orlando, dove hai la Canon?” gli chiede.

“È nella seconda mensola dall’alto sopra la scrivania…” fu la risposta dell’attore. Il cugino lo ringraziò per poi andare di sopra. Tornato di sotto passò a salutare tutti quanti, e prima di andare via si avvicinò a Samantha, mettendogli una mano sulla spalla.

“Poverina, non sai quanto mi dispiace andare via…” commentò, ricevendo dalla donna un’occhiata interrogativa, mentre Orlando e Jules lo guardarono leggermente innervositi, calmandosi un attimo dopo, visto che Sam aveva guardato il fratello interrogativa.

Dopo di ché, il fotografo uscì, salutato da un coro di Ciao Sebastian!.

“Ma che stava dicendo?” chiese alla fine Sam.

“Lascia stare… ha qualche rotella fuori posto.” tagliò corto Orlando, volendo cambiare argomento.

Così le due famiglie cominciarono a cenare, chiacchierando di tanto in tanto degli argomenti più disparati. Ovviamente l’intervista di Juliet ad Orlando fu uno degli argomenti principali, che tenne banco a quella tavola per buona parte della durata dell’intera teglia di pasta al forno. I loro genitori erano davvero orgogliosi di entrambi, come se avessero raggiunto in quel momento il top delle loro carriere.

Col passare del tempo Juliet scoprì qual era la novità di cui era già a conoscenza, e che si rivelò principalmente per opera sua: Orlando, prima che i giornali avessero potuto pubblicare alcunché aveva detto ai suoi della rottura con Miranda, spiegandogli le ragioni e aggiungendo anche la questione delle foto. Durante la cena Sonia si pentì amaramente delle buone parole che aveva avuto per quella ragazza, dicendo che forse era proprio lei una delle cause del crollo artistico del figlio. Ad essa si aggiunse anche Sophie che, dispiaciuta, aiutò la sua amica a distruggere la buona reputazione che la modella godeva fino a qualche tempo prima nelle famiglie.

Samantha e Juliet si guardavano complici, alzando gli occhi quando una delle loro madri rivedeva le proprie teorie a riguardo; erano state paragonate in continuazione, negli ultimi due anni, a Miranda, e sentirsi nuovamente migliori di lei, diede loro un certo senso di rivalsa e soddisfazione, anche perché non erano state responsabili di quello che era accaduto. Mentre le madri continuavano la loro opera di distruzione, Juliet poté osservare come Orlando non fosse affatto toccato da quelle considerazioni; sembrava che non fosse lui quello che era stato prima usato per arrivare in cima allo star system e poi cornificato alla grande in mondovisione. Non era di certo la prima volta, ma la giornalista ricordava che era abbastanza suscettibile da essersela presa ed esserci stato anche maluccio nei primi tempi. Davvero non ne era mai stato innamorato, così da non scomporlo nel momento della rottura? Certo, anche lei aveva capito che entrambi aveva sfruttato quei momenti anche per farsi pubblicità, ma una parte di lei aveva sperato che anche per un po’ lui fosse stato lievemente preso da lei in quanto persona, avendo trovato in lei una qualche qualità dalla quale era stato particolarmente affascinato. Ma probabilmente così non era, vista la reazione attuale dell’attore.

“Con la prossima sappi che ho intenzione di farci due chiacchiere faccia a faccia.” sentenziò Sonia, in conclusione. “Non si può andare avanti così; siete ormai adulti entrambi e emi chiedo quando comincerete a pensare ad avere una vostra famiglia, invece di venire sempre qui a sbaffo.” si lamentò.

“Sonia, cara, sono ancora giovani; perché dovrebbero pensare ad una famiglia… hanno una vita davanti.” cercò di calmarla Colin, trovando l’approvazione di Jack.

“Colin, io mi trovo d’accordo con Sonia; ormai i nostri figli sono tutti grandi e vaccinati e mi sembra il caso che comincino TUTTI a pensare al loro futuro, oltre che alla loro carriera.” giunse in aiuto di Sonia, la madre di Juliet ed Henry, lanciando un’occhiata eloquente alla figlia, che sbuffò, roteando gli occhi.

“Ma mamma!” protestò. “Perché dovrei pensare a costruirmi una famiglia, quando non ho nemmeno qualcuno con cui costruirla?” le chiese sibillina. “Posso capire Samantha e Henry, ma né io né Orlando possiamo prendere in considerazione una cosa simile…”

“Cara, forse se inizierete a pensarci potreste anche accorgervi che ciò che cercate non è poi molto lontano, e magari si nasconde entro le mura della vostra casa…” osservò Sonia, senza voler fare nessun reale riferimento a qualcosa che in realtà stava accadendo.

A quelle parole infatti, Jules e Orlando spalancarono gli occhi, guardando la donna interrogativi e chiedendosi entrambi se non avesse capito molto più di quello che dava ad intendere. Infondo, secondo quanto dicevano Viola e Sebastian, c’era stato un periodo in cui tutti avevano capito quello che stava accadendo a loro due, tranne ovviamente loro stessi.

La giornalista, volendo cambiare argomento alla velocità della luce, si ricompose, scoprendo che istintivamente aveva stretto la mano al suo migliore amico, si staccò lievemente, rendendo quel distacco leggero ed elegante, per poi prendere la parola.

“Okay, appurato che io e Orlando dobbiamo trovare un ragazzo che ci sopporti per l’eternità…” e roteò gli occhi, come se questo tipo di persona non potesse esistere, e facendo ridacchiare Marion. “Direi che è arrivato il momento per sapere la seconda novità, giusto, ma?” osservò diretta verso la madre.

Ormai avevano spolverato tutto quella che la cucina di Sonia aveva da offrire; il ché era stata una montagna di cibo, considerando che erano solo in otto, ma la cuoca aveva constatato che i giovani della famiglia -suo figlio in testa- parevano piuttosto deperiti e magrolini, ovviamente secondo la sua visione materna che voleva i figlia belli in forma. Di conseguenza, quella semplice cena era diventata una sorta di cenone natalizio rivisitato e corretto in chiave leggermente più sobria e ridotta, ma non di molto. All’appello mancava solo il dolce, che si trattava come di consueto di una cheesecake alle fragole, che da sola avrebbe fatto rabbrividire qualunque persona sotto dieta ferrea, facendola crollare sotto quell’immenso quantitativo di calorie.

“Credo tu abbia ragione…” fu la risposta di Sophie, voltandosi poi verso il figlio. “Henry?” lo chiamò, per farlo iniziare a parlare.

Marion in quel momento abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzata e arrossita nelle guance. Henry a sua volta si schiarì la voce, prendendo la mano della sua ragazza, alzando lo sguardo vero i commensali che lo stavano guardando incuriositi e bramosi di conoscere questa novità.

“Quando mamma e papà mi sono venuti a trovare, gli abbiamo presentato anche i genitori di Marion, che erano ansiosi di conoscerli, come non vedono l’ora di conoscere anche Juliet…e ovviamente anche voi…” iniziò, lievemente agitato, facendo sorridere sua sorella.

“Appena ho un weekend prometto che vengo in Francia seduta stante…” gli promise lei, per poi incitarlo a continuare.

“Di sicuro saranno contentissimi…” osservò lui, prima di riprendere il discorso. “Ma penso che saranno loro a venire qui…” disse, facendo calare il silenzio, mentre tutti lo osservarono interrogativi.

“Resteremo per un po’ qui a Londra; abbiamo trovato una casa in affitto e con il lavoro darò una mano a papà per un po’; infondo è stato il primo vero lavoro che ho avuto…” osservò, lievemente divertito.

Jack lavorava in una ditta di imbianchini e si occupava anche di decorazioni natalizie artigianali; Henry aveva iniziato a lavorare proprio con il padre, prima di trasferirsi in Francia, dove faceva l’avvocato in un suo studio, che era poi il lavoro per cui aveva studiato. Marion invece era una ballerina di danza classica; faceva parte di un gruppo che si esibiva in vari teatri, tra i quali pure l’Opera di Parigi.

“Ma quanto resterete?” chiese Sonia. “Mi sembra strano che vogliate tornare a Londra, così, senza un motivo preciso.” osservò.

“Resteremo qui per un annetto, forse anche due…” fu la risposta di Henry. “Un motivo in realtà c’è. Marion fra qualche mese non potrà più muoversi liberamente…” e non riuscì ad andare oltre, abbassando lo sguardo.

Juliet in quel momento ebbe la conferma di ciò che aveva sospettato sin da quando era entrata in quella stanza. Il buco nello stomaco tornò ad aprirsi, e nuovamente sentì quel peso sulle spalle che ogni volta la schiacciava. Cercò di rimanere impassibile all’esterno, imponendosi la calma e un sorriso tranquillo e rilassato.

Tutti erano in attesa di sapere cosa stava accadendo, ma Henry sembrava non riuscire più a parlare. Con sommo stupore di tutti, fu Marion ad alzare lo sguardo, decisa, lasciando da parte ogni timore ed ogni imbarazzo. Strinse maggiormente la mano di Henry e prese un respiro; Juliet intanto si stava preparando a quella conferma di cui ormai era già certa. Sicuro sua madre e suo padre ne erano felici; infondo erano una coppia perfetta e si amavano, quindi non c’era nulla di male…

Con tutto il coraggio e la forza d’animo che possedeva, sorrise a Marion, spostando il suo sguardo su di lei, come per incoraggiarla, mentre la famiglia Bloom era ferma immobile, con lo sguardo fisso sulla ragazza, che dopo aver preso un bel respiro, parlò.

“Sono incinta.”

 

 

Ragazze grazie e mille!!!!

Sono contenta che nonostante la lunghezza, il capitolo vi sia piaciuto!

bebe: qui non vai in apnea, assicurato!

Lady Elizabeth: Oddio! Ti ho commossa??? Aiuuutooo!

eminae: che dovevo farlo più lungo? 12 pagine non erano abbastanza? :P Cmq se vuoi scommetto io, anche se non so quanto sia valido, visto che sono l’autrice XD.

Bene, detto ciò, ringrazio anche tutte le lettrici silenti, che immagino stiano gradendo la storia, visto che la continuate a seguire, o così pare…

Ah! Il capitolo è appositamente più corto, giusto per lasciare un pochino di suspance, e spezzare la serata… poi dopo il papiro dell’ultimo mi sembrava pure giusto farvi prendere un po’ d’aria…

Spero di aggiornare presto, visto che ultimamente sono parecchio ispirata sotto tutti i fronti, però l’ottavo capitolo è solo nella mia mente e non ne ho scritto ancora una riga. Di conseguenza spero di poter aggiornare alla fine della prox settimana, ma non datelo per certo.

Bene, direi che ho finito di sproloquiare!

Besitos,

Klood

   
 
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