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Autore: Jo_    05/12/2009    2 recensioni
Andrea aveva un amore, riccioli neri. Storia di adolescenti stupidi, ribelli, ormonali e confusi. Non sono capace ad impostare gli avvertimenti, comunque, si parla di cose sporche. La canzone citata nel titolo sarà di mia proprietà nel giorno in cui verrò adottata da Dori Ghezzi.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V'ho fatto penare, ma alla fine, eccolo, il Nostro, in forma smagliante.

@morgain28: sto facendo la brava bravissima bravisssimissssimisssima. SAI cosa significa.

@gnuoba: quindi, tra un paio di giorni lo scopri. L'attesa aumenta il desiderio.

@Etoile_sama: eh già, he's finally  back :D

 

Stay Tuned.

 

 

 

Fear and panic in the air
I want to be free
From desolation and despair
And I feel like everything I sew
Is being swept away
When I refuse to let you go
.

Muse-Map of the Problematiqué.

 

 

Andrea.

 

1.

Sunday Morning

And I’m falling

I got a feeling

I don’t understand.*

 

Sono nel mio letto, tra le mie lenzuola, nella mia camera, ma non sono io.

Lo so per certo perché io sono pallido sopra di me, nudo.

Io sono Alice, e sono pallida e nuda anch’io.

Io-Io sto baciando il collo di me-Alice, con una mano sul mio fianco morbido e l’altra dietro la nuca, mentre gioco con i miei capelli di seta nera.

Io-Alice mi tengo saldamente alla mia schiena, le dita conficcate tra le costole; mi accarezzo le scapole, le spalle, le vertebre, fin giù, e poi ritorno. Io-Io bacio la fronte di me-Alice, le orecchie, il collo, mordo le spalle, i seni, la pancia, mangio l’ombelico –ed Io-Alice ho una pancia così morbida e così liscia che sembra fatta apposta per esser mangiata- con una mano mi dischiudo le gambe e-

-e all’improvviso non so cosa succedere, Io-Io non sono più io, le spalle si irrobustiscono, i capelli diventano più corti, più ricci, la carnagione più scura, io divento Alessandro, e tra di noi –troppa roba- e Io sono di nuovo Io, e Alessandro mi morde al centro del petto, con i suoi denti freddi, mi accarezza la pancia, poi mi prende per i fianchi sussurrando qualcosa, poi-

-poi mi sveglio di soprassalto, urlando.

I sogni erotici sono una costante della domenica mattina.

Ma non mi era mai capitato un incubo del genere.

 

*Inutile dire che sono i Velvet Underground. I suoi orizzonti musicali sono abbastanza "limitati". 

 

2.

Stamattina l’ho vista.

La pazza fotografa con gli occhiali da sole.

L’ho vista davanti alla scuola, e sono certo mi abbia riconosciuto.

Questi maledetti bagni sono troppo stretti, mi fanno venire la claustrofobia.

Ditemi voi se per fumare una persona sana di mente deve ridursi in questo stato.

Il coperchio del cesso abbassato, i piedi sopra, accucciato, così nessuno può venire a rompere le palle.

Espiro il fumo verso l’alto.

Quando mi accorgo del dispositivo sul soffitto.

Il dispositivo anti-fumo sul soffitto.

Ecco perché sono tutti così ligi al dovere, qua dentro.

Quando lo realizzo è ormai troppo tardi, l’allarme è già scattato.

Il rombo dei quartini per le scale è assordante.

Butto la sigaretta ed esco dal cubicolo.

Il Preside mi aspetta dietro la porta del bagno insieme a due bidelli, stile assalto della Swat.

“Signorino, io e lei si deve fare due chiacchiere.”

Lo seguo in presidenza, scortato dalla maggior parte del personale scolastico.

Mi sento un incrocio tra Giordano Bruno e Giovanna D’Arco.

Spero solo di non fare la stessa fine delle mie sigarette.

 

3.

“Ora, io non so in cosa consistesse il regolamento della tua vecchia scuola, ma qui è assolutamente vietato fare uso di qualsiasi sostanza che comporti danni psico-fisici, sigarette incluse” dice, mentre sniffa una sottilissima striscia di coca sul piano lucido della scrivania.

“Non voglio avere i vostri giovani corpicini sulla coscienza.”

Il Preside è il solito lumacone viscido luma bambine. Muove le mani in maniera frenetica mentre parla, e ha gli occhi eccessivamente arrossati.

Mi chiedo chi diamine scelga i nostri tutori, e sulla base di cosa.

L’ipocrisia regna sovrana, nelle scuole.

“Vuoi?” porgendomi la cannuccia.

“No, grazie, sono a dieta.”

Fa spallucce, e prosegue meticolosamente il suo lavoro.

“Posso andare quindi?”

“Eh?”

“Posso uscire? Deve punirmi, sanzionarmi, non so…”

Mi alzo in piedi, e mi squadra con i suoi occhietti azzurri e viscidi.

Troppo magro, troppo alto, poco divertente.

“Si, si, vai pure. E mi raccomando, il fumo uccide.”

“Si, certamente, buona giornata.”

Dio, come odio questo posto.

 

4.

Che ti ha detto il Preside?

Sederle accanto è una tortura.

Non lo era, fino a l’altro ieri. Ma fino a l’altro ieri non ero entrato nel suo corpo.

In senso figurato, dico.

Mi ha offerto una tirata di coca per fare pace pacetta.

È come se fosse la mia unica alternativa. La mia unica alternativa alla pazzia, alla degenerazione, a tutto.

L’unica persona in grado di tenermi fermo a terra. Né al Cielo, né all’Inferno.

Gentile da parte sua, hai accettato?

Certo: dopo gli ho anche fatto un pompino per ringraziarlo.

È divertente scatenare la sua gelosia. Diventa tutta rossa, e cerca di nascondersi dietro ai capelli.

Due veri signori.

Sappiamo come ci si deve comportare in società.

“Allora facciamo COSI’. TU, indisponente novellino che non sei altro, vieni alla lavagna, e se la tua interrogazione fa schifo metto QUATTRO pure alla tua amichetta.”

E pensare che si lamentavano tanto perché non socializzavo.

Mi alzo, vado alla lavagna.

Prendo un gessetto e mi produco nel mio capolavoro.

Linee curve ampie, brevi, sinuose, morbide, dolci, come i suoi fianchi.

Sulla lavagna compare una discreta copia di Valentina*, ma con una folta chioma scarmigliata che la fa somigliare vagamente alla prof in una ipotetica quanto improbabile fase post-coitum.

O almeno, le somigliava nelle mie intenzioni.

Fossi in lei, apprezzerei il ritratto, opera di un giovane artista con ancora molto da imparare ma buone basi di partenza.

O forse la mia arte non è ancora abbastanza matura.

La classe è ammutolita, non sa come comportarsi per non perdere l’aplomb da rincoglioniti.

Alice ridacchia silenziosa e mi dedica un ampio sorriso, anche se le ho regalato un bel quattro.

Tempo dieci minuti e sono di nuovo in presidenza.


*Riferito al noto fumetto erotico di Crepax.


5.

“…ancora qui?”

“Non sentiva la mia mancanza?”

“…devo essere sincero?”

La coca è scomparsa, adesso si sta dedicando allo smistamento di scartoffie fintamente burocratiche.

“Che cosa hai fatto stavolta?”

“Un ritratto alla Guidi senza veli, alla lavagna.”
”Oddio Mio.” Spalanca gli occhi. La Guidi ha quel che si dice un corpo mozzafiato: 1.50 m x 1.50 m. Un cubo.

Una donna da schianto.

“…con il corpo di Valentina di Crepax.”

“…aaaah, beh. E a lei non è piaciuto?”

“Si vede che non ama l’arte”

“Io l’avrei preso come un complimento”

“Infatti, speravo davvero le sarebbe piaciuto.”

“Le donne non le sanno capire, certe cose.”

Si alza da dietro la scrivania e si siede sulla poltrona accanto alla mia.

Ma che ho fatto io di male per meritarmi tutto questo.

Sono brutto, sono osceno, sono stronzo, sono arrogante, e la gente continua irrimediabilmente ad essere attratta da me.

“Senti, scherzi a parte. Che devo farci io con te?”
Possibilmente non sesso.

 “Dico, prova a metterti nei miei panni. Sei entrato in questo ufficio due volte in una sola mattinata. I professori non fanno altro che lamentarsi della tua condotta.

Hai trasgredito qualsiasi regola immaginabile. Sai che dovrei sospenderti a questo punto, vero?”

Annuisco.

Mi poggia una mano sul ginocchio.

Verme.

“Ora, io non voglio sospenderti. Sai, ero proprio come te da studente: irrequieto, ribelle…ti capisco, sai, al contrario di quelle babbione.”

Mi sento rattrappire qualsiasi cosa.

“Facciamo così. Ti do un’ultima possibilità. Dimostrami che sei in grado di stare alle regole, almeno per un po’. Poi, tutti i tuoi “debiti” saranno cancellati. Va bene?”

Annuisco.

Basta che tolga quella schifosissima manaccia dal mio ginocchio- e non provi mai più a paragonarmi a lui, Cristo.

Mi alzo, mi dà una pacca sulla spalla e mi rivolge un sorrisetto mefistofelico.

“Altrimenti, mio caro, sarò costretto ad agire come di dovere.”

A questo punto si aspetta che mi getti a terra ad abbracciargli le ginocchia e lo implori di perdonarmi, dicendo che sono disposto a qualsiasi cosa – qualsiasi- pur di salvarmi.

“Si, certo.” Ed esco.

È divertente vederlo sulle spine.

 


Come dicevo, è tornato come e peggio di prima.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

  
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