*Ridi pagliaccio appartiene a Ruggero Leoncavallo.
*Twilight e i suoi personaggi appartengono a Stephenie Meyer.
*Jerome è mio.
Ridi Pagliaccio
Seconda Parte
Edward
“Jerome,
il pagliaccio innamorato!” La voce del presentatore viene subito coperta dagli
applausi del pubblico. Nel corso degli anni, nonostante questo non sia il
lavoro dei miei sogni, sono riuscito a guadagnarmi un posto in scena, e in molti
tornano a vedere la mia performance, anche a distanza di anni. Alice mi ha
sempre lasciato carta bianca in merito al contenuto del numero, e io non ho mai
messo in scena qualcosa che l’ha delusa. Perfino il vecchio Carlisle, antico
capo del circo, si è sempre compiaciuto per le mie scenette.
Già,
perché è di questo che si tratta… scenette.
Mi
applico, ci metto tutto me stesso, ma io non creo nulla, se non una breve e passeggera risata.
Scenette,
appunto.
Come
quella che sto per mettere in essere adesso.
Ogni
sera, scelgo fra il pubblico colei che sarà per qualche minuto la jeune fille amata da Jerome. Cerco di
mantenermi sempre al di sotto dei trent’anni, onde evitare di far cadere la
scelta su una donna sposata. Sarebbe disdicevole, e il pubblico non riderebbe,
poiché non si immedesimerebbe.
Scelgo
una jeune fille fra il pubblico,
possibilmente carina – perché al pubblico piacciono le storie d’amore in cui i
personaggi sono di bell’aspetto, e procedo a corteggiarla, dando vita a
siparietti divertenti in cui mi rendo ridicolo, inciampo, cado a terra fino a
che qualcuno (Emmett) viene a portarmi via come un sacco di patate.
Povero Jerome, pagliaccio
romantico… neppure questa sera è riuscito a far trionfare l’amore!
Ci riuscirà forse domani?
Tornate al Cullen Circus per scoprirlo!
Il
presentatore recita, il pubblico ride e paga, e tutti sono contenti.
Tutti,
tranne me.
Entro
in scena con fare buffo e malinconico, come ogni sera.
Il
suono registrato di un’armonica mi accompagna. Dovrebbe ricordare le strade ed
il clima di Parigi, città da cui Jerome è partito alla ricerca del suo amore.
I
bambini mi guardano con attenzione, mangiando i popcorn tenuti in mano dai
genitori.
Una
jeune fille, Edward. Cerca una jeune fille.
Le
prime file sono gremite di bambini e genitori, per cui mi tocca frugare nelle
file dietro. Ovviamente scruto il pubblico con apparente noncuranza, facendo
smorfie buffe che richiamano sorrisi e qualche complimento vocale.
Lo
detesto, ma sono bravo nel mio lavoro.
Su
una delle panche di legno, in alto, noto due giovani ragazze.
Avranno sì e no venticinque anni… come me. Osservo i loro occhi con attenzione,
per cercare di capire se – nel caso in cui dovessi chiamarle – staranno o meno al gioco.
In
genere il pubblico ama partecipare al circo, ma è importante saper scegliere il
proprio assistente, la propria spalla momentanea.
Gli
occhi delle due ragazze mi dicono che sono annoiate. Sorrido loro, e mando un
bacio con la mano coperta da un guanto colorato. Una delle due si copre gli
occhi.
Perfetto,
ha paura dei clown… scartata.
In
dieci anni ho imparato a riconoscere la gente al primo colpo.
Percorro
il cerchio dell’arena accompagnato dalla musica, e gioco con le palline
gommose, con dei fiori finti, con la bombetta. L’ammaccatura di ieri è ormai
invisibile… non che uno spettatore si soffermi su di essa, ma a me piace dare
il meglio, sempre e comunque.
Individuo
altre ragazze, sedute stavolta in seconda fila, proprio accanto all’apertura da
cui sono entrato in scena.
Sono
tutte e tre giovani, intorno ai vent’anni. Hanno i capelli castani. Una, quella che mi sorride, ha gli occhi azzurri.
Mando
anche a lei un bacio, e stavolta la ragazza reagisce positivamente.
Ai
pagliacci è vietato parlare. Noi ci esprimiamo col viso, con i gesti, con l’inclinazione
della testa.
Mi
avvicino allora alle tre, camminando con le mani dietro la schiena, con fare
timido.
Una
delle ragazze, con gli occhiali, dà una gomitata a quella centrale, e bisbiglia
qualcosa al suo orecchio.
Una
volta davanti a loro, aiutato dall’incoraggiamento del pubblico che applaude,
allungo la mano verso di lei, verso la ragazza con gli occhi azzurri.
Sorride
con fare civettuolo, e si alza come una scheggia, lanciando la borsa fra le
mani dell’altra ragazza, quella senza occhiali. La poveretta sembra caduta da
una nuvola, e sembra quasi infastidita dal gesto della sua amica.
Le
sorrido, e lei mi sorride, ma abbassa subito gli occhi sulle mani. Si fa
indietro per consentire alla mia nuova jeune
fille di passare, e mano nella mano con lei trotterello verso il centro
dell’arena.
Jerome è felice! Ha trovato
una nuova amata! Riuscirà a conquistarla?
“Sono
Jessica!” bisbiglia la ragazza, quando l’armonica registrata smette di suonare.
Jessica.
Nome piacevole.
La
musica riprende – stavolta con tono scherzoso, ma ugualmente romantico – e io
do il via al mio repertorio. Fiori che mi esplodono in faccia, regali che in
realtà nascondono piccole trappole ad acqua che bagnano il sottoscritto (mai
ridicolizzare lo spettatore. Il pagliaccio? Il pagliaccio è nato per essere
ridicolizzato), capriole provate e riprovate con Jasper, prove di danza che si
concludono con me steso a terra.
Il
pubblico ride, Jessica si diverte e si sente importante.
Sono
i suoi occhi a dirmelo, così come gli occhi di una bambina in prima fila mi
dicono che si sta annoiando, così come gli occhi di un anziano mi fanno capire
che lui invece sta vivendo dei minuti felici.
I
secondi passano, e mi dico che è giunto il momento di terminare il numero.
Continuando
a ballare con Jessica, riesco a condurla nei pressi delle sue amiche, in modo
da consentirle di riprendere il suo posto quando Jerome cadrà a terra stecchito
e qualcuno correrà a prenderlo.
Come
ogni sera, è tutto collaudato.
Giravolta,
inciampo, testa su qualcosa, a terra stecchito.
Lo
faccio anche stasera, e come ieri sera, la bombetta simile a quella di Charlot
vola via, fra il pubblico.
Maledizione.
Oh, no! Il povero Jerome non è
riuscito a far trionfare l’amore!
Emmett
entra a raccogliermi da terra, e io fingo di essere privo di forze, come ogni
sera. Jessica sghignazza e torna al suo posto, e con un occhio mezzo aperto
noto che la sua amica, quella priva di occhiali, si china a terra.
Ci riuscirà forse domani?
Tornate al Cullen Circus per scoprirlo!
La
voce del presentatore si unisce all’orchestra e agli applausi, ma non mi
impedisce di sentire un’altra voce.
“Il
tuo cappello!” grida qualcuno, e di scatto afferro i pantaloni di Emmett, per
costringerlo a fermarsi. Penzolo sulla sua spalla, e grazie alla parrucca che
mi copre gli occhi posso permettermi di sbirciare.
E’
l’amica di Jessica. Ha fra le mani la mia bombetta. La sventola verso di me.
“Torna
indietro,” dico a Emmett, che già ieri sera è stato
costretto a fare la stessa cosa.
Jerome
è ferito, per cui non posso alzarmi per ringraziarla, ma Emmett mi solleva
facilmente come se fossi un sacco di patate. Fingo di essere molliccio, e il
pubblico ride per il piccolo fuori programma.
Povero Jerome! Che magra
consolazione!
“Tieni…”
mormora la ragazza, con le guance in fiamme.
Si
avvicina per appoggiare la bombetta sulla parrucca, e il suo profumo mi
colpisce in pieno viso, mandandomi al tappeto per davvero. “Sei stato bravo,” aggiunge con un sorriso.
Emmett
la ringrazia e mi porta via; io la osservo.
Sento
uno strano battito nel cuore, prima di sparire dietro la tenda gialla.
---
Sì, la ragazza che gli restituisce la
bombetta è Bella.