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Autore: Kiki Daikiri    30/12/2009    2 recensioni
"Noi della crew non eravamo amici: eravamo fratelli.
Per i fratelli si darebbe qualsiasi cosa, anche il proprio sangue, la propria libertà. Anche se io un fratello di sangue lo avevo già.
Avrei dovuto capirlo prima. Avrei dovuto capire prima tante cose."
Genere: Malinconico, Azione, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Epilogo
La fine del topo
 
Per quanto io possa attraversare questo corridoio correndo, nulla mi riporterà alla nauseante velocità del mio passato.
Un uomo ben vestito apre la porta in mia vece, cedendomi gentilmente il passo, ma mi fermo.
Il mio volto viene schiaffeggiato dalla pioggia tiepida della primavera avanzata. Berlino sta piangendo, le sue lacrime si riversano con violenza e rabbia su di me, sul pavimento dello studio, sulle riviste ammonticchiate sopra ad un basso tavolino. Sono i liquidi applausi della mia famiglia, che non mi ha mai abbandonato e, finché esisteranno i giorni di pioggia ed i vicoli, i parchi e i muri pieni graffiti delle stazioni, non mi abbandonerà mai.
L’uomo sgrana gli occhi, sorpreso, e decide di chiudere l’uscio, pensa che io voglia attendere la fine dell’uragano cittadino, ma io sono stanco di aspettare.
Con garbo, senza fretta, blocco la sua mano e mi congedo, uscendo nella pioggia.
Con entrambe le mani sollevo il cappuccio della vecchia felpa marrone.
Era ancora nella mia valigia, dopo tanto tempo.
L’ultima volta che l’avevo indossata si era sporcata di vomito e, anche se non puzzava più, ancora si poteva intravvedere l’alone bianco della macchia.
Camminando il più possibile accostato al muro, sperando di ripararmi almeno in parte, mi dileguo per le strade della capitale, perseguendo uno scopo che solo io conosco.
Dopo circa un’ora, con i vestiti zuppi, vengo raggiunto da un lampo verde ed appariscente, ma il rumore è discreto.
Georg la guida senza spingere, perché quella macchina è la mia vita lanciata ciecamente nell’oscurità.
Salgo senza una parola, perché le parole sarebbero totalmente superflue. Dentro di me penso che io sia stato benedetto da questa presenza al mio fianco, e non mi servono rassicurazioni, perché sono assolutamente certo che per lui io rappresenti la stessa cosa. Siamo il rifugio l’uno dell’altro, per questo il vento non ci spaventa. Guardo il cielo grigio attraverso il parabrezza, ed ancora una volta mi appare ostile e freddo, ma, come sempre, non me ne lascio intimidire.
Se tendo le orecchie, posso sentire il vasto fruscio oceanico delle grandi fronde e mi sembra che il mondo venga pervaso da un senso di tregua.
Un’illusione.
Uno di quei momenti in cui ci si sente felici e si guarda alle cose con positività. La realtà è che nessuna vita può essere tutta felice, nessuna essere umano può camminare solo sotto ad un cielo assolato, né indossare sempre abiti colorati.
Ci si può trovare nella condizione di vendere ogni cosa, tutto ciò che è superfluo, per pagare l’affitto di un vecchio appartamento, come quello di Hölle, per esempio. Vendere ogni cosa, tranne la VeilSide.
Perché questa macchina è la nostra vita lanciata ciecamente nell’oscurità.
Ne accarezzo il cruscotto. Nell’effimera durata dei nostri anni.
 
Dopo tanti anni mi ritrovo sempre qui, percorrendo le stesse strade di un tempo.
Anche oggi che il mio nome è solo un pallido ricordo, anche se il grido terribile della mia fama non è ora altro che un eco lontanissimo, un sussurro impercettibile, anche oggi io cammino tra questi muri con la testa alta.
Ma senza più boria.
Senza alcuna malizia nei gesti.
Se mi capita di incrociare un ragazzo bello e dall’animo duro a cavallo di una moto, io sorrido di nascosto, non abbasso lo sguardo. Questa città è ancora una città di topi.
E mio fratello ne è il re.












Grazie mille a chiunque abbia seguito o leggerà questa FF.

^^
   
 
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