2.
Stupida! Non potevi startene tranquilla sulla
tua nave, si rimproverò mentre riempiva una
bottiglia di preziosa acqua. Fortunatamente le
modifiche fatte da Spyro avevano funzionato:
avevano tolto il controllo dell'acqua potabile
alla CPU di bordo. Percorse lo spinale principale
fino agli alloggi degli ufficiali ed entrò da
Korti, il capomacchina, non senza un certo timore
reverenziale. Era lei che stava peggio di tutti:
aveva tutti e quattro gli arti artificiali fuori
uso. Era completamente immobilizzata e cieca,
poiché anche gli occhi erano innesti cibernetici
resi inservibili dall'attività della nebulosa che,
presumibilmente, aveva bloccato il Raja.
Trovò Korti esattamente nella medesima posizione in
cui l'aveva lasciata.
- Chi è? - si allarmò subito.
- Sono Miki... - tutte le volte la stessa storia, si
disse scuotendo la testa. Forse ha anche un chip
auricolare, fuori uso pure quello, o forse è solo
angosciata dal fatto di dover essere accudita in
tutto.
- Vuole bere?
La donna, che non aveva perso una sola briciola
del proprio orgoglio e severità, scosse la testa. Troppo
ostinata anche per dire che ha sete, pensò
appoggiando la bottiglia sul tavolo. Fece scorrere
la poltroncina nel binario affondato nel pavimento
e si accostò al fianco della branda dove giaceva
l'ufficiale superiore. Il viso era duro, i lineamenti
tesi: anche se teneva le palpebre abbassate sopra gli
innesti spenti, l'anziana donna sembrava essersi
sdraiata solo per riposare un poco.
- Ha bisogno di andare in bagno?
Korti scosse la testa impercettibilmente. Miki cercava
di capirla: era umiliante per un ex soldato come il
capomacchina del Raja dover chiedere aiuto per pisciare,
ma anche lei aveva bisogno di essere compresa. Non era
gradevole essere imbarcata per accudire i motori dell'astronave
e trovarsi poi ad accudire l'equipaggio disabile come
un'infermiera.
- Per favore, vorrei stare sulla poltrona.
Korti aveva anticipato di un solo momento
la terza domanda di rito. Non potendo stare
sdraiata tutto il tempo, l'unico altro posto
dove poteva stare senza cadere era la poltroncina. Miki
la sollevò di peso con la sola forza delle braccia
e della schiena e la accomodò seduta al tavolo,
mettendole a posto le membra inerti come se fosse
una bambola di pezza.
- Ci vediamo più tardi – disse la donna. Miki la
guardò: era di profilo ora e i capelli corti e
bianchi non celavano la forma del cranio che appariva
roseo e pallido. Manteneva le palpebre serrate come
se fosse lei a non voler vedere. Vecchia testarda,
pensò mentre chiudeva la porta. È da tre giorni che
è in queste condizioni e non ha ancora imparato a
dirmi grazie.
Sospirò. Lo spinale era illuminato male, il Raja
era ancora alimentato dall'energia ausiliaria. Le tornò
alla mente il suo primo viaggio su quella nave, fatto
con le luci dimezzate: il container delle sirene
telasiane assorbiva notevoli quantità di energia. Fortunatamente
non era una nave moderna e non tutti i distributori
energetici erano sotto il controllo della CPU. I flussi
potevano essere messi in master per generare energia a
dispetto dei sistemi di controllo automatici. Con i
motori spenti e isolati, non sarebbe stato nemmeno
pericoloso da fare.
Toccava al Comandante, ora. Il suo alloggio era poco
più avanti, lì nello spinale superiore. Come tradizione,
comunicava direttamente col ponte di comando ed era
più grande e più arredato degli altri alloggi. Trovò
l'uomo sdraiato sul letto mentre con l'unico occhio
funzionante cercava di leggere un datapad spento.
- Posso fare qualcosa?
- Tutto a posto, Kiki. Grazie.
Tutto a posto non direi, pensò Miki salutando e
andandosene. La situazione poteva sembrare comica,
se non fosse stata tragica. Spyro gli aveva detto
che metà del cervello del Comandante era stato cablato
per rimediare ai danni di un non precisato
incidente. Il Secondo era l'unico ad avere nozioni
sufficienti per essere considerato il medico di bordo
eppure era stato piuttosto evasivo riguardo la
tipologia di impianti cibernetici che il Comandante
aveva nel cervello. Non vedeva dall'occhio artificiale,
spentosi come quelli di Korti, e doveva avere qualche
brutto falso contatto qua e là dentro la testa. Sbagliava
i nomi, com'era appena accaduto, parlava a vanvera e
a volte faticava a stare in piedi. Quando non aveva
dolori alla testa.
Ma a stare peggio erano forse i gemelli albini:
Spyro era stato costretto a metterli in coma
farmacologico. Era da tre giorni che li nutriva
con delle flebo e periodicamente gli svuotava il
catetere. Se non fossero riusciti a uscire da
quella situazione in una decina di giorni, la loro
prolungata permanenza nelle cuccette avrebbe avuto
indesiderabili e più serie conseguenze. Il Raja
non era attrezzato per ospitare a bordo disabili e
degenti a lungo termine.
Dette uno sguardo al suo bracciale olografico. Grazie
a quello poteva attivare a distanza l'apertura
dei portelli esterni della sua nave, il Coyote,
e avere accesso remoto ad alcune delle funzioni
principali di bordo. Ma il Coyote era lontano anni
luce, purtroppo. Aveva dovuto rimettersi quel
bracciale poiché il sistema informatico principale
di bordo era disattivato e non c'era più modo né
di misurare il tempo né di pianificare automaticamente
attività, impostare scadenze e attivare la sveglia
o un allarme sonoro di qualche genere. Tutte attività
demandate alla CPU primaria che era stata la prima
a cadere vittima di qualsiasi cosa avesse investito
la nave. Si chiese se gli effetti sul loro fisico
fossero limitati agli impianti cibernetici e alle
dolorose convulsioni dei due spaziali, la cui
fisiologia era evidentemente mutata e divenuta
sensibile a chissà cosa. Entrambi erano spaziali
da più di cinque generazioni e la loro smisurata
altezza unita al fisico esile non doveva essere
l'unica conseguenza di ciò.
Sfiorò il bracciale e quello proiettò l'orologio. Erano
circa venti ore che non dormiva e cominciava a
risentirne. Jo e Mak probabilmente erano gli
unici che avevano battuto quel record: da quando
i sistemi primari del Raja si erano disattivati,
non li aveva visti riposare un minuto. Con Spyro
che dava loro una mano di tanto in tanto, stavano
impostando da capo tutte le derivazioni della
CPU che si occupavano della sicurezza e dell'integrità
strutturale della nave. Senza quel sistema soltanto
tentare di avvicinarsi alla velocità della luce
avrebbe sbriciolato lo scafo. Come se non bastasse,
erano in balia del più piccolo meteorite: il
sistema di difesa automatico infatti era totalmente
spento.
Miki si diresse verso lo spinale inferiore. Doveva
raggiungere la rampa in fondo poiché per ordine del
Secondo tutti i servizi non essenziali dovevano
essere spenti. Ciò includeva il comodo montacarichi
che metteva in comunicazione i due corridoi spinali
sovrapposti.
Lo spinale inferiore era ancora più tetro di quello
superiore. Alloggi vuoti, magazzini, locali di
servizio, diramazioni buie che portavano a varie parti
della nave come corridoi di manutenzione, stive di
vario tipo, altri depositi e locali diversi. Le pareti
del corridoio erano spoglie e disadorne, prive anche
dei pannelli di colore grigio chiaro che rivestivano
interamente ogni metro dello spinale superiore. La
presenza degli alloggi degli ufficiali, del ponte di
comando, del quadrato doveva essere la motivazione
per tutto quello sfarzo. Se così si poteva chiamare
un rivestimento di plastica. Miki contò gli incroci
e cercò le indicazioni verniciate sui tubi che
correvano lungo le pareti e il soffitto e sulle scatole
di derivazione che ne affioravano: si orientava con
quelle. Lì al buio ogni metro di corridoio sembrava
uguale a un altro agli occhi di un profano e dapprincipio
anche ai suoi. La sua cabina era vicina a una derivazione
della CPU, quelle che Jo e Mak, i due muscolosi tecnici
tuttofare di bordo, stavano modificando. Lì vicino
c'era un incrocio ad angolo retto con un corridoio
secondario.
Anche se sapeva che se n'era appena occupato
Spyro, dette uno sguardo a Adso e Zarina, i due
albini. La stanza era al buio e intravide le lunghe
sagome chiare nelle brande speciali. Non aveva voglia
di stare in quella stanza che le pareva così diversa
dalle altre. Come se le straordinarie capacità
telepatiche dei due avessero intriso e permeato i
rivestimenti delle pareti, l'arredamento essenziale,
gli oggetti. Quando entrava nell'alloggio dei due
spaziali, fratello e sorella, le pareva che ci fosse
sempre qualcuno che bisbigliasse alle sue
spalle. Soprattutto se era dentro da sola.
Messa a posto la sua coscienza con quella brevissima
visita, puntò diretta alla sua cabina. Si affacciava
subito all'inizio di una delle vicine diramazioni. Qualcosa
le balzò addosso travolgendola, comparendo da dietro
l'angolo. Qualcosa di grosso e dall'odore acre,
pungente. Miki esclamò spaventata e quando si sentì
afferrare per le braccia cercò di arretrare. Riuscì
a sfuggire alla presa.
- Hey!
La voce. Era la sua: profonda, calma. Il
Secondo. Pavel Zebrinsky, per lei Spyro.
- Tutto bene?
Sbuffò, come se così potesse liberarsi dello
spavento. Lo guardò severa. Cominciava a non
poterne più di sentire quelle parole, anche se
era lei a pronunciarle. Anche se era lui. Korti
era tetraplegica, il Comandante demente, i
gemelli in coma e lei non dormiva da venti ore. No
che non andava tutto bene.
- Mi hai fatto morire di paura – gli disse
cercando di rimanere calma.
- Scusa. Ho bisogno di te. Vieni, dai.
Miki arricciò il naso. L'uomo puzzava in maniera
insopportabile. Aveva bisogno urgentemente di
lavarsi. Anche lei non toccava la schiuma a secco
da un bel po' e si chiese se puzzasse allo stesso
modo. Non se ne accorgeva.
Taciturno come al solito il comandante in seconda
si fece seguire fino al ponte di comando. Miki
c'era già stata diverse volte dopo l'emergenza,
ma la brutta sensazione rimaneva. Tutte le console
olografiche erano spente e l'ambiente sembrava
vuoto. Peggio: sembrava che fosse in corso un
trasloco e che i mobili più grandi fossero già
stati portati via. Quella sensazione le ricordava
quando era ancora bambina e abitava sulla Terra. Sua
madre aveva traslocato nella lussuosissima,
gigantesca villa svariati chilometri fuori da
al-Qahira, edificata in un'oasi di verde in
mezzo al nulla strappato al deserto radioattivo
dal duro lavoro dei Bonificatori. Erano stati
lunghi giorni d'isteria pura, terminati solo
dopo che anche l'ultimo più piccolo oggetto
ebbe trovato posto nella nuova residenza. Non
voleva tornare bambina, ma soprattutto voleva
dimenticare sua madre.
Il Secondo si sedette a una delle console
spente e l'attivò. Miki riconobbe subito la
configurazione del capomacchina. Ma era tutto
spento: il ciclo di Stanton, responsabile della
produzione di plasma ionizzato, era fermo e
tutti i grafici erano appiattiti sullo zero. Il
distributore a geometria variabile, un enorme
congegno per la distribuzione del plasma ai vari
sistemi che l'assorbivano, era disattivato
rendendo impossibile alimentare correttamente i
motori. Perfino i grafici dei tre flussi termoionici
erano completamente vuoti. Il Secondo mosse le
dita tozze e robuste sui pannelli olografici sensibili
al tocco e attivò alcuni sistemi. La nota trackball
rosso fuoco emerse ronzando dalla superficie della
console. Il convertitore massa-energia numero tre
si stava inizializzando per innescare il ciclo di
Stanton.
- Ce l'avete fatta! - esclamò Miki. Il ciclo di
Stanton significava energia. In condizioni normali
i motori del Raja consumavano una quantità di energia
spaventosa e un solo generatore attivo non avrebbe
consentito il viaggio a velocità FTL. Ma tra l'energia
di riserva, quella delle bobine accumulatrici,
destinata a esaurirsi in meno di quattordici giorni e
un solo generatore attivo, la scelta era obbligata.
- Non sappiamo se funziona – borbottò l'uomo. Le faceva
impressione vederlo seduto alla console del
capomacchina. Col suo fisico da sollevatore di pesi,
quel viso buono, ampio e rassicurante, con i fili bianchi
tra i corti capelli neri, nessuno l'avrebbe creduto un
astronauta: al massimo il buon medico di famiglia con
un fisico un po' fuori dalla norma. Miki scacciò subito
quel pensiero: si sentiva addosso i suoi occhi e non
stava sbagliando.
- Mi stai ascoltando? - non lo aveva mai visto sbottare
o alzare la voce. Nemmeno ci teneva a vederlo arrabbiato.
- Sì... cioè, no – si sentiva stupida e nemmeno sapeva
perché. Spyro era l'unico uomo che riuscisse a farla
sentire come una scolaretta alle prese con la prima
cotta.
- Mettiti in master su questa console e produci un po'
di plasma spurio. I motori sono staccati, non dovresti
avere problemi. Quando le bobine sono cariche, non
cercare di mettere in slave: spegni tutto. È chiaro?
Miki disse di sì anche se sapeva che i convertitori
massa-energia del Raja avevano un caratteraccio: sarebbe
stato impegnativo mettere a nanna il numero tre dopo
averlo tenuto in master. Ma coi motori isolati c'erano
buone possibilità.
Osservò Spyro alzarsi dalla poltrona e ne prese il
posto. Si vergognò di trattenere il fiato mentre lo
incrociava e sentì evidente il calore del suo corpo
che aveva scaldato le imbottiture. Ma faceva piuttosto
fresco a bordo poiché il supporto vitale era stato
ridotto e la cosa non le dispiacque. Posò subito una
mano sulla trackball e cominciò a collimare manualmente
il flusso termoionico. Richiamò sullo schermo un grafico
riassuntivo delle condizioni delle bobine accumulatrici
e si spaventò. Erano giunte al diciassette per cento. Meno
di due giorni di autonomia. Una mano forte e pesante
le si posò su una spalla e la strinse saldamente.
- Grazie.
Nella voce di Spyro sentì gratitudine e stanchezza.
- Vai a riposarti? - e a lavarti, aggiunse speranzosa.
- Sì, mi sdraio un po'.
- Tranquillo, ci penso io qui.
Il peso e il calore della mano vennero meno e il
Secondo abbandonò il ponte di comando. Miki si
dedicò con scrupolo e attenzione alla produzione
di plasma per ricaricare le bobine che tenevano in
vita il Raja e il suo equipaggio.