Ed
eccovi uno dei
capitoli più importanti di tutta la storia dove scoprirete
le motivazioni che
spingono questi due individui a ficcarsi in una trappola quale
può essere un “patto
matrimoniale”. Credo di aver immaginato delle ragioni
abbastanza plausibili e consone
alla personalità che ho dato loro.
Come
sempre in
gran sintonia con me, Arte è riuscita a fare una buona
analisi del carattere di
Robert. Lui, all’apparenza freddo e calcolatore, in
realtà è molto buono e fragile.
Quella forte in questa storia è Barbara, una che non si fa
mettere sotto i
piedi da nessuno, quasi una femminista ante litteram, ma non per questo
meno infelice
e degna di simpatia.
Credo
che le perplessità
di Cricri su Robert saranno presto superate perché lui
è molto meno drastico di
Christopher e non è superficiale quanto Massimo. Sono certa
che pur non volendo,
finirete tutte per affezionarvi a lui e perdonarlo per i suoi
inevitabili
sbagli. In questo capitolo scoprirete anche quanto una supposizione di
Cricri
sia esatta.
Per
quanto
riguarda l’aspetto fisico dei mie protagonisti, mi dispiace,
ma non posso
rivelare chi me li ha ispirati perché un autore non deve mai
imporre la propria
visione. Per cui immaginateli pure
come
più vi aggrada, è nel vostro pieno diritto di
lettrici. Posso mai deludere
Cricri, ad esempio, che vede Robert con l’aspetto di
Pattinson se è lui che le
accende il cuore ed i sensi? Immaginare qualcuno che vi piace molto
“interpretare”
la mia storia non può che rendervela più gradita,
magari a compensazione della
mia poca bravura a farvi innamorare dei miei protagonisti, soprattutto
quelli
maschili, per
cui…
Per
quanto
riguarda la lunghezza dei capitoli, non
so. Oramai è fatta e cambiarla mi rallenterebbe. Prometto
però che magari
quelli più interlocutori li posterò a due a due.
Va
bene nanette
mie? Ma quanto siete dolci!
Tutte
siete dolci!
Capitolo 5
Robert
Forrest aveva detto la verità. Sapeva
di dover chiarire a Barbara
le sue vere
intenzioni, ma fino a quel momento non aveva ancora trovato il coraggio
di
farlo. Oramai però si doveva decidere. Barbara non sarebbe
rimasta ancora molto
ad Ingurtosu perché il fratello era già venuto
riprenderla.
Così li aveva invitati insieme ai Sulis
a Villa Bianca e si era ripromesso di chiedere
ufficialmente la mano
della giovane ad Alfredo.
Mentre li aspettava nel portico spiando ansiosamente il vialetto di
ingresso,
si era sentito molto agitato, ma la sua irrequietezza si
trasformò in fredda
calma quando infine vide arrivare la carrozza con gli ospiti. Nel
rivedere
Barbara dovette ammettere che era davvero bella. Se ne compiacque ma
solo
perché era un ulteriore buon motivo per chiederla in moglie.
Nessuno avrebbe
potuto biasimare un uomo ancora giovane che si fosse sentito attratto
da una
ragazza tanto seducente.
Dopo i soliti convenevoli, rimasero un po’ a parlare del
più e del meno.
Intanto il comportamento di Alfredo denotava una certa inquietudine per
l’ansia
di ricevere finalmente quella domanda di matrimonio che lo aveva spinto
a fare
un viaggio così lungo.
Robert si avvide che era venuto il momento di parlare chiaro.
Così chiese il
permesso di conferire in privato con la ragazza e la condusse in un
salottino
al primo piano della villetta.
Barbara
lo seguì e si accomodò su di una
poltrona aspettando di udire cosa avesse da dirle. In quegli ultimi
giorni si
era sentita molto presa da lui e non vedeva l’ora di sentirsi
ripetere quella
proposta ricevuta solo pochi minuti dopo averlo conosciuto che adesso
il
giovane sembrava così riluttante a rifarle.
Dopo
qualche attimo di riflessione, Robert
esordì dicendo:
-
Ascoltate, mia cara, credo che abbiate
capito che ho intenzione di chiedere a vostro fratello la vostra mano.
Prima
però ho bisogno di chiarire alcune cose con voi e sapere le
vostre intenzioni.
Io non vi chiedo in moglie per amore.
La
ragazza sussultò: non le sembrava certo il
modo migliore per fare una domanda di matrimonio,
ma non disse nulla.
Robert continuò:
-
Però vi ho apprezzato sin dal primo momento
che vi ho vista e sono sicuro che non c’è persona
migliore a cui potrei
chiedere di sposarmi. Volete farlo?
Rincuorata,
lei gli sorrise.
-
Sì Robert, lo voglio. Ve lo prometto, sarò
una buona moglie.
Con
il viso molto serio ed addolorato, lui la
fermò con un gesto della mano.
-
Aspettate, non ho finito. Io non vi propongo un matrimonio
d’amore, e
questo pare che lo accettiate, ma non posso offrirvi neanche un
matrimonio di
convenienza. Il nostro sarà solo un patto. Io vi
sposerò, ma tra noi non dovrà
mai esserci nulla. Ho giurato a mia moglie sul suo letto di morte che
non avrei
mai più amato un’altra donna ed intendo mantenere
la parola.
Sconvolta
Barbara si alzò in piedi, ma era
talmente agitata che non riuscì a dirgli altro che:
-
Ma allora perché volete risposarvi?
-
I miei suoceri intendono portarmi via
Charles. Io sono di una condizione sociale molto inferiore alla loro e
dopo la
morte di mia moglie non
ho saputo fare
di meglio che affidare il mio bambino ad una balia ignorante.
Potrebbero
portarmelo via, e molto facilmente. È per questo che ho
bisogno di una moglie:
un vedovo risposato con una donna di buona famiglia e ben educata è
più rispettabile di un uomo solo e
sbandato. Proprio come sono diventato io - aggiunse con molta amarezza.
Dopo
una breve pausa, proseguì - Se così fosse,
qualsiasi giudice ci penserebbe bene
a dar ragione ai miei suoceri, per quanto potenti essi possano essere.
Per
questo motivo vi sto chiedendo di diventare mia moglie, ma lo saremo
solo agli
occhi del mondo. Tra di noi non ci sarà mai alcun rapporto
se non la stima, la
collaborazione e,
perché no, una
profonda amicizia.
Barbara
sentì salirsi le lacrime agli occhi
per la delusione, ma le trattenne e con la voce rotta dal pianto,
proruppe:
-
È perché ho avuto un bambino senza essere
sposata, non è così? È
per questo che mi
state chiedendo questo, per disprezzo.
Lui
fu sconcertato da quella accusa. Davvero
quella era una cosa a cui non aveva mai pensato.
-
No, per carità, non dite così! – si
giustificò - Ho saputo della vostra triste storia e del
fatto che avete poi
perduto quella creatura, ma non lo sto facendo per questo, ve lo giuro,
soltanto ho immaginato che la condizione in cui vi trovate in casa di
vostro
fratello possa essere peggiore di quella che vi offro io. Se
accettaste, io non
vi farei mancare mai nulla e vi riserverei
sempre una gratitudine immensa.
-
Già, è logico, avete pensato che una povera
zitella miserabile e con un passato come il mio avesse potuto trovare
apprezzabile una tale proposta! Vi siete sbagliato, caro signore, io
ero già
preparata a non essere ancora amata, però così mi
sembrerebbe di svendere
completamente la mia dignità. Chiedetemi di diventare la
vostra governante e lo
farò, ma non pronunciate più la parola
“matrimonio”. È un Sacramento e sarebbe
un vero e proprio sacrilegio sposarci a queste condizioni!
Robert
rimase zitto con il capo chino, poi
mormorò molto addolorato:
-
Lo farei, ma non posso. Una governante non
sarebbe una soluzione definitiva ed i miei suoceri continuerebbero ad
insistere
per avere la tutela del nipote. Devo risposarmi se voglio tenere il mio
piccino. Forse sono un pazzo, forse sarebbe meglio per Charles andare a
vivere
con i nonni, ma io ho già perduto sua madre e non voglio
perdere anche lui. Vi
supplico, pensateci.
-
No, Robert, non posso accettare.
Perdonatemi.
Senza
voltarsi indietro, Barbara lasciò la
stanza. Soltanto pochi passi dopo però si fermò
perché i singhiozzi le salivano
dal petto. Aveva bisogno di farsi un bel pianto, uno di quelli
disperati a cui
si era abbandonata tante volte, sin da quando aveva diciassette anni,
da quando
cioè il suo amore per Filippo l’aveva perduta.
Non potendo restare in quel corridoio, aprì una porta a caso
e si infilò nella
stanza buia. Solo allora diede sfogo al dolore per
l’umiliazione subita che,
unita alla paura di dover rivelare a qualcuno i motivi del suo rifiuto
alla
proposta di matrimonio dell’ingegnere Forrest, la ferivano
profondamente
nell’orgoglio.
Si
accasciò per terra mentre le lacrime le
scendevano copiose ed appoggiò la testa al muro
abbandonandosi all’onda della
propria pena, aspettando che passasse, così come aveva fatto
tante volte nella
vita. Infatti dopo un po’ si calmò ed asciugandosi
gli occhi, già stava
preparando il sorriso di circostanza da sfoggiare nel momento in cui
avrebbe
raggiunto gli altri, quando udì il pianto di un bambino
provenire dalla stanza
accanto. Incuriosita, si alzò ed aprì la porta.
Scorse seduto sul lettino un
bambino piccolo tutto nudo: doveva essere Charles, il quale,
abbandonato a se
stesso, piangeva disperato.
Stupita
che lo avessero lasciato così da
solo, la donna gli si avvicinò ed il bimbo alzò
il faccino verso di lei. Con i
riccioli biondi ed i lineamenti delicati, sembrava uno di quei puttini raffigurati nei dipinti
del Rinascimento. I
suoi occhi erano simili a quelli del padre anche se il loro splendido
colore
azzurro era velato dalle lacrime.
Nello scorgere una persona mai vista prima, il piccolo si
stupì un po’ e smise
di piangere, la boccuccia che gli tremava ancora. Era talmente tenero
che
Barbara non riuscì a frenarsi e lo prese in braccio.
-
Che c’è, tesoro, che c’è?
– gli disse
mentre stringeva quel corpicino nudo a sé.
Quando il bambino riprese a piangere, sempre parlandogli con dolcezza,
accostò
il viso al suo e tenendolo per la nuca, lo strinse ancora
più amorosamente. Nel
percepire il tipico odore dei bambini piccoli fatto di sudore, di
latte, di
pelle tenerissima, fu presa come da una vertigine e fu costretta a
chiudere gli
occhi. Per un attimo le parve di avere ancora tra le braccia il suo
Giacomino e
la commozione che gliene derivò fu immensa. Quante volte
aveva sognato di
averlo ancora, quante volte si era risvegliata da quel sogno con
l’amara
consapevolezza che il suo piccolo angelo se n’era tornato in
Paradiso! Adesso,
stringendo Charles, si avvide di quanto amore materno portasse ancora
dentro e
quanto fosse ancora viva la sofferenza per la perdita della sua
creatura. Ora,
accarezzando la pelle tenera di quel cucciolo solo ed indifeso, sentiva
come
una corrente di tenerezza passarle attraverso i sensi e riscaldarle
l’anima.
Forse anche il bambino l’avvertì
perché
si calmò ed, appoggiata la testina sulla sua spalla, si
abbandonò fiducioso.
Ben presto però nel rendersi conto che il piccino era
gelato, lo spirito
pratico di Barbara prese il sopravvento sull’emozione.
Aprì un comò e con una
mano sola, rovistò nei cassetti fin quando non
riuscì a trovare una copertina
di lana con cui gli avvolse il corpicino nudo e tremante. Solo dopo si
accorse
della foto incorniciata sul mobile: ritraeva una ragazza molto giovane,
bionda
e bellissima. Intuì dai suoi lineamenti delicati che doveva
essere la madre di
Charles, la dolce ed angelica Julie di cui Robert non parlava mai.
Fissò il
ritratto con interesse ed ebbe la sensazione che la donna raffigurata
la
guardasse quasi con
un’espressione molto
seria negli occhi, come a volerle dire qualcosa.
-
Non ti preoccupare – le disse mentalmente –
mi prenderò cura del tuo piccino, non lo lascerò
solo, te lo prometto.
Le
erano salite di nuovo le lacrime agli
occhi, ma tutto sommato adesso si sentiva meno infelice con il bimbo
tra le
braccia. Lo avvolse nella copertina poi gli asciugò le
lacrime con un
fazzoletto e gli pulì il nasino, stringendolo sempre
più forte al seno e
cullandolo con dolcezza. Il piccolo a poco a poco non solo si
calmò, ma le fece
anche un sorrisino mostrandole i teneri dentini. Anche Barbara gli
sorrise ed
andò a sedersi su di una poltrona accanto alla finestra da
dove si intravedeva
il sole ormai al tramonto che aveva tinto di porpora il cielo e faceva
risaltare la vegetazione già
del bel
colore rosso
dell’autunno.
Nella luce del crepuscolo, una sensazione di pace avvolse la donna ed
il
bambino che rimasero dolcemente abbracciati quasi come se il tempo si
fosse
fermato.
Chissà quanto ne era passato quando si spalancò
la porta. Entrò una donnetta di
una quarantina d’anni la quale, vedendo la scena,
sembrò restare interdetta.
Subito dietro di lei apparvero Grazia,
Robert ed Alfredo.
-
Insomma, si può sapere cosa stai
combinando? Ti stavamo cercando per tutta la casa! - proruppe
quest’ultimo,
molto adirato. La sorella non si curò di lui e, rivolta alla
donna, le chiese
molto duramente:
-
Vi occupate voi di questo piccino?
Vedendo che l’altra annuiva, continuò:
–
Allora spiegatemi come mai lo avete lasciato nudo e da solo. Siete
pazza per
caso? Non vedete che fa freddo ed è già molto
raffreddato?
-
Ma io ho aiutato i signori a cercare voi! –
si giustificò la domestica, prontamente e con furbizia.
-
Non dite sciocchezze! Ho udito il bambino
piangere disperato non appena ho lasciato il salotto e
chissà da quanto tempo
stava in queste condizioni! Ma ora basta, andate a preparargli un
bagnetto
caldo perché dobbiamo farglielo subito!
Mentre
la donna si affrettava ad obbedire,
Alfredo obiettò, sempre più innervosito:
-
No mia cara, non gli farai nessun bagnetto.
Dobbiamo ripartire domattina presto e ora ce ne dobbiamo andare. E poi
mi
spieghi cos’è questa pretesa?
L’ingegnere mi ha appena detto che hai rifiutato
la sua proposta di matrimonio.
-
Ho cambiato idea – rispose calma la
ragazza, senza smettere di guardare il bambino che ora stava giocando
con le manine
sul suo viso.
-
Finiscila con questi capricci da stupida! –
le urlò il fratello fuori di sé dalla rabbia
– Forse tutti noi, e soprattutto
il signor Forrest, dovremmo stare ai tuoi comodi?
-
Ma perché non stai un po’ zitto tu e non
fai parlare l’ingegnere? – lo rimproverò
Grazia alla quale non era sfuggito
l’intenso sguardo che i due giovani si stavano scambiando.
Robert
non aveva aperto bocca fino a quel
momento ed era rimasto ad osservare con tenerezza la donna ed il
bambino.
Chiamato in causa, affermò:
-
Io invece non ho cambiato idea: sono sempre
di più dell’avviso che siate la donna che cercavo.
Ve lo ripeto, Barbara, sarei
felicissimo se mi diceste che volete sposarmi.
-
Sì e voglio prendermi cura di questo
angioletto – gli rispose subito lei.
Gli
stava sorridendo e negli occhi dell’uomo
si dipinse un’enorme gratitudine perché sapeva che
pronunciando quelle parole,
la ragazza aveva accettato anche l’assurdo patto che le aveva
proposto.