Chris
pov
Una
cosa ho
imparato negli anni: mai fidarsi di una amica che ti sveglia con una
tazza di
caffè fumante.
Cammino
verso la
porta scura di questa villetta, che oramai conosco fin troppo bene.
Il sole mi riscalda la pelle del viso e non c’è
cosa più bella della brezza
fresca del mattino che ti sfiora il viso… beh, eccetto due
occhi color del
mare.
Osservo la piccola villetta bianca a due piani, le cornici delle
finestre, le
ringhiere della veranda tinte di un singolare color blu elettrico.
E’ come un
marchio di fabbricazione, la constatazione che quella è casa
sua, eco della sua
eccentricità e del
suo animo gentile e genuino.
Cammino lungo il vialetto, mentre la mia mente torna indietro con la
mente, di
poche ore.
E’ inevitabile, non posso controllarlo… naviga,
libera e fastidiosa, posandosi
su un viso che sarà la mia rovina.
Questa mattina, ripresomi dalla fase rem
del mio sonno, ero in uno stato di dormiveglia, godendomi il bracciolo
del
divano sotto la testa, la mano sull’addome, un braccio che
penzolava dal
divano. Mi sentivo un bambino fra le grandi braccia di
Morfeo… stavo scivolando
ancora nel sonno, mentre il sole si ergeva dietro la finestra
illuminandomi il
viso, quando l’odore di caffè ha inondato le mie
narici, scuotendomi. L’odore
più buono al mondo… dopo il suo,
sia
chiaro.
Ho sbattuto le palpebre qualche volta, incredulo su chi avesse potuto
svegliarmi preparandomi del caffè. La risposta era semplice,
eppure ignara alla
mia mente ancora immersa nelle verdi praterie di Bambi.
Ho fissato il viso di Cloe mi sono chiesto perché fossi
lì, e cosa ci facesse
lì la ragazza dei uno dei miei migliori amici. Poi mi sono
ricordato di essermi
addormentato sul divano di Dominic. Ieri sera abbiamo lavorato fino a
tardi ad
un nuovo pezzo…
Ad ogni modo, ho guardato confuso Cloe, i suoi occhi scuri ed i capelli
legati
in una coda alta, “Perché il
caffè?”, le ho chiesto con voce rauca ed impastata
dal sonno.
Lei mi ha sorriso, porgendomi la tazza di caffè e una fetta
di torta al
cioccolato. Ciò avrebbe dovuto mettermi in guardia, forse
per i residui della
sbornia del giorno prima, o per l’essermi svegliato solo da
un minuto, o la sorpresa
stessa, ho accettato la colazione, sedendomi sul divano ed appoggiando
la schiena
alla spalliera. Mi ha guardato con espressione angelica,
sorridente… innocente.
Innocente, ho
pensato. E’ stato allora che ho collegato
tutto, mentre mi portavo la tazza fumante alle labbra, mi sono
bloccato. L’ho
guardata, serio, per attimi interminabili. Lei di fronte a me si
è mossa a
disagio sul posto.
Cloe non era angelica come voleva farmi credere. Non era gentilezza per
un
amico. Ne ho avuto la conferma, quando ha allargato involontariamente
le
narici, segno che mi stava nascondendo qualcosa.
“Che hai combinato?”, ho sibilato riducendo gli
occhi a due fessure.
Lei ha fatto un risolino, visibilmente a disagio, ed ha iniziato ad
indietreggiare di qualche passo.
“Io? Nulla.”, ha detto grattandosi la nuca.
Così mi sono sporto in avanti,
poggiando sul tavolino la tazza e il pezzo di torta.
“Cloe…”, ho ringhiato fissandola, e se
il mio sguardo avrebbe potuto
incenerire… beh, lo avrebbe fatto.
“Non posso fare un gesto carino per un amico?”, ha
chiesto sorridendo
amabilmente, dirigendosi verso la cucina, sempre indietreggiando.
“Dimmi che hai combinato.”, ho ripetuto quando
oramai era sulla porta della
cucina.
Mi ha guardato per un attimo che mi è sembrato
interminabile, poi portandosi
una ciocca di capelli ribelli dietro un orecchio, ha detto
d’un fiato: “Ho
rotto la paletta del tutto basso.”
“CLOE!”, ho urlato ed i vetri hanno vibrato.
Così, ora, eccomi qui, davanti questa porta col viso rosso a
causa dei ricordi.
Busso alla porta ed il mio cuore freme al pensiero che tra pochi
istanti potrò
bearmi ancora dei suoi occhi color del mare, della sua pelle morbida e
le sue
labbra rosee.
Il mio animo impaziente agogna il momento in cui il suo viso si
rivelerà al
mio, e mi muovo, nervoso sul posto, picchiettando con la mano sul
fianco.
Poi la porta si apre. Ecco il momento dei momenti, il momento epocale,
il
momento di massima perfezione, quando tutte le ansie, le
preoccupazioni, i
timori spariscono. Il momento in cui posso ammirare i suoi azzurri,
perdermi
nel mare infinito della sua anima.
I suoi occhi mi scrutano limpidi e cristallini e so che nulla, ora,
potrebbe andare
storto… a meno che la provvidenza divina decida di
abbattersi su di me.
Le mie labbra si tendono in un sorriso, eco del suo. E rimango, come un
tredicenne alla sua prima cotta, a fissare, guardare il suo viso
sottile.
“Puoi entrare, se vuoi.”, dice in un dolce
risolino.
Sorrido, imbarazzato, grattandomi la nuca, “Credo sia una
buona idea.”
Avanzo, varcando la soglia, e lei indietreggia di qualche pazzo,
fronteggiandomi. Si avvicina a me, chiudendo la porta alle mie spalle,
con un
movimento secco. Il suo respiro mi accarezza la pelle del collo.
“Non è sicuro per te, essermi così
vicina.”, mormorò con voce bassa e roca.
“Dici?”, chiede inarcando un sopracciglio,
mordendosi il labbro inferiore.
Annuisco piano col capo, poi sorride ed il viso le si illumina ancor di
più. Le
prendo il viso fra le mani, e sembra quasi si possa frantumare in mille
pezzi,
tanto pare delicato.
“Ciao.”, sussurro dopo averle sfiorato con
delicatezza le labbra.
“Ciao.”, soffia lei gettandomi le braccia al collo
e sfiorandomi i capelli.
“Che ti va di fare oggi? E’ sabato.”,
dissi incrociando le braccia dietro la
sua schiena, facendo aderire i nostri ventri.
“Mmm… non saprei… mi andrebbe di fare
tante cose… decidere è difficile.”,
dice
arricciando le labbra e guardando il soffitto.
“Allora vediamo di fare tutto ciò che ti
piacerebbe fare. Nei limiti del
possibile, sia chiaro.”
“Tipo… chiederti di vestirti da ape?”,
chiede ridacchiando.
“Esatto!”, e le bacio la punta del naso.
“Quindi, mi dai carta libera?”, chiede con una
strana luce negli occhi.
“Nel limite del possibile, ribadisco.”
Sorride e si avvicina al mio viso, “Allora iniziamo da
questo.”, e le sue labbra
lente si muovono sulle mie. La stringo di più a me, contro
il mio petto e le
sue mani mi accarezzano la nuca.
“Poi…”, dice, e la sua voce è
pari ad un sussurro nella tempesta, “mi
piacerebbe poter fare delle foto… è
così una bella giornata, non credi?”
Sorrido e premo il palmo della mia mano sulla sua guancia,
“Trovo che sia una
splendida idea.”, ele bacio l’angolo della bocca,
prima di far scivolare la
braccia sui miei fianchi e vederla allontanarsi verso il piano di sopra.
“Dove vai?”, chiedo corrugando la fronte.
Ellie si ferma, a metà scala, guardandomi come venissi da un
altro pianeta. Poi
solleva in avanti una gamba indicandosi il piede scalzo,
“Vado a mettermi le
scarpe.”, dice come fossa la cosa più ovvia al
mondo, ed in fondo lo è.
Scuoto il capo, ridacchiando fra me, “Giusto.”
Lei ride, e la sua risata e soave musica per le mie orecchie, poi sale la scalinata diretta
alla camera da
letto.
Rimango per qualche secondo, lì, a fissare la scala, prima
di dirigermi verso
la cucina, riempiendomi un bicchiere d’acqua.
Poggiato al piano della cucina, perfettamente pulito, guardo oltre la
finestra
le nuvole giocare nel cielo, cercando di interpretare le mille forme a
cui esse
danno vita, come quando ero piccolo.
Sorrido al ricordo di quando da bambino mi stendevo sul verde prato a
guardare
le nuvole.
“Ed ora per quale oscuro motivi sorridi?”, chiede lei. Mi volto, guardando la sua figura
esile poggiata allo stipite
della porta, sorridente.
“Ti ho detto che sei bellissima?”, chiedo.
Lei annuisce col capo e sospirando si avvicina a me, prendendomi per
mano e
facendomi sedere su una sedia del tavolo bianco della cucina. Si siede
sulle
mie gambe, poggiamo le mani sulle mie spalle.
“Stavo pensando…”, esordisce,
“che magari potremmo andare al mare. Insomma… non
dista molto da qui… un paio d’ore… e
rientra nei limiti, Chris! Dai, portami al
mare…”, mormora con labbro tremulo, con occhi
dolce come il miele, ed è
impossibile dire di no a tanta bellezza e dolcezza.
Faccio un risolino, passandole una mano fra i neri capelli corvino,
accarezzandole
appena la pelle del collo.
“Si, rientra assolutamente nei limiti.”, sorrido e
le bacio il mento.
Lei arriccia le labbra e schiocca la lingua, “Oggi proprio
non riesci a
centrare le mie labbra?”
Rido dell’espressione quasi scocciata del suo viso, e,
ingabbiandole il viso
fra le mie mani, poso le mie labbra sulle sue.
Ellie
pov
Guardo
gli
alberi oltre il finestrino, cercando inutilmente di distinguere i
contorni di
quelli più vicino. Nel cielo azzurro, nuvole bianche come
latte si inseguono,
come cuccioli di cane.
Affianco a me, al volante, l’animo più gentile che
abbia mai conosciuto. Lo
osservo, concentrato sulla guida, statuario come sempre. Bello, come
sempre.
Si accorge che il mio sguardo è rivolto verso lui e si volta appena per
guardarmi, per pochi
attimi, prima di tornare a guardare la strada, con la fronte corrugata
per la confusione.
“Cosa c’è?”, chiede
rivolgendomi fugaci occhiate.
“Sono felice che… Adam e…
Lexie… si, insomma, hai capito.”, dico con voce
incerta.
“Uhm.”, ha le sopracciglia aggrottate, come se si
stesse concentrando su qualcosa.
Per qualche secondo non si ode altro che il rumore del motore, mentre
lo
osservo nervosa. Mentre l’ansia mi attanaglia lo stomaco,
senza un reale e
preciso motivo.
“Anche se la cosa non è stata
piacevole… anche io.”, dice infine.
“Magari ci saremmo incontrati comunque.”, dico
voltandomi con il busto appena.
“Forse.”
“Cosa c’è che non va?”,
chiedo. Il suo sguardo, la sua espressione
indecifrabile non fanno altro che darmi ansia, e farmi tremare la voce.
“C’è che, alla fine, loro non
c’entrano.”, e mi rivolge una fugace occhiata.
Arriccio le labbra e corrugo la fronte. Lui sorride, “Ci
siamo conosciti… a
prescindere da loro. Anche se… se non fosse stato per lei,
non ti avrei vista
in ospedale.”
“Mi avresti vista la volta successiva, al
matrimonio… e non mi avresti
guardata, perché innamorato ancora di lei.”,
mormoro sentendo il peso della
verità delle mie parole.
“Lo stesso poteva vale per te.”
“Ti avrei notato comunque, Chris.”, e chino il capo
appena, fissando le mie
mani che torturano un lembo della mia maglia. Mi rimetto composta, sul
sedile.
“Oh, Ellie… credi davvero saresti passata in
osservata?”, chiese in un
risolino.
“Non lo so…”, rispondo confusa.
“Sciocca, ragazza.”, ridacchia e la sua mano cerca
la mia, mentre il suo sguardo
è fisso sulla strada. Le sue dita si intrecciano alle mie.
“Per cui, possiamo dire che è tutto… un
se.”,
concludo annuendo alle mie stesse parole, quasi liberatami del peso
della
conversazione.
“Si, direi di si. Ma una cosa è certa.”,
dice e il suo sguardo per un breve
istante incontra il mio. Una luce strana gli illumina gli occhi.
Corrugo la fronte, curiosa e confusa, “Cosa?”
“Che ti amo, Ellie.”
Ed il mio cuore batte come ali di farfalle.
*
E dopo tanto eccomi ancora
qui… e se non fosse per una certa persona starei ancora a
pensare al
capitolo e alla sua stesura.
Perciò,
grazie, Manu, grazie
davvero, di cuore. Se non mi avessi spronato, probabilmente non avrei
scritto
questo capitolo.