Quando
Daphne si svegliò vide tutto bianco.
No,
non era andata in coma, tantomeno in Paradiso.
Era
semplicemente la neve.
Un
po’ in ritardo, visto che Natale era bello che passato, ma
pur sempre neve, e
pure tanta.
L’unica
cosa a cui pensò fu di correre a scattare delle foto. Sapeva
che la neve
sarebbe durata ben poco, con ogni probabilità avrebbe
piovuto oppure sarebbe
uscito un sole che avrebbe comunque fatto sparire tutto.
Di
corsa ad attaccare la piastra e accendere lo stereo, facendo rimbombare
per la
casa Smells Like Teen Spirit. Non si vergognò minimamente di
cantare a
squarciagola.
Si
vergognò profondamente quando andò ad aprire la
porta con i capelli raccolti
dal mollettone, trovandosi davanti Watari.
-S-sì?-
chiese lei impacciata e arrossendo all’inverosimile.
-Mi
scusi per l’ora, ma volevo accertarmi se fosse tutto a posto-
-Sì
sì, va tutto meravigliosamente!-
-Deneuve
vorrebbe inoltre sapere se fosse disponibile per delle foto concernenti
le
indagini-
Lei
rispose subito di no. Aveva di meglio da fare. Quella giornata voleva
dedicarla
solo a lei. Watari non fece obiezioni. Era una persona davvero
discreta, come
un perfetto maggiordomo. Inoltre, sembrava parecchio in confidenza con
Deneuve.
Probabilmente non erano dei semplici collaboratori, ma Daphne non volle
impicciarsi più di tanto.
Si
mise gli stivali e con un sorriso prese la tracolla e uscì,
chiudendo tutto a
chiave e lasciando i sistemi d’allarme inseriti. Che
comodità, quella casa!
Si
era particolarmente concentrata sui pini bianchi che facevano cadere
dei
piccoli rimasugli di neve dalle foglie e sulle fontane con
l’acqua ghiacciata.
Ideona.
Prese
subito la metro. Destinazione: fontana di Trevi.
Non
aveva mai passato così tanto tempo a fare foto. E poi,
lì c’era sempre tanta
gente. Se qualcuno avesse tentato di fare qualcosa, sarebbe bastato
chiedere
aiuto.
Già
che c’era, prese una monetina da dieci centesimi, voltandosi
alle spalle della
fontana.
-Voglio
solo che la mia vita torni ad essere tranquilla…- disse a
bassa voce, lanciando
la moneta dietro di sé.
Il
pensiero corse anche verso Chad. Nella vita di tutti i giorni la sua
mancanza
si sentiva, eccome. Si sentiva sola. L’anello non lo portava
più. troppo
prezioso, troppi ricordi.
Fare
foto le portò un certo languorino. Non credeva di aver
passato l’intera
mattinata a fare fotografie. E, trovandosi di fronte a un McDonald,
come poter
resistere ala tentazione?
Malgrado
tutto, era riuscita a sedersi in un posto ben appartato, vicino la
finestra.
Poteva continuare a fare qualche scatto ai passanti. Non era mai stata
così
ispirata, si sentiva elettrizzata.
Neanche
si rese conto che qualcuno la osservava. Con insistenza. Proprio dal
tavolo
dietro di lei. Che si alzò nello stesso istante in cui si
alzò lei, ed uscì
subito dopo che Daphne varcò la porta. Nonostante il via vai
di gente, riusciva
a seguirla alla perfezione. E lei camminava tranquilla.
Prese
anche la stessa metro, scese alla stessa fermata, fece la stessa strada
verso
Piazza Del Popolo e si fermava pochi metri dove si fermava lei. Coperto
da un
lungo cappotto e da un cappello, era difficile distinguere chi fosse.
Si poteva
intuire che fosse alto sul metro e ottanta, se non di più.
Stava
per entrare nello stesso palazzo di Daphne, ma dovette bruscamente
cambiare
traiettoria. Un intruso aveva devastato i suoi piani, di qualunque
genere
fossero. Un ragazzo alto un metro e ottanta e costantemente ricurvo,
con la
faccia svampita, era davanti casa della ragazza e le si rivolgeva con
un indice
sulle labbra.
-Deneuve!
Come mai qui?-
-Ti
cercavo. Dove sei stata?-
Il
resto della conversazione fu un mistero. I due entrarono in casa, senza
che il
pedinatore poté combinare qualcosa. Ma non era finita. La
prossima volta era
quella decisiva.
-Non
dovresti andare in giro da sola- disse il ragazzo
-Sono
andata in posti affollatissimi e tranquilli-
-Sono
proprio i posti affollati i più pericolosi-
-Come
vedi sono ancora viva- disse Daphne di tutta risposta.
Lui
rimase zitto. Ma non voleva dire che avesse ammesso la sconfitta. Stava
solo
architettando qualcosa. Una bella sorpresa che Daphne poté
ammirare la sera.
Bè, in realtà a lei non piacque affatto la cosa.
Prese
il telefono e con rabbia chiamò Watari, chiedendo poi di
Deneuve.
-Cos’è
questa storia?-
-Lo
faccio per la tua incolumità-
-Non
puoi chiudermi a casa!-
-Non
ti ho chiusa a casa. Ho solo bloccato per un po’ la porta-
-E
questo come lo chiami se non “chiusa a casa”?!
Sbloccala subito!-
-No.
Non posso farti uscire-
Fu
irremovibile. Fu inutile chiamarlo ogni cinque secondi. Inutile
riempirlo di
insulti.
Credeva
di aver fatto la cosa giusta. Ma a volte, anche i migliori sbagliano.
E
questo il suo nemico lo sapeva bene.
Non
fu certo un caso se gli allarmi suonarono circa sei volte, a casa di
Daphne.
Finestre
rotte, l’acido sulla porta tutto per terra, video citofono
distrutto e altre vigliaccherie
del genere.
Daphne
non riuscì a chiudere occhio, e non volle rivolgere la
parola a Deneuve per
nessuna ragione. Andò a dormire nella stanza di Watari in
preda alla collera.
-Daphne,
ti ho chiesto scusa- disse lui senza nessuna emozione.
-Cosa
me ne faccio delle tue scuse adesso?! Sei contento adesso?! Stavo per
morire
per colpa tua e delle tue idee geniali! Sparisci, adesso, la tua faccia
da
coglione è l’ultima cosa che voglio vedere!-
Lui
chiuse la porta, senza mostrare segni di rancore. L’unica
cosa che si chiedeva
era: come la doveva prendere quella ragazza?