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Autore: Florence    06/01/2010    17 recensioni
"Io, Carlisle Cullen, non avevo mai capito cosa significasse davvero cogliere un frutto proibito. Non fino a quando l'avevo incontrata di nuovo, dieci anni dopo e la dolcezza di quella mela mi aveva rapito. Quello che mi accadrà, sarà solo colpa mia, colpa dell'uomo che è sopravvissuto dentro al vampiro e di lei che, inaspettatamente, ha scaldato il mio cuore spezzato. Edward... perdonami..." E se a Volterra i Volturi si fossero comportati diversamente? Cosa è accaduto in dieci anni a Isabella Swan? E quale ruolo ha Carlisle in tutto questo? (What if... che prende l'avvio dalla fine di "New Moon" di S. Meyer)
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Proibito' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Proibito-90
Eheh... non vi ho messo lo spoiler stavolta... :-P me ne sono dimenticata! Spero che la pubblicazione a sorpresa non vi irriti! :-P

Duuuuuunque... Sparo? Sparo... Speravo che lo scorso capitolo vi colpisse di più. Vabbuò.

In molte avete inneggiato all'idiozia di Bella che va a Volterra.
Potevo fare altrimenti? No, sennò la storia non evolveva.
Potevo farlo diversamente? Sì, ma ho scelto questa strada, perché l'ho ritenuta la più congruente alla Bella Swan dei libri della Meyer, quindi la più IC. Ricondiamoci che Bella, oltre a mettersi con un vampiro, che già devonta una buona dose di incoscienza, scappa e va da sola a Phoenix per salvare la madre che crede in pericolo. E lì James la frega.
Non tutto cambia in dieci anni... la propensione di Bella Swan per cacciarsi nei guai, illuminata dal nobile scopo di salvare una persona cara in pericolo è rimasta.

Bon, spero che questa spiegazione soddisfi tutti!!!

In molte mi avete chiesto di Jacob, dell'imprinting, di Lorena, di quel che è accaduto.
La mia idea era di farci un extra, per questo ho lasciato nebuloso il tutto. Per chi volesse sapere subito qualcosa in più (un mero riassunto degli eventi), me lo domandi e posterò sul blog la spiegazione. Scegliete: extra o spiegazione?

MAAAAAA, andiamo a cose più futili e più importanti! muahahaha

Chi si è accorto delle fotuzze messe sul blog con le Ehm ehm  (mi schiarisco la voce) IMMAGINI PROMOZIONALI DEGLI INTERPRETI DI PROIBITO?
In due? Tre??? Ma nuuu!!!! :-P Eccole qua. Ditemi la vostra, please!



Vi ricordo come sempre l'indirizzo del mio BLOG aggiornerò a breve con altre facciuzze per voi (mi mancano sempre Carl, Edward, Rosalie, Felix, ecc ecc) e ogni tanto vi lacserò qualche info o regalino!


BUON ONOMASTICO A TUTTE LE BEFANUZZE ZITELLE!!! :-P!!!





E adesso... buona lettura!

PROIBITO

110 - Vultures - Rapaci - Aro, Caius, Marcus, Edward &...


 

 

***

Aro

***

 

-Qua! Immediatamente qua!-, la strattonai afferrandola per i capelli, quella puttana infame che mi ero portato in casa, quella vipera traditrice... –Sta’ giù!-

Gli occhi carichi d’odio e terrore di Sulpicia mi fissavano scarlatti dal basso, il suo petto si alzava e si abbassava simulando un affanno che non poteva provare, ma io sapevo perché lo stava facendo.

Mi voleva provocare, ancora una volta, come ogni volta.

-Ho sbagliato, hai ragione: sarei dovuta venire subito, quando mi hai chiamata-, miagolò ai miei piedi, puntellandosi con i palmi sul cotto del pavimento, sorridendo provocatrice e obliqua verso di me. I riccioli mogano le ricadevano sul collo e sul seno che spuntava dalla maglia scollata, le gambe lunghe e lisce stavano schiacciate a terra, sinuose e velenose.

-Non ci provare nemmeno per un secondo...-, la ammonii, piegando la testa di lato e afferrandola per una spalla, per farla sollevare.

-Non ci provare a fare cosa?-, fu più rapida di me e, con una delle sue mosse che ogni volta mi lasciavano a bocca aperta, mi spinse sulla sedia alle mie spalle e con un balzo mi fu a cavalcioni.

-A fare questo...-, sussurrai mentre lei percorreva con la pelle liscia del volto il mio profilo, fino al collo e ancora più giù, mentre teneva stretti tra le mani i miei capelli, attirandomi a sé. Sì, forse ricordavo perché quel lontano giorno di marzo avevo pasteggiato con il suo sangue e il residuo di cervello che ancora le rimaneva... perché Sulpicia era... Cazzo!

-Vattene!-, urlai alzandomi di scatto, facendole compiere un balzo all’indietro, allontanando quella mano rapace dal cavallo dei miei pantaloni. Con le mani tra i capelli presi a girare per la stanza, incredulo su come quella puttana riuscisse ogni volta a far cadere le mie ferme motivazioni. Ma quella volta non ce l’avrebbe fatta... quella volta... avrebbe pagato caro quello che aveva fatto!

-Dov’è?-, domandai erompendo nel silenzio della stanza, senza guardarla: solo la sua immagine riflessa in un grande specchio antico mi mostrava la sua espressione divertita.

-Dov’è cosa?-, si sedette sulla scrivania, lasciando le gambe penzolare, leggermente divaricate. Distolsi lo sguardo da quel che stava offrendo come ulivo della pace.

-Dove la tieni?-, insistetti, senza cedere alle sue melliflue lunsinghe: le avevo insegnato proprio bene, ogni dettaglio...

-Ma tieni chi? Non capisco, Harry...-, scivolò giù dalla scrivania, scoprendosi ancora di più le gambe e si avvicinò alla mia schiena, abbracciandomi da dietro. Non avrei ceduto. Non quella volta.

 

Non adesso che avevo scoperto che aveva trovato e fatta rapire Isabella Swan.

 

Sulpicia aveva letto il mio diario, aveva capito tutto, sapeva tutto... dunque... Approfittai del contatto per illuderla e prendere le sue mani tra le mie: avrei potuto leggere la sua mente e capire.

Se solo avesse evitato di strusciarsi come una gatta su di me, sarei riuscito ad essere più concentrato...

 

-Basta!-, la spintonai con un gomito e, voltandomi, la vidi accucciarsi a terra in posizione di difesa. La sua mente inesistente non mi aveva detto nulla. Sulpicia era solo istinto e azione e, per questo, era diabolicamente pericolosa...

 

-Cosa c’è che non va? Sono venuta a chiederti scusa! Scusa per la festa, scusa per l’abito, scusa se non sono venuta quando mi hai chiamata! Che altro vuoi? Sono qua per fare l’amore con te, per farti dimenticare queste sciocchezze di cui mi accusi: che altro vuoi?-, la sua isteria nascondeva a colpevolezza, la sua proposta andava accolta e rilanciata. Mi avvicinai a lei con le braccia alzate in segno di resa, spogliandola con gli occhi e mangiandola.

-Te lo chiederò una volta ancora e, dopo, se farai la brava gattina, accetterò volentieri le tue scuse... Dove hai nascosto Isabella Swan?-, ero ad un passo da lei, allungai la mano verso il suo collo, sfiorandolo e percorrendone la curva fino alla scollatura e poi più giù, tracciando il contorno del suo seno, senza mai staccare lo sguardo dal suo. Sulpicia scattò ed io la afferrai tenendola stretta a me, come se avessi intenzione di rapirla.

-Dov’è Isabella Swan?-, annusai il suo collo, tenendole ferma la testa, sentendo come fremeva per liberarsi dalla mia morsa.

-Non so chi sia-, sibilò tra i denti. Il suo profumo arrivava ad ondate: aveva smesso di cospargersi di quella mistura puzzolente e, ornata solo dal suo odore naturale, poteva essere quasi pericolosa, contro le mie difese.

-Credevo lo avessi abbondatemente letto, sul diario che hai preso senza permesso-, risposi piano, al suo orecchio, passando la lingua sul lobo e sentendola rabbrividire.

Non era il solo profumo, il suo: in quella stanza ce n’era un altro ben più odoroso e provocante, proveniente dalla fialetta che avevo a lungo soppesato, solo una manciata di ore prima. L’avevo messa vicina ad una fonte di calore, a scongelare.

 

E, si sa, le migliori massaie e i nutrizionisti di tutto il mondo sanno che, una volta scongelato, il cibo va assolutamenete consumato al più presto, perché altrimenti perderebbe le proprietà organolettiche e si potrebbero formare al suo interno batteri e funghi mooolto pericolosi!

 

Chi ero, io, per oppormi alle casalinghe di tutto il mondo?

 

-Sulpicia: parla o ti ammazzo!-, dichiarai con fermezza, cercando di manteenre un tono giulivo e di sorriderle. Il sorriso le morì sul volto denotando che le minacce erano davvero un ottimo escamotage con chi aveva poco cervello.

-Io non... nonsodicosastaiparlando!-, gli occhi sgranati, i muscoli del volto tesi... –E dai, Cicia, lo vedo lontano un miglio che sai bene di che parlo! Tu hai i tuoi amanti e io le mie, va bene! C’era un patto, ricordi? Ringraziami, piuttosto, che questa non me la sono neanche mai fatta-, la lasciai andare e mi sedetti in poltrona, accavallando le gambe. Sulpicia mi guardava come una bestia in trappola.

-Avevamo detto uno alla settimana, non di più, ricordi, zuccherino?-, volevo fare il gatto e giocare con quella topastra...

Lei annuì, sforzando un sorriso. L’avrei messa a suo agio e poi l’avrei colpita, come un uccello rapace fa con il topo avvisato dall’alto.

-Che poi, io mi domando, perché hai deciso di sceglierti solo quelli della servitù? Quella volta che ti avevo lasciata da sola con Marcus... volevo che tu lo svegliassi un po’, ma tu: niente! Ti ho lasciata libera di farti scopare da chi volevi, di comprarti tutte le cazzate che volevi, di sputtanare come e quanto volevi, e allora perché diavolo ti è saltato in testa di venire qua e di aprire quel cassetto e di ficcare il naso in cose che non ti devono riguardare???-, beh, sì... obiettivamente, via via che parlavo, il  mio tono era piuttosto cresciuto, così come era andato peggiorando il mio atteggiamento nei confronti di Sulpicia... ma lei mi aveva disubbidito... che avrei dovuto fare? Perdonarla? Ancora una volta?

Casualmente l’avevo spinta fin sul tavolo, era caduto qualcosa qua e là, ok, ma chi se ne fregava! Avrei potuto ricomprare tutto, no?

Dovevo decidere cosa avrei fatto di quella vampira cattiva... Perché se non parlava immediatamente...

-Mi fai schifo!-, urlò quando infilai una mano sotto al pezzetto di stoffa che chiamava gonna. La guardai interrogativo: -Non era quello che volevi? Non eri venuta per quello?-, lasciai che si alzasse e si addossasse alla parete opposta, cercando invano con lo sguardo una via di fuga.

 

-Ora, vediamo se capisci questo semplice concetto: Ferdinando. Proprio lui. Ferdinando mi ha riferito di aver scortato, giusto questa mattina, una donna all’incirca sulla trentina qua in città, dietro tuo ordine. Da quel che ho capito, avevi ordinato anche che venisse pattugliata ogni singola strada di accesso a Volterra, sia via terra, che via aerea. Mi domando... come hai convinto tutti quei poveri disgraziati, costringendoli a rimanere in mezzo alla gente per tutto questo tempo? Oh... beh... credo di sapere la risposta!-, sorrisi, giulivo per la mia simpatica battuta e proseguii.

-Ti do la possibilità di sistemare tutto: tu mi dici la verità ed io non ti faccio nulla: ti lascio i tuoi soldi, i tuoi amanti, i tuoi vestiti, la tua collezione di frustini e anche quelladi tacchi a spillo, il tuo potere, la tua festa. Tu mi dici dove hai nascosto Bella Swan e chiudiamo la storia con una bella bevuta assieme! Eh, come due vecchi soci in affari!ma se tu non me lo dici, io ti faccio portare i pezzi di Ferdinando guarniti con rosmarino e noci, mi avvicino a te, affondo i miei denti nella tua carne e completo la portata principale per il gran galà in tuo onore-, le sorrisi, aspettando un segnale da parte sua, che non arrivò.

Ci voleva poco per farmi incupire, molto, molto poco...

-Allora! Rispondi!-, urlai dritto sul suo viso, schizzandola con gocce di veleno, affondando le unghie nelle sue braccia fino a lacerarne la pelle eburnea.

Sulpicia deglutì, mi guardò negli occhi e rispose.

 

-Lei è... nei... sotterranei... del Teatro Romano-, strinse i denti, trattenendo il respiro.

Brutta maledettissima puttana disgraziata vipera traditrice demonia che non era altra! Propio lì la doveva mettere la Swan? Nell’unico posto di Volterra dove io non potevo entrare senza farmi venire la nausea a il disgusto? Sempre per quei fottutissimi Romani del cazzo???? Tipico di Sulpicia...

Deglutii, sforzandomi di sorriderle, carezzai col dorso della mano il suo volto e afferrai entrambe le sue mani, per vedere se mentiva o meno.

Dall’iperuranio della sua mente inesistente provenivano solo immagini di sesso.

Tipico di Sulpicia anche quello...

Era il suo modo di provocarmi, di dirmi che me la dava vinta, ma che voleva la sua rivincita, a letto.

 

Ma Bella Swan era lì, così vicina a me, finalmente... dopo tutti quegli anni avrei potuto annusare ancora dal vivo la sua pelle, toccare la morbidezza delle sue curve, baciare quella bocca rossa e paradisiaca, perdermi sui suoi seni, farla finalmente mia...

 

-Grazie, Cicia-, dissi a quella che a breve sarebbe stata la mia defunta moglie, mi chinai a baciare le sue labbra roventi pe rl’ultima volta, feci due passi verso il mio amato e utilissimo mobile bar e versai due calici di B negativo (il suo preferito). Ovviamente, prima di sofisticare il suo con la fiala di sangue di Bella Swan, in attesa da anni nel mio piccolo congelatore, inspirai a pieni polmoni quel profumo paradisiaco che a breve sarebbe stato mio per l’eternità.

-Brindiamo a Volterra-, dissi porgendo a Sulpicia il suo bicchiere, leggendo nei suoi occhi un vago stordimento, -Brindiamo alla Signora di Volterra, che anche stavolta ha fatto la cosa giusta-, feci tintinnare il cristallo dei due calici e attesi che lo bevesse tutto.

 

-Sublime-, dichiarò soddisfatta, prendendo aria dopo la bevuta.

-Se lo dici tu...-, ammiccai verso di lei, continuando a fissarla con un mezzo sorriso: comunque fosse andato quell’esperimento, sarebbe stato un successone.

-Perché mi guardi?-, chiese esasperata la vampira ed io, facendo spallucce, scossi la testa.

 

Venti secondi e mezzo. Li contai uno ad uno.

Ci vollero poco più di venti secondi prima che un’espressione di puro terrore si dipingesse sul volto di Sulpicia, deformandolo. Si portò le mani alla gola, provò ad urlare senza successo, le sue gambe cedettero, la tosse le squassò il petto. La guardai un attimo ancora, distesa sul pavimento del mio studio.

-Sulpicia, ora devo andare a brindare alla nuova Signora di Volterra-, le dissi e mi allontanai. Poi mi voltai ancora.

-Ah, e... quando sarà il momento... fai piano, che ho un po’ di emicrania-, dissi lezioso e la lasciai lì a godersi gli ultimi istanti di vita umana, prima che qualcuno la trovasse e la ammazzasse.

 

 

***

Marcus

***

 

Quando Aro mi convocò avevo da poco lasciato la cella di Esmeralda. Era scesa la notte e, anche se noi vampiri non dormiamo, non volevo continuare ad invadere la sua intimità. Si era sistemata la stanzetta come Alice mi aveva predetto avrebbe fatto e non toglieva mai quel golf color panna che, tra tutti, era l’unico che avevo scelto per lei. Era a dir poco adorabile...

Mi sorrideva tranquilla, certa che l’equilibrio che aveva raggiunto in quei pochissimi giorni nascosta a Volterra fosse quanto di meglio potesse desiderare. Sapeva che i suoi figli l’avrebbero raggiunta presto, sapeva che Alice ed Edward avrebbero risolto ogni problema e sapeva anche, in cuor suo, che la piccola veggente si sbagliava nel predire la morte di Carlisle Cullen.

Era evidente che ne era ancora profondamente innamorata e, tra tutti, quelli di lui erano i ricordi che maggiormente la turbavano, nel bene e nel male. Ne parlava molto poco e, quando lo faceva, aveva sempre un pensiero per lui e per ‘la donna che era riuscita a renderlo felice’. Io tacevo e mi sentivo un verme a farlo.

Quella notte mi aveva raccontato che in verità lei e Carlisle non erano veramente sposati e che lui... che lui non l’aveva mai amata davvero come sua compagna.

-Come ha potuto non amarti?-, mi ero lasciato sfuggire e sono certo che, se avessimo potuto, entrambi saremmo arrossiti, in quell’attimo di enorme imbrarazzo.

Ebbene sì, potevo tranquillamente ammetterlo, almeno a me stesso: Esmeralda Ann Platt aveva davvero fatto breccia nel mio cuore calloso e... beh, ne ero inesorabilmente cotto.

Tutto di lei mi attirava: la sua bellezza delicata come un petalo di un fiore di maggio, gli occhi tristi, eppure sprizzanti energia, le mani sottili e magiche, i capelli color del miele di castagno, la voce melodiosa e dai toni morbidi e sensuali, il suo corpo, che sapevo protetto dal maglione che io le avevo fatto in dono, la sua tristezza e la sua ironia, i suoi racconti e le favole a cui non credeva più, la quercia che guardava nel quadro e il modo con cui pronunciava il mio nome.

Marcus... con la sua voce soave.

Marcus... andando a scalfire la mia scorza e a lenire le mie ferite.

Marcus... che avrei voluto ripetesse all’infinito, solo per me, solo con me...

 

-Marcus! Insomma, ti sto parlando!-, mi riscossi come precipitato giù da un mondo fatto di nuvole e zucchero, dandomi dell’idiota davanti ad Aro, che mi fissava arcigno, dal suo trono di oro e osso.

-Sì, scusa... è che...-, gesticolai, non sapendo che dire.

-Non mi interessa che hai: stammi a sentire-, intimò piuttosto agitato, nel momento in cui Caius fece il suo ingresso nella sala.

-C’è una persona che devi recuperare per me: non lo domando alla Guardia, perché sono traditori. Non lo domando a Cullen perché.. beh, immaginatelo, non lo domando neanche a Jane, perché quella piccola sgualdrina si sta avvicinando troppo ai Rossi. Lo domando a te. Sei uno di loro, lo so bene, sei più rosso tu che Stalin, ma in questo momento sei l’unico che mi può garantire l’incolumità di questa persona-, parò di sottecchi, cercando di non farsi sentire da Caius, impegnato in un ultimo bacio sulla soglia della sala con la moglie canterina.

-Va bene. Quando la finirai con questa storia che io sono un traditore, che te la porti avanti da trent’anni, avvertimi, però, ok? Se fossi davvero un traditore, che ci faresti ancora vivo?-, lo stuzzicai, battendogli una pacca sulla spalla.

-Quanta vitalità, Marcus! Ti sei bevuto il sangue di Superman?-, domandò di risposta, alzando le spracciglia e inclinando i lati della bocca verso il basso.

-No, mi sono solo rotto di questa vecchia storia. E’ noiosa...-, e mi richiusi nella mia mono-espressione, che lo scombussolamento causato da Esmeralda stava facendo incrinare e che era la mia copertura con Aro e Caius

-Dunque... lei è... nell’area del Teatro Romano... capito?-, mi domandò fingendo di sistemarsi a sedere, mentre Caius ci raggiungeva.

-Tutto qui?-, gli domandai una volta che anche il terzo volturo si era accomodato sul suo scranno.

-Tutto qui cosa?-, domandò questi, incuriosito.

Aro lo fissò stralunato, per un istante che parve infinito. Se avesse potuto mi avrebbe passato al girarrosto.

 

-Tutto qui quello che Aro ha chiesto a Marcus, mio signore!-, esclamò Edward, entrando nella sala.

Chi l’aveva chiamato???

-E cosa ha chiesto Aro a Marcus, caro Edward?-, domandò Caius, attendendo che il nuovo acquisto prendesse posto su uno sgabello: il suo trono non era stato ancora ultimato.

-Oh... beh... stavolta ho solo usato una buona dose di udito... non ho sbirciato nelle loro menti, Caius! Avresti potuto ascoltare anche tu, ma... ti ho visto molto impegnato con la tua signora... Non vai a caccia con lei?-, gli sorrise in maniera obiqua, lasciandolo interdetto.

-Allora hai un buon udito, ragazzo-, concluse Caius, mettendosi comodo sul trono.

 

Aro era rimasto in silenzio, studiando me, Edward, Caius, con attenzione.

-Aro: è giunta l’ora che abbia anche io il mio trono, non credi?-, disse Edward, rompendo ancora una volta il silenzio. Questo fece irritare Aro, lo conoscevo bene... lo sapevo bene... e invece...

-Puoi prendere quello di Sulpicia, intanto. Mia moglie... è venuta a mancare proprio questa notte...-, ci comunicò e, cambiando discorso, ci illustrò come intendeva arginare il caos che si sarebbe creato per la festa.

 

A nessuno di noi tre interessava di Sulpicia. A nessuno interessava di lei.

 

-La neve non aiuta: tutti vorranno imbucarsi nel palazzo-, osservò Caius.

-Il palazzo è off limits per tutti gli umani, poi mi lanciò un’occhiata eloquente e allora compresi che la persona che dovevo prelevare per lui era umana-

 

Parlammo del più e del meno finché una telefonata non distolse Aro dai nostri discorsi. Lanciai un’occhiata ad Edward, affinché cercasse di capire chi fosse che osava disturbare quella riunione (fondamentalmente inutile).

-Perfetto, grazie. Portatelo subito qua-, disse il nostro Signore, chiudendo la conversazione e tornò da noi con un sorriso a trentadue denti.

 

Le chiacchiere mi annoiarono ancora per qualche minuto, quando, ancora, fummo disturbati da un servitore che osò bussare e candidarsi a nuovo antistress per Aro.

-Perdonatemi, Signori... Signor Caius, la Signora Athenodora vi... vi cerca, con urgenza...-, disse preoccupato e si eclissò, seguito da Caius, visibilmente preoccupato.

 

 

Qualcosa sfrigolava e bolliva a Volterra, qualcosa che stava diventando palpabile, come se fosse stato acceso il generatore e una debole corrente avesse iniziato a percorrere ogni umano, ogni vampiro, ogni cosa. Stavano per arrivare i Romeni, i Rossi stavano per mostrarsi a viso scoperto.

Il regime dei Volturi stava per vacillare e tutto, persino i fiocchi di neve che volavano impazziti nell’aria freddissima e secca, sembravano aver percepito la fibrillazione che percorreva ogni singolo essere vivente e non in quella stupida giornata di un Martedì Grasso bagnato di sangue.

 

 

 

 

 

 

***

Caius

***

 

-Athena... Athena che hai?-, mi chinai su mia moglie, accucciata in un angolo del corridoio, poco distante dalla zona del palazzo dove avevano inizio gli appartamenti di Aro. La scrollai appena per le spalle, ma i suoi occhi vitrei non davano segno di vita. Tremava come una foglia e bisbigliava qualcosa di incomprensibile.

-Athena! Calma! Sta calma!-, l’aiutai ad alzarsi e lei si aggrappò a me. Amavo quella donna, in ogni suo movimento, in ogni suono che la sua voce sapeva produrre, in ogni filo dei suoi capelli d’ebano.

Singhiozzava... non l’avevo mai vista in quello stato di puro terrore. Più volte avevo pensato all’attimo in cui qualcuno l’aveva morsa, in un passato antico e lei, da fragile fanciulla umana, si era trovata ad affrontare il vampiro che l’avrebbe resa immortale. Più volte avevo fantasicato di poter essere stato io ad affondare i canini nella pelle morbida, come aveva fatto Aro con sua moglie.

Ma se quello era il terrore che avrei dovuto sopportare dipinto sul suo volto, allora ne avrei fatto facilmente a meno!

-Calmati!-, le urlai, schiaffeggiandola: non potevo vedere tutta quella agitazione, tutto quel caos, le sue piccole mani vagare frenetiche sul mio mantello, le labbra tremare, gli occhi guizzare come pesci in alto e in basso.

-Calmati...-, mi chinai su di lei, che si era acquietata un poco e, baciando la sua bocca, assaporai il rivolo di sangue che scorreva da un suo angolo. Uhm... saporito!

 

-Che è successo, Athena?-, tutti la chiamavano Dora: per me era la mia Athena, la mia dea, la mia musa...

Non rispose e i suoi occhioni spauriti guardarono in direzione della porta di accesso ai locali di Aro: era socchiusa e, seguito da lei, vi entrai cautamente.

La sua mano stretta alla mia mi tratteneva, come se avesse paura di andare oltre, di scoprire qualcosa di orrendo.

-Io... non lo sapevo-, pigolò prima di strattonarmi, perché non andassi oltre: mi voltai verso di lei.

-Non lo sapevo... non potevo sapere che era... che era lei... Io...Avevo sete, Caius! Pensavo fosse il suo pasto!-, di nuovo la voce si ruppe per il pianto che non sarebbe mai caduto dai suoi occhi, di nuovo si strinse a me.

-Di chi stai parlando?-, le domandai, facendole coraggio ad andare oltre e vedere cosa la terrorizzasse.

-Io l’ho... L’ho uccisa!-, urlò e si rannicchiò di nuovo ai miei piedi, lasciandomi libero di procedere oltre.

 

Dietro l’angolo del salotto di Aro, distesa a terra in un lago di sangue profumato ed invitante, giaceva una donna senza più vita. Aveva i capelli ricci castani scuri, forse venati di rosso, il corpo formoso, evidenziato dalla minigonna e dalla maglia scollata. Sul collo spezzato vidi subito i segni dei denti di mia moglie. Mi chinai sul cadavere e l’osservai da vicino.

Perché Athenodora se la stava prendendo così tanto per aver ucciso un’umana?

Un fruscio dietro a me mi annunciò che era entrata nella stanza. Si chinò al mio fianco e, tremando, allungò una mano verso la donna stesa a terra, sollevandole il braccio sinistro.

Mi mostrò la mano inanellata e allora compresi.

 

-Ha l’anello di Volterra, ha i bracciali Barbari. Ha il tatuaggio di Aro: era Sulpicia ed io... l’ho uccisa...-, la strinsi forte a me e, insieme, uscimmo da quella stanza insanguinata.

 

Dovevo avvertire il vedovo di quello che era accaduto, oppure fuggire con Athenodora, per metterla in salvo.

 

Come avrebbe reagito Aro alla sconvolgente notizia? Forse lo sapeva già... ma allora, perché non aveva provveduto a salvarla? Eravamo davvero solo pedine nelle sue mani e lui, avido giocatore, era disposto a sacrificarci tutti per la sua sete di potere?

 

 

 

 

***

Edward

***

 

Il trono di Sulpicia, eh? Presto prenderò il tuo, di troni, Aro e gli darò fuoco!

Hai detto che lei ‘è venuta a mancare’... cioè? E’ scappata? S’è ravveduta? Oppure hai ucciso anche lei, come tua sorella?

Vorrei... tanto... che tutta la tua follia, che il tuo sadico modo di fare ti si ritorcesse contro, perché  meriti solo di soffrire.

 

I colpi ripetuti alla porta della sala mi sviarono dai miei pensieri di puro odio nei confronti di colui che mi sedeva davanti. Quando la porta si aprì ed entrò un servitore visibilmente agitato, mi venne spontaneo domandarmi dove fossero finiti quelli della Guardia. Il mio dubbio fu estinto quando Caius, stranamente, corse via, cercando sua moglie.

 

-Bando alle ciance, Edward-, mi chiamò proprio il Signore in persona, chinandosi un po’ verso di me, affilando lo sguardo come per penetrare la mia mente, -Ora che quella piaga di Caius ha gentilmente lasciato vuoto il suo trono, è giunto il tuo momento: siedi pure lì-, disse, indicandomi l’enorme sedia di legno istoriato.

Alzai un sopracciglio, perplesso e meravigliato: stavano succedendo mille piccole cose che, messe assieme, avrebbero preoccupato chiunque fosse al governo di una polveriera come stava diventando Volterra e lui, ancora, badava a certe piccolezze. Non mi misi a discutere con lui e obbidii, sotto lo sguardo stranito di Marcus. Nella sua testa si agitavano pensieri contrastanti, l’interrogativo su cosa dovesse fare al Teatro Romano, la curiosità per Caius e Athenodora, il tarlo causato dal mio atteggiamento, il tutto condito da pensieri più dolci, che si ostinava a tenere per sé.

Era evidente che stavamo per iniziare una partita a poker dove solo il più intelligente ne sarebbe uscito vivo. Di vincere, ormai, mi interessava poco, ma volevo a tutti i costi aiutare le persone che si erano mostrate gentili nei miei confronti, che mi avevano aiutato e che si stavano fidando di me, a partire da Marcus.

 

-Quando arriveranno? Cosa dice Alice?-, domandò diretto Aro, senza troppi giri di parole. Tutti e tre in quella stanza sapevamo a chi si stesse riferendo, tutti e tre avevamo percepito il pericolo, anche se con diverse aspettative.

-Alice non sa niente. Se loro non prendono decisioni, lei non potrà vedere quello che avverrà-, risposi senza scompormi, scendendo nell’ovvio che da dieci anni cercavamo di far capire a quel despota senza pudore.

-Un uccellino mi ha detto che a guidarli ci sarà Jasper Cullen...-, insinuò, fissandosi un’unghia e ripulendosi dallo sporco che si era accumulato sotto ad essa. Marcus si mosse sulla sua seduta in evidente stato di agitazione: forse neanche lui sapeva quanto Aro sapesse.

-L’ha detto anche a me-, affermai, senza mutare la mia espressione.

-E... questo sarà un bene, o un male per noi?-, mi fissò dritto negli occhi, ammettendo soltanto una risposta sincera.

Forse sbagliai, ma decisi che avremmo giocato a carte scoperte.

-Credo che per te sarà un male comunque-, risposi ammiccando e, di nuovo, scorsi Marcus spostarsi sulla sedia, come se fosse seduto su un letto di spilli.

-Ma voi cercherete tutti di guadagnarci qualcosa, non è così? Tu, Marcus, per esempio... cosa pensi che otterrai? La tua vendetta, forse?-, mi resi conto troppo tardi che quella doveva essere forse la prima volta in cui Aro ammetteva il suo crimine davanti agli occhi di colui che era stato suo cognato. Da quello che avevo imparato a conoscere di Marcus, toccare le corde della sua defunta Didyme era pericoso e stolto. Avrebbe potuto scattare come un leone infuriato e scatenare anzitempo il finimondo.

Invece lui si mosse ancora, trovò una posizione comoda, poggiò un gomito sul bracciolo del trono e, su di esso, adagiò l’altro.

-Credi davvero che io sia così codardo da aspettare duecento anni che qualcuno venga a vendicarsi al posto mio, Aro? Credi davvero che, se avessi voluto, non saresti già morto e bruciato sul suolo di Volterra?-, si concedette una breve risata, alla quale si unì anche il suo interlocutore.

Parlavano di ammazzarsi a vicenda e ridevano...

-Già...-, rispose Aro e cambiò tattica, sbalordendoci, con i suoi modi di miele al cianuro: -Ad ogni modo, miei cari, vorrei proporvi un patto: Demetri, Felix, Heidi, Chelsea, Jane e persino Renata... so che sono tutti dalla vostra parte, tutti Rossi, tutti congiurati contro di me. Ma la mia non è, né è mai voluta essere una dittatura... Vi propongo di tornare tutti sotto lo stesso stendardo e di combattere insieme i Romeni. Arriveranno domani notte, secondo le mie fonti e saranno molto agguerriti. Combattiamo tutti insieme contro di loro! E se tu lo vorrai, Edward, ti aiuteremo a liberare Jasper, Emmett e la bionda dal loro controllo. E dopo tutto tornerà come prima: vi offro la vita di Caius, in cambio della mia. E’ lui il cattivo, qua dentro... è lui che progetta tutti i soprusi, lo sapete bene. Io sono solo un misero esecutore delle sue meschine volontà. Dal canto mio... voglio solo vivere una vita allegra e felice... Sono un edonista!-, sghignazzò ancora, allungando i piedi e mettendosi comodo.

Fosse stato per me, avrei chiuso immediatamente il discorso, azzannandolo alla gola e mostrandogli come avrei accettato il suo patto, ma qualcuno fu più rapido dei miei pensieri sanguinari e interruppe ancora la nostra seduta, con il trillo di una suoneria sgraziata e inadatta ad Aro. Lui ci guardò e, senza battere ciglio, estrasse dal taschino interno della giacca un minuscolo telefono cellulare.

 

-Pronto-, rispose al suo interlocutore, -Sì, portamelo immediatamente!-, ordinò e si concesse un grande sorriso che mi fece rabbrividire.

 

-Abbiamo ospiti...-, dichiarò e, un istante dopo, qualcuno bussò alla porta ed un uomo incappucciato fu fatto entrare nella sala e inginocchiare ai nostri piedi.

 

Aro si alzò, avanzo verso di lui e riprese a parlare.

-Signori, è con mio grande piacere che ho l’onore di presentarvi Bernard Grandier, la mia spia presso Parigi-, dichiarò e, con un gesto fluido ed elegante, tolse il cappuccio al povero cristo il cui battito cardiaco riecheggiava nel salone silenzioso.

In un attimo fui travolto dai suoi pensieri, tutti fatti di terrore, di errori, di voglia di vendetta, di paura. C’era Gianna, la nostra Gianna, quella Gianna che... non c’era più… Lo guardai attonito, immaginando il dolore cui sarebbe andato incontro, quando avesse saputo cosa le era capitato.

-Dov’è lei? Lasciami andare da lei!-, urlò rivolto ad Aro ed il suo cuore accelerò ancora.

-Il signor Grandier è giunto or ora da Parigi su un volo di prima classe atterrato a Pisa: l’ho fatto portare qua su una delle nostre vetture più comode e gli ho offerto cioccolata e champagne: Bernard, suvvia, saluta in modo educato i tuoi padroni-, sorrise mellifluo chinandosi su di lui che emise un suono gutturale, lontano parente del ringhiare tipico dei vampiri.

Una molla scattò nella mia testa rallentata ed inutile... Leonardo...

Lui era il vampiro che aveva morso Bella.

Lui aveva vissuto nell’ombra della mia amata per tutti quegli anni.

 

Lui conosceva Carlisle, sicuramente e sapeva come stesse Bella e come mai era sparita dalle visioni di Alice.

 

Lui aveva assaggiato il sangue più dolce del pianeta…

 

Dovevo assolutamente farlo parlare prima che prendessi fuoco per l’angoscia o per la cupidigia di un desiderio che non avrei mai estinto, ma che dormiva sotto la cenere dei miei rimpianti da sempre.

 

Mi alzai di scatto, tornando a sondare la sua mente, accorrendo vicino a lui e tirandolo per un braccio, perché si alzasse.

-Parla!-, gli urlai, strattonandolo, -Dimmi dov’è Bella! Come sta? Se è... Parla!-, riflesso negli occhi terrorizzati dell’uomo vidi Marcus che si avvicinava a me e mi bloccava, impedendomi di fargli del male: Aro si godeva la scena dal suo trono, cercando di captare particolari utili.

-Io non... non le ho fatto niente... fatemi vedere Gianna e io vi parlerò di lei!-, rispose affannato e spaventato Bernard, trattenuto da Marcus, voleva graffiare, ma non aveva più artigli. Nei suoi pensieri, immagini frammentarie della donna che Bella era diventata si sovrapponevano a quelle dell’ospedale dove entrambi lavoravano, di Gianna, di Volterra, di un passato vissuto prendendo vite e affondando con i denti in colli morbidi e succulenti.

Aro iniziò a battere le mani, con flemma, lentamente: -Ma che bella scenetta tragica!-, arricciò le labbra come una vecchia zitella: -E dillo ai tuoi nuovi padroni che ne hai fatto di Bella Swan, Leonardo!-, incalzò e, aprendo gli occhi come un rapace prima nell’attimo in cui ghermisce la preda, fu su di lui e lo prese per la gola, colpendo Marcus e facendolo cadere lontano.

Era la prima volta che vedevo Aro agire, la prima volta che potevo osservare la sua forza e la sua malvagità, riflesse negli occhi gonfi di lacrime del povero umano, che non riuscì a trattenere più i suoi pensieri e prese a singhiozzare, mugulando il nome della sua amata che non avrebbe mai più potuto riabbracciare.

 

Fu allora che vidi chiaramente la mia Bella in mezzo al dolore dei suoi ricordi, in un pub scuro da cui filtrava la luce del mattivo, con un boccale di birra in mano e il volto addolorato, agitata e gesticolante verso di lui, con una luce calda e luminosa nello sguardo. Bernard mi permise di leggere alcuni frammenti dei suoi ricordi, ma nello stesso istante il contatto fisico con Aro li rese accessibili anche al Volturo.

 

 “... Perché tutti vi ostinate a impedirmi di ricongiungermi al mio passato? Io lo so chi c’è a Volterra: ci sono i Volturi. Uuuuh! Che paura!!! Basta! Mi sono stancata di sentirmi dire che ‘è troppo pericoloso, Bella, restane fuori’! Qua c’è di mezzo la vita dell’uomo che amo!”

 

“Io ci sono già stata a Volterra, Bernard, e ne sono uscita viva! Perché ti ostini a tenermi alla larga da quel posto?”

 

“Cosa vuole da me Aro, adesso?”, “Aro vuole te...” “Aro... ti vuole... carnalmente, Bella. Vuole che tu divenga la sua compagna... ma sei solo un’umana...”

 

“Vuoi tuffarti nella tana del lupo da sola? Vuoi immolarti e vanificare tutti i miei sacrifici? Eh, no, cara la mia dottoressa! Il tuo uomo mi ha ordinato di trattenerti a Parigi e tu rimarrai a Parigi! Fosse anche l’ultima cosa da umano che faccio!”

 

 

C’erano tante informazioni, troppe, nascoste in quei frammenti di ricordi, ma la mia mente, in quell’attimo convulso e accelerato ne percepì solo tre: Bella che dichiarava apertamente la sua relazione d’amore con Carlisle, Bella che voleva venire a Volterra, Aro che non aspettava altro, per farla sua.

 

Un morboso riflusso di gelosia e passione mal repressa tornò a galla nella mia coscienza, facendomi desiderare di riprendermi quello che era mio e che avevo affidato nelle mani di un banchiere disonesto. L’accoratezza delle parole di Bella, con cui descriveva ‘il suo uomo’, riecheggiò a lungo nel mio petto sgonfio e inaridito... non c’era più spazio per me, non sarebbe mai più stata mia, mai più e adesso... il Pericolo tornava a fare ombra sulla sua vita: laddove la mia rassegnazione aveva annullato ogni speranza, un nuovo fato attendeva quella donna. Aro ghignava silenziosamente, pregustando l’incontro con la mia Bella, profetizzato dalle parole rubate a Bernard.

 

“Aro... ti vuole... carnalmente, Bella”

 

-Dunque, lei è qua davvero...-, sibilò tra i denti il Volturo, dando libero sfogo alla lussuria a lungo nascosta.

 

Non sapevo nulla.

 

Non avevo capito nulla...

 

 

Lui mi guardò sorridendo folle ed entusiasta, lasciando cadere a terra Bernard e ridendo di gusto, lasciando che i suoi latrati riempissero l’aria satura di bugie di quella sala.

 

-Mi hai ingannato...-, mi  resi conto che avevo iniziato a parlare solo quando la mia voce fu troppo forte e le mie mani furono su di lui, -Mi hai ingannato! Bastardo! Non pensarci nemmeno!-

Di nuovo, Marcus mi cinse le spalle, per staccarmi dal suo signore e nemico.

-Si può sapere che diavolo sta succedendo?-, domandò accigliato, facendo saettare lo sguardo dal mio volto deformato dall’ira a quello di Aro, la cui risata diabolica ancora riecheggiava tra le mura disadorne della stanza.

 

-Il nostro amico ha scoperto una mia piccola debolezza!-, rispose, senza smettere di sghignazzare e tornò a sedersi sul suo trono. Marcus continuava a trattenermi dall’annientare con una mossa avventata anni di preparazione alla battaglia, anni di sacrifici e speranze. Dall’espressione sul suo viso, compresi che non aveva captato niente di quello che era stato manifestato. Non avevo tempo per spiegargli, dovevo tornare padrone della situazione, capire cosa stava accadendo, fermare Aro. Strattonai le sue braccia, ma la presa non si allentò.

 

“Non fare sciocchezze, Edward! Non è questo il momento per una vendetta personale... Dobbiamo aspettare, manca poco ormai!”

 

Così come i pensieri di Marcus mi trattenevano dall’agire, quelli di Aro mi torturavano: una ad una le immagini create dalla sua mente traboccavano finalmente libere nella mia. Si immaginava al posto di Carlisle assieme a Bella, sognava di toccare la sua pelle calda, di baciarle il collo morbido e le labbra carnose, di carezzare le sue curve nude. Pensava alla donna, ma anche alla ragazza che era stata il mio primo amore e quello che immaginava era così...

-Basta!-, urlai con tutto il fiato che avevo in gola e con la coda dell’occhio vidi l’umano raggomitolarsi di più sul pavimento.

-Così spaventi il nostro amico, Edward! Un po’ di educazione!-, Aro si allungò verso Bernard e lo fissò torvo.

-Avevamo detto sabato. Oggi è domenica e tu sei solo, all’atto pratico. E avevo anche detto che volevo pure lui.-, l’umano deglutì, -Quale parte di ‘Porta Bella Swan e Carlisle Cullen entro sabato a Volterra’, non ti era chiara, Leonardo?-, tuonò infine il vampiro, sollevando Leonardo per il collo della sua maglia. L’odore del terrore si diffondeva lentamente nell’aria e questo acuiva soltanto la brama di potere del Signore di Volterra.

Nella testa dell’umano tornarono a rincorrersi le immagini del pub, di un boccale di birra, di Bella che lo faceva sedere sul divano, delle parole che si erano detti; poi le visioni cambiarono, lo vidi parlare con un Carlisle disperato, che lo implorava di tenerla lontana dai guai, che diceva ‘Devo partire, devo aiutarli’.  Infine apparve una mappa e qualcosa scattò nella sua testa.

Dalla sua posizione disperata, l’uomo allungò una mano verso Aro, guardandolo negli occhi che bruciavano di lussuria e odio ed egli la prese.

-E così l’hai ingannata! Le hai fatto credere che la mappa l’avesse messa lui! Ottima idea, Leonardo! E l’hai lasciata andare via fingendoti addormentato... Così ti sei parato dalle ritorsioni di Cullen... e allo stesso tempo sai che lui verrà a riprendersela… Geniale, davvero! Tornare umano ha giovato al tuo intelletto, sai?-, Aro strinse la presa sulla mano dell’umano, mettendolo giù: i loro volti si specchiavano l’uno nell’altro, compiaciuti per il bluff reciproco. Ma io avevo capito che, tra i due, il più furbo non era il più potente… Ghignai e feci cenno a Marcus di lasciarmi libero, che non avrei fatto sciocchezze, senza ottenere che li mollasse. Scosse la testa, chiedendomi mentalmente scusa. Non di si fidava di me… ma non avrei fatto nulla che lo compromettesse, come poteva ancora pensarlo!?

 

Ma ero davvero così forte? Ero davvero più furbo di Aro?

 

-E adesso vorresti vedere Gianna, come ricompensa, eh?-, ridacchiò il Signore e Leonardo abbassò lo sguardo per un attimo.

 

Aro si voltò verso Marcus e me, come a chiedere il nostro permesso, poi fece cenno con la testa verso una porta alla fine della sala.

-Là-, disse semlicemente e lasciò la mano di Bernard/Leonardo, il cui sguardo si illuminò, iniziando ad avvicinarsi nel luogo dove avrebbe trovato la donna che amava. Ma non sapeva che Gianna... lei non...

 

Quando sparì dietro la porta, ancora, la risata diabolica di Aro esplose nella sala; poi si rivolse a me.

-Bene, bene, bene... Che ne dici, Edward, pensi che sia giusto che Carlisle Cullen resti impunito per aver fatto a Isabella quello che tu ed io sognamo solamente da dieci anni? Lui l’ha avuta, l’ha toccata, l’ha baciata, l’ha fatta sua… è una cosa… intollerabile!-, mi sorrise e mi tese la mano, per stringere un accordo.

 

In quel momento compresi che dentro di me non c’era il ghiaccio che mi ero illuso di avere, per resistere alla tentazione di vendicarmi su mio padre, ma bruciava il fuoco della gelosia e dell’ira. Mi fu chiaro che a nulla era valso restare dieci anni lontano dalla tentazione, quando una semplice parola, una sola immagine rievocata dal perfido Aro erano sufficienti per macchiare ancora la mia anima.

 

‘Quando Bella sarà mia, le farò dimenticare quell’insulso Cullen, la farò diventare la Regina di Volterra, facendola sentire come nessuno ha mai fatto fino ad ora; la trascinerò nella lussuria e non potrà volere altro che me, le mie carezze, i miei baci, i brividi che saprò offrirle’

 

In quel momento vidi tutto rosso, rendendomi conto che Aro aveva sempre saputo tutto e da sempre aveva come scopo quello di prendersi la mia Bella. Con uno strattone più forte mi liberai dalla presa di Marcus e, cercando di non pensare più alle immagini che continuavano a scorrere nella sua testa, mi scagliai contro il volturo e lo colpii con violenza al volto.

 

 

-Bastardo! Mi hai ingannato! Tu non l’avrai mai!-

 

La sua risata fu l’ultima cosa che ricordai d’aver sentito. Dopo fui avvolto dalle tenebre e nella mia mente tornò a richeggiare come in un dolce incubo senza fine, le parole che Bella aveva detto a Bernard poco prima che lui crollasse nell’oblio:

 

 

-Per me l’unica vita che vale la pena di essere vissuta è quella che mi sta sfuggendo di mano-

 

 

Perché l’unica vita che lei sognava era accanto a lui. Avevo perso, contro tutto e contro tutti, ma avevo il dovere di rimanere a galla.

 

Per proteggerla fino alla fine…

 

 

 

***

Bernard

***

 

Brucerò all’inferno, brucerò all’inferno e ci vorrà anche poco tempo per arrivarci!

Se non mi ci spedirà questo bastardo, lo farà il biondo...

 

Percorsi quasi di corsa i pochi metri che mi separavano dalla porta che collegava il salone del Consiglio al vestibolo dove venivano fatti attendere i condannati. Conoscevo bene il palazzo e sapevo che, oltre quella piccola stanza, c’era un grande vano affrescato chiamato Sala della Giunta. C’era Gianna, là dentro?

 

Oh, tesoro mio... se ti ha torto anche solo un capello... io...

 

Entrai nel vestibolo e chiusi la porta alle mie spalle, come se potesse difendermi da Aro e dalla vendetta di Edward Cullen: quel bastardo del Capo aveva spifferato il mio piano ai quattro venti, ormai il rosso aveva capito quello che avevo fatto intendere ad Aro…

-Maledizione!-, imprecai lasciandomi cadere su una panca addossata alla parete: con che faccia mi sarei fatto vedere dalla mia Gianna? Lei era rimasta sola in mezzo ai mostri, per tutti questi anni... mentre io... le avevo promesso che sarei rimasto fedele alla mia dignità, che non avrei fatto del male agli altri, non più, e invece...

 

Dai, Bernard… in fondo non è andata proprio come l’hai raccontata… tu hai fatto il minimo, hai mosso solo una pedina sulla scacchiera, non è del tutto colpa tua…

Non è del tutto colpa tua…

Era stato tutto così semplice: il biondo voleva che Bella non andasse a Volterra, Aro invece la voleva lì e minacciava Gianna, il biondo se n’era andato e Bella aveva visto la veggente a Parigi... così Bella aveva fatto tutto da sola: si era costruita una trama così elaborata e credibile che... che io stesso ci avevo voluto credere e l’avevo aiutata a trovare le prove che cercava.

Sì, certo che per te Carlisle era andato a Volterra, Bella, anche se io ti dicevo il contrario! Perché lui usava quella penna, e tu lo sapevi, ed io gliel’avevo rubata proprio per segnare quella mappa... era ovvio che tu facessi due più due... sei una donna sveglia, dopotutto!

 

Ma io sono stato più sveglio di te!

 

Così ti ho fatta partire per Volterra e, senza tradire Carl, ho accontentato Aro! Era un piano geniale!

 

Ma dove ti sei cacciata adesso Bella? Io… cazzo… sei sola e incinta e io… ti ho consegnata in mano ad un mostro!

 

Non ne potevo più… volevo tornare a casa, stare tranquillo, stare con la mia piccola… dimenticare tutto… dimenticare le mie colpe…

 

-Gianna!-, mi trovai accovacciato a terra, con la testa tra le mani, come un pazzo, roso dal senso di colpa, con gli occhi bagnati di lacrime. Volevo la mia Gianna, che mi sostenesse lei, che faceva sempre la cosa giusta.

 

Sempre.

 

Un rumore dalla stanza della Giunta mi fece sollevare il capo e solo allora mi accorsi di avere gli occhi umidi di pianto. Avevo fatto una piccolissima parte, era vero, ma era stata determinante per assecondare il volere di Aro… adesso avrei riavuto la mia donna, ma…

Io l’ho tradita! Ho tradito una povera donna sola e innamorata!

Il rimorso stringe e acceca. Il rimorso graffia e lacera.

Il rimorso becca come un picchio sulla coscienza, finché non fa breccia e rompe gli argini del pianto.

 

E allora preferiresti morire, perché sai che non puoi tornare indietro...

 

Un altro piccolo rumore.

-Gianna?-, domandai tirando su col naso, avicinandomi cauto alla porta, scacciando i miei spettri e cercando di resteare lucido.

 

-Gianna?-, la aprii lentamente e il buio dell’altra sala mi avvolse.

 

 

-Leonardo?-

 

 

Oh, Signore! La sua voce era ancora più bella di come la ricordassi! Gianna! La mia Gianna era viva, dunque! Dopo quella telefonata e il suo urlo, io ero stato in pena per... per due, tre giorni senza sapere cosa le fosse accaduto ed ora...

 

-Gianna!-, avanzai a tentoni verso la fonte della voce, finché non mi abituai all’oscurità e intravidi la sua figura in un angolo, -Amore...-, le sorrisi e andai da lei, sollevato, sapendo che il crimine che avevo commesso non avrebbe scalfito il nostro amore.

 

-Leonardo... ti aspettavo-, allungò una mano che mi parve di latte nel buio; la sua voce, ancora, carezzò le mie orecchie come una piuma voluttuosa. Gianna fece un passo verso di me e allora la vidi alla debole luminescenza di una feritoia colpita dalla luna.

 

Era bella, più bella di come la ricordassi. I suoi capelli oscillavano ondulati coprendo il suo volto.

Era più slanciata, più sensuale, più pallida.

 

Mi sorrise, sbattendo le ciglia lunghe e nere, con una mano scostò i capelli dal viso e mi guardò: i suoi occhi erano rossi vermigli e mi volevano.

 

 

Tra tutte le punizioni che avrebbe potuto infliggermi, quel bastardo di Aro aveva scelto la più perfida. Per un istante mi sentii come il cavaliere di Lady Hawke, solo che non c’erano lupi o falchi, ma solo un umano e una vampira neonata.

Ironico contrappasso per i miei peccati...

Deglutii ed inspirai il suo profumo di rose, allungai una mano verso Gianna e lasciai che facesse di me quello che voleva.

 

In fondo io ero suo, lo ero sempre stato. Lo sarei stato in eterno.

 

 

 



 

***

 ... to be continued...

 
***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
© 'Proibito' Tutti i diritti riservati.
 

 

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~~~ Ribadisco: a parte changes nel font da arial a Monotype Corsiva, non sono responsabile se salta la formattazione piuttosto a caso... date la colpa a word!!! ~~~

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Grazie a tutte coloro che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo!

Non riesco a commentare tutte le vostre recensioni ora, ma ringrazio di cuore tutte voi!
Un ringraziamento speciale alla New Entry FallingDoll
un po' di carbone a chi non ha detto la sua,
un po' di carbone dolce a chi ha dato dell'idiota totaleglobale a Bella,
un mon cherie a chi si è chiesto 'e che fa ora Carletto'?
un ferrero rocher a chi si è interessato di Jacob,
a tutte voi il saluto del povero Bernard, che si è lavato il cervello con una guinnes al valium, che va tanto di moda nei bistrot parigini! :-P

BUONA BEFANA BEFANE!
^___^



   
 
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