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Autore: Meiko    06/10/2003    5 recensioni
L'ispirazione mi è venuta ascoltando "At the beginning", un pezzo molto bello, che è stato usato per il cartone di "Anastasia". Quando l'oscurità è attorno a te, hai solo due possibilità: conviverci, o impazzire. Lei ha scelto la prima, e da quel momento la sua vita ha preso quella piega. Poi...qualcosa risvegliò in lei la curiosità perduta. Un viso che non sarebbe mai riuscita a vedere...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Neko si guardò intorno, mentre cercava di ricordare la strada che di solito la sorella percorreva, per poi schizzare di nuovo a correre, ricordando la strada che doveva prendere.
Sua madre le aveva sempre detto di non correre, di non fare sforzi esagerati.
Ma lei non poteva non correre.
Per lei correre era uno sfogo, una liberazione, una sensazione di dominio.
La terra che passava sotto i suoi piedi così veloce e rapida, il vento che le colpiva la faccia, la sensazione di poter allargare le braccia volare.
Quando correva, si sentiva sempre incredibilmente libera e serena.
Niente sembrava poterla fermare.
Niente?
Neko rallentò la corsa, sentiva qualcosa che le pizzicava in petto, ed ogni pizzico era sempre più forte.
La ragazza si fermò a prendere aria, nonostante tutto non era portata per le lunghe distanze, correre a lungo le faceva sempre male, e anche per questo la madre se ne lamentava, sgridandola.
Yuko invece restava in silenzio, ad ascoltare, raggiungendola poi nella sua stanza, aspettando che la sorella si calmasse, per poi portarla fuori, sulle scale, a chiacchierare, a esprimere i suoi pensieri liberatemene.
Neko sorrise sorniona, mentre pensava alla sorellona.
Erano lontane solo di due anni, ma Neko a volte si comportava come una bimba pestifera, scatenando l’ilarità della sorella, a cui piaceva molto ascoltare il chiacchierare allegro e frizzante della sorella, stando in silenzio.
Yuko era sempre stata una ragazza silenziosa e misteriosa agl’occhi di sconosciuti, e nessuno riusciva mai a capire cosa stesse pensando.

“-Gli occhi sono lo specchio dell’anima? Allora nessuno potrà mai capire i miei pensieri…e io non potrò mai capire quelli degl’altri-“

era terribilmente vero…e ingiusto.
Neko sbuffò, passandosi una mano tra i corti capelli ramati, i colori arancio-rossi sembravano come delle fiamme sulla testa, le ciocche erano morbide e vellutate, e brillavano anche di riflessi dorati.
In qualche modo stare con Yuko era come trovarsi in una specie di limbo luminoso, ascoltarla parlare, o semplicemente starla a guardare…
Era come trovarsi davanti ad un dipinto ad olio.
Quell’aria sempre serena e tranquilla, avvolta da un’alone di mistero, le mani pallide dalle dita lunghe che tenevano o il bastone o accarezzando Inuki, il pallore si confondeva nel mantello color melassa del cane.
Quella ragazza, il cui aspetto le dava diciassette anni, quando invece ne aveva ormai quasi venti, il cui volto era sempre dipinto di quella espressione così serena e malinconica.
Una volta Neko, da piccola, le aveva detto che sembrava quasi una fata, e Yuko rise, divertita.

“-Una fata che non vede è pericolosa. Immagina se, al posto della zucca, trasformasse Cenerentola in una carrozza, perché non vede dove agita la bacchetta?-“

certe volte quella ragazza era così cinica e fredda con il suo problema, si faceva sempre del male con quelle parole taglienti.
Neko sbuffò, scuotendo il capo, tornando a camminare, più tranquilla, guardandosi attorno, cercando con i suoi smeraldi limpidi Yuko.
La mamma voleva darle una notizia, una notizia di cui Neko non sapeva assolutamente niente. Ad un tratto, un fiocco di neve cadde davanti al naso di Neko, che alzò lo sguardo verso il cielo grigio- bianco, sorridendo felice.
-NEVICA!!-
allungò le braccia verso l’alto, lasciando che alcuni fiocchi di neve le toccassero le mani e le dita, sciogliendosi in acqua e raffreddando i palmi bollenti.
Leccò via la neve sciolta, sorridendo birichina, tornando poi a camminare a passo svelto, cercando con lo sguardo il campetto che Yuko le descriveva.
Nonostante la ragazza non ci vedesse, era capace di fare descrizioni minuziose e precise anche solo ascoltando i rumori o tastando un oggetto.
Certe volte sembrava addirittura che ci vedesse veramente.
Poi Neko la vedeva, socchiudere le palpebre, e le iridi vede chiaro le seppelliva sotto una coltre di tristezza quella speranza così assurda.
Ad un tratto, un rumore metallico la fece sobbalzare, era stato così improvviso che l’aveva colta impreparata, tanto si era abituata al silenzio della nevicata sul parco.
Eccolo!
Neko zampettò come un gatto agile e veloce, raggiungendo il campetto, entrando dalla porticina di metallo, guardandosi intorno alla ricerca di quella figura, questa volt era andata senza Inuki.
Quando non andava con Inuki, due erano i motivi.
O doveva andare in un posto dove non erano ammessi i cani.
O era triste.
“La seconda”
Neko annuì a quel pensiero, tornando poi cercare attenta la figura silenziosa di Yuko, per poi distrarsi un attimo a fissare la giovanile giapponese che si allenava.

COSA?! WOW!
Fin quel momento, la ragazza non si era minimamente accorta dei giocatori della nazionale, presa com’era dalla piccola missione che la madre le aveva dato.
Restò su quella porta di metallo, a fissare con aria vagamente sognante i vari giocatori che si allenavano con grinta.
Di colpo, sentì i palmi delle mani sudare freddo, il sudore si asciugava sui guanti di pelle che indossava, mentre la neve continuava a cadere, dando a tutto un’atmosfera più magica.
Osservò tutti i visi dei vari giocatori, ricordando a memoria i vari nomi, soffermandosi su un ragazzo alto e abbronzato, il cuore che si agitava in petto.
Kojiro Hyuga.
Davanti ai suoi occhi!!!
Neko si trovò improvvisamente nel più totale imbarazzo, mentre si guardava intorno, sperando di trovare Yuko, la figura sicura e tranquilla della sorella che però sembrava essere invisibile!!
Di colpo, il suo sguardo fu catturato dal ragazzo che tirò una sua micidiale cannonata, il bolide percorreva la meta campo come se nulla fosse, raggiungendo in poco tempo la porta del grande SGGK che, incredibilmente tranquillo, balzò in avanti, afferrandolo e facendolo deviare direzione, il pallone che andò a sbattere con la rete metallica, formando un piccolo solco.
La “tigre” ringhiò rabbiosa, stringendo con forza i pungi, le nocche che diventavano bianche.
-Dannato!-
-Hai visto, Kojiro? Nulla entrerà in questa porta, finche ci sarò io-
-PALLONE GONFIATO!-
Neko si tappò la bocca, arrossendo imbarazzatissima, in un momento tutti gli occhi furono puntati su di lei, che aveva gridato infastidita il suo commento contro Genzo, che la guardò seccato, inarcando il sopracciglio.
Neko si guardò intorno, si sentiva incredibilmente in imbarazzo e nervosa, le mani che si stringevano.
Kojiro la guardò stupito, la ragazzina era arrossita fino alla punta dei capelli, e poco ci mancasse che svenisse dalla vergogna.
A quel punto, che intervenne una voce, la salvezza di Neko.
-Neko?-
-YUKO!-
la ragazza sorrise colpita, riconoscendo la voce allegra e imbarazzatissima di Neko, mentre con una mano si stringeva al braccio di Sanae, che fissò colpita la ragazza, che corse verso la sorella, nervosissima, Yuko che invece sorrideva divertita.
-Cosa ci fai qui?-
-Beh….ecco…io…-
Yuko non trattenne una risata per il balbettare della sorella, lasciando per un attimo perplessi gli altri giocatori, mentre Neko si faceva sempre più piccola.
-Ti prego Yuko…-
-Neko, a volte proprio non riesci a controllare la tua lingua, eh? Coraggio, vieni. Questa è Sanae-
la manager strinse la mano ad una imbarazzata ragazza, dall’aspetto giovanile, doveva avere sedici-diciasette anni, i capelli corti color rame dalle sfumature ruggine, e due occhi verdi brillantissimi, il taglio vagamente orientaleggiante.
-Sanae, questa è mia sorella Neko-
-Molto piacere-
la ragazza sorrise più serena, stringendo la mano alla ragazza li vicino, ammirandone il viso abbronzato, dai corti capelli castani e gli occhi nocciola.
Poco più tardi, Neko guardava sbalordita la nazionale in allenamento, ancora incapace di esprimere la sua gioia per essere riuscita a vedere dal vivo i ragazzi della squadra giovanile nipponica.
Yuko sorrideva, restando seduta, il bastone tra le mani, ascoltando i rumori nervosi e a scatti che la sorella produceva.
A volte gli esseri umani non capivano quanto rumore facessero, quando il senso dell’udito era poco sviluppato.
Ma per uno che non ci vedeva, il senso dell’udito era forse uno dei sensi fondamentali per la sopravvivenza.
E quello di Yuko era molto sviluppato, tanto che era sicura di riconoscere un tiro di Tsubasa da uno di Kojiro, una parata di Genzo fatta di lato o dal davanti, o semplicemente un palleggio di Misaki.
Bastava…star ad ascoltare…
-Neko, scusami, ma tu cosa ci fai qui?-
la ragazza, da quel mondo fantastico che si era ritrovata, fu allontanata con dolcezza dalla voce tranquilla di Yuko, che socchiuse gli occhi, corrucciando le sopracciglia sottili.
Neko stava per parlare, quando udì delle presenze avvicinarsi a lei e alla sorella, e sentì la voce mancarle, mentre si voltò, trovandosi faccia a faccia con Hyuga, che la guardava incuriosito, un asciugamano intorno al collo asciugava le veloci e grandi gocce di sudore che scivolavano dal volto.
-E tu chi sei, gatto?-
Neko si azzittì, arrossendo, mentre Yuko scuoteva il capo divertita, alzandosi in piedi e afferrando una mano della sorella, presentandola al moretto.
-Questa è Neko, mia sorella. Scusala, ma è la prima volta che ti vede dal vivo. Non che si sia persa qualcosa…-
-Grazie!-
Yuko ridacchiò con Kojiro, mentre Neko lo fissava stupita, ammirando quel sorriso così allegro e leggermente strafottente del ragazzo, fissando poi il fisico magro, un gioco di tendini e fasci muscolari che rendevano quel corpo perfetto…
Neko restò in silenzio, le guance ancora leggermente arrossate, mentre Yuko e Kojiro si punzecchiavano a vicenda.
Con la coda dell’occhio, Genzo li fissava infastidito, asciugandosi il sudore dalla faccia, mentre non accennava a nevicare, i fiocchi si facevano sempre più grandi e candidi.
-Ragazzi! Io, Yoshiko e Yayoi abbiamo un annuncio!-
il chiacchierio si fermò, mentre Sanae e le altre due sorridevano allegre.
-Siete tutti invitati a venire il giorno della vigilia a casa mia a festeggiare Natale-
i ragazzi lanciarono un grido di gioia, e Neko guardò Yuko, che sorrideva, mentre Sanae le si avvicinava, gli occhi brillavano di speranza.
-Spero verrai anche tu…-
-Ma certamente, verremo sia io che Neko-
la sorella festeggiò felice, abbracciando da dietro Yuko, che sorrideva affettuosa, facendole un buffetto sulla testa.
Neko, ad un tratto, si colpì il capo con una mano.
-Ora mi ricordo! Yuko, sono venuta a cercarti perché mamma ti vuole a casa!-
-? E come mai?-
Yuko voltò lievemente il capo, socchiudendo gli occhi, le sopracciglia corrucciate di preoccupazione.
Neko scosse il capo.
-Non lo so, ha detto che aveva una bella notizia da darti. Era davvero strana!-
-In che senso?-
fu il tono gelido della ragazza che indusse Genzo a voltarsi, il sorriso si era spento, ed ora la ragazza si mordicchiava lievemente il labbro inferiore.
Neko ci pensò su, ricordandosi del viso della madre quando le diede la missione di trovare la sorella.
-Come posso spiegare…sembrava che gli occhi fossero pieni di stelle-
-Di stelle…-
Yuko si strinse convulsamente il bastone tra le mani, Neko sembrava non accorgersene, mentre la ragazza mordicchiava con più vigore il labbro inferiore, spingendo Genzo ad avvicinarsi a lei, turbato.
-Tutto ok?-
il tocco leggero della mano di Genzo sembrò come una scopa che spazzava via la polvere, e in un attimo Yuko tornò a sorridere serena, annuendo delicatamente con il capo.
-Si, sta tranquillo, va tutto bene. Neko, andiamo-
la ragazza sbuffò scontenta, avrebbe voluto stare ancora un po’ con Kojiro, ora che erano riusciti a stabilire un contatto, il ragazzo trovava divertente quella specie di gattino, che dopo un attimo d’incertezza lo salutava con un sorriso allegro, raggiungendo e prendendo sottobraccio la sorella.
Apparentemente le due si assomigliavano molti di viso, e senza il velo gli occhi di Yuko avrebbero avuto lo stesso colore e splendore di Neko.
Ma, a conoscerle più a fondo, ci si accorgeva della netta differenza di caratteri.
Neko era allegra, frizzante, sempre sorridente, con la testa fra le nuvole, a volte silenziosa e tranquilla.
Ricordava molto un piccolo gattino, allegro e curioso del mondo che la circondava.
Yuko, al contrario, era calma e tranquilla, avvolta sempre da quel mistero che la rendeva particolare, la sua malattia agl’occhi sembrava non turbarla minimamente, il suo sorriso era così dolce e bello.
Spesso Neko la dipingeva, alcuni suoi quadri erano appesi alla pareti di casa.
Neko dipingeva, un hobby che suo padre aveva trasmesso in lei, come…
Come i suoi problemi cardiaci.
Neko non diede mai la colpa al padre, che invece lo amava con tutta se stessa.
Quando era morto, la madre temette che pure la piccola impazzisse come Yuko.
Invece, aveva aiutato la sorella a riprendersi, e con lei aveva cercato di andare avanti in una nuova vita.
La neve cadeva silenziosa, riempiendo di neve le due sorelle, che si divertivano come matte ad assaporare il sapore dell’acqua ghiacciata.
Yuko adorava la neve, amava quando cadeva, rendendo tutto in uno silenzio dolce e piacevole, i rumori erano ovattati, e lei restava tanto tempo ad ascoltare il rumore della neve che cadeva, che però a Neko pareva pesante, lei che invece adorava la primavera.
La primavera piena di rumori, acqua sciolta che zampilla, cinguettare di uccellini, il chiacchierare di ragazzi che andavano verso le porte della scuola, indossando le uniformi più leggere, ridendo e scherzando, mentre il sole scaldava dolcemente.
Diverse…ma unite come dalla colla…
-Neko…-
-?-
la ragazza si voltò verso il viso turbato di Yuko, che alzò il viso al cielo, lasciando che la neve la colpisse in faccia, mentre si apprestavano ad entrare nel cancello di ferro battuto di casa.
-Dimmi Yuko…-
-Fa parlare me con la mamma…-
-…va bene…-
Neko restò perplessa dall’atteggiamento turbato di Yuko, assai raro da trovare in quella ragazza.
Di sicuro la notizia della mamma c’entrava qualcosa con la cataratta della sorella.
Ad accoglierle, festante, un agitatissimo Inuki, che saltò addosso a Neko, che faceva da scudo a Yuko, che sorrideva allegra con l’altra ragazza.
-Inuki! Cucciolone!-
-Ciao piccolo!-
-Bentornate, temevo vi foste perse!- la signora Tashi sorrideva affettuosa e felice alle due figlie, che appendevano i loro abiti bagnati, la neve si era sciolta per l’aria calda che circondava la casa, Neko che si faceva abbracciare e coccolare un po’ dalla mamma.
-Ciao gattina!-
-Mamma! Indovina? Ho conosciuto Kojiro Hyuga! E’ amico di Yuko, lo sai?-
la donna alzò lo sguardo turbato verso la figlia, che sorridente accarezzava Inuki, che era ancora nervoso, facendo le feste come un cucciolo, per poi accovacciarsi alle gambe della padrona, che si metteva comoda, sul divano accanto al camino acceso, fiamme rosso-dorate si alzavano in scoppietti allegri, come il ritmo di una danza sfrenata.
La ragazza fissava il camino, quasi vedesse le fiamme del fuoco acceso, che danzavano contro le iridi semiaperte.
-Yuko…-
-Dimmi, mamma, dove dobbiamo andare questa volta? Francia, Islanda, Norvegia. Cina?-
la donna rimase colpita dall’atteggiamento glaciale e sprezzante della figlia, che teneva con una mano le gambe piegate a se, una mano appoggiata sul bracciolo del divano, Inuki alle sue gambe che uggiolava lievemente.
Brutto segno. Il cane era una specie di catalizzatore di sentimenti di Yuko, e in quel momento Yuko non doveva essere di buon umore.
La donna accarezzò il capo ramato di Neko, abbassando il capo vergognandosi, sussurrando qualcosa, che Yuko sentì benissimo.
-Canada…-
-Ma bene…ancora qualche speranza da coltivare, mamma? Certo che sei davvero testarda…e dimmi, quando pensi di partire?-
Neko fissava stupita la sorella, completamente diversa dalla Yuko che conosceva, fredda e cinica, che teneva gli occhi incollati al camino, quasi fosse ipnotizzata a fissare il fuoco, che si ravvivava, gli scoppietti erano leggeri e quasi impossibili da udire.
La donna passò una mano sulla fronte della figlia minore, ammirando la pelle leggermente più scura di quella di Yuko, che ora assumeva tinte di alabastro, come una bellissima statua greca, che ritraeva una specie di divinità.
-…la vigilia di Natale…-
-No!-
Neko scattò in piedi, fissando triste e leggermente arrabbiata la madre.
-Sanae ci ha invitate a casa sua per quel giorno! Non possiamo mancare!-
la donna fissò stupita la figlia, gli occhi verdi brillavano di ansia, mentre stava inginocchiata di fronte alla madre, guardandola negl’occhi neri.
La donna era di origini franco-inglesi, forse questo si era infuso alle figlie, nonostante lei fosse un esempio di donna giapponese, non minuta, ma abbastanza bassa, i capelli neri tenuti lunghi e gli occhi dal taglio orientale neri, il viso privo di rughe, di colore orientale, una specie di sfumatura verso il “giallo”, l’ ocra.
La donna restò in silenzio, e Yuko sbuffò, aspettando che la madre desse i motivi della sua decisione.
-Inanzitutto, non è solo per Yuko che devo andare in Canada. Li c’è una sfilata, e ho deciso di mostrare la mia nuova collezione primavera-estate.
Inoltre avevo scoperto che c’era un ottimo Oculista, uno dei migliori al mondo, e forse con un po’ di fortuna speravo a portarti a farti fare una visita da lui-
-Che scusa avresti usato?-
Yuko conosceva bene sua madre: di solito tentava di raggirare la figlia con scuse quali le sfilate o solo le vacanze studio di Neko, che ormai aveva imparato ben cinque lingue!!
-Ecco…avrei approfittato del fatto che li c’era una mostra d’arte e il concerto musicale. In fondo, pensateci: sarebbe una buona occasione per ammirare il Canada…-
-Mamma…sei una sciocca…sai meglio di me che ormai a queste scuse non abbocco più…-
la donna si era spaventata, così come si era spaventata Neko, nel vedere una Yuko totalmente diversa da quella che conosceva: gelide, cinica, leggermente rabbiosa, che si ostinava a tenere lo sguardo attaccato al camino, il fuoco si era abbassato, segno che c’era bisogno di legna.
Inuki, sotto di lei, uggiolava, e a tratti ringhiava, sentendo il nervosismo della ragazza, che sbuffò, passandosi una mano trai capelli.
-Mamma, io sono stanca di tutte le false speranze che stai cercando di appiopparmi.
Sono stanca di tutte le visite oculistiche che abbiamo fatto.
Sono stanca di andare in giro da una parte all’altra del globo terrestre.
E sono stanca…stanca morta…della tua frase allegra e falsa “UNA BUONA OCCASIONE PER AMMIRARE QUESTO PAESE!!”-
Si era alzata di scatto, e aveva preso la prima cosa dura e fragile, un vaso rosa, sbattendolo a terra, in un caos di schegge e rumori forti, mentre Inuki abbaiava.
-QUANDO CAPIRAI CHE NON POTRO’ MAI “AMMIRARE”, MA SOLO SOGNARE, IMMAGINARE UN POSTO? IO NON POSSO VEDERE! SONO CECA, CECA, MALEDIZIONE! POSSIBILE CHE NON LO CAPISCI?-
la donna l’aveva guardata con le lacrime agl’occhi, stringendo a se Neko, mentre Yuko si calmava, chiudendo e strizzando gli occhi, stringendosi le braccia, restando in piedi, la testa china, i capelli mossi coprivano la vista del suo volto.
-Lo hanno detto tutti…la mia cataratta non si può guarire. Quindi, ti prego, smettila di farmi stringere solo polvere, credendole certezze…-
Yuko restò in silenzio, senza piangere, aspettando che la madre, come al solito, scoppiasse in lacrime, e a lei toccasse pulire.
Invece, sentì le braccia della madre abbracciarla, la donna sorrideva, le lacrime agl’occhi che però non cadevano giù dal viso.
-Hai ragione tesoro, ti sto solo illudendo. Ti ho illusa troppe volte. Ma tu cerca di capirmi. Io voglio che tu sia felice…-
Yuko annuì, sorridendo triste.
-Io sono felice, mamma. Ho te e Neko. Mi basta. Non spero in miracoli. Però, se lo vorrai, ti seguirò…-
-No, tu hai una festa a cui partecipare con Neko, perciò resterete qua, vi farà bene non sentire più le lamentele di questa vecchia-
-Tu non sei vecchia-
Yuko sorrise, mentre Neko tornava allegra, correndo a prendere la scopa, mentre Yuko commentava con una punta di vergogna.
-Scusami…ho rotto il vaso…-
-Tanto non mi piaceva. Quel rosa confetto stonava-
-Mamma, posso dirti una cosa?-
-Si?-
-Sei una gran bugiarda-
-Lo so-

*

-Ehi, Yuko, ci sei?-
Taro era riuscito a rintracciare la villa di Yuko, ed era andato a trovarla, speranzoso di poter fare una bella chiacchierata con lei, come ai vecchi tempi.
Si erano conosciuti a Parigi, e si erano rivisti in Italia.
Lui, la prima volta che l’aveva vista, aveva provato pena per quella ragazza, che con il suo bastone in mano e il cane al suo fianco, passeggiava tranquilla per gli Champs Elises (non lo so se si scrive così…perdonatemi!^^’N.d.M.).
Poi, poco dopo, quando l’aveva conosciuta un po’ meglio, aveva scoperto che era una ragazzina molto gentile e intelligente, che aveva anche una bella lingua certe volte!
La cosa che affascinava più in Yuko a Taro era la sua incredibile serenità, era certa che niente avrebbe scalfito il suo carattere.
Pian piano, tra i due era nato un forte legame affettivo, e solo a lui e a Neko Yuko aveva mostrato tutta la lucentezza dei suoi occhi.
Era un fato assai raro, di solito Yuko li teneva socchiusi, in modo che le lunghe ciglia nere offuscassero il brillare di quelle iridi velate.
La cataratta è una malattia terribile.
Taro, quando guardava e parlava con Yuko, molto spesso si sentiva a disagio, certe volte quando spiegava qualcosa o raccontava un fatto gesticolava e indicava qualcosa, e come sempre arrossiva lievemente, mentre Yuko sorrideva, tranquilla.
“Non temere, non mi sono offesa”
Ecco un’altra caratteristica di Yuko.
Di lei non si capiva se mentiva o diceva la verità, quando parlava di qualcosa, soprattutto del suo stato di ceca.
Ceca…che brutta parola.
A Taro non piaceva il modo in cui gli altri dicevano “ceca”, nei confronti di Yuko.
Lo dicevano in modo sprezzante, quasi schifato, come se Yuko fosse stata spazzatura.
Eppure lei era migliore di tutti loro.
Possedeva una grande intelligenza, e una memoria di ferro.
“Queste due doti mi sono strettamente necessarie per vivere”
vivere.
“Si, vivere”
Taro sbuffò ancora, suonando il campanello, udendo poi abbaiare dentro casa, riconoscendo la voce allegra di Neko.
Neko, per lui, era come una sorellina, sempre attaccata a Yuko e a lui, soprattutto quando andavano in giro per Parigi o per le vie di Roma, parlando, chiacchierando.
Era così allegra, e possedeva la grande abilità di dipingere.
Aveva ammirato alcuni suoi schizzi e disegni, e si era meravigliato di come sembrassero talmente…vivi.
Neko…
Gatto…
In effetti, certi comportamenti di Neko assomigliavano a quelli di un felino, come i suoi passi silenziosi, il suo spirito indipendente, il suo modo di fare curioso, il modo di coccolarsi accanto alla sorella o alla madre, facendo le fusa, scatenando sorrisi di affetto.
Yuko, invece, era decisamente più tranquilla, più matura, ma ugualmente dolce ed educata.
Si…quando non si erano più visti, dopo il loro incontro in Italia, a Taro quelle due sorelle le erano mancate.
E’ stata una scoperta davvero bellissima che Yuko e Neko si fossero trasferite in Giappone.
“Mamma ha ancora tante speranze…certe volte non capisce che tiene in mano solo un pugno di polvere…”
Ecco l’unico difetto di Yuko.
Quello di non avere speranze per la sua cataratta.
-TARO!-
il grido allegro di Neko risvegliò il ragazzo dal torpore dei suoi pensieri, mentre osservava sorridente la ragazza che correva giù per gli scalini, seguita da un felice Inuki, che appena ebbe l’occasione saltò addosso al ragazzo, facendolo cadere all’indietro, scatenando l’ilarità di Neko, che si strinse la pancia dalle risate.
Yuko sorrise dolce, ascoltando quelle risate, Taro che sgridava affettuosamente Inuki, che continuava ad abbaiare, allegro.
Buon segno. Yuko era di buon umore.
-Posso unirmi anch’io alle risate?-
Taro l’ammirò, mentre la ragazza scendeva le scale con la grazia che possedeva, come una modella.
Certe volte assomigliava ad una di quelle ninfe greche che venivano raccontate nei poemi che si leggevano a scuola.
I capelli erano come un mare mosso, le onde castane in alcuni erano squarciate d’oro, e gli occhi erano socchiusi, mostrando- nascondendo al tempo stesso le iridi verdi velate, che si alzarono, incontrando il volto di Taro, che sorrise.
-Ciao, disturbo?-
-No, anzi. Io e Neko ci annoiavano, stavamo per andare al campetto a vedere gli allenamenti-
-Guarda che noi non siamo come quel matto di Tsubasa! Non ci alleniamo anche sotto la neve!-
Yuko rise sommessamente, accompagnando poi Taro dentro casa, il calore del focolare colpì in pieno volto le guance arrossate dal freddo del ragazzo, che si guardò intorno, ammirando lo stile di quel salotto, la classicità di quella stanza ricordava vagamente quella francese dove la famiglia Makoto abitavano.
La presenza di marmi rosati, il legno di ciliegio, i colori vaniglia e rosso- rosa davano al salotto ancora più calore, mentre il ragazzo veniva fatto accomodare su una delle due poltrone rosse, soffici, Neko che subito gli si metteva accanto, lui la fissò ammirato, gli occhi verdi della ragazza erano grandi, e con quel taglio orientale li rendevano ancora più belli.
-Sai, sei cambiata tantissimo in questi anni-
-Tu no, invece. Sei sempre rimasto lo stesso, sempai Misaki!-
il ragazzo sorrise, divertito: lui e Neko andavano a scuola insieme, in Francia, e lei si era abituata a chiamarlo sempai, specificando così il suo sangue giapponese.
In effetti, le due ragazze erano molte orgogliose delle origini nipponiche, nonostante il loro aspetto europeo.
Sopratutto Yuko, il cui volto e colore di capelli la facevano più simile ad una inglese o ad una francese.
In quel momento, Yuko si mise comoda, mente Neko l’aiutava ad appoggiare il vassoio sul tavolo, tre belle tazze fumanti di cioccolata calda.
-Allora, Taro, cosa mi racconti? Tuo padre sta bene?-
-Si, anche se in questo momento non è qui ma in Belgio-
-Ti ha lasciato da solo?-
-Ehi, guarda che ormai ho quasi vent’anni!-
il ragazzo ridacchiò, e per Yuko sembrava essere tornati ragazzini, quando si sedevano su il nastro d’erba poco lontano dalla Tour Eiffel, a chiacchierare, allegri, mentre Neko si divertiva a giocare con Inuki, che in quel momento si avvicinava a Yuko, strofinandogli il naso sulle gambe scoperte sotto la gonna, la ragazza che sorridente lo accarezzava, bevendo poi la cioccolata fumante.
-Voi invece? Vostra madre?-
-E’ partita stamattina, per il Canada. Tornerà la prossima settimana-
-E voi siete rimaste qui?-
-A dire la verità, dovevamo seguirla, ma poi siamo riuscite a farle cambiare idea. Vogliamo esserci per la festa di Sanae!-
-Tu ci sarai, Misaki?-
Yuko sorrideva, e Taro annuì con il capo.
-Certo. Mica mi perdo una buona occasione per stare con le sorelle più belle del mondo- -Sempre il solito-
restarono molte ore a chiacchierare, raccontandosi le varie esperienze passate, dopo che si erano salutati l’ultima volta, in Italia, a Roma.
Dopo, non si erano più visti, primo perché Taro non si faceva mai trovare, secondo perché gli spostamenti di Yuko furono sempre più frequenti, a causa delle sfilate della madre.
Prima Inghilterra, poi America del nord, soprattutto New York e Los Angeles, poi un ritorno in Germania, dove aveva vissuto l’infanzia, infine in Giappone.
-Ormai io e Neko abbiamo imparato ben cinque lingue!-
-Mi hai detto che sei stata anche in Russia-
-Si, li mia madre aveva….trovato un medico per me…-
-Come è andata?-
-Come pensi che sia andata?-
il tono di Yuko era infastidito, e la ragazza si stringeva tra le mani la tazza, Inuki che uggiolava sommessamente.
Taro la guardò turbato, mentre lei si calmava, bevendo l’ultima cioccolata, appoggiandola poi sul tavolo.
-Taro, come ho gia detto a mia madre, sono stanca di viaggiare da un capo all’altro del mondo per ricevere sempre la solita solfa.
Ormai ho capito che la mia cataratta non si può guarire.
Basta-
Con un gesto secco della mano Yuko interruppe li il discorso, e Taro poté solo ubbidire, sbuffando passando una mano tra i corti capelli castani, mentre Yuko sorrideva triste.
-Non preoccuparti per me, Taro.
Io…ormai, ho imparato a cavarmela-
Il ragazzo la fissò attento, mentre vedeva il volto dipingersi in quel suo sorriso misterioso, dolce e, al tempo stesso…triste…
Taro scosse il capo, sorridendo con lei.
-Si-
Il ragazzo passò lo sguardo sopra i quadri sopra il caminetto, ammirandoli, leggendo in un angolo, scritto in piccolo, il nome Neko, con sotto una piccola zampetta di gatto.
-In questi anni sei migliorata tantissimo, Neko, anche se i tuoi soggetti sono sempre gli stessi-
La ragazza annuì soddisfatta, mentre Taro passava a rassegna i vari quadri, molti di questi ritraevano Yuko, il più bello di tutti era la ragazza con Inuki accoccolato sulle ginocchia, seduta accanto al caminetto acceso, i colori caldi del fuoco risplendevano sul bel volto, tinto in un espressione serena, il capo e la schiena poggiati ai piedi del divano rosso, dove in quel momento stava seduta la ragazza.
Poi, ad un certo punto, Taro si trovò a fissare stupito il quadro che era in un angolo, più piccolo ,ma non per questo meno bello, anzi, faceva quasi a gara con quello di Yuko davanti al caminetto.
Era uno sfondo notturno, l’azzurro scuro sulla linea di terra si scuriva man mano che saliva verso quel cielo, che si punteggiava di piccole timide stelle.
Dalla linea di terra partiva una timida lingua di terra scura, su cui camminava una figura, alta, sfuocata, non si riusciva a capire chi fosse.
Ma una cosa è certa: stava fissando una specie di lampo che squarciava il cielo, e partiva da dei cumuli posti nella parte più alta del quadro, cirri grigi chiari e scuro, gonfi come battutoli di cotone.
E accanto al ragazzo, una tigre grande e ruggente, che ruggiva verso quel lampo.
Taro la guardò a lungo, sorridendo divertito, mentre Neko ingoiava a vuoto.
-Yuko…immagino che tu sappia che al nostro bel micino piacciono i felini di grossa taglia-
-Lo so bene, Taro-
Neko arrossì di colpo, e Taro scoppiò a ridere, seguito poi da Yuko, mentre Inuki scodinzolava allegro.
Taro sorrise triste.
-Peccato…che la nostra tigre sia gia impegnata…-
Neko lo guardò colpita, mentre Yuko corrucciava le sopracciglia.
Dopo un attimo di silenzio, la ragazzina si riprese, scuotendo la testa.
Taro guardò l’orologio.
-E’ tardi, devo andare-
Yuko e Neko accompagnarono il ragazzo alla porta, la seconda con Inuki corse ad aprirgli il cancello, mentre la prima restava sulla soglia della porta, fuori il rumore della neve che cadeva la fece sorridere tranquilla.
-Taro, ci sei alla festa di Natale?-
-Si, come ho gia detto, ci vengo-
-Bene. Allora ci vediamo li. Non fare tardi-
-La stessa cosa vale per te-
il ragazzo schioccò un bacio sulla guancia di Yuko, che sorrise, ascoltando i passi del ragazzo che si allontanavano, fermandosi solo per salutare Neko, partendo poi a correre appena affondarono nella neve sulla strada.
Yuko sorrise, aspettando che Neko rientrasse a casa con Inuki, chiudendo poi dietro di se la porta, restando solo per un momento ad ascoltare ancora il rumore della neve che cadeva.

*

Lo scampanellare fece correre Sanae, mentre le altre ragazze terminavano di decorare l’albero di Natale.
-Yuko! Neko! Siete in anticipo!-
-Siamo qui per dare una mano!-
la ragazza dalla testa ramata saltò al collo di Sanae, schioccandogli un bacio sulla guancia, mentre Yuko si avvicinava, tenendo con una mano dei sacchetti colorati.
-Benvenute, prego, entrate-
la casa di Sanae poteva sembrare piccola, ma in realtà aveva un salotto abbastanza grande da starci in trenta!
Yoshiko e Yayoi sbucarono da dietro il grande albero di Natale, decorato di palline stelle filanti, in quel momento stavano sistemando le lucine, e Neko tutta raggiante zampettava da una parte all’altra, ammirando il grande gioco di luci e colori del grande albero, prendendo poi la stella da mettere sulla punta, ammirandola: tutta d’argento, con al centro polvere d’oro, brillava con forza alla luce delle lampade, mentre Yuko si faceva aiutare da Sanae a mettere il cappotto, per poi essere letteralmente trascinata in cucina.
-Vediamo un po’…cosa posso darti da fare?-
-Che ne dici se ti aiuto a preparare la tavola, nel frattempo?-
-Beh…ecco…-
-Non essere imbarazzata, mi devi semplicemente fare due lavori: il primo è mostrarmi la tavola, il secondo e tirarmi fuori l’occorrente. Al resto ci penso io-
Sanae era titubante, ma il tono deciso e sereno di Yuko la spinse ad ascoltarla, portandola verso la tavola, tirando poi fuori i piatti, le posate e il resto per apparecchiare.
Yuko, nel frattempo, tastava il tavolo, giudicando la lunghezza e la larghezza.
-Vengono tutti della squadra?-
-Si, più c’è la fidanzata di Kojiro-
-Si lo sapevo. Ma chi è la sfortunata che sta con quell’orso?-
Sanae ridacchiò alla battuta di Yuko, che non smetteva di controllare la tavola.
-Si chiama a Maki, gioca a softball. Anche se, a mio parere, non è la ragazza giusta per Kojiro…-
Yuko stava cominciando a mettere la tovaglia, quando si voltò un attimo verso il punto dove proveniva la voce di Sanae, che adesso assumeva sfumature preoccupate.
-Perché dici questo?-
-Vedi…Maki si è una ragazza carina, e con Kojiro sta benissimo.
Ma…come posso dire…
A volte mi sembra un po’ troppo possessiva nei confronti di Kojiro, ed è molto gelosa.
Una volta, per poco, non uccideva una ragazza, solo per questa si era avvicinata a chiacchierare con il ragazzo!-
-Quindi…dici che è troppo gelosa per Kojiro? E lui come sta con lei?-
Yuko aveva appena disposto i piatti, contando bene i posti, e adesso stava pensando alle posate, mentre Sanae continuava a pensare al cibo, sbuffando e facendo spallucce.
-Non si capisce. Sembra che stia bene con lei, ma certe volte è come se volesse “scappare” da Maki. Anche perché quella ragazza è così soffocante…-
-E tu?-
Sanae si fermò, voltandosi verso Yuko, che stava disponendo i bicchieri.
-Che intendi dire?-
-Che, al dispetto di Maki, mi sembri un po’ troppo poco espansiva nei confronti di Tsubasa. Eppure, se non mi sbaglio, gli vuoi molto bene…-
Yuko sorrise, attendendo la risposta da Sanae, che era arrossita, tornando a controllare lo stato di cottura della torta salata, come risvegliatasi da un sogno.
-E’ vero, ma lui ha la testa completamente persa dietro la palla a scacchi. Per lui non sono che un’amica, e questo mi basta-
-Bugiarda-
Sanae si bloccò di nuovo, voltandosi verso Yuko, che adesso si era fermata nel preparare la tavola, tra le mani ancora due bicchieri.
Quest’ultima sorrise, mentre metteva a posto i bicchieri e i tovaglioli.
-L’unico tuo problema è la timidezza. Approfittane ora che è Natale, altrimenti non lo potrai più rivedere-
-E tu come…-
-Sono cieca, ma non scema, Sanae. Questo devi averlo capito anche tu-
la ragazza abbassò il capo vergognosa, mentre l’altra sorrideva, tastando una sedia e sedendosi. -Ho sentito dire da Ryo che Tsubasa sta pensando di tornare in Brasile, alla fine di questa serie di partite.
Sanae, io te l’ho dico come amica.
Adesso, o mai più-
Sanae restò in silenzio, mentre Yuko sorrideva, sbuffando e passando una mano tra i capelli.
-Allora? Ho apparecchiato bene?-
Sanae si voltò, ripresasi dal discorso, e restò a bocca aperta: la tavola era stata perfettamente apparecchiata!!
-Ma…come…-
-Forza dell’abitudine. Un piccolo trucco insegnatomi da mio padre-
Yuko riprese il suo bastone, appoggiato sulla sedia dov’era seduta, e si allontanò verso il salotto, lasciando una Sanae stupita e turbata allo stesso tempo.
Nel frattempo, Neko stava chiacchierando allegra con Tsubasa, Jun e Ryo, mentre Yayoi e Yoshiko facevano entrare Hikaru e Kojiro con una ragazza attaccata al braccio di quest’ultimo.
-Yuko, Neko, vi presento Maki, la fidanzata di Kojiro-
-Piacere!-
-Piacere nostro-
Neko la fissò leggermente turbata, per poi sorridere radiosa, stringendo un attimo la mano sul braccio di Yuko, che si limitò a sorridere, per poi rivolgere lo sguardo dietro alla schiena di Kojiro, sulla porta una persona a lei nota.
-Misaki-
-Ehi, Yuko, ma come hai fatto?-
-Vuoi che non riconosca la voce del mio vecchio amico?-
i due si scambiarono un sorriso affettuoso, raggiungendo poi gli altri, Yuko si fermò un momento, udendo la porta aprirsi ancora, e sorrise.
Il suo silenzio era inconfondibile.
Lo sentì arrivare, e si voltò a salutarlo.
-Buon natale, Genzo-
il ragazzo la guardò stupito, prima di lei nessuno era mai riuscito a sentirlo da dietro.
-Buon natale Yuko. Ma come hai fatto?-
-Il tuo passo silenzioso ti tradisce, caro il mio SGGK-
Yuko sorrise maliziosa, per poi prenderlo sottobraccio, sorridendogli.
-Andiamo dagl’altri?-
Genzo la fissò stupito, e lei sorrise, avviandosi con lei dagl’altri, che si stavano radunando in salotto per chiacchierare.
Mentre Sanae e Yayoi pensavano a cucinare, i ragazzi si concentrarono su una partita a carte, mentre Neko e Yoshiko giocavano ad un gioco da tavolo, Yuko stava con Neko.
Maki guardò turbata la ragazza, la presenza di quella ceca la infastidiva, ma cercò di essere la più naturale possibile, tornando da Kojiro, che nel frattempo stava giocando a carte con gli altri ragazzi.
Neko la fissò con la coda dell’occhio, per poi concentrarsi sulla partita, e sbagliare mossa.
-Ma che fai Neko?-
-Scusami Yoshiko, e che sono un po’ distratta-
Yuko sorrise affettuosa, mettendosi più vicina alla ragazza, sorridendo e socchiudendo le iridi.
-Pensa alla partita e a divertirti, dopo potrai distrarti-
Neko guardò la sorella, per poi annuire, tornando a giocare, mentre Yuko si alzava, e si avvicinava a Taro, che nel frattempo assisteva alla partita.
-Come sta andando?-
-Beh, Genzo e Kojiro si stanno squadrando con aria minacciosa, si vedono i fulmini e saette che partono dai loro occhi-
Yuko rise, mentre restava accanto al ragazzo, esattamente dietro a Genzo, ch fissò le carte, per poi mostrare il suo poker d’assi.
Kojiro sfoggiò un sorriso divertito, e gli mostrò la sua scala reale.
-Vinto-
Genzo digrignò i denti, e gli altri scoppiarono a ridere, Neko che si avvicinava alla sorella, sorridendo felice a Kojiro.
-Complimenti!-
Maki le lanciò uno sguardo assassino, e la ragazza si ritrasse un attimo, Yuko che per un attimo si fece seria, per poi sorridere.
-Neko, non fare il gattino timido. Mostra agl’altri la tua abilità nelle carte-
la ragazza fissò stupita la sorella, annuendo, prendendo il mazzo che Taro le porgeva.

Dire che era brava la sminuiva.
I suoi giochi con le carte erano incredibili, e Taro si divertiva a descrivere sottovoce le varie facce a Yuko, che tratteneva a stento le risate.
Anche Kojiro era rimasto impressionato dalle abilità di Neko, che di colpo smise di mischiare il mazzo, formando una specie di quadrato con otto carte per ogni fila.
-Ed ora, il mio numero migliore!-
la ragazza si concentrò, e cominciò a passare la mano sopra le carte, mentre tutti stavano a guardare, Sanae e Yayoi erano uscite dalla cucina a vedere.
Neko si fermò su una carta.
-Asso di cuori-
la scoprì e…asso di cuori!!
Mentre tutti rimanevano impressionati, Neko passò ancora la mano tra le carte, e si fermò ancora.
-Regina di fiori-
la scoprì e….regina di fiori!
Continuò quel giochetto fino all’ultima carta, per poi ricevere gli applausi di tutti.
-Come hai fatto?-
-Me l’ha insegnato mio padre. Quando mi annoiavo, mi allenavo a fare questo giochino-
-Infatti, ricordo che ogni volta che giocavamo, mi batteva sempre-
Taro sorrise a Neko, mentre gli altri si chiedevano ancora qual’era il trucco.
Kojiro afferrò il mazzo di carte, e lanciò un’occhiata di sfida a Neko, che lo guardava stupita e leggermente arrossita.
-Vogliamo vedere chi è il più forte, gattino?-
la ragazza sorrise sfacciata.
-Ti farò vedere io, “tigre”-
-Bene ragazzi! Si accettano scommesse!-
e mentre i ragazzi scommettevano(senza soldi! N.d.M.) tra Kojiro e Neko, la ragazza mischiò il mazzo, per una rapida veloce partita a poker.
Yuko le si mise accanto, sedendosi sul bracciolo dove stava Genzo, che guardava incuriosito, sul suo volto c’era dipinto un bel sorriso divertito.
Tutti restarono in silenzio ad aspettare, quando Kojiro mostrò a tutti la scala reale di fiori.
Neko si limitò a battere un dito sul tavolo, e Yuko sorrise.
-Bravissima Neko-
gli altri non capirono il linguaggio in codice delle due sorella, almeno fino a quando Neko, lentamente, mostrò la sua scala reale di picche, mormorando.
-Come quando fuori piove…-
Kojiro restò di pietra, e tutti festeggiarono Neko, che strinse la mano a Yuko, per poi alzarsi con lei, e stringere la mano a Kojiro, che rideva divertito.
-Beh, mi hai dito una bella bastonata!-
-Non dirlo, è stata fortuna!-
i due si guardarono, e Maki infastidita spinse via il ragazzo, che sorrise a Neko, mentre questa arrossiva, raggiungendo poi la sorella.
Mangiarono e chiacchierarono allegramente, fuori nevicava ancora, e Yuko si fermò di fronte alla finestra del salotto, poggiando una mano sul vetro freddo, chiudendo gli occhi e cercando di ascoltare il silenzio della neve.
Sorrise, voltandosi.
-Cosa c’è, Genzo?-
il portiere la guardò stupito, per poi sbuffare, mentre lei sorrideva, divertita.
Nel frattempo, Sanae stava lavando i piatti, Neko si era allontanata un attimo, e stava sistemando le ultime cose da sola, prima di dare i suoi regali ai ragazzi.
Stava ripensando alle parole di Yuko, che l’avevano colpita molto.
Si…doveva dire a Tsubasa la verità…al più presto…
Sentì dei passi, e sorrise, svegliandosi dai suoi pensieri.
-Neko, sei tornata finalmente! Dammi una mano ad asciugare questi piatti!-
-Va bene!-
la ragazza sentì il cuore fermarsi, mentre si voltò a guardare Tsubasa che, sorridente, cominciava ad asciugare i piatti.
I due restarono in silenzio, poi Tsubasa ruppe il ghiaccio, non gli piaceva l’atmosfera piena di ansia che c’era.
-La cena era ottima, i miei complimenti-
-Beh…grazie…senti, Tsubasa…-
Sanae si mise un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, e i ragazzo si soffermò ad ammirare il volto leggermente arrossato della ragazza, i corti capelli castani incorniciavano il viso abbronzato, gli occhi nocciola brillavano di nervosismo, fissando quasi ipnotizzati le mani al lavoro, che pulivano i piatti, passandoli poi timidamente al ragazzo li vicino, che si affrettava ad asciugarli.
-Tsubasa…hai gia…deciso quando partirai per tornare in Brasile?-
dirlo le faceva male come fa male un pugno allo stomaco, e ogni volta le si formava un piccolo nodo alla gola, che aumentava ogni volta che s’immergevano in questa discussione.
Il ragazzo sbuffò, asciugando un piatto, mettendolo in cima al mucchio.
-No, ancora no. Ma dovrò cominciare a pensarci gia da adesso-
-Ma, in fondo, mancano almeno tre mesi prima che finisca questa serie di partite-
il nodo s’ingrossa, la voce cominciava a farsi mancare. Ma lei sarebbe fino in fondo a questa discussione.
-Hai ragione, ma sai come vola il tempo, tra partite e gli allenamenti-
Sanae annuì con il capo, mentre le mani rallentavano, restando immerse nell’acqua calda, rammollendole.
Tsubasa la guardò con la coda dell’occhio, e si sentì stringere il cuore nel vederla così triste.

-Sanae…ti piacerebbe…venire in Brasile con me?-
la ragazza si voltò a guardarlo, stupita, sorpresa, sbalordita.
-C-Come?-
-Vedi…in quest’ultimo periodo…mi sono accorto che…accidenti, è difficile dirlo così…-
Tsubasa appoggiò distrattamente lo straccio sulla cima del castello di piatti, ficcandosi una mano nella tasca dei jeans scoloriti, tirando fuori un pacchettino verde con un bel fiocco un po’ sformato, consegnandolo alla ragazza.
La ragazza lo guardò turbata, aprendo il pacchetto, restando impressionata.
Un anello d’argento, molto semplice, su cui inciso c’era il suo nome.
-Ma…Tsubasa…-
-Sanae…-
il ragazzo si avvicinò alla ragazza, sussurrandole qualcosa nell’orecchio, e la ragazza cambiò improvvisamente colore, diventando rossa, quasi viola, mentre sorrideva, e si sentiva il fiato mancarle, mentre abbracciava i ragazzo, annuendo con il capo, sussurrandogli qualcosa anche lei all’orecchio del ragazzo, che sorrise felice.
-Bene, avete visto abbastanza!-
Neko e Misaki si voltarono verso Yuko e Genzo, ridacchiando tra loro, per poi essere trascinati via dalla coppietta, la porta socchiusa venne chiusa del tutto.
Neko riuscì a scampare a Yuko, ma andò a sbattere contro il corpo di qualcuno, cadendo all’indietro.
-Scusami, gattino, ma non ti avevo vista-
Neko alzò lo sguardo, incrociando quello nero di Kojiro, che sorridente le allungò una mano.
La ragazza, timida, afferrai quella grande mano, in confronto la sua era una mano di bimba, e la presa salda e delicata delle dita del ragazzo diede in quella mano un calore fortissimo, come di un fuoco acceso.
La ragazza si alzò in piedi velocemente , ritrovandosi così a pochi centimetri dal volto di Kojiro, che le sorrise in quel suo modo leggermente presuntuoso, mentre Neko arrossiva, allontanandosi poi dallo sguardo di fuoco di Maki, che la stava tenendo d’occhio.
Quest’ultima si avvicinò alla ragazza.
-Ascoltami, piccola gatta morta. Azzardati ancora ad avvicinarti a Kojiro, e ti dimostrerò quanto può essere forte una giocatrice di softball si un gattino spelacchiato. Chiaro?-
Neko annuì, mentre sentiva il polso farle male, sotto lo stringere di quelle dita grandi e lunghe, e terribilmente potenti.
Maki si allontanò, avvicinandosi a Kojiro, lanciando un’ultima occhiataccia di fuoco a Neko, che tremava spaventata, stringendosi il polso ancora dolente.
-E tu vuoi farti mettere i piedi in testa da quella?-
Yuko sbucò da un angolo, avvicinandosi a Neko, che tremava ancora, scuotendo il capo con forza, i quegl’occhi verdi brillò la fiamma della rabbia.
-Io non mi faccio mettere i piedi in testa da una stupida giocatrice di softball!-
Yuko annuì, per poi raggiungere con la sorella gli altri, che in quel momento si scambiavano i regali di Natale, sotto il grande albero colorato e pieno di luci.

(Che finale schifoso :P
Di sicuro lo cambierò, vedrò cosa posso fare.
Nel frattempo, vi prego, COMMENTATE!)

  
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