Duuuuuunque... Sparo? Sparo... Speravo che lo scorso capitolo vi colpisse di più. Vabbuò.
In molte avete inneggiato all'idiozia di Bella che va a Volterra.
Potevo fare altrimenti? No, sennò la storia non evolveva.
Potevo farlo diversamente? Sì, ma ho scelto questa strada, perché l'ho ritenuta la più congruente alla Bella Swan dei libri della Meyer, quindi la più IC. Ricondiamoci che Bella, oltre a mettersi con un vampiro, che già devonta una buona dose di incoscienza, scappa e va da sola a Phoenix per salvare la madre che crede in pericolo. E lì James la frega.
Non tutto cambia in dieci anni... la propensione di Bella Swan per cacciarsi nei guai, illuminata dal nobile scopo di salvare una persona cara in pericolo è rimasta.
Bon, spero che questa spiegazione soddisfi tutti!!!
In molte mi avete chiesto di Jacob, dell'imprinting, di Lorena, di quel che è accaduto.
La mia idea era di farci un extra, per questo ho lasciato nebuloso il tutto. Per chi volesse sapere subito qualcosa in più (un mero riassunto degli eventi), me lo domandi e posterò sul blog la spiegazione. Scegliete: extra o spiegazione?
MAAAAAA, andiamo a cose più futili e più importanti! muahahaha
Chi si è accorto delle fotuzze messe sul blog con le Ehm ehm (mi schiarisco la voce) IMMAGINI PROMOZIONALI DEGLI INTERPRETI DI PROIBITO?
In due? Tre??? Ma nuuu!!!! :-P Eccole qua. Ditemi la vostra, please!
Vi ricordo come sempre l'indirizzo del mio BLOG aggiornerò a breve con altre facciuzze per voi (mi mancano sempre Carl, Edward, Rosalie, Felix, ecc ecc) e ogni tanto vi lacserò qualche info o regalino!
BUON ONOMASTICO A TUTTE LE BEFANUZZE ZITELLE!!! :-P!!!
PROIBITO
110 - Vultures - Rapaci - Aro, Caius, Marcus, Edward &...
***
Aro
***
-Qua! Immediatamente
qua!-, la strattonai
afferrandola per i
capelli, quella puttana
infame che mi ero portato in casa, quella vipera traditrice... –Sta’
giù!-
Gli
occhi
carichi d’odio e terrore di Sulpicia mi fissavano scarlatti dal basso,
il suo
petto si alzava e si abbassava simulando un affanno che non poteva
provare, ma
io sapevo perché lo stava facendo.
Mi
voleva
provocare, ancora una volta, come ogni volta.
-Ho
sbagliato,
hai ragione: sarei dovuta venire subito, quando mi hai chiamata-,
miagolò ai
miei piedi, puntellandosi con i palmi sul cotto del pavimento,
sorridendo
provocatrice e obliqua verso di me. I riccioli mogano le ricadevano sul
collo e
sul seno che spuntava dalla maglia scollata, le gambe lunghe e lisce
stavano
schiacciate a terra, sinuose e velenose.
-Non
ci
provare nemmeno per un secondo...-, la ammonii, piegando la testa di
lato e
afferrandola per una spalla, per farla sollevare.
-Non
ci
provare a fare cosa?-, fu più rapida di me e, con una delle sue mosse
che ogni
volta mi lasciavano a bocca aperta, mi spinse sulla sedia alle mie
spalle e con
un balzo mi fu a cavalcioni.
-A
fare
questo...-, sussurrai mentre lei percorreva con la pelle liscia del
volto il
mio profilo, fino al collo e ancora più giù, mentre teneva stretti tra
le mani
i miei capelli, attirandomi a sé. Sì, forse ricordavo perché quel
lontano
giorno di marzo avevo pasteggiato con il suo sangue e il residuo di
cervello
che ancora le rimaneva... perché Sulpicia era... Cazzo!
-Vattene!-,
urlai
alzandomi di scatto, facendole compiere un balzo all’indietro,
allontanando
quella mano rapace dal cavallo dei miei pantaloni. Con le mani tra i
capelli
presi a girare per la stanza, incredulo su come quella puttana
riuscisse ogni
volta a far cadere le mie ferme motivazioni. Ma quella volta non ce
l’avrebbe
fatta... quella volta... avrebbe pagato caro quello che aveva fatto!
-Dov’è?-,
domandai erompendo nel silenzio della stanza, senza guardarla: solo la
sua
immagine riflessa in un grande specchio antico mi mostrava la sua
espressione
divertita.
-Dov’è
cosa?-,
si sedette sulla scrivania, lasciando le gambe penzolare,
leggermente
divaricate. Distolsi lo sguardo da quel che stava offrendo come ulivo
della
pace.
-Dove
la
tieni?-, insistetti, senza cedere alle sue melliflue lunsinghe: le
avevo
insegnato proprio bene, ogni dettaglio...
-Ma
tieni chi? Non capisco, Harry...-,
scivolò giù dalla scrivania,
scoprendosi ancora di più le gambe e si avvicinò alla mia schiena,
abbracciandomi da dietro. Non avrei ceduto. Non quella volta.
Non
adesso che avevo scoperto che aveva trovato e fatta rapire Isabella
Swan.
Sulpicia
aveva letto il mio diario, aveva capito tutto, sapeva tutto...
dunque...
Approfittai del contatto per illuderla e prendere le sue mani tra le
mie: avrei
potuto leggere la sua mente e capire.
Se
solo avesse evitato di strusciarsi come una gatta su di me, sarei
riuscito ad
essere più concentrato...
-Basta!-,
la spintonai con un gomito e, voltandomi, la vidi accucciarsi a terra
in
posizione di difesa. La sua mente inesistente non mi aveva detto nulla.
Sulpicia era solo istinto e azione e, per questo, era diabolicamente
pericolosa...
-Cosa
c’è che non va? Sono venuta a chiederti scusa! Scusa per la festa,
scusa per
l’abito, scusa se non sono venuta quando mi hai chiamata! Che altro
vuoi? Sono
qua per fare l’amore con te, per farti dimenticare queste sciocchezze
di cui mi
accusi: che altro vuoi?-, la sua isteria nascondeva a colpevolezza, la
sua
proposta andava accolta e rilanciata. Mi avvicinai a lei con le braccia
alzate
in segno di resa, spogliandola con gli occhi e mangiandola.
-Te
lo chiederò una volta ancora e, dopo, se farai la brava gattina,
accetterò
volentieri le tue scuse... Dove hai nascosto Isabella Swan?-, ero ad un
passo
da lei, allungai la mano verso il suo collo, sfiorandolo e
percorrendone la
curva fino alla scollatura e poi più giù, tracciando il contorno del
suo seno,
senza mai staccare lo sguardo dal suo. Sulpicia scattò ed io la
afferrai
tenendola stretta a me, come se avessi intenzione di rapirla.
-Dov’è
Isabella Swan?-, annusai il suo collo, tenendole ferma la testa,
sentendo come
fremeva per liberarsi dalla mia morsa.
-Non
so chi sia-, sibilò tra i denti. Il suo profumo arrivava ad ondate:
aveva
smesso di cospargersi di quella mistura puzzolente e, ornata solo dal
suo odore
naturale, poteva essere quasi pericolosa, contro le mie difese.
-Credevo
lo avessi abbondatemente letto, sul diario che hai preso senza
permesso-,
risposi piano, al suo orecchio, passando la lingua sul lobo e
sentendola
rabbrividire.
Non
era il solo profumo, il suo: in quella stanza ce n’era un altro ben più
odoroso
e provocante, proveniente dalla fialetta che avevo a lungo soppesato,
solo una
manciata di ore prima. L’avevo messa vicina ad una fonte di calore, a
scongelare.
E,
si sa, le migliori massaie e i nutrizionisti di tutto il mondo sanno
che, una
volta scongelato, il cibo va assolutamenete
consumato al più presto,
perché altrimenti perderebbe le proprietà organolettiche e si
potrebbero
formare al suo interno batteri e funghi mooolto pericolosi!
Chi
ero, io, per oppormi alle casalinghe di tutto il
mondo?
-Sulpicia:
parla o ti ammazzo!-, dichiarai con fermezza, cercando di manteenre un
tono
giulivo e di sorriderle. Il sorriso le morì sul volto denotando che le
minacce
erano davvero un ottimo escamotage con chi aveva poco cervello.
-Io
non... nonsodicosastaiparlando!-, gli occhi sgranati, i muscoli del
volto
tesi... –E dai, Cicia, lo vedo lontano un miglio
che sai bene di che
parlo! Tu hai i tuoi amanti e io le mie, va bene! C’era un patto,
ricordi?
Ringraziami, piuttosto, che questa non me la sono neanche mai fatta-,
la
lasciai andare e mi sedetti in poltrona, accavallando le gambe.
Sulpicia mi
guardava come una bestia in trappola.
-Avevamo
detto uno alla settimana, non di più, ricordi, zuccherino?-, volevo
fare il
gatto e giocare con quella topastra...
Lei
annuì, sforzando un sorriso. L’avrei messa a suo agio e poi l’avrei
colpita,
come un uccello rapace fa con il topo avvisato dall’alto.
-Che
poi, io mi domando, perché hai deciso di sceglierti solo quelli della
servitù?
Quella volta che ti avevo lasciata da sola con Marcus... volevo che tu
lo
svegliassi un po’, ma tu: niente! Ti ho lasciata libera di farti
scopare da chi
volevi, di comprarti tutte le cazzate che volevi, di sputtanare come e
quanto
volevi, e allora perché diavolo ti è saltato in testa di venire qua e
di aprire
quel cassetto e di ficcare il naso in cose che non ti devono
riguardare???-,
beh, sì... obiettivamente, via via che parlavo, il
mio tono era piuttosto cresciuto, così come
era andato peggiorando il mio atteggiamento nei confronti di
Sulpicia... ma lei
mi aveva disubbidito... che avrei dovuto fare? Perdonarla? Ancora una
volta?
Casualmente l’avevo spinta
fin sul tavolo, era caduto qualcosa qua e là, ok, ma chi se ne fregava!
Avrei
potuto ricomprare tutto, no?
Dovevo
decidere cosa avrei fatto di quella vampira cattiva... Perché se non
parlava
immediatamente...
-Mi
fai schifo!-, urlò quando infilai una mano sotto al pezzetto di stoffa
che
chiamava gonna. La guardai interrogativo: -Non era quello che volevi?
Non eri
venuta per quello?-, lasciai che si alzasse e si addossasse alla parete
opposta, cercando invano con lo sguardo una via di fuga.
-Ora,
vediamo se capisci questo semplice concetto: Ferdinando.
Proprio lui.
Ferdinando mi ha riferito di aver scortato, giusto
questa mattina, una
donna all’incirca sulla trentina qua in città, dietro tuo ordine. Da
quel che
ho capito, avevi ordinato anche che venisse pattugliata ogni singola
strada di
accesso a Volterra, sia via terra, che via aerea. Mi domando... come
hai
convinto tutti quei poveri disgraziati, costringendoli a rimanere in
mezzo alla
gente per tutto questo tempo? Oh... beh... credo di sapere la
risposta!-,
sorrisi, giulivo per la mia simpatica battuta e proseguii.
-Ti
do la possibilità di sistemare tutto: tu mi dici la verità ed io non ti
faccio
nulla: ti lascio i tuoi soldi, i tuoi amanti, i tuoi vestiti, la tua
collezione
di frustini e anche quelladi tacchi a spillo, il tuo potere, la
tua festa.
Tu mi dici dove hai nascosto Bella Swan e chiudiamo la storia con una
bella
bevuta assieme! Eh, come due vecchi soci in affari!ma se tu non me lo
dici, io
ti faccio portare i pezzi di Ferdinando guarniti con rosmarino e noci,
mi
avvicino a te, affondo i miei denti nella tua carne e completo la
portata
principale per il gran galà in tuo onore-, le
sorrisi, aspettando un
segnale da parte sua, che non arrivò.
Ci
voleva poco per farmi incupire, molto, molto poco...
-Allora!
Rispondi!-, urlai dritto sul suo viso, schizzandola con gocce di
veleno,
affondando le unghie nelle sue braccia fino a lacerarne la pelle
eburnea.
Sulpicia
deglutì, mi guardò negli occhi e rispose.
-Lei
è... nei... sotterranei... del Teatro Romano-, strinse i denti,
trattenendo il
respiro.
Brutta
maledettissima puttana disgraziata vipera traditrice demonia che non
era altra!
Propio lì la doveva mettere la Swan? Nell’unico posto di Volterra dove io
non potevo entrare senza farmi venire la nausea a il disgusto? Sempre
per quei
fottutissimi Romani del cazzo???? Tipico di Sulpicia...
Deglutii,
sforzandomi di sorriderle, carezzai col dorso della mano il suo volto e
afferrai entrambe le sue mani, per vedere se mentiva o meno.
Dall’iperuranio
della sua mente inesistente provenivano solo immagini di sesso.
Tipico
di Sulpicia anche quello...
Era
il suo
modo di provocarmi, di dirmi che me la dava vinta, ma che voleva la sua
rivincita, a letto.
Ma
Bella Swan
era lì, così vicina a me, finalmente... dopo tutti quegli anni avrei
potuto
annusare ancora dal vivo la sua pelle, toccare la morbidezza delle sue
curve,
baciare quella bocca rossa e paradisiaca, perdermi sui suoi seni, farla
finalmente mia...
-Grazie,
Cicia-, dissi a quella che a breve sarebbe stata la
mia defunta moglie,
mi chinai a baciare le sue labbra roventi pe rl’ultima volta, feci due
passi
verso il mio amato e utilissimo mobile bar e versai due calici di B
negativo
(il suo preferito). Ovviamente, prima di sofisticare il suo con la
fiala di
sangue di Bella Swan, in attesa da anni nel mio piccolo congelatore,
inspirai a
pieni polmoni quel profumo paradisiaco che a breve sarebbe stato mio
per
l’eternità.
-Brindiamo
a Volterra-, dissi porgendo a Sulpicia il suo bicchiere, leggendo nei
suoi
occhi un vago stordimento, -Brindiamo alla Signora di Volterra,
che
anche stavolta ha fatto la cosa giusta-, feci tintinnare il cristallo
dei due
calici e attesi che lo bevesse tutto.
-Sublime-,
dichiarò soddisfatta, prendendo aria dopo la bevuta.
-Se
lo dici tu...-, ammiccai verso di lei, continuando a fissarla con un
mezzo
sorriso: comunque fosse andato quell’esperimento, sarebbe stato un
successone.
-Perché
mi guardi?-, chiese esasperata la vampira ed io, facendo spallucce,
scossi la
testa.
Venti
secondi e mezzo. Li contai uno ad uno.
Ci
vollero poco più di venti secondi prima che un’espressione di puro
terrore si
dipingesse sul volto di Sulpicia, deformandolo. Si portò le mani alla
gola,
provò ad urlare senza successo, le sue gambe cedettero, la tosse le
squassò il
petto. La guardai un attimo ancora, distesa sul pavimento del mio
studio.
-Sulpicia,
ora devo andare a brindare alla nuova Signora di
Volterra-, le dissi e
mi allontanai. Poi mi voltai ancora.
-Ah,
e...
quando sarà il momento... fai piano, che ho un po’ di emicrania-, dissi
lezioso
e la lasciai lì a godersi gli ultimi istanti di vita umana, prima che
qualcuno
la trovasse e la ammazzasse.
***
Marcus
***
Quando
Aro mi convocò avevo da poco lasciato la cella di Esmeralda. Era scesa
la notte
e, anche se noi vampiri non dormiamo, non volevo continuare ad invadere
la sua
intimità. Si era sistemata la stanzetta come Alice mi aveva predetto
avrebbe
fatto e non toglieva mai quel golf color panna che, tra tutti, era
l’unico che
avevo scelto per lei. Era a dir poco adorabile...
Mi
sorrideva tranquilla, certa che l’equilibrio che aveva raggiunto in
quei
pochissimi giorni nascosta a Volterra fosse quanto di meglio potesse
desiderare. Sapeva che i suoi figli l’avrebbero raggiunta presto,
sapeva che
Alice ed Edward avrebbero risolto ogni problema e sapeva anche, in cuor
suo,
che la piccola veggente si sbagliava nel predire la morte di Carlisle
Cullen.
Era
evidente che ne era ancora profondamente innamorata e, tra tutti,
quelli di lui
erano i ricordi che maggiormente la turbavano, nel bene e nel male. Ne
parlava
molto poco e, quando lo faceva, aveva sempre un pensiero per lui e per
‘la
donna che era riuscita a renderlo felice’. Io tacevo e mi sentivo un
verme a
farlo.
Quella
notte mi aveva raccontato che in verità lei e Carlisle non erano
veramente
sposati e che lui... che lui non l’aveva mai amata davvero come sua
compagna.
-Come
ha potuto non amarti?-, mi ero lasciato sfuggire e sono certo che, se
avessimo
potuto, entrambi saremmo arrossiti, in quell’attimo di enorme
imbrarazzo.
Ebbene
sì, potevo tranquillamente ammetterlo, almeno a me stesso: Esmeralda
Ann Platt
aveva davvero fatto breccia nel mio cuore calloso e... beh, ne ero
inesorabilmente cotto.
Tutto
di lei mi attirava: la sua bellezza delicata come un petalo di un fiore
di
maggio, gli occhi tristi, eppure sprizzanti energia, le mani sottili e
magiche,
i capelli color del miele di castagno, la voce melodiosa e dai toni
morbidi e
sensuali, il suo corpo, che sapevo protetto dal maglione che io
le avevo
fatto in dono, la sua tristezza e la sua ironia, i suoi racconti e le
favole a
cui non credeva più, la quercia che guardava nel quadro e il modo con
cui
pronunciava il mio nome.
Marcus... con la sua voce
soave.
Marcus... andando a
scalfire la mia scorza e a lenire le mie ferite.
Marcus... che avrei
voluto ripetesse all’infinito, solo per me, solo con me...
-Marcus!
Insomma, ti sto parlando!-, mi riscossi come precipitato giù da un
mondo fatto
di nuvole e zucchero, dandomi dell’idiota davanti ad Aro, che mi
fissava
arcigno, dal suo trono di oro e osso.
-Sì,
scusa... è che...-, gesticolai, non sapendo che dire.
-Non
mi interessa che hai: stammi a sentire-, intimò piuttosto agitato, nel
momento
in cui Caius fece il suo ingresso nella sala.
-C’è
una persona che devi recuperare per me: non lo domando alla Guardia,
perché
sono traditori. Non lo domando a Cullen perché.. beh, immaginatelo, non
lo
domando neanche a Jane, perché quella piccola sgualdrina si sta
avvicinando
troppo ai Rossi. Lo domando a te. Sei uno di loro, lo so bene, sei più
rosso tu
che Stalin, ma in questo momento sei l’unico che mi può garantire
l’incolumità
di questa persona-, parò di sottecchi, cercando di non farsi sentire da
Caius,
impegnato in un ultimo bacio sulla soglia della sala con la moglie
canterina.
-Va
bene. Quando la finirai con questa storia che io sono un traditore, che
te la
porti avanti da trent’anni, avvertimi, però, ok? Se fossi davvero un
traditore,
che ci faresti ancora vivo?-, lo stuzzicai, battendogli una pacca sulla
spalla.
-Quanta
vitalità, Marcus! Ti sei bevuto il sangue di Superman?-, domandò di
risposta,
alzando le spracciglia e inclinando i lati della bocca verso il basso.
-No,
mi sono solo rotto di questa vecchia storia. E’ noiosa...-,
e mi
richiusi nella mia mono-espressione, che lo scombussolamento causato da
Esmeralda
stava facendo incrinare e che era la mia copertura con Aro e Caius
-Dunque...
lei è... nell’area del Teatro Romano... capito?-, mi domandò fingendo
di
sistemarsi a sedere, mentre Caius ci raggiungeva.
-Tutto
qui?-, gli domandai una volta che anche il terzo volturo si era
accomodato sul
suo scranno.
-Tutto
qui cosa?-, domandò questi, incuriosito.
Aro
lo fissò stralunato, per un istante che parve infinito. Se avesse
potuto mi
avrebbe passato al girarrosto.
-Tutto
qui quello che Aro ha chiesto a Marcus, mio signore!-, esclamò Edward,
entrando
nella sala.
Chi
l’aveva chiamato???
-E
cosa ha
chiesto Aro a Marcus, caro Edward?-, domandò Caius, attendendo che il
nuovo
acquisto prendesse posto su uno sgabello: il suo trono non era stato
ancora
ultimato.
-Oh...
beh... stavolta ho solo usato una buona dose di udito... non ho
sbirciato nelle
loro menti, Caius! Avresti potuto ascoltare anche tu, ma... ti ho visto
molto
impegnato con la tua signora... Non vai a caccia con lei?-,
gli sorrise
in maniera obiqua, lasciandolo interdetto.
-Allora
hai un buon udito, ragazzo-, concluse Caius, mettendosi comodo sul
trono.
Aro
era rimasto in silenzio, studiando me, Edward, Caius, con attenzione.
-Aro:
è giunta l’ora che abbia anche io il mio trono, non credi?-, disse
Edward, rompendo
ancora una volta il silenzio. Questo fece irritare Aro, lo conoscevo
bene... lo
sapevo bene... e invece...
-Puoi
prendere
quello di Sulpicia, intanto. Mia moglie... è venuta a mancare proprio
questa
notte...-, ci comunicò e, cambiando discorso, ci illustrò come
intendeva
arginare il caos che si sarebbe creato per la festa.
A
nessuno di noi tre interessava di Sulpicia. A nessuno interessava di
lei.
-La
neve non aiuta: tutti vorranno imbucarsi nel palazzo-, osservò Caius.
-Il
palazzo è off limits per tutti gli umani, poi mi lanciò un’occhiata
eloquente e
allora compresi che la persona che dovevo prelevare per lui era umana-
Parlammo
del più e del meno finché una telefonata non distolse Aro dai nostri
discorsi.
Lanciai un’occhiata ad Edward, affinché cercasse di capire chi fosse
che osava
disturbare quella riunione (fondamentalmente inutile).
-Perfetto,
grazie. Portatelo subito qua-, disse il nostro Signore, chiudendo la
conversazione e tornò da noi con un sorriso a trentadue denti.
Le
chiacchiere mi annoiarono ancora per qualche minuto, quando, ancora,
fummo
disturbati da un servitore che osò bussare e candidarsi a nuovo
antistress per
Aro.
-Perdonatemi,
Signori... Signor Caius, la Signora Athenodora vi... vi cerca, con
urgenza...-,
disse preoccupato e si eclissò, seguito da Caius, visibilmente
preoccupato.
Qualcosa
sfrigolava e bolliva a Volterra, qualcosa che stava diventando
palpabile, come
se fosse stato acceso il generatore e una debole corrente avesse
iniziato a
percorrere ogni umano, ogni vampiro, ogni cosa. Stavano per arrivare i
Romeni,
i Rossi stavano per mostrarsi a viso scoperto.
Il
regime dei Volturi stava per vacillare e tutto, persino i fiocchi di
neve che
volavano impazziti nell’aria freddissima e secca, sembravano aver
percepito la
fibrillazione che percorreva ogni singolo essere vivente e non in
quella
stupida giornata di un Martedì Grasso bagnato di sangue.
***
Caius
***
-Athena...
Athena che hai?-, mi chinai su mia moglie, accucciata in un angolo del
corridoio, poco distante dalla zona del palazzo dove avevano inizio gli
appartamenti di Aro. La scrollai appena per le spalle, ma i suoi occhi
vitrei
non davano segno di vita. Tremava come una foglia e bisbigliava
qualcosa di
incomprensibile.
-Athena!
Calma! Sta calma!-, l’aiutai ad alzarsi e lei si aggrappò a me. Amavo
quella
donna, in ogni suo movimento, in ogni suono che la sua voce sapeva
produrre, in
ogni filo dei suoi capelli d’ebano.
Singhiozzava...
non l’avevo mai vista in quello stato di puro terrore. Più volte avevo
pensato
all’attimo in cui qualcuno l’aveva morsa, in un passato antico e lei,
da
fragile fanciulla umana, si era trovata ad affrontare il vampiro che
l’avrebbe
resa immortale. Più volte avevo fantasicato di poter essere stato io ad
affondare i canini nella pelle morbida, come aveva fatto Aro con sua
moglie.
Ma
se quello era il terrore che avrei dovuto sopportare dipinto sul suo
volto,
allora ne avrei fatto facilmente a meno!
-Calmati!-,
le urlai, schiaffeggiandola: non potevo vedere tutta quella agitazione,
tutto
quel caos, le sue piccole mani vagare frenetiche sul mio mantello, le
labbra
tremare, gli occhi guizzare come pesci in alto e in basso.
-Calmati...-,
mi chinai su di lei, che si era acquietata un poco e, baciando la sua
bocca,
assaporai il rivolo di sangue che scorreva da un suo angolo. Uhm...
saporito!
-Che
è
successo, Athena?-, tutti la chiamavano Dora: per me era la mia Athena,
la mia
dea, la mia musa...
Non
rispose e i suoi occhioni spauriti guardarono in direzione della porta
di
accesso ai locali di Aro: era socchiusa e, seguito da lei, vi entrai
cautamente.
La
sua mano stretta alla mia mi tratteneva, come se avesse paura di andare
oltre,
di scoprire qualcosa di orrendo.
-Io...
non lo sapevo-, pigolò prima di strattonarmi, perché non andassi oltre:
mi
voltai verso di lei.
-Non
lo sapevo... non potevo sapere che era... che era lei... Io...Avevo
sete,
Caius! Pensavo fosse il suo pasto!-, di nuovo la voce si ruppe per il
pianto
che non sarebbe mai caduto dai suoi occhi, di nuovo si strinse a me.
-Di
chi stai parlando?-, le domandai, facendole coraggio ad andare oltre e
vedere
cosa la terrorizzasse.
-Io
l’ho... L’ho uccisa!-, urlò e si rannicchiò di nuovo ai miei piedi,
lasciandomi
libero di procedere oltre.
Dietro
l’angolo del salotto di Aro, distesa a terra in un lago di sangue
profumato ed
invitante, giaceva una donna senza più vita. Aveva i capelli ricci
castani
scuri, forse venati di rosso, il corpo formoso, evidenziato dalla
minigonna e
dalla maglia scollata. Sul collo spezzato vidi subito i segni dei denti
di mia
moglie. Mi chinai sul cadavere e l’osservai da vicino.
Perché
Athenodora se la stava prendendo così tanto per aver ucciso un’umana?
Un
fruscio dietro a me mi annunciò che era entrata nella stanza. Si chinò
al mio
fianco e, tremando, allungò una mano verso la donna stesa a terra,
sollevandole
il braccio sinistro.
Mi
mostrò la mano inanellata e allora compresi.
-Ha
l’anello di Volterra, ha i bracciali Barbari. Ha il tatuaggio di Aro:
era
Sulpicia ed io... l’ho uccisa...-, la strinsi forte a me e, insieme,
uscimmo da
quella stanza insanguinata.
Dovevo
avvertire il vedovo di quello che era accaduto, oppure fuggire con
Athenodora,
per metterla in salvo.
Come
avrebbe reagito Aro alla sconvolgente notizia? Forse lo sapeva già...
ma
allora, perché non aveva provveduto a salvarla? Eravamo davvero solo
pedine
nelle sue mani e lui, avido giocatore, era disposto a sacrificarci
tutti per la
sua sete di potere?
***
Edward
***
Il
trono di Sulpicia, eh? Presto prenderò il tuo, di troni, Aro e gli darò
fuoco!
Hai
detto che lei ‘è venuta a mancare’... cioè? E’ scappata? S’è ravveduta?
Oppure
hai ucciso anche lei, come tua sorella?
Vorrei...
tanto... che tutta la tua follia, che il tuo sadico modo di fare ti si
ritorcesse contro, perché meriti
solo di
soffrire.
I
colpi ripetuti alla porta della sala mi sviarono dai miei pensieri di
puro odio
nei confronti di colui che mi sedeva davanti. Quando la porta si aprì
ed entrò
un servitore visibilmente agitato, mi venne spontaneo domandarmi dove
fossero
finiti quelli della Guardia. Il mio dubbio fu estinto quando Caius,
stranamente, corse via, cercando sua moglie.
-Bando
alle ciance, Edward-, mi chiamò proprio il Signore in persona,
chinandosi un
po’ verso di me, affilando lo sguardo come per penetrare la mia mente,
-Ora che
quella piaga di Caius ha gentilmente lasciato vuoto il suo trono, è
giunto il
tuo momento: siedi pure lì-, disse, indicandomi l’enorme sedia di legno
istoriato.
Alzai
un sopracciglio, perplesso e meravigliato: stavano succedendo mille
piccole
cose che, messe assieme, avrebbero preoccupato chiunque fosse al
governo di una
polveriera come stava diventando Volterra e lui, ancora, badava a certe
piccolezze. Non mi misi a discutere con lui e obbidii, sotto lo sguardo
stranito di Marcus. Nella sua testa si agitavano pensieri contrastanti,
l’interrogativo su cosa dovesse fare al Teatro Romano, la curiosità per
Caius e
Athenodora, il tarlo causato dal mio atteggiamento, il tutto condito da
pensieri più dolci, che si ostinava a tenere per sé.
Era
evidente che stavamo per iniziare una partita a poker dove solo il più
intelligente ne sarebbe uscito vivo. Di vincere, ormai, mi interessava
poco, ma
volevo a tutti i costi aiutare le persone che si erano mostrate gentili
nei
miei confronti, che mi avevano aiutato e che si stavano fidando di me,
a
partire da Marcus.
-Quando
arriveranno? Cosa dice Alice?-, domandò diretto Aro, senza troppi giri
di
parole. Tutti e tre in quella stanza sapevamo a chi si stesse
riferendo, tutti
e tre avevamo percepito il pericolo, anche se con diverse aspettative.
-Alice
non sa niente. Se loro non prendono decisioni, lei non potrà vedere
quello che
avverrà-, risposi senza scompormi, scendendo nell’ovvio che da dieci
anni
cercavamo di far capire a quel despota senza pudore.
-Un
uccellino mi ha detto che a guidarli ci sarà Jasper Cullen...-,
insinuò,
fissandosi un’unghia e ripulendosi dallo sporco che si era accumulato
sotto ad
essa. Marcus si mosse sulla sua seduta in evidente stato di agitazione:
forse
neanche lui sapeva quanto Aro sapesse.
-L’ha
detto anche a me-, affermai, senza mutare la mia espressione.
-E...
questo sarà un bene, o un male per noi?-, mi fissò dritto negli occhi,
ammettendo soltanto una risposta sincera.
Forse
sbagliai, ma decisi che avremmo giocato a carte scoperte.
-Credo
che per te sarà un male comunque-, risposi ammiccando e, di nuovo,
scorsi
Marcus spostarsi sulla sedia, come se fosse seduto su un letto di
spilli.
-Ma
voi cercherete tutti di guadagnarci qualcosa, non è così? Tu, Marcus,
per
esempio... cosa pensi che otterrai? La tua vendetta, forse?-, mi resi
conto
troppo tardi che quella doveva essere forse la prima volta in cui Aro
ammetteva
il suo crimine davanti agli occhi di colui che era stato suo cognato.
Da quello
che avevo imparato a conoscere di Marcus, toccare le corde della sua
defunta
Didyme era pericoso e stolto. Avrebbe potuto scattare come un leone
infuriato e
scatenare anzitempo il finimondo.
Invece
lui si mosse ancora, trovò una posizione comoda, poggiò un gomito sul
bracciolo
del trono e, su di esso, adagiò l’altro.
-Credi
davvero che io sia così codardo da aspettare duecento anni che qualcuno
venga a
vendicarsi al posto mio, Aro? Credi davvero che, se avessi voluto, non
saresti
già morto e bruciato sul suolo di Volterra?-, si concedette una breve
risata,
alla quale si unì anche il suo interlocutore.
Parlavano
di ammazzarsi a vicenda e ridevano...
-Già...-,
rispose Aro e cambiò tattica, sbalordendoci, con i suoi modi di miele
al
cianuro: -Ad ogni modo, miei cari, vorrei proporvi un patto: Demetri,
Felix,
Heidi, Chelsea, Jane e persino Renata... so che
sono tutti dalla vostra
parte, tutti Rossi, tutti congiurati contro di me.
Ma la mia non è, né è
mai voluta essere una dittatura... Vi propongo di tornare tutti sotto
lo stesso
stendardo e di combattere insieme i Romeni. Arriveranno domani notte,
secondo
le mie fonti e saranno molto agguerriti. Combattiamo tutti insieme
contro di
loro! E se tu lo vorrai, Edward, ti aiuteremo a liberare Jasper, Emmett
e la bionda dal loro controllo. E
dopo
tutto tornerà come prima: vi offro la vita di Caius, in cambio della
mia. E’
lui il cattivo, qua dentro... è lui che progetta
tutti i soprusi, lo
sapete bene. Io sono solo un misero esecutore delle sue meschine
volontà. Dal
canto mio... voglio solo vivere una vita allegra e felice... Sono un
edonista!-,
sghignazzò ancora, allungando i piedi e mettendosi comodo.
Fosse
stato per me, avrei chiuso immediatamente il discorso, azzannandolo
alla gola e
mostrandogli come avrei accettato il suo patto, ma qualcuno fu più
rapido dei
miei pensieri sanguinari e interruppe ancora la nostra seduta, con il
trillo di
una suoneria sgraziata e inadatta ad Aro. Lui ci guardò e, senza
battere
ciglio, estrasse dal taschino interno della giacca un minuscolo
telefono
cellulare.
-Pronto-,
rispose al suo interlocutore, -Sì, portamelo immediatamente!-, ordinò e
si
concesse un grande sorriso che mi fece rabbrividire.
-Abbiamo
ospiti...-, dichiarò e, un istante dopo, qualcuno bussò alla porta ed
un uomo
incappucciato fu fatto entrare nella sala e inginocchiare ai nostri
piedi.
Aro
si alzò, avanzo verso di lui e riprese a parlare.
-Signori,
è con mio grande piacere che ho l’onore di presentarvi Bernard
Grandier, la mia
spia presso Parigi-, dichiarò e, con un gesto
fluido ed elegante, tolse
il cappuccio al povero cristo il cui battito cardiaco riecheggiava nel
salone
silenzioso.
In
un attimo fui travolto dai suoi pensieri, tutti fatti di terrore, di
errori, di
voglia di vendetta, di paura. C’era Gianna, la nostra Gianna, quella
Gianna
che... non c’era più… Lo guardai attonito, immaginando il dolore cui
sarebbe
andato incontro, quando avesse saputo cosa le era capitato.
-Dov’è
lei? Lasciami andare da lei!-, urlò rivolto ad Aro ed il suo cuore
accelerò ancora.
-Il
signor Grandier è giunto or ora da Parigi su un volo di prima classe
atterrato
a Pisa: l’ho fatto portare qua su una delle nostre vetture più comode e
gli ho
offerto cioccolata e champagne: Bernard, suvvia, saluta in modo educato
i tuoi
padroni-, sorrise mellifluo chinandosi su di lui che emise un suono
gutturale,
lontano parente del ringhiare tipico dei vampiri.
Una
molla scattò nella mia testa rallentata ed inutile... Leonardo...
Lui
era il vampiro che aveva morso Bella.
Lui
aveva
vissuto nell’ombra della mia amata per tutti quegli anni.
Lui
conosceva Carlisle, sicuramente e sapeva come stesse Bella e come mai
era
sparita dalle visioni di Alice.
Lui
aveva assaggiato il sangue più dolce
del pianeta…
Dovevo
assolutamente farlo parlare prima che prendessi fuoco per l’angoscia o
per la
cupidigia di un desiderio che non avrei mai estinto, ma che dormiva
sotto la
cenere dei miei rimpianti da sempre.
Mi
alzai di scatto, tornando a sondare la sua mente, accorrendo vicino a
lui e
tirandolo per un braccio, perché si alzasse.
-Parla!-,
gli urlai, strattonandolo, -Dimmi dov’è Bella! Come sta? Se è...
Parla!-,
riflesso negli occhi terrorizzati dell’uomo vidi Marcus che si
avvicinava a me
e mi bloccava, impedendomi di fargli del male: Aro si godeva la scena
dal suo
trono, cercando di captare particolari utili.
-Io
non... non le ho fatto niente... fatemi vedere Gianna e io vi parlerò
di lei!-,
rispose affannato e spaventato Bernard, trattenuto da Marcus, voleva
graffiare,
ma non aveva più artigli. Nei suoi pensieri, immagini frammentarie
della donna
che Bella era diventata si sovrapponevano a quelle dell’ospedale dove
entrambi
lavoravano, di Gianna, di Volterra, di un passato vissuto prendendo
vite e
affondando con i denti in colli morbidi e succulenti.
Aro
iniziò a battere le mani, con flemma, lentamente: -Ma che bella
scenetta
tragica!-, arricciò le labbra come una vecchia zitella: -E dillo ai
tuoi nuovi padroni
che ne hai fatto di Bella Swan, Leonardo!-, incalzò
e, aprendo gli occhi
come un rapace prima nell’attimo in cui ghermisce la preda, fu su di
lui e lo
prese per la gola, colpendo Marcus e facendolo cadere lontano.
Era
la prima volta che vedevo Aro agire, la prima volta che potevo
osservare la sua
forza e la sua malvagità, riflesse negli occhi gonfi di lacrime del
povero
umano, che non riuscì a trattenere più i suoi pensieri e prese a
singhiozzare,
mugulando il nome della sua amata che non avrebbe mai più potuto
riabbracciare.
Fu
allora che vidi chiaramente la mia Bella in mezzo al dolore dei suoi
ricordi,
in un pub scuro da cui filtrava la luce del mattivo, con un boccale di
birra in
mano e il volto addolorato, agitata e gesticolante verso di lui, con
una luce
calda e luminosa nello sguardo. Bernard mi permise di leggere alcuni
frammenti
dei suoi ricordi, ma nello stesso istante il contatto fisico con Aro li
rese
accessibili anche al Volturo.
“...
Perché tutti vi ostinate a impedirmi di
ricongiungermi al mio passato? Io lo so chi c’è a Volterra: ci sono i
Volturi.
Uuuuh! Che paura!!! Basta! Mi sono stancata di sentirmi dire che ‘è
troppo
pericoloso, Bella, restane fuori’! Qua c’è di mezzo la vita dell’uomo
che amo!”
“Io ci sono già stata a Volterra, Bernard, e ne
sono
uscita viva! Perché ti ostini a tenermi alla larga da quel posto?”
“Cosa
vuole da me Aro, adesso?”, “Aro vuole te...” “Aro... ti vuole...
carnalmente,
Bella. Vuole che tu divenga la sua compagna... ma sei solo un’umana...”
“Vuoi
tuffarti nella tana del lupo da sola? Vuoi immolarti e vanificare tutti
i miei
sacrifici? Eh, no, cara la mia dottoressa! Il tuo uomo mi ha ordinato
di
trattenerti a Parigi e tu rimarrai a Parigi! Fosse anche l’ultima cosa
da umano
che faccio!”
C’erano
tante informazioni, troppe, nascoste in quei frammenti di ricordi, ma
la mia
mente, in quell’attimo convulso e accelerato ne percepì solo tre: Bella
che
dichiarava apertamente la sua relazione d’amore con Carlisle, Bella che
voleva
venire a Volterra, Aro che non aspettava altro, per
farla sua.
Un
morboso riflusso di gelosia e passione mal repressa tornò a galla nella
mia
coscienza, facendomi desiderare di riprendermi quello che era mio e che
avevo
affidato nelle mani di un banchiere disonesto. L’accoratezza delle
parole di
Bella, con cui descriveva ‘il suo uomo’, riecheggiò a lungo nel mio
petto
sgonfio e inaridito... non c’era più spazio per me, non sarebbe mai più
stata
mia, mai più e adesso... il Pericolo tornava a fare ombra sulla sua
vita:
laddove la mia rassegnazione aveva annullato ogni speranza, un nuovo
fato
attendeva quella donna. Aro ghignava silenziosamente, pregustando
l’incontro
con la mia Bella, profetizzato dalle parole rubate a Bernard.
“Aro...
ti vuole... carnalmente, Bella”
-Dunque,
lei è qua davvero...-, sibilò tra i denti il Volturo, dando libero
sfogo alla
lussuria a lungo nascosta.
Non
sapevo nulla.
Non
avevo capito nulla...
Lui
mi guardò
sorridendo folle ed entusiasta, lasciando cadere a terra Bernard e
ridendo di
gusto, lasciando che i suoi latrati riempissero l’aria satura di bugie
di
quella sala.
-Mi
hai ingannato...-, mi resi
conto che
avevo iniziato a parlare solo quando la mia voce fu troppo forte e le
mie mani
furono su di lui, -Mi hai ingannato! Bastardo! Non pensarci nemmeno!-
Di
nuovo, Marcus mi cinse le spalle, per staccarmi dal suo signore e
nemico.
-Si
può sapere che diavolo sta succedendo?-, domandò accigliato, facendo
saettare
lo sguardo dal mio volto deformato dall’ira a quello di Aro, la cui
risata
diabolica ancora riecheggiava tra le mura disadorne della stanza.
-Il
nostro amico ha scoperto una mia piccola debolezza!-, rispose, senza
smettere
di sghignazzare e tornò a sedersi sul suo trono. Marcus continuava a
trattenermi dall’annientare con una mossa avventata anni di
preparazione alla
battaglia, anni di sacrifici e speranze. Dall’espressione sul suo viso,
compresi che non aveva captato niente di quello che era stato
manifestato. Non
avevo tempo per spiegargli, dovevo tornare padrone della situazione,
capire
cosa stava accadendo, fermare Aro. Strattonai le sue braccia, ma la
presa non
si allentò.
“Non
fare
sciocchezze, Edward! Non è questo il momento per una vendetta
personale...
Dobbiamo aspettare, manca poco ormai!”
Così
come i pensieri di Marcus mi trattenevano dall’agire, quelli di Aro mi
torturavano: una ad una le immagini create dalla sua mente traboccavano
finalmente libere nella mia. Si immaginava al posto di Carlisle assieme
a
Bella, sognava di toccare la sua pelle calda, di baciarle il collo
morbido e le
labbra carnose, di carezzare le sue curve nude. Pensava alla donna, ma
anche
alla ragazza che era stata il mio primo amore e quello che immaginava
era
così...
-Basta!-,
urlai con tutto il fiato che avevo in gola e con la coda dell’occhio
vidi
l’umano raggomitolarsi di più sul pavimento.
-Così
spaventi il nostro amico, Edward! Un po’ di educazione!-, Aro si
allungò verso
Bernard e lo fissò torvo.
-Avevamo
detto sabato. Oggi è domenica e tu sei solo, all’atto pratico. E avevo
anche
detto che volevo pure lui.-,
l’umano
deglutì, -Quale parte di ‘Porta Bella
Swan e Carlisle Cullen entro sabato a Volterra’, non ti era
chiara,
Leonardo?-, tuonò infine il vampiro, sollevando Leonardo per il collo
della sua
maglia. L’odore del terrore si diffondeva lentamente nell’aria e questo
acuiva
soltanto la brama di potere del Signore di Volterra.
Nella
testa dell’umano tornarono a rincorrersi le immagini del pub, di un
boccale di
birra, di Bella che lo faceva sedere sul divano, delle parole che si
erano
detti; poi le visioni cambiarono, lo vidi parlare con un Carlisle
disperato,
che lo implorava di tenerla lontana dai guai, che diceva ‘Devo partire,
devo
aiutarli’. Infine
apparve una mappa e
qualcosa scattò nella sua testa.
Dalla
sua posizione disperata, l’uomo allungò una mano verso Aro, guardandolo
negli
occhi che bruciavano di lussuria e odio ed egli la prese.
-E
così l’hai ingannata! Le hai fatto credere che la mappa l’avesse messa
lui! Ottima
idea, Leonardo! E l’hai lasciata andare via fingendoti addormentato...
Così ti
sei parato dalle ritorsioni di Cullen... e allo stesso tempo sai che
lui verrà
a riprendersela… Geniale, davvero! Tornare umano ha giovato al tuo
intelletto,
sai?-, Aro strinse la presa sulla mano dell’umano, mettendolo giù: i
loro volti
si specchiavano l’uno nell’altro, compiaciuti per il bluff reciproco.
Ma io avevo
capito che, tra i due, il più furbo non era il più potente… Ghignai e
feci
cenno a Marcus di lasciarmi libero, che non avrei fatto sciocchezze,
senza
ottenere che li mollasse. Scosse la testa, chiedendomi mentalmente
scusa. Non
di si fidava di me… ma non avrei fatto nulla che lo compromettesse,
come poteva
ancora pensarlo!?
Ma
ero davvero così forte? Ero davvero
più furbo di Aro?
-E
adesso vorresti vedere Gianna, come ricompensa, eh?-, ridacchiò il
Signore e
Leonardo abbassò lo sguardo per un attimo.
Aro
si voltò verso Marcus e me, come a chiedere il nostro permesso, poi
fece cenno
con la testa verso una porta alla fine della sala.
-Là-,
disse semlicemente e lasciò la mano di Bernard/Leonardo, il cui sguardo
si
illuminò, iniziando ad avvicinarsi nel luogo dove avrebbe trovato la
donna che
amava. Ma non sapeva che Gianna... lei non...
Quando
sparì dietro la porta, ancora, la risata diabolica di Aro esplose nella
sala;
poi si rivolse a me.
-Bene,
bene, bene... Che ne dici, Edward, pensi che sia giusto che Carlisle
Cullen
resti impunito per aver fatto a Isabella quello che tu ed io sognamo
solamente
da dieci anni? Lui l’ha avuta, l’ha toccata, l’ha baciata, l’ha fatta
sua… è
una cosa… intollerabile!-, mi sorrise e mi tese la mano, per stringere
un
accordo.
In
quel momento compresi che dentro di me non c’era il ghiaccio che mi ero
illuso
di avere, per resistere alla tentazione di vendicarmi su mio padre, ma
bruciava
il fuoco della gelosia e dell’ira. Mi fu chiaro che a nulla era valso
restare
dieci anni lontano dalla tentazione, quando una semplice parola, una
sola
immagine rievocata dal perfido Aro erano sufficienti per macchiare
ancora la
mia anima.
‘Quando
Bella sarà mia, le farò
dimenticare quell’insulso Cullen, la farò diventare la Regina di
Volterra,
facendola sentire come nessuno ha mai fatto fino ad ora; la trascinerò
nella
lussuria e non potrà volere altro che me, le mie carezze, i miei baci,
i
brividi che saprò offrirle’
In
quel momento vidi tutto rosso, rendendomi conto che Aro aveva sempre
saputo
tutto e da sempre aveva come scopo quello di prendersi la
mia Bella. Con uno strattone più forte mi liberai dalla presa
di
Marcus e, cercando di non pensare più alle immagini che continuavano a
scorrere
nella sua testa, mi scagliai contro il volturo e lo colpii con violenza
al
volto.
-Bastardo!
Mi hai ingannato! Tu non l’avrai mai!-
La
sua risata fu l’ultima cosa che ricordai d’aver sentito. Dopo fui
avvolto dalle
tenebre e nella mia mente tornò a richeggiare come in un dolce incubo
senza
fine, le parole che Bella aveva detto a Bernard poco prima che lui
crollasse
nell’oblio:
-Per
me
l’unica vita che vale la pena di essere vissuta è quella che mi sta
sfuggendo
di mano-
Perché
l’unica vita che lei sognava era accanto a lui.
Avevo perso, contro tutto e contro tutti, ma avevo il dovere
di rimanere a
galla.
Per
proteggerla fino alla fine…
***
Bernard
***
Brucerò
all’inferno, brucerò all’inferno e ci vorrà anche poco tempo per
arrivarci!
Se
non mi
ci spedirà questo bastardo, lo farà il biondo...
Percorsi
quasi
di corsa i pochi metri che mi separavano dalla porta che collegava il
salone
del Consiglio al vestibolo dove venivano fatti attendere i condannati.
Conoscevo bene il palazzo e sapevo che, oltre quella piccola stanza,
c’era un
grande vano affrescato chiamato Sala della Giunta. C’era Gianna, là
dentro?
Oh,
tesoro
mio... se ti ha torto anche solo un capello... io...
Entrai
nel vestibolo e chiusi la porta alle mie spalle, come se potesse
difendermi da
Aro e dalla vendetta di Edward Cullen: quel bastardo del Capo aveva
spifferato
il mio piano ai quattro venti, ormai il rosso aveva capito quello che
avevo
fatto intendere ad Aro…
-Maledizione!-,
imprecai lasciandomi cadere su una panca addossata alla parete: con che
faccia
mi sarei fatto vedere dalla mia Gianna? Lei era rimasta
sola in mezzo ai mostri,
per tutti questi anni... mentre io... le avevo promesso che sarei
rimasto
fedele alla mia dignità, che non avrei fatto del male agli altri, non
più, e
invece...
Dai,
Bernard… in fondo non è andata proprio come l’hai raccontata… tu hai
fatto il
minimo, hai mosso solo una pedina sulla scacchiera, non è del tutto
colpa tua…
Non
è del tutto colpa tua…
Era stato
tutto così semplice: il biondo voleva che Bella non andasse a Volterra,
Aro
invece la voleva lì e minacciava Gianna, il biondo se n’era andato e
Bella
aveva visto la veggente a Parigi... così Bella aveva fatto tutto da
sola: si
era costruita una trama così elaborata e credibile che... che io stesso ci avevo voluto credere e
l’avevo aiutata a trovare
le prove che cercava.
Sì,
certo che per te Carlisle era andato a Volterra, Bella, anche se io ti
dicevo
il contrario! Perché
lui usava quella penna, e tu lo sapevi, ed io gliel’avevo rubata
proprio per
segnare quella mappa... era ovvio che tu facessi
due più due... sei una
donna sveglia, dopotutto!
Ma
io sono
stato più sveglio di te!
Così
ti ho
fatta partire per Volterra e, senza tradire Carl, ho accontentato Aro!
Era un
piano geniale!
Ma
dove ti sei cacciata adesso Bella? Io…
cazzo… sei sola e incinta e io… ti ho consegnata in mano ad un mostro!
Non
ne potevo più… volevo tornare a casa, stare tranquillo, stare con la
mia
piccola… dimenticare tutto… dimenticare le mie colpe…
-Gianna!-,
mi trovai accovacciato a terra, con la testa tra le mani, come un
pazzo, roso
dal senso di colpa, con gli occhi bagnati di lacrime. Volevo
la mia Gianna, che mi
sostenesse lei, che faceva sempre la cosa giusta.
Sempre.
Un
rumore
dalla stanza della Giunta mi fece sollevare il capo e solo allora mi
accorsi di
avere gli occhi umidi di pianto. Avevo fatto una
piccolissima parte, era
vero, ma era stata determinante per assecondare il volere di Aro…
adesso avrei
riavuto la mia donna, ma…
Io
l’ho tradita! Ho tradito una povera
donna sola e innamorata!
Il
rimorso stringe e acceca. Il
rimorso graffia e lacera.
Il
rimorso
becca come un picchio sulla coscienza, finché non fa breccia e rompe
gli argini
del pianto.
E
allora
preferiresti morire, perché sai che non puoi tornare indietro...
Un
altro piccolo rumore.
-Gianna?-,
domandai tirando su col naso, avicinandomi cauto alla porta, scacciando
i miei
spettri e cercando di resteare lucido.
-Gianna?-,
la
aprii lentamente e il buio dell’altra sala mi avvolse.
-Leonardo?-
Oh,
Signore!
La sua voce era ancora più bella di come la ricordassi! Gianna! La mia Gianna
era viva, dunque! Dopo quella telefonata e il suo urlo, io ero stato in
pena
per... per due, tre giorni senza sapere cosa le fosse accaduto ed ora...
-Gianna!-,
avanzai a tentoni verso la fonte della voce, finché non mi abituai
all’oscurità
e intravidi la sua figura in un angolo, -Amore...-, le sorrisi e andai
da lei,
sollevato, sapendo che il crimine che avevo commesso non avrebbe
scalfito il
nostro amore.
-Leonardo...
ti aspettavo-, allungò una mano che mi parve di latte nel buio; la sua
voce,
ancora, carezzò le mie orecchie come una piuma voluttuosa. Gianna fece
un passo
verso di me e allora la vidi alla debole luminescenza di una feritoia
colpita
dalla luna.
Era
bella, più
bella di come la ricordassi. I suoi capelli oscillavano ondulati
coprendo il
suo volto.
Era
più slanciata,
più sensuale, più pallida.
Mi
sorrise,
sbattendo le ciglia lunghe e nere, con una mano scostò i capelli dal
viso e mi
guardò: i suoi occhi erano rossi vermigli e mi volevano.
Tra
tutte le punizioni che avrebbe potuto infliggermi, quel bastardo di Aro
aveva
scelto la più perfida. Per un istante mi sentii come il cavaliere di Lady
Hawke, solo che non c’erano lupi o falchi, ma solo un umano
e una vampira
neonata.
Ironico
contrappasso per i miei peccati...
Deglutii
ed inspirai il suo profumo di rose, allungai una mano verso Gianna e
lasciai
che facesse di me quello che voleva.
In
fondo io ero suo, lo ero sempre stato. Lo sarei stato in eterno.
***
Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.
***
Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.
La
storia
narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a
Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è
consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su
questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate
che non è consentito
né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica
integrale o di parti di essi, specialmente senza
permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e
verrà fatta rimuovere.
© 'Proibito' Tutti i diritti riservati.
Grazie a tutte coloro che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo!
Non riesco a commentare tutte le vostre recensioni ora, ma ringrazio di cuore tutte voi!
Un ringraziamento speciale alla New Entry FallingDoll
un po' di carbone a chi non ha detto la sua,
un po' di carbone dolce a chi ha dato dell'idiota totaleglobale a Bella,
un mon cherie a chi si è chiesto 'e che fa ora Carletto'?
un ferrero rocher a chi si è interessato di Jacob,
a tutte voi il saluto del povero Bernard, che si è lavato il cervello con una guinnes al valium, che va tanto di moda nei bistrot parigini! :-P
BUONA BEFANA BEFANE!
^___^