Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Blakie    15/12/2009    8 recensioni
"Il cuore iniziò a battere forte, e inizialmente non riuscii a capire il perché. Pensavo spesso a noi due, a quello che avevamo passato e a ciò che stavamo vivendo, ma non mi era mai successa una cosa del genere… Niente stomaco in subbuglio, niente cuore galoppante. Poi, sentii uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che mi risalì fino alla gola e mi mosse la lingua, come se stessi per dire qualche cosa. Nello stesso istante, il mio cervello produsse un pensiero che mai, prima di quel momento, avevo considerato. Una cosa che per mesi ero stata incapace di pensare, ma che in quel momento avrei voluto dire ad alta voce. Il mio cuore prese il volo.
Jacob, ti amo."

La vicenda è ambientata in New Moon: Bella è saltata dallo scoglio e, quando la storia inizia, è sul
pick-up con Jacob, indecisa se voltare la testa e baciarlo o no. Ma poi, qualcosa in lei cambia e, quando le labbra di Jacob incontrano le sue, prende la decisione sulla quale ha meditato per molto tempo: essere felice con Jake, il suo sole personale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: New Moon
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '~ Juliet & Paris' Story' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eyes On Fire

Eyes On Fire
Capitolo 11
Equilibrio

 

 

La settimana che seguì fu una delle più serene e gioiose degli ultimi tempi. Vivevo le mie giornate al fianco di Jacob con uno spirito diverso: non cercavo più il pericolo per sentire la voce di Edward e non mi servivo della complicità di Jake per assumere le vesti di ragazza incosciente, ma stavo con lui perché era l'unica cosa che volevo, l'unica cosa che mi facesse stare bene. Ed era molto più sano che cercare di uccidermi per sentire una voce. I miei sentimenti per Edward, tuttavia, non erano scomparsi e la ferita che mi pulsava dentro, anche se anestetizzata dall'amore di e per Jake, c'era ancora e riuscivo a sentirne la presenza. Faticavo ancora a pronunciare il suo nome e cercavo di non pensare a niente che lo riguardasse, compresa quella telefonata – della quale io e Jake non parlammo più –. Ma amavo Jacob, e avevo bisogno di lui come dell'aria: se prima mi era difficile immaginare una vita senza Jacob, da quel momento mi parve assolutamente impensabile.
 Era una sensazione strana e difficile da spiegare. Era come se il mio cuore fosse diviso in due parti: una metà per Jacob e una metà per Edward. Una parte sana e l'altra sanguinante. Il mio amore per Jake maturava di giorno in giorno, e più stavo con lui più la sua metà aumentava impercettibilmente, contatto dopo contatto. Ciononostante mi sentivo in colpa con Jake, perché mi sembrava di non dargli in cambio l'amore che lui donava a me, ma a giudicare da come si comportava quando stavamo insieme, non sembrava essere un problema, per lui.
Quando non era impegnato a dare la caccia Victoria – che sembrava essersi nascosta a nord – passava con me più tempo possibile: facevamo lunghe passeggiate sulla spiaggia, gli facevo compagnia mentre dava qualche ritocco alle moto o ci stabilivamo sul divano a guardare la tv abbandonandoci alla pigrizia. Giovedì si presentò dopo pranzo a casa mia annunciando che, avendo preso una “giornata di riposo”, avremmo fatto una gita fuori porta, rimanendo a Port Angeles fino a sera. Passammo le prime ore del pomeriggio a girare per il centro mano nella mano, guardando le vetrine e godendoci il pullulare di persone sui marciapiedi; davamo abbastanza nell'occhio: Jacob era un armadio a due ante, alto e abbronzato – bello come il sole, tra l'altro – mentre io ero bassa, pallida e sotto gli occhi figuravano due belle occhiaie, souvenir ormai abituale degli incubi che continuavano ad assillarmi – purtroppo l’acchiappasogni non sempre funzionava –. Verso le sei Jacob mi trascinò al cinema, perché voleva vedere un film d’azione appena uscito. Mi venne in mente quella volta che con noi era venuto anche Mike: il ricordo mi fece sorridere, soprattutto quando ripensai a quanta paura avevo di approfondire il rapporto tra me e Jacob, quanto mi sforzassi di tracciare confini chiari.
A circa metà proiezione, Jacob – che aveva finito il suo secchiello di pop corn formato famiglia già da un pezzo – mi sussurrò che si stava annoiando: non feci in tempo ad assimilare le sue parole che mi ritrovai le sue labbra incollate alle mie. Utilizzammo quel metodo anti-noia fino alla fine del film.
Una volta usciti dalla sala, Jacob iniziò insistentemente a lamentarsi che aveva fame.

«Ma sei hai mangiato fino adesso», lo rimbrottai, mentre ci dirigevamo mano nella mano verso la sua Volkswagen.

«Uffa Bells, perché dimentichi sempre che sono un licantropo?», si lamentò, piantando il muso. Alzai gli occhi al cielo, slacciando la mano dalla sua e stringendomi a lui; il suo braccio mi circondò immediatamente le spalle. «Perché ti trovo molto umano», ammisi, sorridendo, e alzai il volto verso il suo per guardarlo bene in faccia. Sorrise brevemente, poi tornò a immusonirsi. L’avevo capito che scherzava.

«Okay, molto carino», concesse, sbuffando, «ma questo non cambia il fatto che sono un licantropo, ed essendo un licantropo ho il mio stomaco. Il mio pancino mi grida di mettere qualcosa sotto i denti, perciò ora andiamo a mangiarci una pizza».

Scoppiai a ridere, notando l’andatura con la quale accelerò il passo. «Sei peggio di un bambino, Jake», dissi allegra, scuotendo la testa.

Lui mi guardò di sottecchi, lanciandomi uno sguardo malizioso. «Ti piaccio anche per questo, piccola», ghignò sornione. Arrossii di botto, aggrottando le sopracciglia. Alla mia reazione imbarazzata si mise a ridere. Salimmo sulla Volkswagen, e finimmo per cenare in una pizzeria che dava sul molo. Era un locale carino e molto accogliente; la cameriera ci fece accomodare al nostro tavolo ‘improvvisato’, e la incenerii con lo sguardo quando notai il modo sfacciato in cui fissava Jake. Non dissi una parola, e quando ci fummo sistemati piantai i gomiti sul tavolo, immusonendomi. Jacob se ne accorse e, ovviamente, approfittò dell’occasione per stuzzicarmi.

«Bells, che hai? Perché sei così silenziosa?», domandò, con aria innocente palesemente falsa. Lo guardai malissimo. «Niente», borbottai, iniziando a fissare il tavolo.

Lui ridacchiò, sfiorandomi una guancia. «Hai notato come mi guardava la tizia?».

«Impossibile non accorgersene», sputai, fissandolo.

«Ehi, che centro io?», domandò, alzando le mani come se fosse stato accusato di un reato col quale non aveva niente a che fare. «Non è colpa mia se sono bello!».

«No, hai ragione. Non è colpa tua», dissi, acida.

«Infatti! E non è colpa mia nemmeno se la cameriera mi fissa», si difese. Incrociò le braccia al petto, facendo risaltare i muscoli sviluppati sotto la pelle ramata. Sentii lo stomaco stringersi. Aveva ragione, dannazione. Era davvero bello.

Concentrati, Bella. Tu sei arrabbiata, pensai.

Adoravo litigare con Jake, ci faceva sembrare così, come dire, veri. 

«Sì, non è colpa tua».

«Allora perché ti arrabbi?», chiese, gesticolando.

«Per come ci sguazzi dentro! Sai che mi ha dato fastidio e ne approfitti per punzecchiarmi», lo accusai, guardandolo truce.

«Oh, ma lo sai che adoro farti arrabbiare», disse, avvicinando la sua sedia alla mia. Iniziò insistentemente a fissarmi con i suoi occhi profondi, e sentii la mia maschera da arrabbiata crollare definitivamente. Per qualche secondo mi guardò assorto, poi un lampo tra il divertito e il malizioso gli guizzò nello sguardo. Posò una mano sulla mia guancia e mi attirò lentamente a sé.

«Sei ingiusto», sussurrai, poco prima che le sue labbra si appoggiassero alle mie. In quel preciso istante, come spesso accadeva quando mi baciava, dimenticai tutto il resto, e mi lasciai andare con eccessivo trasporto. Quando si staccò da me rimasi qualche secondo con le labbra ancora sporgenti e feci per dire qualcosa, ma mi bloccai quando vidi la cameriera di prima che mi fissava infastidita. Sorrisi sotto i baffi, ringraziando Jake: capii immediatamente perché mi avesse baciata così improvvisamente.

«La signorina desidera qualcosa?», domandò, stizzita, ma cercò di sorridere.

Non guardai nemmeno il menù che mi porgeva. «Una pizza doppia mozzarella e una cola», dissi, sorridendo melensa.

«Doppia mozzarella? Cavolo Bells, vuoi diventare ancora più bianca?», domandò Jacob, guardandomi interdetto. Scoppiai a ridere, e gli tirai una pacca sulla spalla. «Scemo!».

La cameriera aspettava che Jacob ordinasse, seccata. Lui se ne accorse.

«Oh, mi perdoni signorina», si scusò, sfoderando un sorriso mozzafiato. La ragazza spalancò gli occhi, quasi fosse rimasta accecata. «Allora, io prendo una pizza coi peperoni e una doppia porzione di patatine fritte. Da bere… Ma sì, mi porti una birra», disse Jake allegro. Lei fece per prendere nota, ma la bloccai, guardando male Jake.

«No, signorina, una coca anche per lui». Jacob sbuffò e provò a ribattere, ma gli mollai un calcio sotto il tavolo. Mi feci un male tremendo, ma strinsi le labbra, lasciandomi sfuggire soltanto un gemito: non volevo dargli anche quella soddisfazione. Con la coda dell’occhio, lo scorsi mentre ghignava maligno. Sospirai, rassegnata: in un modo o nell’altro, l’aveva sempre vinta lui.

Il resto della serata trascorse piacevolmente e mi divertii moltissimo, come sempre, d’altronde: in compagnia di Jacob ridevo spesso e mi sentivo felice. Finito di cenare, mi riaccompagnò a casa: il viaggio di ritorno fu molto breve, o almeno, così mi sembrò. Forse, speravo solo che il momento in cui avrei dovuto salutarlo si facesse sempre più distante, invece arrivammo in un batter d’occhio di fronte alla casa di Charlie. Sospirai, e scesi dall’auto.

«Ehi, Bells», mi chiamò lui, allungandosi e sporgendosi verso il mio sportello. «Nemmeno un bacio?».

Lo guardai, confusa. «Non ti fermi cinque minuti?», domandai.

Lui abbassò lo sguardo, dispiaciuto. «Purtroppo no. Ho promesso a Sam che non appena fossi tornato da Port Angeles, mi sarei trasformato», ammise, attento alla mia reazione. Tornai a sedermi sul sedile e mi avvicinai a lui, buttandogli le braccia al collo. Sentii la sua mano affondare tra i miei capelli e spostare la mia testa dalla sua spalla. Mi baciò, mentre io stringevo le braccia dietro alla sua schiena. Cercai di assorbire dal suo corpo più calore che potevo, per affrontare con più coraggio la notte che mi attendeva, e lo strinsi forte.

Era uno di quei nostri baci un po’ amari, quelli che precedevano una “separazione” indesiderata. Jacob aveva un compito pericoloso, e quel bacio era sempre un po’ più intenso degli altri… non osavo nemmeno pensarci, ma sapevamo entrambi perché lo facevamo in un certo modo: casomai fosse stata l’ultima volta che ci vedevamo… Rabbrividii e tesi la mascella, mentre sentivo gli occhi gonfiarsi inspiegabilmente di lacrime. Trattenni a stento un singhiozzo. Jacob si separò da me, e mi asciugò una lacrima dispettosa che stava scivolando sulla mia guancia fredda. «Bells, su, non piangere», mormorò dolce, dandomi un bacio sulla fronte.

«No, scusa», balbettai, sfregandomi gli occhi col braccio per scacciare le lacrime. Lui mi sorrise, triste: la voglia di stare con me gliela leggevo negli occhi, ed ero sicura che nel mio sguardo c’era lo stesso desiderio.

«Dai, ti lascio andare», borbottai, voltandomi per scendere. Quando fui fuori dall’auto chiusi la portiera e Jake abbassò il finestrino, sporgendosi verso di me. «Bells… Credo che da domani non riusciremo più a vederci molto spesso», mi disse, cupo in viso. «Ho chiesto qualche giorno di vacanza a Sam per non trascurarti troppo… Ma la prossima settimana ricominci la scuola, e spero che non ti dispiaccia passare questi tre giorni da sola», spiegò.

«Tranquillo, Jake. Non preoccuparti, me la caverò», affermai, per nulla convinta; gli sorrisi, cercando di rassicurarlo. «Però… Almeno un paio di telefonate per assicurarmi che stai bene me le farai?».

«Ma certo, tesoro!», esclamò, come se la questione fosse scontata. Gli sorrisi, allungandomi verso di lui per dargli un breve bacio. Quando mi staccai, gli passai una mano tra i capelli.

«Buonanotte, Jacob. State attenti», sussurrai.

«Come sempre, Bells. Fai bei sogni, piccola», disse, e mi baciò la mano che era scesa sulla sua guancia.

Annuii, cercando di sorridergli, e mentre metteva in moto mi salutò con una mano. Poi si allontanò con l’auto, finchè i fari posteriori non divennero invisibili nel nero della notte.

 

***

 

Quei tre giorni senza Jacob si rivelarono, come previsto, un vero inferno. Era come se il tempo avesse cominciato a scorrere in una maniera esasperatamente lenta, mentre mi sentivo soffocare dalla solitudine. Per occupare quel vuoto e impedire all’ansia e ai brutti pensieri di assillarmi, avevo deciso di impegnare tutte le mie energie nella montagna di compiti che mi era stata assegnata per le vacanze di primavera, che sarebbero terminate quel lunedì.

Ma, come al solito, anche i compiti si rivelarono troppo pochi, e mi ritrovai a passare il sabato e la domenica a girovagare per casa come un fantasma.

Charlie era preoccupato, e pensava che quella lontananza da Jacob fosse stata la conseguenza di un litigio.

«Bells», mi disse, sabato mattina, mentre me ne stavo accucciata sul divano a fingere di guardare la televisione. «Ma tu e Jacob… Insomma, va tutto bene tra di voi?».

Lo guardai perplessa. «Sì, papà, perché?».

«Beh, è da giovedì che non vi vedete… Avete litigato per caso? Non è che vi siete lasciati? Ti ha fatto qualcosa?». L’indecisione con la quale aveva iniziato la frase aveva subito lasciato posto all’agitazione, probabilmente dettata dalla paura che un probabile, secondo abbandono mi avrebbe di nuovo annegata nella depressione. Risi debolmente. «No, papà, con Jake va tutto a meraviglia, stai tranquillo». Charlie sembrò tranquillizzarsi, quindi continuò a prepararsi per andare a pesca.

In quelle giornate particolarmente grigie, gli unici momenti di serenità erano quando Jacob mi telefonava la sera. Parlavamo poco di Victoria, giusto le informazioni necessarie; più che altro, mi chiedeva cosa avevo fatto durante il giorno. E quando lui parlava, non prestavo molta attenzione a ciò che diceva, ma mi concentravo sul suono della sua voce, che mi mancava così tanto. Sapevo che avrebbe preferito venire di persona, ma ero a conoscenza del motivo per cui mi telefonava: si prendeva quei minuti di pausa prima per chiamarmi, poi per riposarsi un po’.

Dopo che mi aveva dato la buonanotte, gli dicevo “ti amo”… ma solo una volta che lui aveva riattaccato, alla cornetta muta, in un sussurro inudibile. Stupida, mi ripetevo.

E poi gli incubi tornavano a perseguitarmi, tutti dello stesso stampo: Edward, buio, foresta, Victoria.

Mi mancava Jacob, tantissimo; non lo vedevo da troppo tempo, per i miei gusti: perciò, quando me lo trovai lunedì mattina alla porta di casa mia, pensai che fosse una visione.

«Ehi Bells, potresti anche abbracciarmi», esclamò sorridente – quanto mi era mancato il suo sorriso! –, quando vide che non riuscivo a spiccicare parola. Ma quando, finalmente, realizzai che Jacob era davvero lì di fronte a me, gli saltai al collo col cuore in gola.

«Jake!», esclamai, stringendomi a lui. Sentii le sue braccia attorno ai miei fianchi, la terra che mi spariva da sotto i piedi. Lui non disse una parola, mentre le sue labbra risalivano lungo il mio collo, mi sfioravano la guancia e incontravano la mia bocca. Mi baciò, passionale, e mi tolse il fiato.

«Mi sei mancato», balbettai, nei pochi momenti nei quali le nostre labbra si separavano. «Tanto».

«Anche tu, Bells, anche tu…», disse, ansimando.

«Ehi, figliolo! Dov’eri finito?». La voce di Charlie ci fece sobbalzare, e Jacob mi rimise subito giù, ma non mollò la presa attorno ai miei fianchi. Affondai il viso nel suo petto caldo, decidendo di ignorare bellamente ciò che mio padre e Jake si sarebbero detti. Non mi interessava.

«Ho avuto un sacco di impegni, Charlie… Scusa se ti ho smollato questa rompiscatole in casa per tre giorni di seguito», disse Jacob, scoppiando a ridere. Mi uscì una specie di ringhio dalla gola, e anche mio padre si mise a ridere.

«Ti fermi a fare colazione?», gli chiese Charlie, mentre Jake mi spingeva in casa.

«Pensavo solo di accompagnare Bella a scuola. Sarei venuto anche più tardi, ma non ce la facevo a starle lontano», disse, per niente imbarazzato, cercando il mio sguardo. Charlie borbottò qualcosa, a disagio. «Deve ancora fare colazione…».

«Non importa, papà. Esco», dissi, gli occhi ancora immersi in quelli di Jacob. Sbattei le palpebre, per concentrarmi. Andai a prendere lo zaino, mi infilai la giacca e diedi un bacio a mio padre, prima di uscire, mano nella mano, con Jake.

Salimmo sul pick-up, alla guida. Nel tragitto verso la scuola parlammo di tante cose, quasi volessimo recuperare tutto ciò che non c’eravamo detti nei giorni di lontananza. Arrivammo molto presto, il parcheggio era quasi vuoto, ma andava bene così. Avrei avuto più tempo per stare con lui.

«Cavolo, Jake, siamo proprio venuti ad aprire la scuola», dissi, voltandomi verso di lui, sorridente. Jacob scoppiò a ridere.

«In effetti, avrei dovuto insistere e obbligarti a fare colazione», proferì, prendendomi il viso tra le mani e avvicinando il suo. «Ma con Charlie attorno non avrei potuto fare questo», sussurrò a un centimetro dalle mie labbra, per poi coinvolgermi in un appassionante bacio. Emisi un suono di assenso, mentre il cuore accelerava i suoi battiti, riempiendomi le orecchie. Lentamente, sentii il mio corpo adagiarsi contro qualcosa di morbido, e mi ritrovai parzialmente stesa sul sedile del pick-up, con Jake sopra di me che continuava a baciarmi.

«J-Jacob», balbettai, rossa come un pomodoro, cercando di concentrarmi. «Ci v-vedranno tutti».

«Chi se ne importa», ruggì piano ghignando, mentre le sue labbra scendevano bramose lungo il mio collo. Buttai uno sguardo fuori dal finestrino, e notai quanto il parcheggio stesse cominciando a riempirsi. Quanto tempo era passato?

«Dai, Jake», dissi a voce un po’ più alta, posandogli le mani sul petto, cercando di sollevarlo. Lui si fermò, immergendo gli occhi neri nei miei. «Scusa», sussurrò, e rimanemmo lì, immobili, a fissarci. Cercai di riprendermi, e gli posai una mano sulla guancia. «Mi accompagni fino all’entrata?», gli chiesi, sorridente.

«Ma certo», disse, e si sollevò. Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e mi sorrise, divertito. «Cavolo, Bells, non riesco a far altro che saltarti addosso – sospirò – Mi sa che è stata la lontananza…».

Ridacchiai e afferrai lo zaino, apprestandomi a scendere. «Pronto a presentarti al mondo come nuovo ragazzo di Bella Swan?». Lui mi guardò, emozionato, e dentro di me avvertii un moto di compiacimento, quando mi resi conto che ero felice che tutti sapessero di noi. 

«Dici sul serio?», domandò, incredulo.

«Ovviamente no», dissi, fingendomi seria e alzando gli occhi al cielo. «Dai, scherzavo!», mi affrettai a rassicurarlo, quando vidi la sua espressione. «Allora, sei pronto o no?».

«Io sono nato pronto», affermò, con finta arroganza e un ghigno di sfida sul volto.

Scendemmo dal pick-up tra le mie risate, e mi fu subito accanto, la mano stretta alla mia. Lo guardai, sorridendogli, e ci avviammo verso l’ingresso. All’istante, sentii su di noi le occhiate curiose degli studenti, e mi sembrò quasi di sentire i loro pensieri, ovviamente pieni di incredulità.
Mi misi a fissare l’asfalto sotto i miei piedi, finchè non avvertii un paio di braccia sottili circondarmi il collo.

«Bella!», esclamò Angela, a mo’ di saluto. Lasciai la mano di Jake, per ricambiare l’abbraccio.

«Ciao, Angela», dissi, sorridendo imbarazzata. Notai lo sguardo che lanciò a Jacob, e poi quello che lanciò a me: entrambi molto eloquenti. Notai Ben dietro di lei, e lo salutai con la mano.

«Ciao, sono Jacob», esclamò Jake, amichevole, offrendo una mano ad Angela mentre mi circondava la vita con un braccio.

«Piacere, Angela», ricambiò, educata e leggermente timida, e prese la mano di Jake, squadrandolo. «Mi sembra di averti già visto…».

«First Beach, forse? L’anno scorso, quando siete venuti a La Push? La prima volta che ho rivisto Bella, mi sa», ipotizzò Jacob, sorridendo.

«Esattamente… Cavolo, non ti avevo riconosciuto», ammise Angela, ridacchiando, poi prese Ben per mano. «Noi entriamo. Ci vediamo a spagnolo, Bella», mi salutò, poi guardò Jacob, sorrise e mi lanciò un’occhiata maliziosa. «Ciao, Jacob», disse, senza staccare lo sguardo dal mio. Sospirai, pensando all’interrogatorio al quale Angela mi avrebbe sicuramente sottoposto più tardi: che stesse seguendo le orme di Jessica? Mi sentii male.

«Forse è meglio che vada anche io», dissi, con una smorfia. Jake rise del mio tono sconsolato, e mi si parò davanti, prendendomi il volto tra le mani, accarezzandomi le guance per consolarmi. «Tu non vai a scuola?», domandai, stringendo la sua mano contro la guancia destra.

«Non con quella succhiasangue che continua a girare indisturbata», sussurrò, poggiando la fronte alla mia. «Adesso ho cose più importanti da fare che scaldare il banco a scuola», disse, abbracciandomi. Scoppiai a ridere.

«Okay, ti concedo la pausa finché non catturate Victoria. Però sappi che, una volta che tutto questo sarà finito, ti rispedirò a scuola a calci nel sedere», lo avvertii, seria. Non volevo che compromettesse la sua istruzione per certe faccende da lupi… Mi sentivo un po’ una mamma.

«Rompiscatole», disse, e mi baciò con una tale intensità che mi dovetti staccare per riprendere fiato. Lui rise e mi lasciò andare.

«Ti vengo a prendere dopo la scuola, se riesco», promise, arruffandomi i capelli. «Bye bye, piccola», mi salutò, soffiandomi un bacio. Lo salutai con la mano, rimanendo a fissarlo come un’idiota mentre se ne andava. Cercai di riprendermi, e mi tirai uno schiaffo leggero sulla guancia, per svegliarmi. Poi girai i tacchi ed entrai, pronta a subirmi tutte le occhiate dei pettegoli della scuola. Sapevo che sarebbe stata una giornataccia, e ci beccai in pieno: arrivai a fine lezioni stremata psicologicamente, dopo essermi sentita osservata per tutto il giorno. Tra le occhiate che mi avevano lanciato gli studenti in sala mensa e le domande insistenti di tutti i miei compagni di pranzo (escluso Mike, ovviamente, al quale tenevo ancora il muso), l’orario scolastico mi era parso incredibilmente lento, e fu una gioia uscire da scuola. Ovviamente, non appena uscii nel parcheggio, mi guardai attorno, per trovare la figura di Jacob. Il mio cuore mancò un battito quando scorsi una persona dalla pelle bronza che, di primo acchito, mi sembrò Jake. Mi avvicinai sorridendo, quasi mettendomi a correre, ma rimasi sorpresa quando scoprii che, appoggiato al mio pick-up, non c’era il mio Sole, bensì Quil.

«Ehi Quil!», esclamai, abbracciandolo. Era da tanto tempo che non lo vedevo, ed era cambiato veramente molto. «Sei venuto a prendere la tua ragazza?», domandai, maliziosa.

Lui scoppiò a ridere. «Wow, non sapevo che fossimo fidanzati!», esclamò, e a quel punto arrossii di botto, facendo crescere le sue risate. «Comunque, no, la mia ragazza non frequenta questa scuola».

Sorrisi, squadrandolo dalla testa ai piedi. «Accidenti, sei diventato altissimo», esclamai.

Incrociò le braccia al petto, mostrando orgoglioso i suoi muscoli. Come al solito. «Prova a immaginare il perché», disse, e mi guardò, eloquente. Mi ci volle poco tempo per arrivarci.

«Così… Anche tu…», sussurrai, sconvolta. Chissà come l’aveva presa Jacob…

«Già, alla fine anche io mi sono unito alla festa», disse, uno scintillio eccitato negli occhi.

Pensare a Jacob mi fece venire in mente ciò che mi aveva promesso, ma alla fine non si era fatto vedere. Provai una momentanea delusione, offuscata immediatamente da un’altra questione: che ci faceva lì, Quil?

«Mi devi ancora dire cosa fai qui», dissi, cercando di sorridere. Non so perché, ma avevo un brutto presentimento.

Il suo sguardo si fece serio e contrasse la mascella. «Jake mi ha chiesto di venirti a prendere».

«Perché? Che è successo?», dissi, a voce troppo alta, quasi isterica.  

«Ecco, stamattina… Io, Jacob e Paul abbiamo trovato una traccia che conduceva a sud, poi ci siamo divisi. Jacob si è diretto a Goat Rocks, ma Victoria aveva lasciato parecchie scie per confonderci. Però lui ha trovato quella giusta, e lei era ancora lì… Sono arrivati ad uno scontro». Fece una pausa, studiando il mio viso per un secondo infinito. «Jacob è rimasto ferito».

 

 

Angolo Autrice ~

Ho pure aggiornato con un giorno di anticipo, che volete di più, dico io? U_U
Comunque… Yep, siamo già all’undicesimo capitolo! *.* Ed è venuto più lungo del solito! *.*
Vi avviso che nei prossimi succederà il cataclisma, perciò preparatevi (: Il periodo di pace è finito, purtroppo…
Come canta Nelly Furtado, why do all good things come to an end?

C’est la vie, miei tesori :] Ma non preoccupatevi troppo, okay? Nemmeno per Jake, che si è fatto la bua, povero amore :°(


Ma ora passiamo ai ringraziamenti e alle recensioni!
Allora, ringrazio le 52 persone che hanno inserito questa storia ai preferiti e le 39 che la seguono *.*

E adesso recenZioni! Scusate se non mi dilungo tanto ma ho molto sonno =_= (dorme sulla tastiera)

 

Caty_Mony: No no, Jake non avrà l’imprinting con nessuna J Per un secondo ho pensato di farglielo avere con Angela, ma era solo un pensiero come un altro (Aro Quote *ç* Coccoloso & Inquietante! <3), e orribile XD Ma ammettetelo, che per un momento lo avete pensato, quando Angela lo guarda! O no? ._. Però tranquilla, farò soffrire la tonna in altri modi… Bwhahah, sarò un vero mostro >:3 Grazie mille per la recensione, Cate! *.* Sono felice che continui a seguirmi, e spero che questo capitolo non ti abbia deluso ^^ Un bacione!

 

MihaChan: Non posso che essere d’accordo sul fatto dell’amore per Jacob e l’antipatia per la tonna (non piace nemmeno a me! Troppe segheeee, la cocainomane!), siamo uguali, ragazza! E non posso che ringraziarti di cuore per tutti i complimenti che mi hai fatto *///* Uffiiii siete tutte così biscottose <3 Ehm, okay, momento pucciosità over =.= Babbè, spero che questo capitolo ti sia piaciuto :3 Un bacioneee <3

 

_Starlight_: FVaaaa, amoVina miaaa T_T Cacchio, possibile che non sia ancora riuscita a recensirti il capitolo secondo?? Accipigna, questa settimana è stata un casino totale, ed è un miracolo se sono riuscita ad aggiornare! Domani recensisco, anzi, ORA, seduta stante! (Ore 23.55 spaccate ù_ù). Tralasciando i miei scleri… so che posso sembrare noiosa e ripetitiva, ma… GRAZIE, davvero. Grazie mille per il sostegno e l’affetto con cui continui a seguirmi… Cavolooo sei fantastica, e ti voglio bèèèène topina mia *w* Davvero, grazie ancora per tutto <3 Mi auguro che anche questo capittòlo sia stato di tuo gradimento :3 Un bacione <3

 

eia: Okay, adesso mi sento il mostro della palude ._. Mi dispiace tantissimo di aver scritto quelle cose, davvero! Spesso parlo a sproposito, quindi non fateci caso, io scherzavo… Comunque, te lo dico: non sentirti obbligata a recensire se il pairing non è di tuo gradimento, dico sul serio! Capisco cosa provi, e so che al tuo posto e a parti invertite mi comporterei allo stesso modo, perciò ti prego, non sentirti obbligata in nessun modo. Se vuoi continuare a seguirmi non può che farmi piacere, ma non voglio che tu ti senta costretta a recensire J

Comunque, su una cosa siamo d’accordo: l’odio per la tonna è_é
Scusami ancora tantissimo! Un bacione <3

 

marpy: Tranquilla Marpiuccia cara, Jake non avrà l’imprinting con nessuno più avanti (: Yeah, i nostri due amati piccioncini cominciano davvero a rilassarsi un po’ ed andare leggermente oltre i limiti imposti dalle turbe mentali della nostra carssssissima Bella (seee come no =.=), ma la meta è ancora lontana, e i problemi d’ora in avanti saranno molti. Ma tutto, in qualche modo, si sistemerà… Penso :3 Spero che questo capitolo ti sia piaciuto ^^ Alla prossima, e grazie di tutto! Un bacione <3

 

Anche per questa settimana ho dato, gente XD
Al prossimo capitolo, il 12 *.*
Vi amo, ricordatelo ù_ù STARFISH IS LOVE YOU! *sparla*

Xoxo

Bea :3

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Blakie