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Autore: war    05/12/2009    2 recensioni
Fra gli esorcisiti, per combattere il Conte del Millennio e i Noah, viene inviato dal Vaticano un aiuto, giunto direttamente da quel Dio che a volte ci si dimentica di amare... La strada da percorrere è una sola: ed essa è sempre stata perfettamente delineata davanti ai nostri piedi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La visita di Padre Leone si rivelò essere più una formalità che un controllo sull'operato dell'Ordine. In effetti, quello che il Camerlengo desiderava sapere gli era già stato riferito, dalla sottoscritta. Tuttavia per non destare alcun tipo di sospetto, il Camerlengo si sarebbe intrattenuto un paio di giorni a Londra, dove doveva svolgere ben due incarichi. Il primo era quello di benedire e purificare la Withe Chappell, luogo dove si era consumata una serie di omicidi dai macabri rituali e il secondo era quello di incontrare la Regina Elisabetta in persona per rinsaldare i rapporti di amicizia con il trono e la Chiesa di Roma. Visto poi che la sede della Dark Religious era vicina, sarebbe stato cortese andare di persona a porgere i saluti e i doverosi ringraziamenti agli alleati. Padre Leone, durante il pranzo, ci aveva caldamente invitati a partecipare alla funzione religiosa delle sei, che si sarebbe tenuta nella cappella all'ultimo piano della torre e che lui stesso avrebbe officiato.
In poche parole, non presentarsi sarebbe stato atto di enorme scortesia. Non avevo per niente voglia di sentirmi un'ora e un quarto di sermone, perchè Padre Leone era si un uomo di azione ma anche un'instancabile oratore quando ci si metteva. E le sue prediche passavano alla storia.
Molti dei residenti si erano già ritirati nei vari uffici per eseguire i loro doveri lavorativi, solo noi esorcisti eravamo pressochè liberi.
Dal momento che ero annoiata mi sarebbe piaciuto andare ad infastidire un po' Kanda, ma Lavi mi aveva informato circa l'umore nero del soggetto, lamentandosi che Mugen quel pomeriggio aveva preteso il suo sangue e mi aveva mostrato un graffio che aveva sul collo.
- Lo hai fatto davvero infuriare questa volta, eh? Prima o poi ti farai ammazzare davvero! - avevo detto al rosso pensando che doveva essersi trattato di un incidente più che di una cosa davvero voluta. Kanda aveva il suo caratteraccio ma proprio perchè era un esorcista che credeva fermamente in quello che faceva non avrebbe mai fatto del male ad un compagno.
Lavi aveva sospirato e chinato le spalle.
- Forse ho esagerato davvero... Però quello stupido non vuole capire che non esternare i sentimenti non vuol dire non provarli! Vuol dire solo nascondersi e farsi male! - borbottò
- Lo sai per diretta esperienza? - chiesi più curiosa della risposta che altro.
Sapevo già tutto quello che c'era da sapere su Bookman e il suo ruolo.
- Perchè pensi questo? - non mi aspettavo che mi venisse rigirata la domanda con tanta disinvolta naturalezza, ma decisi comunque di rispondere e non mentire.
- Perchè sei l'erede di Bookman. - risposi
Lui sgranò l'occhio verde e mormorò qualcosa che non capii.
-...-
- Ho solo dedotto, che essendo l'erede di colui che riporta lo svolgersi imparziale dei fatti, anche tu debba spesso nascondere quello che davvero provi per poter essere all'altezza del tuo incarico. Ma siamo solo uomini, Lavi, non esseri superiori e perfetti, quindi, che ci piaccia o meno, la nostra realtà sarà sempre filtrata dal nostro cuore. Se così non fosse non avremmo più il diritto di chiamarci umani. Ed io questo diritto non voglio perderlo. Mai. - gli dissi con un sorriso di facciata.
I nostri occhi seri e duri parlavano da soli.
- Sei brutale, eppure tu mi piaci! - disse lui cambiando di nuovo maschera e indossando quella del burlone. Non avevo voglia di addentrarmi in quel genere di conversazione, non ancora per ciò accettai la scappatoia che Lavi aveva fornito
- Imbecille, non prendermi per i fondelli! - protestai indignata.
Lui scoppiò in una sonora risata, perfetta imitazione di quella genuina che comunque non gli avrei mai sentito emettere, e si allontanò lungo il corridoio dicendo che il Vecchio Panda gli voleva parlare.



Pensai di andare a scambiare quattro chiacchiere con Allen, che ad ogni modo era un compagno migliore di Kanda, soprattutto perchè conosceva il significato della parola interagire. Sentii una leggera irritazione serpeggiarmi su per lo stomaco. Va bene, il sapere che Kanda era di umore nero mi aveva fatta sentire sollevata, perchè così avevo la scusa per stargli lontano. Perchè sebbene avessi considerato l'idea di cercarlo sapevo che non volevo incontrarlo. Le sensazioni che risvegliava in me, l'eco di ricordi che appartenevano all'altra me stessa, quella di cui non avevo memoria erano qualcosa di non previsto che mi confondeva. Non mi piaceva essere confusa. Non quando stavo svolgendo una missione di quella delicatezza e di quell'importanza. La cosa più logica e razionale sarebbe stata quella di chiudere Yu Kanda fuori da ogni pensiero, ma mi resi conto di non esserne capace. Per la prima volta, non ero in grado di eseguire un imposizione dettata solo da me stessa. Era frustrante. Subire l'ammutinamento del proprio cuore e della propria testa era frustrante.

Se il cuore si lamenta, la mente lo rincuora.
La mente, si accontenta, il cuore tenta ancora.
La mente, raramente rammenta ciò che ignora
e mente assiduamente al cuor che si innamora.
Ma un cuore che si spezza non sente più ragione,
la mente scende al cuore per chieder spiegazione.
Ma intanto il cuore sale, dal centro del torace
e va verso la mente per darsi un po' di pace.
Nel mezzo del cammino, su un groppo che c'è in gola
la mente incontra il cuore, lo ascolta e lo consola.
*

Era ciò che mi stava accadendo? Mi ero innamorata di Kanda e avevo già realizzato che non sarei mai stata corrisposta? Così? Senza che davvero nulla fosse avvenuto e fosse cambiato? Tutto era nato, si era sviluppato ed era morto dentro la mia fantasia?
Non lo sapevo ma qualcosa mi suggeriva che non era così. C'era dell'altro ed era infinitamente più complesso.
Spostai lo sguardo fuori dalla finestra.
Nel giardino interno vidi Allen e Lenalee camminare fianco a fianco. Lei teneva una cartellina blu stretta al petto e il capo leggermente chino. Allen parlava gesticolando leggermente per spiegare meglio il concetto o il racconto che stava facendo. Le loro spalle si sfioravano più spesso di quello che credevano ed erano una vista dolcissima.
Forse non per Komui, ma lui non faceva testo.
Sospirai.
Sollevai la mano e l'appoggiai al vetro.
Allen si rendeva conto di quello che le sue azioni avrebbero portato?
Essere gentile per natura poteva essere un'arma doppio taglio. Poteva illudere la giovane esorcista circa un sentimento che in realtà era un po' diverso dall'aspettativa che aveva creato il suo modo di fare e questo avrebbe ferito il cuore di Lenalee. E anche quello di Allen, che si sarebbe sentito colpevole di non poter ricambiare qualcosa che tuttavia non poteva imporsi di provare.
Il vetro era freddo contro il palmo della mia mano, ma era anche piacevole da sentire. Era come se si stesse lentamente trasmettendo anche ai miei pensieri. Questo era un bene, sarei stata molto più razionale e obbiettiva nei pensieri seguenti.
Sospirai di nuovo.
- Il moyashi non è innamorato di lei -
La voce di Kanda mi fece sobbalzare. Il rumore dei miei pensieri aveva coperto quello dei suoi passi ed io non l'avevo visto e nemmeno sentito avvicinarsi. Da quanto era lì? E come accidenti avevo potuto abbassare in quel modo vergognoso le mie difese?!
Era forse colpa delle parole di Lenalee? Mi aveva detto che questo posto, sarebbe sempre stato, per ogni esorcista una casa a cui fare ritorno. Avevo iniziato anch'io a considerarla una casa? Dopo così poco tempo? Dannazione, non era da me! Non era da Angel Cielo, il Cane del Vaticano.
Non era necessario rispondere. Yu non lo riteneva necessario.
Nessuna tachicardia si stava manifestando. Nessun rossore improvviso e sgradito alle mie gote. Nessuna farfalla nello stomaco. Nessun brivido lungo la schiena.
Eppure sentivo perfettamente il profumo di muschio bianco della sua pelle, la sua presenza alle mie spalle e potevo intuirne il riflesso nel vetro, accanto a me.
Pensai che mi ero fatta un sacco di paranoie inutili.
Era tutto a posto, tutto come doveva essere.
Mi rilassai e commisi di nuovo un errore, imperdonabile.
Mi voltai verso di lui dicendogli quella che ritenevo la verità - Avrei preferito lo fosse -
La lingua mi si incollò al palato. L'emozione mi travolse, rubando il respiro per un attimo.
Non era l'ovale del viso. Non erano le labbra rosee e umide, appena socchiuse dallo stupore, non era il naso piccolo e dritto. Non erano gli occhi blu. Non era nemmeno la loro espressione, fiera, decisa, da uomo. Erano i capelli!
Santo cielo, erano i capelli! Potevo essermi innamorata dei capelli di Yu!? C'era da finire in psicoanalisi! Dotata di volontà propria la mia mano si sollevò. Le mie dita passarono nella seta nera della coda di Kanda. I suoi capelli nerissimi mi solleticavano il palmo della mano, scorrevano fra le mie dita, accarezzandole...
Era un gesto abitudinario, che avevo compiuto innumerevoli volte, ma che mi dava sempre una profonda gioia. Il tocco di quel manto nero e lucente, morbidissimo e tuttavia quasi impalpabile...
SCIAFF!!!!
Dolore alla mano.
Il suo dorso formicolava e si stava rapidamente arrossando. Sgranai gli occhi, più dallo stupore per la verità. Yu aveva fatto una salto indietro e mi aveva schiaffeggiato la mano. La sua espressione cupa e minacciosa aveva anche una nota di... Tristezza? O rimpianto?
La sensazione dei suoi capelli fra le dita continuava a permanere e annullava il fastidio del formicolio del dorso.
- Do'hao! - mi insultò l'esorcista e se ne andò a passo di marcia, imprecando in quell'idioma sconosciuto che era il giapponese e che a me parve solo un insieme di schiocchi e cinguettii armonici.
Inconsciamente l'altra mano era corsa all'orecchino di Leonardo.
Cosa stava succedendo? Centrava forse la mia Innocence in tutto questo? Dovevo fare chiarezza, trovare delle risposte e farlo in fretta!
Allora, il tasso di sincronizzazione con l'innocence per quello che mi riguardava era già al 100% senza che io mi applicassi o facessi alcunche. Quando avevo iniziato ad addestrarmi al suo miglior impiego lo avevo ampiamente superato. Le sole altre persone viventi che avevano raggiunto quel risultato erano Marian Cross e gli altri tre Generali della Dark Religious.
Ma io ero già andata oltre. Una sola volta, quando ancora non sapevo cos'era l'Innocence e quando nemmeno pensavo di scoprire quello che poi ho scoperto su di me.
Quattro secoli prima, da quando giurai a me stessa di non togliermi mai, mai più un banale orecchino.
Ero rimasta svenuta per sette giorni.
Quando mi ero ripresa la prima cosa che avevo veduto era stato il volto preoccupato di Leonardo. Non era più un volto giovane: la barba e i capelli erano diventati sale e pepe. Fu probabilmente l'ultima volta che lo vidi. Io non invecchiavo ed ero stata mandata a Milano per eseguire un lavoro sui Navigli e poi ero stata spostata in campagna, sull'Adda per aiutare nella direzione dei lavori per la realizzazione delle chiuse...
- Io sono uno scienziato. Non credo nel paranormale e ho la profonda convinzione cha a tutto vi sia una spiegazione logica e razionale. Magari non la conosco e non la conoscerò mai, ma tra qui e cento anni, o mille anni, sicuramente qualcuno avrà trovato le risposte. Sapremo come è fatto l'interno di un corpo e lo sapremo curare, sapremo come fanno gli uccelli a volare e anche l'uomo lo potrà fare. Riscopriremo segreti che erano andati perduti e sveleremo quelli che consideriamo misteri. Nelle infinite possibilità che l'uomo può realizzare sta il mio credo. -
- Perchè mi dite questo, Leonardo? - chiesi spaventata.
- Perchè voglio che tu mi prometta, che tu mi prometta che loro non vinceranno su di te. - mi disse.
- Loro chi? -
- I bifolchi che vogliono il sonno della ragione, per generare i mostri! - sbottò arrabbiato.
Non capivo. Non capivo quello che il Maestro cercava di dirmi e potevo solo fissarlo, incredula e spaventata.
- Ti ho donato un orecchino. Non lo togliere mai davanti a loro. Non svelare a nessuno il suo segreto. Custodiscilo insieme alla tua vita. Perchè tu e quella sostanza siete la stessa cosa. - mi disse concitatamente
- Leonardo vi prego! Non capisco quello che mi dite! - protestai travolta dai timori e dall'ansia.
Lui mi abbracciò forte e mi disse di nuovo
- Tu sei una persona meravigliosa, Angel. Tutto il resto sono menzogne. Ti faranno soffrire con la loro stupidità, ti umilieranno con la loro ignoranza, vorranno sottometterti e piegarti. Ti useranno per i loro scopi egoistici ma tu lasciali fare. Cerca le risposte come puoi e non morire fino a che non le avrai trovate. Hai tempo Angel.Hai ancora tanto tempo... -
Poi mi baciò la fronte.
Qualcuno bussò con violenza alla porta prima di scardinarla.
La Santa Inquisizione si riversò nella piccola stanzetta. Lo spintonarono, lo trattarono come un pericoloso criminale... Lo misero in ceppi e non ebbero miglior riguardo per me. Quella notte, in quel modo, ci separarono.
Non lo vidi mai più.
Solo anni dopo seppi della sua fuga oltralpe, in Francia.

Innocence, quando mi libero del sigillo di Leonardo io sono Innocence e forse, quei ricordi perduti appartengono a lei, l'altra me stessa.
- Angel - quella voce mi fece scorrere un brivido lungo la schiena. - Seguimi- ordinò.
Mi voltai e vidi Allen, che mi dava le spalle e camminava a passo tranquillo lungo il corridoio.
Lo seguii. Eppure quello che mi aveva parlato non era Allen. C'era una diversa intonazione nella voce, un qualcosa che io avevo riconosciuto e non apparteneva all'esorcista albino.
Capii dopo qualche istante che stavamo andando nella Stanza del Quattordicesimo. Per un attimo esitai e lui percepì l'incertezza nei miei passi.
- Non ti farò male - disse cantilenando un po'.
- Va bene. Andiamo dove vuoi tu. - dissi riprendendo a seguirlo, anzi allungando il passo fino ad affiancarlo.
Il volto di Allen era sempre lo stesso e questo mi tranquillizzò, anche il suo sguardo vacuo era un po' inquietante, gli occhi erano sempre grigi e la cicatrice della maledizione era la stessa di sempre. Entrai nella stanza bianca, dove c'era solo un divanetto, uno specchio, un pianoforte a coda e uno sgabello per suonare la musica. Nessuno spartito. Una volta richiusa la porta la stanza diventava quattro mura bianche, priva di uscita.
Allen pigiò alcuni tasti del piano, nello specchio si rifletteva un'ombra nera in frak.
Un ghigno piegò le labbra di Allen, non potevo vederne gli occhi, perchè stava a capo chino.
Fastidio. Come una carezza in contropelo, il mio corpo, il mio essere provava un senso di fastidio e di oppressione. Ma anche di grande, grandissima tristezza.
- Azael... - disse la voce del Quattordicesimo.
- Come? - chiesi e mi resi conto che anche io ero diversa. Quando avevo aperto le ali? Non me ne ero nemmeno resa conto!
- Tranquilla, questo è un luogo creato dall'arca e nessuno saprà mai che siamo stati qui. - mi disse ma la cosa non mi parve troppo rassicurante. Dopotutto era un Noah.
Sollevò la mano guantata e se la passò nei capelli.
Oro.
Il mio cuore perse un battito.
Cosa ci facevano i suoi occhi su quel viso!?!
- Azael... Li ami così tanto da esseri fatta fare persino... questo? - mi chiese, con voce morbida.
Di nuovo avrei solo voluto piangere.
Si voltò verso di me, fissandomi con l'oro gelido degli occhi non umani. Eppure io conoscevo quello sguardo, quegli occhi e tutto quello che si celava dietro.
- Lord Lucifero!? - esalai mentre le gambe mi cedevano di colpo ed io mi ritrovavo seduta sul pavimento con il volto inondato da lacrime che non ero in grado e nemmeno volevo fermare.



NDWar: l'avevo detto che qualcuno voleva di prepotenza la scena!!! Allora, che ne pensate?




* Gemelli Ruggeri - Smemoranda 1995
  
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