Capitolo 5: Emozioni e Reazioni

House rimise la giacca e uscì dalla casa sbattendo al porta. Riprese la sua moto, cominciò a sfrecciare nella fredda mattinata. Fece più volte il giro dell’isolato. Avrebbe potuto girare da un’altra parte, ma qualcosa non gli permetteva di farlo. Continuò fino a quando la gamba non reclamò la sua attenzione. Si rifermò davanti alla casa. Camminò per il vialetto, fermandosi ai gradini esterni. Si sedette e aspettò qualcosa che non sapeva pure lui. Se ne stava lì, seduto, ripensando alle parole sentite poco prima: “Lisa, voi due avreste dovuto avere un figlio! Come puoi tenerglielo nascosto ancora?”. Glielo aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo. Era stata colpa sua in parte. L’aveva lasciata da sola con un fardello così pesante. Non si era più fatto vivo. Non l’aveva chiamata, e non le aveva scritto. Erano dieci anni che ogni giorno di vedevano, ogni giorno era come un altro. Lei in tutto quel tempo non aveva avuto il coraggio di dirglielo. E solo perché lui era quel bastardo, cinico e misantropo che non permetteva relazioni con gli altri. Era quel bastardo che ogni giorno la prendeva in giro, che la schermiva sulle sue forme. Ma il segreto che lei nascondeva era la cosa più bella, ma anche la più pericolosa e la più grave che poteva mai succedere a loro due. Una sola notte. Quella notte avevano avuto qualcosa di unico.

I suoi pensieri furono interrotti da Wilson. In quel momento stava uscendo dalla porta e lo fissava. “Mi dispiace! Hai ascoltato tutto?”. “Ho ascoltato il necessario.”. “Sei stato sempre seduto qua fuori?”. “No, sono stato in moto fino a pochi minuti fa. Poi la gamba ha cominciato a farmi male e mi sono fermato.”. “Cuddy è in camera sua. House dovreste parlarvi. Questo periodo è molto duro per lei. E dopo la sua confessione lo è anche per te…House mi stai ascoltando?”. House guardava di fronte a sé, nel vuoto. “Come posso far finta che non sia mai successo niente? Io ne ero innamorato Wilson. Lo sono tutt’ora. L’allucinazione e l’internato a Mayfield mi hanno aperto gli occhi su tutto. Ho provato a riavvicinarmi a lei, ma mi sono trovato davanti quell’idiota che lavora in un camioncino dei gelati!”. “House, devi parlare con lei! Dille tutto! Dille quello che provi. Lei non aspetta altro. Dimostrati l’uomo che sei. E non quel bastardo che credi di essere!”. Wilson se ne andò lasciando l’amico di fronte alla porta da solo. House non entrò in casa, risalì sulla sua moto. Guardò verso la casa, la vide guardarlo dalla finestra. Partì, continuò ad accelerare fino a che non raggiunse il suo appartamento. Prese la chiave da sopra lo stipite della porta ed entrò.



“Lisa, House è da te?”. La voce di Wilson era seria. “No. Sarà in ospedale.”. “In ospedale non c’è. Ho fatto controllare. La donna delle pulizie ha detto che non c’era. Sono un po’ preoccupato…”. “Non ti devi preoccupare, è House. Non è stata una bella giornata per nessuno. Avrà bisogno di un poto tranquillo.”. “E tu come stai? Ti senti meglio?”. “Come vuoi che mi senta. Sono qui a casa mia da sola, House è sparito, Lucas arriverà tra poco e dovrò fingere che tutto stia andando per il meglio. Quando in realtà ho bruciato in pochi minuti l’amicizia di 20 anni?”. “Lisa, vuoi una mano?”. “Grazie Jimmy, ma non vedo il modo in cui tu possa aiutarmi…”. Cuddy riattaccò senza lasciare il tempo di rispondere. House non era in ospedale e nemmeno da Wilson. Dove diavolo si era cacciato. I sensi di colpa la aggredirono nuovamente. In quei giorni faceva solo cose sbagliate. Era rinchiusa in casa, nel lutto e nella disperazione. Solo in alcuni momenti riusciva a sorridere. In quei momenti non era sola, ma era con lui. Quando Lucas era con lei, non sorrideva, si limitava a poche frasi e a pochi cenni. Con House era diverso, era riuscita a ridere dopo giorni, giorni troppo bui. E lei ora lo aveva perso per sempre dopo avergli svelato il suo segreto. Il peso che si portava da 20 anni a questa parte la rendeva ancora più delusa e depressa. Aveva provato a dirglielo più volte, ma alla fine era tornata sui suoi passi senza mostrare alcuna sensazione, rimaneva impassibile. Era riuscita a costruire una muraglia tra loro, soprattutto negli ultimi 5 anni in cui lei aveva tentato, senza risultati, di diventare madre. Era stato un periodo tremendo, ma quando lui aveva accettato di aiutarla nelle iniziazioni, lei era sul punto di raccontargli tutto. Ma davanti alla porta del suo ufficio ali aveva girato le spalle promettendosi di non dirglielo. Di cancellare quel ricordo per sempre. Dopo Mayfield credeva che una vita normale l’avrebbe aiutata: stare con Lucas, la rendeva felice, ma aveva sempre quel segreto, che spesso spariva dalla sua mente, ma che ritornava incessante nelle notti passate da sola, a guardare la sua bambina che dormiva. E quando vedeva Rachel dormire, pensava a loro figlio. A cosa sarebbe successo se loro figlio fosse nato. Si chiedeva se fosse stato maschio o femmina. Se avesse suonato il piano come il padre o se fosse stata bella come lei, o magari se avesse avuto gli occhi del padre. Sarebbe cambiato tutto. Ora Cuddy era tornata in camera, il cuscino tra le braccia e la testa appoggiata al materasso. Il lenzuolo la copriva, ma aveva ancora freddo. Si addormentò sotto il peso della giornata mentre due braccia la cingevano per le spalle e la riscaldavano nel freddo della stanza.