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Autore: Babu 17    07/01/2010    3 recensioni
Il letto era comodo, troppo comodo. Stavo per riaddormentarmi quando qualcuno si schiarì la voce. Aprii gli occhi e saltai a sedere. Chi c'era? Mi guardai attorno e spalancai la bocca: non era possibile. Ok, nella mia testa c'era davvero qualcosa che non andava. Com'era possibile altrimenti che proprio lui fosse davanti ai miei occhi in quel momento? No, no, c'era qualcosa che non tornava. Chiusi gli occhi e li riaprii; era ancora li. Mugolai frustrata. Rise.
Genere: Romantico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ecco a voi, miei cari lettori, un nuovo capitolo direttamente dalle mie manine sante XD. Spero vivamente che vi piaccia e che lo recensirete con sincerità brutale (quindi niente commenti sdolcinati e spudorati XD. Scherzo!).

Vi ringrazio tutti per i complimenti e gli incoraggiamenti.

Grazie.

Bacioni.

A presto.

Babù.


7. Mancanza


-A domani! Ciao!-. Salutai con la mano la mia amica e sorrisi guardando il suo visetto felice. Era così dolce. Così tenera. Sarebbe piaciuta anche a papà, di certo. Lui adorava le amiche che mi trattavano come una persona normale e non come una fuori di testa.

Attraversai veloce il cortile e mi avvicinai piano al cancello, pronta per trovarmelo davanti. Svoltai l'angolo e...lui non c'era. Che fine aveva fatto? Dov'era andato? Perché non mi aveva aspettata? In fondo era solamente un'illusione, non gli sarebbe costato niente comparire di fronte a me come per magia.

Invece non c'era.

La tristezza mi avvolse.

Ero stata abbandonata anche da un'allucinazione.

Una lacrima rigò il mio viso. Presi l'autobus e tornai a casa, non volevo pensare.

Mamma era andata a lavorare presto, non c'era nessuno. Sola. Ogni adolescente ne sarebbe stato contento, ma io, io ero da troppo tempo sola ed incominciava a farmi male tutto quell'opprimente silenzio.

Chiusi gli occhi e mi gettai sul divano. Che cosa diavolo ci facevo ancora qui? Per quale assurdo motivo stavo ancora vivendo?

Mi scompigliai i capelli -Merda!-.

Il silenzio in casa era troppo spesso, avevo bisogno di rumore, di casino. Di vita.

Accesi lo stereo ed infilai uno dei miei cd, uno di quelli che “risvegliavano i morti” come diceva mamma. Era forte, era potente. La musica entrò nelle mie vene e si espanse come una macchia d'olio.

Dentro di me sentivo uno strano vuoto.

Ero triste.

Giù di corda.

Senza fare niente.

Poi una voglia mi costrinse a muovermi: corsi in camera, aprii l'armadio e presi una grossa scatola verde. Tornai in salotto e ne tirai fuori il contenuto. Riviste, posters, cd, dvd, disegni, scritte, lettere, fan fiction; tutta la mia vita da quattordicenne malata di “tokiohotellite” era lì, nelle mie mani. Sogni nel cassetto. Desideri per il futuro. Lacrime versate quando mi ero resa conto che non avevo alcuna speranza, nessuna.

La rabbia prese possesso di me e gettai la scatola per terra spargendone in giro il contenuto.

Maledetti loro e le loro canzoni.

Maledetto questo mondo che non mi ha dato nemmeno una possibilità.

Vaffanculo.

Accesi una sigaretta, aspirai il fumo e lo feci penetrare nei polmoni. Chiusi gli occhi. Non volevo pensare a niente.

Soprattutto non volevo pensare a Bill, quella stupida visione che mi aveva fatta impazzire per tutto il tempo, che mi era stata appiccicata come una sanguisuga e che, adesso, mi aveva lasciata sola. Immersa nella solitudine. Sola.

Spensi lo stereo. Tornai nella mia stanza, mi gettai sul letto e sospirai.

Io non pensavo di volerlo davvero al mio fianco, eppure adesso mancava. Mancava come se fosse stato normale che mi stesse accanto.

Chiusi gli occhi.

Poi un rumore arrivò dal salotto. Forse era la mamma che rientrava a casa.

No, era un suono diverso. Musica? Ma avevo spento lo stereo. Da dove arrivava?

La risposta mi attraversò il cervello: la tv. Eppure non l'avevo accesa. C'era qualcuno in casa?

Mi alzai dal letto e corsi in sala.

Sorrisi. Era lì.

Stravaccato in mutande sul mio divano. Gli saltai al collo e lo abbracciai. -Sono così contenta di rivederti!-.

Ed il vuoto dentro di me si colmò.

Mi strinse al suo petto, -Credevo che non volessi più vedermi!-, dissi scoppiando a piangere.

Restai accoccolata contro di lui per ore. Piansi, mi disperai, urlai; ero così stanca. Stavo soffrendo e l'unica cosa che mi rendeva serena era quell'allucinazione. Così dolce. Così reale. Era caldo, parlava, sorrideva, profumava...tutto mi faceva credere che fosse vero, vivo.

Avevo paura di confondere realtà ed immaginazione.

-Devo dedurre che ti sono mancato?-, chiese dopo qualche ora.

Annuii. Le lacrime non si fermavano.

-Bene, ho dimostrato il fatto che vuoi davvero che io ti rimanga affianco- sussurrò al mio orecchio.

-Perché?-.

-Cosa?-.

-Perché non sei reale?-, dissi tra un singhiozzo e l'altro.

Non rispose, restò in silenzio. Ad abbracciarmi.

  
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