THERE’S NO PLACE LIKE LONDON
CAPITOLO VIII
E |
ra calato il silenzio nella sala da pranzo di casa
Bloom, e Juliet sperava che qualcuno parlasse al più presto, ma si rese ben
presto conto che nessuno si sarebbe ancora azzardato a rompere quel silenzio
che per lei si stava facendo man mano sempre più pesante. Henry aveva ancora lo
sguardo basso mentre stringeva la mano della sua ragazza che, come Jules
scrutava i volti dei presenti; Sophie e Jack guardavo il proprio figlio
orgogliosi, come se la notizia di cui erano a conoscenza già da qualche giorno
fosse la migliore che mai potessero avere. Juliet si chiese cosa sarebbe
successo se 3 anni prima le cose fossero andate in modo diverso; come avrebbero
reagito i suoi genitori a quella notizia? Sarebbero stati felici, e l’avrebbero
appoggiata nonostante tutto? E Orlando? Sarebbe forse tornato non appena avesse
saputo? Nel momento più nero, in quei mesi pieni di avvenimenti, aveva più
volte pensato di chiamarlo, e raccontargli tutto, anche se forse non sarebbe
servito a nulla, se non a farla stare peggio; ma sperava che sentirlo vicino,
anche se solo spiritualmente, le sarebbe potuto servire. Poi si era ricreduta:
se solo l’avesse fatto era sicura che lui avrebbe mollato tutto e sarebbe
tornato, rinunciando magari a qualcosa a cui teneva, quindi non aveva mosso un
dito, affidandosi a Viola e a James -il ragazzo della sua migliore amica-, che
si era dimostrato gentilissimo con lei.
Ritornando con la testa al presente, sfoderò il
suo miglior sorriso e guardando Marion le destinò un’occhiata di pura felicità.
“E’ una bellissima cosa…” ruppe il silenzio, con
voce soave. “Sono contentissima per voi. Congratulazioni.” concluse, e quando
il fratello alzò lo sguardo, guardandola in maniera interrogativa, lei gli
sorrise, per poi fargli un occhiolino complice. “Finalmente divento zia, e
mamma e papà sono felici perché saranno nonni…” osservò.
E così tutti cominciarono a fare i complimenti ai
due ragazzi, stemperando quella strana atmosfera che si era creata: in realtà
per Juliet quella situazione stava diventando insopportabile. Sentiva l’aria
mancarle sempre di più, e non sapeva come fare a venirne fuori. Nessuno per
fortuna si stava rendendo conto di quello che le stava succedendo; tutti
avevano focalizzato la loro attenzione su Marion e Henry, che si stavano
prendendo i complimenti da tutta la famiglia Bloom, tra risate e sorrisi.
Improvvisamente il cellulare della giornalista
squillò; nuovamente calò il silenzio e tutti rivolsero lo sguardo verso di lei,
che si ricompose immediatamente, sfoderando un sorriso per poi andare
nell’ingresso dove recuperò il cellulare dalla borsa. Sul display il nome di
Viola lampeggiava insistentemente, mentre la suoneria non cessava di trillare.
La mia
salvatrice…
pensò Jules, mentre spinse il bottone verde, uscendo nel giardino della casa.
“Ehilà!” la salutò. “Qual buon vento?”
“La visita di Sebastian, che è venuto a pagarmi,
dicendo che è profondamente orgoglioso di te. Mi chiedevo che avessi
combinato.”
“Hai presente l’abito giallo con i fiori?”
“Quello che ti ho fatto comprare con la forza?”
“Sì, proprio lui…” le disse.
“Te lo sei messo!” esclamò il chirurgo, stupita.
“Il giallo è il suo colore preferito…” fu la
risposta di Juliet.
“Sei una grande! Ti adoro, Jules…”
“Lo so…” ridacchiò lei, per poi tornare seria, e
sospirare.
Calò il silenzio per qualche secondo, mentre la
giornalista stava cercando le parole adatte per poter spiegare la situazione
alla sua migliore amica.
“Vio, Marion è incinta…” le disse infine, con la
voce ridotta ad un semplice sussurro.
Passarono un paio di secondi, prima che dall’altra
parte ci fosse una risposta. “Tu come stai?”
“Bene; cioè, sono tanto contenta per loro. Vedessi
i miei: sono tutti così eccitati e orgogliosi di entrambi… anche Sonia, Colin
Sam e Orlando sono così felici…” le spiegò.
“E tu?”
“Lo sai che giorno è oggi?”
Dall’altro capo, il chirurgo sospirò. “Sì, il 28
ottobre.” le rispose.
“Tre anni, Viola. Tre anni e non riesco a farmela
passare; torna sempre tutto a galla… non so se questa volta ci riuscirò. Forse
dovrei dirglielo…”
“Io sono sempre stata di quell’opinione. Forse
però dovresti aspettare; tuo fratello non penso sarebbe molto contento di
sentire una cosa del genere ora. Si sentirebbe in colpa.” le fece notare “Ma
restano qui a Londra?”
“Sì, resteranno qui fino alla nascita.”
“Se vuoi James si può occupare di tutto.”
“Chiederò a loro….”
“Se ci sono stasera ne parliamo meglio…”
“Stasera?” chiese Juliet. “Cioè, tu e James venite
al Pacha?”
“Perché, non si può?”
“Ma tu odi le discoteche!” esclamò lei.
“Orlando non me lo ricordo un appassionato di
danze…”
“Okay, okay. Ho capito l’antifona. Comunque non
vengono. Ci siamo io, Orlando, Sam e Alan… e ti avverto che ho intenzione di
rispolverare le vecchie abitudini…”
“Cosa?” le chiese Viola, leggermente preoccupata.
“Penso di avere in casa ancora il regalo di
compleanno di Sebastian che mi fece a vent’anni…”
“Oddio! No, non starai parlando dell’abitino
minuscolo che ti aveva regalato sperando che te lo saresti messo all’occasione
più propizia? Non hai vent’anni, Jules, ma trenta compiuti da un po’!” la
rimproverò.
“E allora? Pensi che al Pacha qualcuno noterà qualcosa di strano? No, perché ti ricordo che
stai per andare in una DISCOTECA abbastanza in voga, dove di certo non troverai
persone vestite eleganti. Ti voglio in stratiro, Vio! E vedi di non deludermi…
perché io non ho intenzione di deludervi…” e detto ciò, le due amiche si
salutarono, dandosi appuntamento a qualche ora più tardi.
Rimasta così sola fuori in giardino, Juliet
sospirò: era vero, non poteva dare alla sua famiglia una notizia così
importante in un momento felice come quello… ma prima o poi avrebbe dovuto farlo.
Stava per ritornare dentro, quando dietro di lei
comparve Orlando, che le sorrideva sereno. “Sei sparita…” osservò arrivandole
accanto.
“Era Viola al telefono…” gli spiegò. “Stasera ci
sono anche lei e James…il suo ragazzo.” concluse, sospirando.
Orlando la osservò per qualche istante,
studiandone il profilo che si stagliava contro il cielo invernale. Per quanto
fosse passati anni dall’ultima volta che si erano parlati e confidati, la
conosceva troppo bene per non aver capito che c’era qualcosa che non andava in
lei. Aveva visto come si era comportata, anche se lei cercava di nascondere
quelle reazioni a tutti; non ne capiva le ragioni, ma sapeva benissimo che
dentro di lei c’era qualcosa che la stava torturando…
“Jules, è tutto okay?” le chiede, quindi, serio.
“Certo!” gli rispose lei, tranquilla. “Perché non
dovrebbe?” osservò, alzando le spalle.
Orlando sorrise, scuotendo la testa lievemente
divertito. “Non sei cambiata affatto… continui a voler nascondere quello che
senti dentro…” osservò lui, prendendo il suo viso con una mano, facendo sì che
i loro sguardi si incrociassero. “Sputa il rospo…”
A quelle parole, Juliet crollò come un castello di
carte esposto al vento, e si rifugiò tra le braccia del suo migliore amico,
cercando conforto e sostegno. “Orlando… è successa una cosa…” iniziò, mentre
cercava di trattenere le lacrime che insistevano per uscire.
“Dimmi tutto, Juliet…” la esortò lui.
“Prometti che non dirai niente a nessuno… né a
Sam, né ai tuoi, né a nessun altro…” lo implorò.
“Promesso…”
La giornalista raccolse tutte le sue forze e,
alzato lo sguardo, parlò. “Immagino tu sappia che stavo con un editore…”
Orlando annuì.
“Ci siamo mollati circa 4 anni fa; lui si era
invaghito di una giornalista… Jane Banks… lavora per People…”
Ad Orlando quel nome parve familiare.
“E’ la giornalista che scriverà l’articolo sulle
foto di LA…” gli ricordò. “Comunque, ci siamo mollati e loro due si sono
sposati…”
“Me ne aveva parlato Sam…” le disse, tranquillo,
sorridendole.
“Il giorno che ci siamo lasciati, in realtà io
avrei dovuto dirgli una cosa… lui non sa nulla; non ho voluto dirgli nulla…”
“Di cosa stai parlando?”
“Ero incinta…” concluse, chiudendo gli occhi.
Orlando in quel momento rimase pietrificato. Il
solo pensiero di lei abbracciata ad un altro lo mandava in iperventilazione,
per non parlare di lui che la accarezzava e la baciava… quindi, il pensiero di
una vita che cresceva dentro di lei, una vita che non era stata opera sua, lo
mandava forse più in bestia di quanto non volesse ammettere. Cercando di
reprimere quelle emozioni, la strinse maggiormente tra le sue braccia e, dopo
aver sospirato, la guardò negli occhi.
“Il bambino…cos’è successo?” gli chiese, con il
tono di voce incrinato leggermente dalla rabbia, cosa che fece per un attimo
sorridere la giornalista, prima di tornare con il pensiero a quei momenti.
“Al quinto mese…” rispose, mentre la voce si
incrinava e le lacrime cominciavano a scendere, fuori controllo. “Ho avuto un
aborto spontaneo…” concluse, senza guardarlo in faccia, e stringendosi
nuovamente su di lui, bagnando la sua camicia di tutte quelle lacrime che aveva
dovuto reprimere davanti a tutti, fatte di parole non dette, dolori che non
aveva potuto confessare a nessuno, perché la paura le aveva incatenato la
lingua silenziosa, senza farsi notare, e mettendola all’angolo, senza una
possibile via d’uscita. Così aveva optato per la soluzione più facile: si era
affidata all’aiuto di Viola e James, che l’aveva seguita per tutti i 5 mesi
della gestazione, fino all’aborto, che aveva attribuito allo stress emotivo
della ragazza. In effetti, la sua storia con Christian era finita in modo
completamente inaspettato e per lei era stata una vero e proprio crollo
emotivo: un momento prima era felice perché gli stava per dire del bambino, e
l’attimo dopo si era trovata da sola, con un bambino di cui il padre nemmeno
sapeva nulla. Aveva da subito deciso che nessuno ne avrebbe dovuto sapere
nulla, nessuno tranne Viola, che nonostante non fosse d’accordo, aveva deciso
di aiutarla. Per i mesi successivi aveva continuato a lavorare, finché alla
fine del terzo mese non aveva messo in atto il suo piano: aveva chiesto al suo
capo di poter prendersi una specie di lunga vacanza, continuando però a
lavorare da dove si sarebbe trovata. Aveva detto a tutti che non sarebbe
rimasta in Inghilterra, lasciando intendere che avrebbe passato quei mesi in
giro per l’Europa o in America. In realtà si era trasferita da Viola, che
l’aveva accolta nel suo appartamento a braccia aperte.
I mesi erano passati talmente in fretta, e Juliet
non si era nemmeno accorta dello scorrere dei giorni: fino a quel maledetto 28
ottobre. La gravidanza sembrava procedere bene; poi improvvisamente l’incubo.
Era stata portata in ospedale d’urgenza, e non riuscendo in altro modo, era
stata sottoposta ad un’operazione per eliminare il feto morto. Quando la
mattina dopo si era svegliata, era andata nel panico più totale; aveva appena
perso il suo bambino, che aveva deciso di tenere nonostante il suo ragazzo l’avesse
lasciata, e conscia che una volta nato ci sarebbero state delle difficili
spiegazioni da dare.
Col tempo, aveva imparato a nascondere tutto,
buttandosi nel lavoro a capofitto e aveva cercato di eliminare il ricordo di
quei mesi dalla sua mente. Per uno strano senso di masochismo aveva poi
partecipato al matrimonio di Christian, e anche al battesimo dei suoi figli;
tutt’ora con Jane ogni tanto, anche se di rado, si sentiva, e i loro rapporti
erano molto tranquilli, nonostante lei fosse la causa della separazione con
Christian. Juliet aveva molto obbiettivamente deciso di non prendersela con
lei: era una persona gentile e carina, e di sicuro la colpa non era la sua se
si era invaghita di Christian, ed era stata ricambiata.
Questo era quello che Juliet stava raccontando ad
Orlando, ancora abbracciata a lui, nel giardino di casa Bloom; ed ogni parola
erano una pugnalata tanto per lei, quanto per lui. Se solo l’avesse saputo…se
solo lei lo avesse chiamato come aveva pensato, sarebbe corso da lei; l’avrebbe
sostenuta e aiutata nel migliore dei modi, e molto probabilmente avrebbe
evitato la storia con Miranda. Ma le cose erano andate diversamente ed era
giunto il momento di comportarsi da adulti e prendere una decisione…
“Jules, se non te la senti di uscire, stasera…” le
disse, dolcemente.
“No!” esclamò. “Voglio uscire.” asserì decisa. “Ho
bisogno di avere la sicurezza di poter andare avanti e so di potercela fare.
Henry non è il primo che ha un bambino negli ultimi 4 anni, e verrà il giorno
in cui dovrò dirlo ai miei.” osservò. “Sarai con me, vero, quel giorno?” gli
chiese, poi, di getto. “Mi sarai accanto a sostenermi?”
Orlando si staccò lievemente da lei, le accarezzò
una guancia, asciugandole le lacrime e sorridendole sereno, e innamorato. “Io
ci sarò sempre…sarò sempre accanto a te a sostenerti e a reggere con te
qualsiasi peso…” le disse, per poi avvicinarla nuovamente a sé e darle un
morbido bacio sulle labbra.
“Te la senti di rientrare?” le chiese, staccandosi
da lei.
Juliet lo osservò meglio, chiedendosi se quello
che stava succedendo tra loro avrebbe compromesso qualcosa, poi si disse che
non era il momento per farsi dei problemi e mandò via ogni minimo pensiero a
riguardo. “Sono abbastanza presentabile?” gli chiese, tornando la solita Juliet
di sempre; quella forte, quella che non aveva mai avuto un problema come il
suo.
“Il trucco waterproof fa miracoli…” le disse, per
poi allungare il braccio, per prenderle la mano.
Così i due ragazzi rientrarono in casa, e si
trovarono le loro famiglie in piedi, intente a complimentarsi ancora con Henry
e Marion, che sembravano quasi intimoriti da tutti quei festeggiamenti. Orlando
strinse più forte la mano di Juliet che gli sorrise di rimando: la sua
vicinanza la rendeva più forte, e avergli raccontato tutto quello che era
successo le aveva tolto un gravoso peso, aiutandola così a distendersi e
riuscire a sopportare la situazione. Andò incontro al fratello, abbracciandolo
calorosamente, per poi fare la stessa cosa con Marion, che timidamente le
sorrise.
“Conosco un medico che ti può seguire durante
tutto il periodo della gravidanza e anche per il parto…” le disse, “E’ un
amico… si occuperebbe di te molto volentieri.”
“E chi sarebbe?” le chiede Henry.
“James, il ragazzo di Viola.” le rispose la
sorella. “Prima era Vio al telefono e quando gliel’ho detto mi ha confermato la
disponibilità di James. Stasera verranno al Pacha,
quindi magari gli posso passare parola, oltre al numero di telefono…” osservò.
I due fidanzati sorrisero felici, ringraziando
Juliet e dicendole di parlare con James, mentre Sonia stava arrivando col
dolce. “Non c’è niente di meglio del cheesecake alle
fragole per festeggiare una cosa simile.”
“Ma mamma!” protestò Orlando. “Poi dici che non
vengo mai a Londra; per forza, mi riempio come un maialino e dopo non mi
prendono più a fare film, oppure mi fanno mangiare roba alla soia e mi
sottopongo a ore e ore di palestra.
“Ma se sei magro come un chiodo!” gli rispose sua
madre. “Mi sembri così deperito… e anche tu, Ju, il
lavoro di giornalista dev’essere un bello stress; dovresti mangiare di più
cara.”
Juliet roteò gli occhi: fino a qualche settimana
prima sua madre la confrontava con Miranda, dicendole che doveva pensare alla
linea se avesse voluto trovare un ragazzo per bene; ora, Sonia si stava
lamentando perché troppo magra. Ma qualcuno a cui andasse bene così com’era?
Così si rimisero nuovamente a tavola, dove
consumarono il dolce in allegria, spazzolando il vassoio per bene, complici
ovviamente Orlando, Juliet e anche Marion che si era lasciata andare.
“Devo mangiare per due, giusto?” si era
giustificata con Henry, che la guardava sbalordito.
“Io ti metto assieme ai due spazzini così almeno
ti diverti…” la minacciò, indicando Jules e Orlando, che stavano finendo di
spazzolare il loro piatto.
“Beh, almeno questa volta non se la sono tirati
addosso!” osservò Sam, sollevando la curiosità di Marion che riportò a galla un
episodio di anni prima, quando i due ragazzi, adolescenti, avevano fatto la
lotta con una delle cheesecake di Sonia, riducendosi
come due maialini.
“Ma aveva iniziato lui!” protestò Juliet.
“Sei tu che devi sempre fare l’esagerata! Io ti
avevo lanciato un’arachide nella maglia…” osservò lui.
“Perché ti stavi lamentando che la maglia che
avevo era troppo scollata…” lo punzecchiò, ricordando che lui, impunito
com’era, aveva mirato all’incavo dei suoi seni, centrando il bersaglio.
Così, tra un aneddoto e l’altro, arrivò l’ora per
Orlando, Juliet e Samantha di uscire; Alan era arrivato da qualche minuto e Sam
l’aveva tenuto a debita distanza dal fratello che gli aveva lanciato qualche
occhiataccia, mentre Jules cercava di calmarlo, stringendogli la mano sotto il
tavolo.
“Prima di andare, passo un attimo da casa dei
miei.” gli disse tranquilla, mentre lui la guardava appena incuriosito.
“Andiamo in una discoteca,” riprese “e non mi sembro vestita in modo
appropriato.”
“Jules, ti prego…” iniziò lui, per poi essere
fermato dalla mano di lei, posata delicatamente sulle sue labbra.
“Smettila di fare il lamentoso e comportati come
un qualsiasi ragazzo che sta per andare in discoteca…” lo redarguì,
indicandogli con un cenno della testa Alan, vestito giustappunto per
l’occasione.
Orlando sbuffò leggermente, facendo divertire
Juliet: adorava quelle smorfie che solo lui riusciva a fare così
spontaneamente; uno come lui avrebbe potuto fare solo l’attore.
“Ci vediamo fra 10 minuti sotto casa mia. Ce la
puoi fare?”
“Non mica una donna io…”
“Ma ti ci avvicini, quando si tratta di
prepararti.” lo punzecchiò. “Tanto si vedono lo stesso i 30 e passa anni; non
passi più per un ventenne.”
“Tu nemmeno, mia cara, quindi non starti a
inventare chissà cosa.”
“Agli ordini.” lo assecondò. Unicamente per non
dargli troppi indizi. “Non prendere la macchina; andiamo con la mia.” concluse,
alzandosi e iniziando a salutare i vari commensali. Arrivò per ultima a suo
fratello e Marion, facendo loro ancora una volta le congratulazioni per la
meravigliosa notizia, poi fece un cenno a Sam e Alan, prima di sparire a casa
dei suoi, a cui ricordò di prendersi cura del cane.
Arrivata in casa, si precipitò nella stanza che
l’aveva vista crescere e guardandosi attorno per un attimo, rivide tutti quei
momenti che erano per lei indimenticabili, ma che comunque aveva voluto
appendere nella camera attraverso le foto che ormai ricoprivano interamente le
pareti. Sorrise, rivedendo alcune di quelle foto, poi si diresse verso
l’armadio, rovistando tra le varie grucce, alla ricerca del famoso vestito, che trovò schiacciato tra
alcuni vecchi indumenti che non usava più. Osservandolo meglio si rese conto di
quanto fosse un capo d’abbigliamento diverso da ciò che di solito indossava: in
effetti non l’aveva mai indossato, e l’unica volta che ci aveva provato aveva
dovuto poi ripiegare su altro. Aveva 23 anni e si trovava in Nuova Zelanda
assieme ad Orlando; non appena lui l’aveva vista così vestita, aveva cominciato
a obbligarla a tornare a cambiarsi, iniziando così una litigata coi fiocchi,
che era poi terminata con la vittoria di Orlando, unicamente perché Juliet non
ne poteva più di sentirlo brontolare, e sentirlo comportarsi quasi fosse suo
padre. Mentre ridacchiava, ricordando quella situazione, andò alla ricerca
delle calzature adatte: un paio di tronchetti neri dalla punta tonda che in
cima avevano una grossa fibbia tonda. Poi indosso l’abito, che abito in realtà
non era: la schiena rimaneva quasi per la metà scoperta e l’allacciatura al
collo permetteva una scollatura più o meno ardita, a seconda di quanti bottoni
di quella finta camicetta venivano lasciati aperti; in vita una cintura le si
posava sui fianchi, da cui iniziavano degli shorts neri che terminavano
parecchio sopra il ginocchio. Dopo essersi infilata gli stivaletti, si guardò
allo specchio: i bottoni erano tutti aperti e la scollatura era piuttosto
ardita, specialmente per una persona come lei, quindi si allacciò un bottone,
arrivando a chiudere la camicetta fino all’altezza del seno, creando un effetto
non volgare ma allo stesso momento leggermente provocante. Soddisfatta del
risultato, corredò il tutto con dei bracciali nel polso destro, l’orologio in
quello sinistro, degli orecchini fatti di perle bianche e nere ed un filo di
trucco. Dopo di ché, prese la borsa, inserì tutto ciò di cui aveva bisogno,
indossò il giaccotto e uscì di casa, in attesa di Orlando, che non ci mise
molto ad arrivare.
Non appena si era messa accanto alla macchina
l’aveva visto arrivare, avvolta nella sua giacca nera, da cui fuoriuscivano un
paio di pantaloni neri abbastanza eleganti, dai quali sbucavano gli
inossidabili stivaletti che risalivano ormai al paleolitico, visto quante ne
avevano passate. Juliet si era sempre chiesta cosa ci trovava di meraviglioso
in quel tipo di scarpa, ma non l’aveva mai capito.
“Sei stato bravo…” gli disse, mentre le veniva
incontro. “Non ci hai messo poi molto; pensavo di doverti aspettare per un bel
pezzo.”
Lui roteò gli occhi al cielo. “Molto spiritosa…”
commentò. “Allora, sono abbastanza in tiro?” le chiese, alzando un
sopracciglio. “Tanto ora o dici di no, oppure dici che non hai ancora visto la
parte di sopra…” disse, scettico, cercando di capire cose avesse indossato lei,
visto che la giacca era lunga fino al ginocchio e le copriva qualsiasi cosa
avesse indossato.
“Lo scoprirai al momento opportuno che mi sono
messa, non prima…” lo provocò lei.
“Ti ricordo che posso essere molto persuasivo…”
“Non ricordo una volta in cui tu mi abbia persuasa
da qualcosa che volevo fare… con me i tuoi trucchetti non attaccano…” concluse
lei.
Lui non se lo fece ripetere una volta di più: con
una foga che neanche lui sapeva di avere, la attirò a sé, mettendole una mano
su un fianco, mentre l’altra la posò dietro la sua nuca, che avvicinò
maggiormente a sé, imprigionandone le labbra con le sue in un bacio carico di
passione e desiderio; un bacio che abbatté anche le minime difese che Juliet si
era costruita. Si strinse maggiormente a lui, lasciandosi andare a quella
passionalità che lui le scatenava dentro, ricambiando il bacio con altrettanta
irruenza. Non si resero conto di quanto durò quel bacio, se solo qualche
secondo o parecchi minuti, ma quando si staccarono avevano entrambi il fiato
corto, e gli occhi lucidi. Cercando di prendere nuovamente fiato, Orlando si
stacco da lei, poi le puntò i suoi occhi castani in quelli di lei, e parlò con
voce calda.
“Non giocare col fuoco… rischi di farti molto
male…” le disse, prima di staccarsi del tutto da lei, dirigendosi verso lo
sportello della macchina che aprì, entrandovi.
Per buona parte del tragitto i due rimasero in
silenzio, scambiandosi di tanto in tanto qualche parola su discorsi futili e
leggeri, come se poco prima non fosse accaduto nulla; in realtà per entrambi
era stato abbastanza sorprendente scoprire questa forte attrazione che avevano
l’uno per l’altro. Ovviamente non erano due stupidi e sapevano benissimo che
tra loro non c’era solo qualcosa di platonico, ma nessuno dei due aveva
analizzato la componente attrattiva verso l’altro in maniera specifica,
relegandola ad una delle tante cose che provano verso l’altro; di conseguenza
scoprire che tra loro l’attrazione era così forte, tanto da lasciarli sopraffatti,
li aveva un po’ stupiti. Orlando aveva cominciato a chiedersi se quello che
provava per lei era solo semplice attrazione; se una volta che l’avesse avuta
sarebbe tutto finito. Di sicuro non era quello che voleva, perché temeva che
essersi aperto e aver scoperto così le sue carte -anche se una parte della
colpa andava da attribuire a Sebastian e Viola- alla fine avrebbe portato alla
rottura totale, una volta tutto fosse finito…
Anche Juliet era pensierosa: Orlando le scatenava
un fuoco dentro che non riusciva a controllare. Nemmeno con Christian le era
mai successo, e il fatto che conosceva l’attore meglio di chiunque altro, e
orse meglio di sé stessa, in quel momento si stava rivelando inutile, visto che
per quanto in parte prevedibili, le situazioni la prendevano sempre in
contropiede.
Quando arrivarono nei pressi della discoteca, ci
misero un po’ a trovare parcheggio, sistemando l’auto un po’ lontano dal
locale, raggiungendolo a piedi. Lì trovarono ad aspettarli Samantha e Alan, che
salutò Juliet ed Orlando con un sorriso, che quest’ultimo ricambiò con un cenno
della testa.
“Non farci caso, Alan… è solo geloso della sua
adorata sorella maggiore…” lo tranquillizzò Juliet, facendogli un occhiolino.
Assieme ai due, c’erano anche Viola e James, che
finalmente Orlando poté conoscere; lo trovò particolarmente adatto a Viola. Era
una persona molto tranquilla e pacata, che di certo non le avrebbe fatto fare
certe mattane che le aveva fatto fare lui a suo tempo. Poi arrivò Sebastian con
alcuni amici e la sua ragazza.
“Alcuni sono già dentro…” disse loro il fotografo,
salutando gli ultimi arrivati. “Sono andati a prendere un tavolo…”
Così entrarono tutti nel locale, mentre Juliet e
Viola si erano affiancate, sorridendosi. La giornalista notò che James guardava
la sua ragazza lievemente critico e lanciando un’occhiata alla sua migliore
amica come a chiederle cosa fosse successo, il chirurgo alzò gli occhi al
cielo.
“Ho seguito il tuo consiglio, anche perché non
volevo farti sentire sola; quindi mi sono messa qualcosa di adatto ad una
discoteca. E James si è leggermente lamentato…” le spiegò.
“Hai detto a James che è colpa mia?”
“No, anche perché comunque avrebbe detto che sono
io a non saper tenerti testa…”
“Oh, non ti preoccupare…” la tranquillizzò Jules.
“Il mio cazziatone arriverà presto…” le disse, criptica, mentre arrivavano al
guardaroba.
Lì trovarono una biondina in attesa, come li vide
arrivare fece un sorriso a trentadue denti e venne loro incontro, andando
subito in direzione di Orlando, che salutò con affetto, come se lo conoscesse
da una vita.
“Non so se ti ricordi; ero una tua compagna alla Guildhall…” cinguettò, con una vocina che fece salire il
nervoso a Juliet; ora era pure gelosa di lui???
Orlando le sorrise, cercando di ricordare quel
volto tra i suoi compagni, ma non la riconobbe affatto: quella sera la ragazza
portava un mini abito nero di pelle nera, che le arrivava parecchio sopra il
ginocchio e delle vertiginose scarpe nere lucide.
“No, mi dispiace…” le disse lui, leggermente
mortificato.
“Oh, fa niente… io mi ricordo di te…” gli rispose,
lasciando intendere molto di più di quello che le parole dicevano.
Per Juliet quella fu la goccia che fece traboccare
il vaso: con tranquillità, passò di fianco ai due, andando dritta al guardaroba
dove posò sul bancone la borsa e lentamente si sfilò la giacca, e la consegnò
ad una delle addette che la presero in consegna. Poi riprese la borsa e si
voltò verso il resto del gruppo, trovando parecchi volti stupiti, specialmente
tra gli uomini: James passava il suo sguardo da Viola a Juliet e ritorno,
ringraziando in quel momento che la sua ragazza non era uno spirito libero
quanto la giornalista; Sebastian rivedendo quel vestito sorrise alzando un
sopracciglio; Alan e Samantha la guardarono con tanto d’occhi chiedendosi dove
avesse scovato una cosa simile. Ma il volto più stupito era ovviamente quello
di Orlando: come Jules si era sfilata la giacca, la sua attenzione si era
concentrata su di lei, e nel momento in cui si era voltata aveva deglutito a
vuoto, rimanendo a occhi spalancati e bocca leggermente aperta. Aveva
riconosciuto solo poco dopo il capo che portava, ricordando quella sera di anni
prima in Nuova Zelanda… sapeva che mettendoselo avrebbe preso un mezzo
cazziatone da lui, che non gradiva che lei indossasse cose simili, ma in quel
momento l’attore non riusciva a cavarle gli occhi di dosso; la trovava
dannatamente sexy e desiderabile, e per un attimo desiderò non avere attorno a
sé tutta quella gente, tra i quali c’era sua sorella, per andarle incontro, stringerle
un braccio attorno al fianco come una seconda cintura, e far capire al mondo
che quella era la sua donna, e che chiunque si fosse avvicinato avrebbe fatto
una brutta fine.
“Sono semplicemente un genio!” esclamò Sebastian
soddisfatto.
“Non solo tu…” osservò Juliet, avvicinandosi a
lui, alzando un sopracciglio. “Allora, che si fa, andiamo?” propose, mentre
anche Viola e Samantha andavano a depositare le loro giacche.
Orlando in quel momento riprese per un attimo
contatto con la realtà, spostandosi da dove si trovava, e lasciando lì la
bambolina che sbuffò, non essendo riuscita nel suo intento di abbordare
l’attore, che in quel momento si stava dirigendo verso il cugino.
“Così è opera tua questa…” iniziò, lievemente
critico.
“Parliamo di anni fa, però era un regalo per i
suoi vent’anni.” cercò di giustificarsi.
“Oh, lo so che risale a tempo fa; le avevo già
vietato di usarlo una volta.”
“Questa volta ti ho fregato…” lo provocò lei,
birba.
“Eccome se ti ha fregato…” osservò leggermente
malizioso Sebastian, ricevendo un’occhiata piuttosto inteneritrice dal cugino.
“C’è mia sorella!” esclamò a denti stretti.
“E allora?” chiese lui semplicemente. “Secondo te
da qui alla fine della serata non lo capisce?” continuò.
Dopo di ché entrarono nella discoteca, dove andarono
inizialmente a sedersi, ordinando un primo giro di bevute a base di birre e
qualche superalcolico. Juliet si sedette accanto a Viola, per poi trovarsi
accanto anche ad Orlando, che molto semplicemente le si mise accanto; Samantha
e Sebastian si trovavano di fronte a loro.
Subito Juliet parlò a James di Marion, che si rese
disponibilissimo ad occuparsi di lei, mentre cercava di capire lo stato d’animo
della giornalista che sembrava molto tranquilla e serena, mentre parlava della
gravidanza della ragazza di suo fratello; quello che avrebbe potuto far
crollare una qualsiasi donna che aveva vissuto una situazione come la sua, la
stava rendendo più forte, rendendola capace di vivere questa notizia come una
festa.
Dopo di ché la serata prese tutt’altra piega: più
volte vennero serviti alcolici a quel tavolo, rendendo tutti abbastanza brilli
da fare un giro di ballo tutti insieme. Persino Viola e James, che fino a quel
momento erano stati parecchio restii a darsi alle danze furono convinti. In
quel momento in pista c’erano solamente loro, che si stavano scatenando, sotto
gli occhi divertiti di buona parte del gruppo; Juliet, che ormai aveva fatto un
giro con più o meno tutti i ragazzi del gruppo, mentre Orlando ogni volta rodeva
dentro, non aveva avuto il coraggio di chiedere all’attore di buttarsi, in
quanto aveva recepito che con sua sorella presente non aveva intenzione di
muovere un solo dito… come se Samantha non avesse visto la faccia che aveva fatto
prima quando si era tolta la giacca e quando era entrata in casa loro per cena.
“Andiamo a farci due salti, Jules?” chiese
inaspettatamente lui, facendo ruotare le teste di Samantha e Sebastian che lo
guardarono con tanto d’occhi, mentre Juliet lo guardava incuriosita.
“Perché no…” gli rispose, mentre lui si alzava e
le allungava la mano, che lei strinse alzandosi a sua volta.
Insieme si avviarono verso la pista, in direzione
di Viola e James, che continuavano a ballare, leggermente brilli; si misero accanto
a loro e cominciarono a muoversi a ritmo di musica. Vedendo il maldestro modo
di danzare di Orlando gli altri tre ridacchiarono divertiti, mentre lui si era
fermato guardandoli leggermente infastidito; ecco perché non era molto incline
ad andare a ballare. Era abbastanza incapace e non passava volta che qualcuno
lo prendesse in giro, anche se solo lievemente, il ché lo infastidiva tanto da
farlo desistere dal ballare; quella volta invece, stava per andarsene, quando
era stato strattonato e fermato dalla mano di Jules che stringeva la sua.
La musica cambiò di colpo, e mentre le prime note
di Sweet Dreams degli
Eurythmics uscivano dalle casse, la giornalista gli sorrise e gli si avvicinò
appoggiando una mano sul suo torace, mentre l’altra cingeva il suo fianco; per
un attimo lui chiuse gli occhi a quel contatto, per poi stringerla
delicatamente a sé cingendole i fianchi e muovendosi seguendo i movimenti di
lei, senza rompere il contatto visivo che entrambi avevano costruito, guardando
l’uno negli occhi dell’altra, mentre il ritmo della musica si faceva più
incalzante e con essa i loro movimenti, i loro corpi sempre più vicini, e i
loro respiri lievemente alterati. Sembrava che tutto il resto fosse ovattato;
in quel momento c’erano solo loro su quella pista, mentre la musica rimbombava
nelle loro orecchie, e la loro danza continuava senza tregua, mentre lei veniva
fatta piroettare in quei pochi centimetri di spazio. Si aggrappò nuovamente a
lui, facendo scorrere il naso lungo il suo collo, e andando a sussurrargli
poche semplici parole all’orecchio “Sweet dreams are made of this…” gli disse, mentre le mani di lui le circondavano
i fianchi.
A quelle parole anche i freni che Orlando si era
posto si ruppero; con una mano alzò il viso di lei, facendolo arrivare quasi all’altezza
del suo, abbassandosi leggermente per baciarla dimentico di tutto quello che c’era
intorno a loro, di chi fosse e dei problemi che ne sarebbero conseguiti.
Ed eccomi qua, a ringraziare nuovamente
per le recensioni delle aficionados, e scusandomi per
avervi fatto attendere, ma come avevo anticipato era un capitolo da scrivere
per intero, e ci si è messa pure la febbre a bloccarmi. Alla fine però l’ho
finita, ed eccola pronta per voi ragazzuole.
Quindi un grandissimo grazie a bebe (ora capisci perché ti ho fatto quella domanda qualche
giorno fa su quando comincia a vedersi la pancia?), eminae
(guarda, sarei bravissima a perdere senza barare visto che cambio i miei piani
duemila volte mentre scrivo) e LadyElizabeth (mi fa
piacere che la storia ti appassioni così tanto…), e un grazie anche alle altre
lettrici che non commentano ma che vedo cmq seguono. Grazie anche a rosa62 e Saori Kido Athena che mi hanno
messo tra i preferiti, ed infine a coloro che hanno messo la fic tra le seguite ovvero gabrycullen,
lalausonoio e Ramona37…
Bene, direi che questo è tutto, quindi
non mi resta che darvi appuntamento al prox
aggiornamento, che spero ci sia prima di Natale, anzi, penso proprio ci sarà
prima, visto che ho già pianificato il chap! Detto
ciò
Besitos a todos!
Klood