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Autore: Mannu    28/11/2009    0 recensioni
Dopo l'ultima movimentata avventura Miki è tornata alla normalità. Banale normalità: solitudine, conti da pagare, ingaggi da trovare per sé e per la sua astronave, revisionata e pronta a partire. Normalità destinata a durare poco: basta una malinconica serata in giro per locali per aprire diversi fronti sui quali Miki dovrà combattere!
Nota importante: ancora crediti a Cassiana, che ha scritto l'intero capitolo 1, da me rivisto e adattato al resto del racconto che gli ho "costruito" intorno. Crediti a Cassiana anche per il personaggio di Pavel "Spyro" Zebrinsky, da lei strappato dalla foto di gruppo dell'equipaggio del Raja ed elevato al rango di protagonista a tutto tondo. Grazie, Cassiana! Anche questa è per te!
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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In nebula - 2
2.

Stupida! Non potevi startene tranquilla sulla tua nave, si rimproverò mentre riempiva una bottiglia di preziosa acqua. Fortunatamente le modifiche fatte da Spyro avevano funzionato: avevano tolto il controllo dell'acqua potabile alla CPU di bordo. Percorse lo spinale principale fino agli alloggi degli ufficiali ed entrò da Korti, il capomacchina, non senza un certo timore reverenziale. Era lei che stava peggio di tutti: aveva tutti e quattro gli arti artificiali fuori uso. Era completamente immobilizzata e cieca, poiché anche gli occhi erano innesti cibernetici resi inservibili dall'attività della nebulosa che, presumibilmente, aveva bloccato il Raja.
Trovò Korti esattamente nella medesima posizione in cui l'aveva lasciata.
- Chi è? - si allarmò subito.
- Sono Miki... - tutte le volte la stessa storia, si disse scuotendo la testa. Forse ha anche un chip auricolare, fuori uso pure quello, o forse è solo angosciata dal fatto di dover essere accudita in tutto.
- Vuole bere?
La donna, che non aveva perso una sola briciola del proprio orgoglio e severità, scosse la testa. Troppo ostinata anche per dire che ha sete, pensò appoggiando la bottiglia sul tavolo. Fece scorrere la poltroncina nel binario affondato nel pavimento e si accostò al fianco della branda dove giaceva l'ufficiale superiore. Il viso era duro, i lineamenti tesi: anche se teneva le palpebre abbassate sopra gli innesti spenti, l'anziana donna sembrava essersi sdraiata solo per riposare un poco.
- Ha bisogno di andare in bagno?
Korti scosse la testa impercettibilmente. Miki cercava di capirla: era umiliante per un ex soldato come il capomacchina del Raja dover chiedere aiuto per pisciare, ma anche lei aveva bisogno di essere compresa. Non era gradevole essere imbarcata per accudire i motori dell'astronave e trovarsi poi ad accudire l'equipaggio disabile come un'infermiera.
- Per favore, vorrei stare sulla poltrona.
Korti aveva anticipato di un solo momento la terza domanda di rito. Non potendo stare sdraiata tutto il tempo, l'unico altro posto dove poteva stare senza cadere era la poltroncina. Miki la sollevò di peso con la sola forza delle braccia e della schiena e la accomodò seduta al tavolo, mettendole a posto le membra inerti come se fosse una bambola di pezza.
- Ci vediamo più tardi – disse la donna. Miki la guardò: era di profilo ora e i capelli corti e bianchi non celavano la forma del cranio che appariva roseo e pallido. Manteneva le palpebre serrate come se fosse lei a non voler vedere. Vecchia testarda, pensò mentre chiudeva la porta. È da tre giorni che è in queste condizioni e non ha ancora imparato a dirmi grazie.
Sospirò. Lo spinale era illuminato male, il Raja era ancora alimentato dall'energia ausiliaria. Le tornò alla mente il suo primo viaggio su quella nave, fatto con le luci dimezzate: il container delle sirene telasiane assorbiva notevoli quantità di energia. Fortunatamente non era una nave moderna e non tutti i distributori energetici erano sotto il controllo della CPU. I flussi potevano essere messi in master per generare energia a dispetto dei sistemi di controllo automatici. Con i motori spenti e isolati, non sarebbe stato nemmeno pericoloso da fare.
Toccava al Comandante, ora. Il suo alloggio era poco più avanti, lì nello spinale superiore. Come tradizione, comunicava direttamente col ponte di comando ed era più grande e più arredato degli altri alloggi. Trovò l'uomo sdraiato sul letto mentre con l'unico occhio funzionante cercava di leggere un datapad spento.
- Posso fare qualcosa?
- Tutto a posto, Kiki. Grazie.
Tutto a posto non direi, pensò Miki salutando e andandosene. La situazione poteva sembrare comica, se non fosse stata tragica. Spyro gli aveva detto che metà del cervello del Comandante era stato cablato per rimediare ai danni di un non precisato incidente. Il Secondo era l'unico ad avere nozioni sufficienti per essere considerato il medico di bordo eppure era stato piuttosto evasivo riguardo la tipologia di impianti cibernetici che il Comandante aveva nel cervello. Non vedeva dall'occhio artificiale, spentosi come quelli di Korti, e doveva avere qualche brutto falso contatto qua e là dentro la testa. Sbagliava i nomi, com'era appena accaduto, parlava a vanvera e a volte faticava a stare in piedi. Quando non aveva dolori alla testa.
Ma a stare peggio erano forse i gemelli albini: Spyro era stato costretto a metterli in coma farmacologico. Era da tre giorni che li nutriva con delle flebo e periodicamente gli svuotava il catetere. Se non fossero riusciti a uscire da quella situazione in una decina di giorni, la loro prolungata permanenza nelle cuccette avrebbe avuto indesiderabili e più serie conseguenze. Il Raja non era attrezzato per ospitare a bordo disabili e degenti a lungo termine.
Dette uno sguardo al suo bracciale olografico. Grazie a quello poteva attivare a distanza l'apertura dei portelli esterni della sua nave, il Coyote, e avere accesso remoto ad alcune delle funzioni principali di bordo. Ma il Coyote era lontano anni luce, purtroppo. Aveva dovuto rimettersi quel bracciale poiché il sistema informatico principale di bordo era disattivato e non c'era più modo né di misurare il tempo né di pianificare automaticamente attività, impostare scadenze e attivare la sveglia o un allarme sonoro di qualche genere. Tutte attività demandate alla CPU primaria che era stata la prima a cadere vittima di qualsiasi cosa avesse investito la nave. Si chiese se gli effetti sul loro fisico fossero limitati agli impianti cibernetici e alle dolorose convulsioni dei due spaziali, la cui fisiologia era evidentemente mutata e divenuta sensibile a chissà cosa. Entrambi erano spaziali da più di cinque generazioni e la loro smisurata altezza unita al fisico esile non doveva essere l'unica conseguenza di ciò.
Sfiorò il bracciale e quello proiettò l'orologio. Erano circa venti ore che non dormiva e cominciava a risentirne. Jo e Mak probabilmente erano gli unici che avevano battuto quel record: da quando i sistemi primari del Raja si erano disattivati, non li aveva visti riposare un minuto. Con Spyro che dava loro una mano di tanto in tanto, stavano impostando da capo tutte le derivazioni della CPU che si occupavano della sicurezza e dell'integrità strutturale della nave. Senza quel sistema soltanto tentare di avvicinarsi alla velocità della luce avrebbe sbriciolato lo scafo. Come se non bastasse, erano in balia del più piccolo meteorite: il sistema di difesa automatico infatti era totalmente spento.
Miki si diresse verso lo spinale inferiore. Doveva raggiungere la rampa in fondo poiché per ordine del Secondo tutti i servizi non essenziali dovevano essere spenti. Ciò includeva il comodo montacarichi che metteva in comunicazione i due corridoi spinali sovrapposti.
Lo spinale inferiore era ancora più tetro di quello superiore. Alloggi vuoti, magazzini, locali di servizio, diramazioni buie che portavano a varie parti della nave come corridoi di manutenzione, stive di vario tipo, altri depositi e locali diversi. Le pareti del corridoio erano spoglie e disadorne, prive anche dei pannelli di colore grigio chiaro che rivestivano interamente ogni metro dello spinale superiore. La presenza degli alloggi degli ufficiali, del ponte di comando, del quadrato doveva essere la motivazione per tutto quello sfarzo. Se così si poteva chiamare un rivestimento di plastica. Miki contò gli incroci e cercò le indicazioni verniciate sui tubi che correvano lungo le pareti e il soffitto e sulle scatole di derivazione che ne affioravano: si orientava con quelle. Lì al buio ogni metro di corridoio sembrava uguale a un altro agli occhi di un profano e dapprincipio anche ai suoi. La sua cabina era vicina a una derivazione della CPU, quelle che Jo e Mak, i due muscolosi tecnici tuttofare di bordo, stavano modificando. Lì vicino c'era un incrocio ad angolo retto con un corridoio secondario.
Anche se sapeva che se n'era appena occupato Spyro, dette uno sguardo a Adso e Zarina, i due albini. La stanza era al buio e intravide le lunghe sagome chiare nelle brande speciali. Non aveva voglia di stare in quella stanza che le pareva così diversa dalle altre. Come se le straordinarie capacità telepatiche dei due avessero intriso e permeato i rivestimenti delle pareti, l'arredamento essenziale, gli oggetti. Quando entrava nell'alloggio dei due spaziali, fratello e sorella, le pareva che ci fosse sempre qualcuno che bisbigliasse alle sue spalle. Soprattutto se era dentro da sola. Messa a posto la sua coscienza con quella brevissima visita, puntò diretta alla sua cabina. Si affacciava subito all'inizio di una delle vicine diramazioni. Qualcosa le balzò addosso travolgendola, comparendo da dietro l'angolo. Qualcosa di grosso e dall'odore acre, pungente. Miki esclamò spaventata e quando si sentì afferrare per le braccia cercò di arretrare. Riuscì a sfuggire alla presa.
- Hey!
La voce. Era la sua: profonda, calma. Il Secondo. Pavel Zebrinsky, per lei Spyro.
- Tutto bene?
Sbuffò, come se così potesse liberarsi dello spavento. Lo guardò severa. Cominciava a non poterne più di sentire quelle parole, anche se era lei a pronunciarle. Anche se era lui. Korti era tetraplegica, il Comandante demente, i gemelli in coma e lei non dormiva da venti ore. No che non andava tutto bene.
- Mi hai fatto morire di paura – gli disse cercando di rimanere calma.
- Scusa. Ho bisogno di te. Vieni, dai.
Miki arricciò il naso. L'uomo puzzava in maniera insopportabile. Aveva bisogno urgentemente di lavarsi. Anche lei non toccava la schiuma a secco da un bel po' e si chiese se puzzasse allo stesso modo. Non se ne accorgeva.
Taciturno come al solito il comandante in seconda si fece seguire fino al ponte di comando. Miki c'era già stata diverse volte dopo l'emergenza, ma la brutta sensazione rimaneva. Tutte le console olografiche erano spente e l'ambiente sembrava vuoto. Peggio: sembrava che fosse in corso un trasloco e che i mobili più grandi fossero già stati portati via. Quella sensazione le ricordava quando era ancora bambina e abitava sulla Terra. Sua madre aveva traslocato nella lussuosissima, gigantesca villa svariati chilometri fuori da al-Qahira, edificata in un'oasi di verde in mezzo al nulla strappato al deserto radioattivo dal duro lavoro dei Bonificatori. Erano stati lunghi giorni d'isteria pura, terminati solo dopo che anche l'ultimo più piccolo oggetto ebbe trovato posto nella nuova residenza. Non voleva tornare bambina, ma soprattutto voleva dimenticare sua madre.
Il Secondo si sedette a una delle console spente e l'attivò. Miki riconobbe subito la configurazione del capomacchina. Ma era tutto spento: il ciclo di Stanton, responsabile della produzione di plasma ionizzato, era fermo e tutti i grafici erano appiattiti sullo zero. Il distributore a geometria variabile, un enorme congegno per la distribuzione del plasma ai vari sistemi che l'assorbivano, era disattivato rendendo impossibile alimentare correttamente i motori. Perfino i grafici dei tre flussi termoionici erano completamente vuoti. Il Secondo mosse le dita tozze e robuste sui pannelli olografici sensibili al tocco e attivò alcuni sistemi. La nota trackball rosso fuoco emerse ronzando dalla superficie della console. Il convertitore massa-energia numero tre si stava inizializzando per innescare il ciclo di Stanton.
- Ce l'avete fatta! - esclamò Miki. Il ciclo di Stanton significava energia. In condizioni normali i motori del Raja consumavano una quantità di energia spaventosa e un solo generatore attivo non avrebbe consentito il viaggio a velocità FTL. Ma tra l'energia di riserva, quella delle bobine accumulatrici, destinata a esaurirsi in meno di quattordici giorni e un solo generatore attivo, la scelta era obbligata.
- Non sappiamo se funziona – borbottò l'uomo. Le faceva impressione vederlo seduto alla console del capomacchina. Col suo fisico da sollevatore di pesi, quel viso buono, ampio e rassicurante, con i fili bianchi tra i corti capelli neri, nessuno l'avrebbe creduto un astronauta: al massimo il buon medico di famiglia con un fisico un po' fuori dalla norma. Miki scacciò subito quel pensiero: si sentiva addosso i suoi occhi e non stava sbagliando.
- Mi stai ascoltando? - non lo aveva mai visto sbottare o alzare la voce. Nemmeno ci teneva a vederlo arrabbiato.
- Sì... cioè, no – si sentiva stupida e nemmeno sapeva perché. Spyro era l'unico uomo che riuscisse a farla sentire come una scolaretta alle prese con la prima cotta.
- Mettiti in master su questa console e produci un po' di plasma spurio. I motori sono staccati, non dovresti avere problemi. Quando le bobine sono cariche, non cercare di mettere in slave: spegni tutto. È chiaro?
Miki disse di sì anche se sapeva che i convertitori massa-energia del Raja avevano un caratteraccio: sarebbe stato impegnativo mettere a nanna il numero tre dopo averlo tenuto in master. Ma coi motori isolati c'erano buone possibilità.
Osservò Spyro alzarsi dalla poltrona e ne prese il posto. Si vergognò di trattenere il fiato mentre lo incrociava e sentì evidente il calore del suo corpo che aveva scaldato le imbottiture. Ma faceva piuttosto fresco a bordo poiché il supporto vitale era stato ridotto e la cosa non le dispiacque. Posò subito una mano sulla trackball e cominciò a collimare manualmente il flusso termoionico. Richiamò sullo schermo un grafico riassuntivo delle condizioni delle bobine accumulatrici e si spaventò. Erano giunte al diciassette per cento. Meno di due giorni di autonomia. Una mano forte e pesante le si posò su una spalla e la strinse saldamente.
- Grazie.
Nella voce di Spyro sentì gratitudine e stanchezza.
- Vai a riposarti? - e a lavarti, aggiunse speranzosa.
- Sì, mi sdraio un po'.
- Tranquillo, ci penso io qui.
Il peso e il calore della mano vennero meno e il Secondo abbandonò il ponte di comando. Miki si dedicò con scrupolo e attenzione alla produzione di plasma per ricaricare le bobine che tenevano in vita il Raja e il suo equipaggio.
   
 
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