Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Infinitefirefly    12/01/2010    3 recensioni
Temari viene informata della presenza nei pressi del confine di Suna di un tizio sospetto che si sta facendo il bagno nelle gelide acque dell'oasi...per Temari, sarà l'inizio di un lungo travaglio nei confronti di un uomo che odia ma che, suo malgrado, la metterà in crisi "sentimentale".
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Temari
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
dancing on a thin line

Dopo più di un anno, ebbene sì, ecco il terzo capitolo di questa meravigliosa storia, che nel frattempo è giunta alla conclusione nel suo originale inglese.

Chiedo scusa a tutti coloro che ho lasciato sulle spine, ma come ben sapete a volte le passioni svaniscono, altre volte invece affievoliscono in attesa di tornare a galla più prepotenti che mai.

Così è successo a me.

Ed ora ho intenzione di finire di tradurre tutta la storia. Non so dirvi con precisione ogni quanto posterò i capitolo, poiché sono in pieno periodo esami e l’esame di- guarda un po’- lingua giapponese mi preme parecchio. Ma sono riuscita a trovare comunque del tempo per questo piccolo capolavoro della bravissima Henna.

Posso però anticipare che se il prossimo capitolo non sarà postato entro sabato, giorno del mio rientro a Venezia per gli esami, di sicuro la storia verrà aggiornata dopo il 20 gennaio.

 

È tutto, non mi resta che augurarvi buona lettura!

 

Feda

 

 

Sul filo del rasoio

 

Non era sorpresa, quando si ritrovò a sognare ancora del corvo.

 

Stavolta il vassoio era pulito e scintillava debolmente sul suo davanzale. Il corvo vi si era appollaiato vicino, scrutava indagatore la sua stanza mentre lei lo osservava, incorporea, dal letto.

Le gocce di sangue sulle tende si erano asciugare si erano trasformate in macchie di un marrone sporco, e nulla successe per un intervallo lunghissimo. Il corvo la guardava e lei guardava il corvo. Poi, mentre Temari si rendeva conto di starsi agitando, saltò già dal davanzale ed entrò nella stanza in un vortice di piume nere, sistemandosi sul bracciolo della sedia nell’angolo della stanza.

Inclinò la testa di lato e Temari chiuse gli occhi.

 

Quando li riaprì, si trovò caduta dal letto per metà, con le braccia incrociate sulla fronte.

Kankuro la osservò senza nascondere una certa apprensione quando, dopo una colazione alle quattro del pomeriggio, mise i piatti sporchi nel frigo e il cartone del latte nel lavandino. Temari sembrò non accorgersi nemmeno della preoccupazione del fratello e passò la giornata ad allenarsi intensamente sotto il cocente sole del deserto.

 

Qualche miglio ad ovest di dove lei si stava allenando, Gaara sedeva in una stanza piena di ingegneri, correggendo le bozze dei piani per le barricate.

________________________________________________________________________________________

- Credevo avessi detto di aver finito.-  disse Temari impassibile, per nulla sorpresa di vederlo quella notte.

- Ho ancora bisogno di pregare, Bionda.- replicò facendo un gesto evasivo con la mano, accovacciandosi vicino all’oasi.- Niente riposo per gli uomini pii, davvero.-

 

Temari lo osservò in silenzio, trovando l’intatta ed incorrotta superficie del lago alquanto insolita. Aveva finito coi sacrifici. Non ci sarebbe stato del sangue da pulire, stanotte.

 

La fiamma delle fiaccole, unica fonte di luce dell’oasi e del deserto circostante, gettava uno spaventoso riflesso scarlatto in direzione della luna piena. Temari lo guardò con fastidio, memorizzando la sua corporatura, memorizzando ogni singola caratteristica fisica, valutando le sue possibilità in un combattimento e visualizzando mentalmente ogni possibile attacco e contrattacco a cui riusciva a pensare.

 

Era leggermente sorpresa quando lui finì le sue preghiere un po’ prima del solito, più precisamente di  un’ora e mezza. Quando Temari lanciò uno sguardo rapido al suo orologio, questo segnava solo le 2:52.

Con prudenza, strinse la presa attorno al ventaglio mentre lui si infilava il rosario intorno al collo, sistemandolo finchè non fu soddisfatto.

 

- E ora?- chiese Temari, quando le mani di lui tornarono lungo i suoi fianchi.

- Che diavolo vuoi dire con “e ora”? Ho finito.-

- Che cos’hai intenzione di fare adesso?- chiese ancora lei, impaziente.- Sederti qui e basta?-

- Beh, che cosa vorresti che facessi? Che danzassi per te?-

- Potresti andartene e non tornare mai più.- suggerì Temari innocentemente.- Sarebbe fantastico.-

- Sei una stronza, lo sai?-

- E tu una testa di cazzo. Pari.-

Lui sogghignò, appoggiando il peso sulle mani.

- Ammettilo, Bionda. Ti annoieresti all’inverosimile se non venissi qui. Sono io che rendo divertente il tuo lavoro.-

- Divertente?- ripetè Temari, assente.- Pensi che questo sia…divertente?!-

- Stare seduti al freddo tutta la notte mentre mi guardi fare il bagno? Terribilmente divertente.-

- Sei un membro dell’Akatsuki.- constatò gelida.- Sarebbe un comportamento davvero idiota perderti di vista.-

- Ti ho detto che non ho intenzione di fare nulla.- disse lui, sembrando divertito.- Davvero.-

- E tu ti aspetti che io ti creda?- Temari rise cinicamente.- Nel momento in cui abbassiamo la guardia siamo tutti dei sacrifici che camminano.-

- Senti.- disse lui all’improvviso, suonando irritato mentre si sedeva e incrociava le gambe.- Sono le cazzo di tre del mattino. Sono stanco. Lavoro tutto il giorno e il mio lavoro fa schifo, quindi quando dico che non ho intenzione di fare altro se non godermi un po’ di fottuto relax, è proprio quello che intendo fottutamente fare.-

Temari aprì la bocca per parlare ma lui la interruppe, infastidito.

- Quindi non pensare che io sia così stupido da fare qualcosa. Non vale assolutamente la pena sacrificarti e rischiare che tutto il tuo maledetto villaggio mi faccia il culo.-

 

Temari lo fissò senza parole, in qualche modo sorpresa dalla sua petulanza.

 

Da un membro dell’Akatsuki si era aspettata stoicismo, arroganza, incapacità di provare emozioni, non malumore. Ma con quelle parole, lui aveva immediatamente frantumato la sua percezione di loro come creature inumane, creature incapaci di provare alcunché, creature immuni a stanchezza e malattia.

 

Non avrebbero dovuto stancarsi. Non avrebbero dovuto prendersi una pausa dall’essere cattivi. Essere cattivi non era un lavoro—era un modo di vivere. Era una scelta. Per tutto ciò che aveva fatto, lui non aveva diritto al riposo o al relax.

 

Improvvisamente Temari si sentiva male, la sua nausea che tornava a galla nell’esatto momento in cui ricordò come si era sentiva quando Kankuro era stato avvelenato, ricordandole la rabbia e la paura al pensiero di perderlo. Era stata soltanto la routine di una giornata di lavoro, per quelli come lui? E ora voleva prendersi una pausa da tutto ciò?

 

Con la mente vuota, abbassò lo sguardo sulle sue dita, che erano strette intorno al ventaglio così forte da farle male.

 

Non avrei mai pensato che potesse andare peggio, pensò guardandolo attraversò un velo di fulgida luce rossa. Ma questo…questo è…

 

Non riuscì a finire il pensiero, la coerenza che franava sotto lo sforzo di trattenere la furia crescente.

 

- Oh, e se la ragione per cui ti comporti da stronza è per tutto quel bordello dell’Akatsuki che rapisce il tuo Kazekage, non prendertela con me. Non ho niente a che fare con quella merdata.- disse casualmente lui, guardandosi intorno.

- Niente a che fare con te.- ripetè Temari, allarmata al suono monotono della sua voce.- Che importa? Siete tutti fatti della stessa pasta, quindi non vedo per quale motivo tu dovresti essere escluso dal gruppo.-

- Non mettermi nella stessa categoria di quei pagani.- ringhiò, sembrando improvvisamente alterato.- Non siamo affatto uguali.-

- Siete tutti dei bastardi assassini. C’è abbastanza da essere uguali, in questo.-

- Io ho le mie ragioni per quello che faccio.- replicò.- Posso anche lavorare per loro, ma ho il mio personale “ordine del giorno”.-

- E cosa sarebbe.- ghignò Temari.- La beatificazione?-

- Non proprio, ma anche quella non sarebbe una cattiva idea.- rispose, sembrando leggermente divertito.- Sant’Hidan. Mi piace come suona. E….merda! ti ho appena rivelato il mio nome, vero?-

- Già.-

- Vabbè. Lo puoi trovare comunque in tutti gli elenchi dei ricercati.- fece una pausa.- Tu non hai intenzione di dirmi il tuo invece, vero?-

- No.-

- E Bionda sia allora.- disse con una scrollata di spalle.

 

Temari si morse il labbro, stringendo gli occhi.

I suoi cambi di umore erano veloci e frequenti, notò mentre tamburellava sul manico del ventaglio con le dita. Sembrava anche abbastanza menefreghista, dato che aveva rivelato il suo nome in modo così imbelicce, ed era andato così vicino a darle informazioni nientemeno che sull’Akatsuki. Se stuzziaco, avrebbe anche potuto lasciarsi sfuggire qualcosa di importante.

 

Leccandosi le labbra, Temari si sistemò contro la base della torcia, guardandolo tranquillamente.

 

- Non ti piace lavorare per l’Akatsuki.- incominciò, facendola apparire più come una constatazione che come una domanda.

- Cazzo no.- disse con veemenza, facendo passare manciate di sabbia da una mano all’altra.- Il mio capo è la peggior faccia da culo che potrebbe capitarti di incontrare.-

Sogghignando, Temari decise di tentare un approccio più discreto.

- Com’è che i vostri obiettivi sono diversi?-

Lui fece una pausa prima di guardare verso di lei, con un tono vagamente seccato.

- Stai cercando di ottenere informazioni da me, non è vero?-

- Sì.- disse lei, chiaro e tondo.

- Sai, se davvero avessi mai saputo qualcosa avrei anche potuto dirtelo.- disse, soppesando la cosa.- Ma quel testa di merda non mi dice mai un cazzo.-

 

In qualche modo, a giudicare dal tono, Temari capì che stava dicendo la verità, perciò decise di non insistere. Ma la sua improvvisa malleabilità la mise in guardia.

 

- E perché mai lo faresti?- chiese.

- Solo per farlo incazzare.- rispose pigramente, lasciando che la sabbia con cui stava giocando fluisse rapidamente verso terra.

Temari lo fissò incredulo.

- Desideri morire, per caso?-

 

La domanda lasciò le sue labbra prima ancora che lei potesse soppesarla e per un secondo rimase sospesa lì, immobile, nell’aria fredda.

 

- Sì.- rispose finalmente.- Ma lui non può uccidermi.-

 

Temari si fece silenziosa, guardandolo confusa e sospettosa. Di nuovo, qualcosa nella sua voce non dava alcun segno di menzogna, le sua parole erano semplici, disinvolte, spontanee.

Ma questa sua affermazione non aveva senso, realizzò Temari. Lui aveva detto che non avrebbe attaccato perché era troppo stanco e non aveva voglia di combattere. Ed ora dichiarava che il leader dell’organizzazione criminale più famosa del continente non poteva ucciderlo.

Una goccia di sudore freddo corse veloce dalla base del collo lungo la schiena della ragazza.

 

- Perché, sei così forte?- chiese, sforzandosi di mantenere il tono di voce neutro.

Lui sogghignava, mentre replicò.

- No. Solo molto, molto resistente.-

- Cosa vuoi dire con questo?-

- Voglio dire che non posso morire.- finì, con una risata di scherno.

Temari lo guardò senza capire, convinta di aver sentito male.

- Non puoi morire.- ripeté, quasi aspettandosi che lui la correggesse.

- È quello che ho detto.- ribatté, sorridendo cinicamente.- La morte ha deciso di vendicarsi di me.-

 

Temari riusciva solo a fissarlo e improvvisamente la sua bocca si fece asciutta come il deserto intorno a lei, la gola pungente mentre inghiottiva aria. Il cuore le rimbombava nelle orecchie, pulsando dolorosamente nel suo petto, la lingue un peso morto nella bocca.

Altro sudore prese a correre lungo il collo, appiattendo ciocche di capelli biondi alla pelle tesa.

Incapace di sopportare quella sensazione,  si alzò e si tolse lo scialle, appena capace di trattenere un sospiro di sorpresa quando il vento freddo le accarezzò la pelle umida.

 

Questo è panico? pensò tremando, ad occhi sbarrati. Incredulità? Entrambi?

 

I corvi non sono immortali.

 

- Non mi credi?- chiese lui, senza badarci, mentre si appoggiava nuovamente con le mani alla sabbia.- E come diavolo pensi che sia sopravvissuto ai morsi di quel serpente?-

- C’è un…vaccino.- gracchiò Temari, spaventandosi di quando la sua voce fosse debole.- Avresti potuto…-

- Ora stai facendo la stupida.- disse.- Pensaci un attimo.-

- Non ti credo.- sussurrò Temari, più a se stessa che altro.

 

Non è vero. Non può essere vero. Come posso vincere, allora? Come posso proteggere…? Non è possibile. Nessun dio è tanto crudele da mandarmi un nemico che non può morire. Deve stare mentendo. Deve—

 

Il ventaglio affondò nella sabbia, giacendo su un lato appena la sua stretta si ammorbidì, i suoi occhi sbarrati fissi sul metallo lucente del manico.

Non sono così, pensò. Non ho mai reagito così.

 

Ma lui lo odi, ricordi? Le ricordò una voce nel profondo della sua testa. Lo odi quando gli shinobi non dovrebbero odiare. Sei contorta Temari. Sei completamente fuori da ogni schema quando si tratta di lui.

 

- Bene.- disse lui ad alta voce, dopo dieci minuti di totale silenzio.- Visto come sono riuscito a farti cagare sotto, direi che per stanotte il mio lavoro qui è finito.

Temari lo fissò in silenzio, gli occhi ancora sgranati mentre lui si alzava e raccoglieva la sua falce.

- Pensavi che uno di questi giorni mi avresti ucciso, non è vero?- chiese, sembrando compiaciuto.- Ed ecco che all’improvviso ho lanciato una bomba sulle tue piccole fantasie.- rise.- Non vorrei essere nei tuoi panni!-

 

Stai zitto, zitto, zitto—

 

- Ora siediti qui e lascia che il concetto lavori nel tuo cervello.- le consigliò, sembrando divertito.- Lo assimilerai, giuro.-

 

Ti odio, voleva dirgli. Ti odio bastardo. Stai mentendo. Devi mentire, perché devo ucciderti e non posso ucciderti se stai dicendo la verità.

 

Fece un piccolo gesto con la mano e iniziò ad andarsene.

Temari voleva urlare, ma tutto ciò che riuscì a dire fu un arido – Aspetta.-

Lui si fermò e lanciò uno sguardo dietro oltre la spalla.

- Non tornare.- disse, trovando un debole filo di voce.- Non tornare mai più.-

- Mi hai fatto una domanda.- disse senza scomporsi, la sua ombra tremolante nella luce fioca delle torce.- Sul perché i miei obiettivi sono diversi da quelli dell’Akatsuki. Ti risponderò domani.-

Temari poté soltanto boccheggiare senza dire una parola, osservandolo mentre spariva nel buio, le fiamme che si spegnevano in silenzio dietro di lui.

 

_____________________________________________________________________________________________

Non riuscì a dormire quella notte. La paura la schiacciava da tutti i lati, minacciando di soffocarla nell’istante in cui avrebbe appoggiato la testa sul cuscino.

Il corvo era lì sul bracciolo della poltrona, la guardava. Inclinò la testa di lato ed improvvisamente lei fu riempita da una sensazione di repulsione, incapace di sopportare quella presenza un minuto di più. Sentiva le sue mani incorporee afferrare oggetti, oggetti taglienti, e lanciarli nella sua direzione più forte che poteva.

Gli oggetti mancarono il bersaglio, strappando ciuffi di piume che fluttuavano leggere sul tappeto. L’uccello non si mosse, compiaciuto dell’assalto e per nulla turbato dalla violenza di lei.

Infine, quando finì gli oggetti da lanciare e le sue braccia invisibili divennero pesanti dalla stanchezza, il corvo aprì le ali e volò dalla poltrona alla ringhiera ai piedi del letto.

 

Quando Temari si svegliò, si trovò sul braccio lividi a forma di mezzaluna, dove aveva conficcato le unghie durante la notte.

 

- C’è qualcosa che non va.- affermò Kankuro quando lei entrò in cucina, guardando le occhiaie scure attorno ai suoi occhi.- Ho intenzione di dire a Gaara di cambiarti di turno.-

- No.- disse lei fissandolo come se fosse pazzo.- Non puoi.-

Kankuro aprì la bocca per protestare, ma lei afferrò la sua colazione e tornò in camera sua.

 

Tu stai impazzendo, si disse chiaramente una volta seduta, guardando la sua colazione quasi intatta senza vederla davvero. Ti stai comportanto come si comportano loro….come le attrici di quegli stupidi film. Come se fossi malata d’amore.

- Malata d’odio.- si corresse Temari ad alta voce, trovando strano il gusto della parola nella sua bocca.- Sono malata d’odio.-

Non è esatto, continuò la calma voce dentro di lei mentre affettava il pane della colazione, forzandosi a mangiare. Sei ossessionata.

Temari fece una smorfia, pensando ai suoi sogni e a come non ne avesse mai avuti così tanti consecutivi prima, pensando al corvo e a cosa rappresentasse. Il pensiero che fosse nei suoi sogni ogni notte bastava a farle venire la nausea.

È per questo che gli shinobi dovrebbero essere in grado di non provare emozioni durante le missioni? si domandò, masticando il cibo. È perché altrimenti impazziresti?

 

Il suono di bambini che ridevano e giocavano sulla strada di fuori penetrò attraverso le persiane, brandelli di grida eccitate alla deriva fin dentro alla sua finestra. Temari fissò cupa le imposte semiaperte, ascoltando le risate. La loro felicità era invidiabile.

Mentre ridevano e giocavano, consci solo del loro divertimento, nella sua stanza lei si domandava cosa avrebbe potuto fare per sistemare la situazione impossibile in cui si trovava.

 

Kankuro era stato battuto quasi senza batter ciglio da uno di loro. Anche Gaara non era stato in grado di tenere a bada il suo avversario, ed era il Kazekage. In entrambi i casi, i suoi fratelli avevano affrontato un solo membro.

Ora lei si trovava nella stessa situazione. Uno dell’Akatsuki, immortale per giunta, aveva trovato la strada per l’ingrasso del suo villaggio. Aveva un temperamento pericoloso ed era chiaramente pazzononché apparentemente invulnerabile  a qualsiasi attacco a cui lei avesse potuto pensare.

 

In silenzio, posò il piatto e andò alla finestra. Aprendo totalmente le persiane, socchiuse gli occhi alla luce del sole che si riversava nella sya stanza, scrutando il quartiere prima di abbassare gli occhi sui bambini che giovavano per strada.

 

La sconfitta era una pillola amara da ingoiare. L’aveva imparato molto presto.

 

E ora, come un lieve accenno di amarezza si presentò sulla sua lingue, Temari sentì una strana e vuota delusione prendere il sopravvento. Contemporaneamente, tutti i pensieri di vendetta e di protezione divennero ridicoli, resi assolutamente impossibili dalle attuali circostanze.

Il massimo che posso fare, realizzò con amarezza, è provare a tenerlo fuori dal paese.

I piani per le barricate erano stati rifiniti la scorsa notte. Finchè la loro costruzione non fosse stata completata, e ci sarebbero voluti uno o due mesi, i loro “incontri” notturni avrebbero dovuto continuare.

 

Pensò a lui, al suo atteggiamento odioso, al suo sarcasmo pungente e al suo abituale linguaggio volgare, e provò a immaginare come sarebbe stato averci a che fare per i prossimi cinquanta e qualcosa giorni.

Abbassò la testa in rassegnazione, lasciando cadere la sua fronte contro il vetro della finestra con un piccolo “thud”.

Mi pensi? si chiese cinicamente, muovendo le dita sui granelli di sabbia sul suo davanzale. Mi pensi allo stesso modo in cui io penso a te?

Se lo immaginò alla luce del giorno, circondato da un gruppo di figure tenebrose, se lo immaginò mentre pensava a lei e incurvava le labbra in un privato e perverso sorriso al pensiero del suo nuovo giocattolo biondo.

Hai parlato di me agli altri? si domandò, sbattendo piano le palpebre. O mi tieni segreta…come io tengo te?

Segreta, disse qualcosa nel fondo della sua mente. A nessuno piace condividere i propri giocattoli.

 

La pelle della nuca rabbrividì e 2quasi inconsciamente si ritrovò a muovere la testa da una parte e dall’altra, scrutando l’entrata.

Aperta. Vuota.

A occhi sgranati, si passò una mano sul collo e guardò con apprensione il sudore sulle sue dita. I suoi vestiti erano zuppi.

Deglutendo a fatica, attraversò la stanza ed afferrò l’asciugamano che aveva lasciato ai piedi del letto, prima di allontanarsi per la doccia. La colazione pesava come piombo nel suo stomaco, tutto il corpo pervaso dalla pelle d’oca mentre si spogliava per entrare nella cabina.

Lanciando uno sguardo alla sua immagine nello specchio a figura intera, Temari fece una smorfia vedendo lo sguardo straziato nei suoi occhi.

 

L’acqua sgorgò con un sibilo quando entrò nella doccia, smaniosa di fuggire da quel riflesso pauroso e pregando che il ritmico scorrere dall’acqua la portasse via quei pensieri inquietanti.

Rabbrividendo sotto il getto, afferrò il sapone e si lavò meccanicamente, strizzando gli occhi per cancellare le immagini di lui che si presentavano provocatorie in tutti gli angoli della sua mente. Appena lo fece, la voce nella sua testa si intromise con una domanda apparentemente innocente.

 

Cosa pensi stia facendo lui ora?

 

Rabbrividendo ancora, si mise le mani nei capelli, stringendo forte e concentrandosi sul dolore che sembrò zittire quell’eco rivoltante. Respirando a fatica, Temari aprì leggermente gli occhi, guardando in basso l’acqua saponata scorrere via nello scarico.

Si immaginò alla frontiera di  guardia, rannicchiata sotto il tepore della torcia, mentre lo guardava lavare via il sangue sacrificale dal suo corpo con un misto di fascino e orrore.

Il suo viso bruciava al ricordo, le si stringeva lo stomaco e veleno riempiva ogni fessura della sua mente, travolgendo tutti i pensieri in una furia cieca, rossa.

 

Lo odio, lo odio, lo odio, lo odio, lo odio, voglio…voglio solo…

 

- Fargli male.- sospirò debolmente, chiudendo gli occhi.- Voglio fargli male, voglio…-

Il desiderio di infliggere dolore fu improvvisamente così forte che il suo cuore le faceva male in assenza di lui, le faceva male dover aspettare prima di vederlo di nuovo e saziare la sua rabbia.

 

Ucciderlo non era più un’opzione plausibile, e per questo la sua mente e il suo corpo urlavano, pregavano  smaniosi di potergli procurare tutto il dolore possibile.

Negarsi la possibilità di farlo soffrire era come infliggersi da sola una ferita nel fianco, straziante perché era fin troppo consapevole di che cos’era quel mantello e del suo significato. Con ogni probabilità sarebbe stata sopraffatta. Con ogni probabilità lui l’avrebbe uccisa prima che potesse tentare qualcosa. Con ogni probabilità si sarebbe rovinata la vita se avesse deciso di ascoltare quell’istinto primordiale che fomentava rabbia dentro di lei.

 

Tenerlo alla larga, e sia, si disse senza fiato, premendo la fronte contro le fredde piastrelle bagnate. Non fare nulla di stupido, Temari. È ciò che vuole lui.

 

La rabbia diminuì gradualmente, sbollendo e lasciandola vuota e arida. Il battito cardiaco le pulsava forte nelle orecchie, il cuore che si contorceva nel bisogno di vederlo, struggendosi per la possibilità di infliggergli dolore e bramando una soluzione che estirpasse il veleno che aveva inondato tutto il suo essere.

Lentamente, afferrò le manopole della doccia e chiuse l’acqua, rimanendo all’interno della cabina e ascoltando il quieto gocciolare, respirando, guardando le porte scorrevoli annebbiate dal vapore.

Inconsciamente si spose e lasciò che le sue dita toccassero quei vetri annebbiati.

 

Avrebbe impegnato le ore che le restavano, sarebbe andata alla frontiera e avrebbe fatto il suo dovere, solo il suo dovere. L’avrebbe tenuto alla larga. Non ci sarebbero state provocazioni o insinuazioni. Non si sarebbe permessa di perdere la testa, metaforicamente o letteralmente. Calma, sarebbe rimasta impassibilmente calma.

 

____________________________________________________________________________________________

1:47

 

Un brivido di anticipazione le scosse il corpo.

Il suo respiro si frammentò in nuvolette e chiuse momentaneamente gli occhi, abbandonandosi contro la torcia, lasciando che il calore e l’iniezione facessero effetto. I dolori alle articolazioni erano diminuirono pian piano, insieme al peso sulle palpebre, i muscoli contratti appena un fiotto di calore corse lungo la sua spina dorsale.

 

In pochi minuti la sua stanchezza era sparita. Sentendosi più fresca che in tutto l’arco della giornata, guardò la siringa che teneva in mano: troppe dosi avrebbero avuto un pessimo effetto sul suo corpo e avrebbe rischiato di diventare dipendente da quell’energizzante. Ma il solo pensiero di addormentarsi una volta a casa suscitò una sensazione di presagio e si domandò quanto vicino sarebbe arrivato il corvo la prossima volta che avesse chiudo gli occhi.

 

Temari strizzò gli occhi in autoaccusa. Parte di lei odiava preoccuparsi così tanto per quei sogni consecutivi ed inquietanti, ma non riusciva a non rabbrividire al ricordo di quell’uccello e delle sue zampe prensili che si appoggiavano ovunque.

 

Qualcosa di simile all’eccitazione saltellava alla bocca dello stomaco, e si trovò senza pensarci ad asciugare i palmi sudati delle mani contro i pantaloni dell’uniforme.

Dovere, si ripeté. Fai il tuo dovere e tienilo fuori, nient’altro.

Quando dopo otto minuti lui arrivò, Temari non disse assolutamente nulla, per un attimo ammutolita alla scossa nervosa del suo stomaco. Inconsciamente, si strinse al suo ventaglio, portandoselo sempre più vicino mentre lui si toglieva dalle spalle la sua falce.

Senza dire una parola, la lasciò cadere sulla sabbia prima di sedervisi accanto, senza guardare in direzione di Temari.

Lei lo guardò, un sorriso sardonico sulle labbra. Lui estrasse il rosario ed iniziò a pregare senza degnarla di uno sguardo.

Voleva giocare, eh? Farla parlare per prima. Era anche più infantile di quanto avesse pensato.

Incrociando le braccia, rimase appoggiata alla torcia, aspettando.

 

Il deserto era silenzioso, solo il crepitio delle fiamme accarezzava l’aria, come una fila di candele in un letto di sabbia. Temari non mosse mai lo sguardo dalla sua figura immobile, né si girò per controllare le altre sentinelle.

Circondata dalle tenebre, sotto la luce calda della torcia e nella breve distanza che li separava, Temari si sentiva come se loro due fossero le uniche cose vive nel desertoentrambi silenziosi e a cavallo di un limite invisibile sepolto sotto una tonnellata di sabbia, entrambi che giocavano a “scommetto che parlerai prima tu”, entrambi consapevoli di chi sarebbe stato in vantaggio se uno di loro avesse osato varcare quel limite.

 

Fu lui a rompere il silenzio per primo, le sue parole casuali che mascheravano un divertimento malcelato.

- Non credevo saresti tornata.-

Temari lo guardò,  senza sapere se stesse sogghignando o facendo una smorfia nel rispondere.

- Perché non avrei dovuto?-

Lui scrollò le spalle.

- Pensavo non l’avresti fatto, visto come ti ho fatto cagare sotto ieri.-

Temari ridusse gli occhi a una fessura, la voce tagliente e glaciale.

- Mi hai colto di sorpresa, ecco tutto.- fece una pausa, il tono divenne sardonico.- Non capita tutti i giorni di incontrare qualcuno che non può morire, dopotutto.-

- No, cazzo.- sbadigliò, prima di stiracchiare le braccia e unire le mani dietro la testa, lasciandosi cadere di schiena nella sabbia.- Qual è il tuo piano allora, visto che non puoi uccidermi?-

- Sono qui solo per fare il mio lavoro.- replicò lei.- E impedirti di attraversare il confine.-

- Ti ho già detto tre cazzo di volte che non ho intenzione di fare niente.-

- E nulla di ciò che dici mi porta a crederti.-

Lui non rispose per qualche secondo, osservando in silenzio il cielo puntellato di stelle.

- E se stessi mentendo?- chiese all’improvviso, quasi placidamente.- Facciamo che attraverso il confine. Cosa faresti?-

 

Temari lo fissò, ondate di paura fredde come il ghiaccio si infrangevano sulla sua schiena. Strinse la sua presa sudata intorno al ventaglio mentre si sporgeva in avanti.

Dovere, prima di tutto. Non provocarlo. Non insinuare. Dovere prima di tutto.

- SE lo farai.- replicò con calma.- Dovrò fermarti.-

- E pensi di farcela?-

- Se sono costretta.- disse brevemente, complimentandosi con se stessa per riuscire a tenere la voce neutrale quando le sue caviglie stavano affondando nella sabbia e le sue dita tremavano incontrollabili sul manico del ventaglio.

- Cercherai di uccidermi non appena te ne darò l’occasione.- continuò tranquillo, un’affermazione più che una domanda.

- Sì.- affermò, ricordando la conversazione della notte precedente.- Ma a te piacerebbe, non è vero?-

Lui ridacchiò a quella domanda e aollevò leggermente la testa dal nido delle sue mani per guardarla.

- Lo adorerei, davvero.-

 

Non era sicura se le sue guance fossero in fiamme per l’iniezione o per il fatto che si sentisse in qualche modo violata. Qualcosa nella sua voce aveva la straordinaria capacità di deriderla, anche mentre rispondeva a una domanda qualsiasi. La irritava da morire.

- Ma ho una fottuta fortuna dalla mia.- sbuffò, la testa che tornata ad appoggiarsi alle mani sulla sabbia.- Nessuno può uccidermi.-

Temari ringhiò, la sua voce graffiante.

- Allora perché non fai un favore a tutti e ti uccidi da solo?-

Lui non rispose e ogni eco nella sua testa di quelle crudeli parole lasciate sospese nell’aria fredda aumentavano il suo ghigno. Un mese fa, forse si sarebbe sentita in colpa per una frase così terribile. Ma ora, invece di rimorso e vergogna, sentiva solo pura soddisfazione, mentre lo osservava immobile.

- Già provato. Non funziona.-

Temari sbattè le palpebre, la voce piatta.

- Provato cosa?- chiese, prima di riuscire a fermarsi.- A ucciderti?-

- In ogni modo a cui puoi pensare. Niente funziona.-

- Come funziona? Non hai la libertà di decidere della tua immortalità?-

- Diciamo così.-

 

Temari sogghignò. Il dovere prima di tutto, certo. Questo implicava non parlare con lui se non fosse strettamente necessario. Ma non potè resistere all’opportunità di ricambiare le prese in giro che lui le aveva tranquillamente offerto la scorsa settimana.

- Ne dubito.- disse con fare arrogante.- Probabilmente non lo fai nel modo giusto.-

Lui alzò la testa per gettarle un’occhiata.

- Mi stai dando dei consigli?-

- Diciamo così.- lo imitò.- Perché no, la tua morte ci farebbe felici entrambi.-

Lui assunse un tono di voce ferito, mettendosi una mano sul cuore.

- Questo è crudele, davvero. Penso che potrei anche farlo…se me ne fregasse un cazzo di quello che pensi.-

Temari alzò le spalle, per nulla turbata dal suo sarcasmo.

- Pensavo avresti apprezzato qualche suggerimento, dato che mi pare di capire che non sei capace di ucciderti da solo.-

Lui rise. Un suono crudo e senza emozione nell’aria fredda della notte.

- Pensi di poter fare meglio? Vieni avanti, colpiscimi!-

- Impiccati.- suggerì, la prima cosa che le venne in mente.- Veloce. Efficace. Non sporchi neanche in giro.-

- Provato.-  sbuffò.- Mi sono pure rotto il fottuto collo. Non ha funzionato.-

- Veleno.- continuò, senza esitare, la sua voce tranquilla come se fossero in una sala da the.- Overdose di droga.-

- Potrei bere un litro di candeggina e non mi farebbe un cazzo.- replicò secco.- Davvero, non serve a nien…-

- Annegamento.- lo interruppe, la mente che correva a tutte le tecniche di suicidio che conosceva.- Asfissia.-

- Fatto e fatto.-

- Decapitazione.-

- Fa un male bastardo, te lo giuro.-

- Sei sopravvissuto a una decapitazione?- domandò incredula.

- Sono qui, no?-

- Non ti credo.-

- Come se ne fregasse. Cosa vuoi? Una dimostrazione?-

Temari esitò un momento.

- Bombe.- disse infine.

 

Lui la guardò dalla sua postazione nella sabbia, in silenzio. Fiorì in lei un’improvvisa fiducia, un sorriso maligno lottava per attraversare il suo viso, la voce in possesso di un tono serio e clinico mentre descriveva la sua idea, una morte istantanea senza possibilità di salvezza. Non si preoccupò nemmeno di nascondere il suo entusiasmo.

- Non puoi dirmi che hai provato anche questo. Non c’è scampo, se sono attaccate al tuo corpo. La vicinanza dell’esplosione ti farebbe andare in mille pezzi…-

- Che è il motivo per cui non sono tanto stupido da provarci.- la interruppe.

Temari lo fissò, il suo labbro superiore che si incurvava in un sogghigno.

- Perché, hai paura?-

Lui si sedette di scatto e istintivamente le mani di Temari corsero al suo ventaglio, le dita tese sul metallo. Lui stava lì seduto, le braccia  lungo i fianchi, e la guardava in silenzio.

Non provocarlo, si ricordò, il cuore che correva all’impazzata. Occhio alla tua boccaccia, Temari.

Lui la guardò per qualche altro secondo, poi girò la testa di lato, storcendo il naso.

- Solo i pagani avrebbero paura.-

Quando Temari non disse nulla, lui continuò, giocherellando con la sabbia.

- Se non pensassi che mi lascerebbe ancora vivo e inutile anche se in mille fottuti pezzi, l’avrei già fatto da un pezzo.-

 

Temari inghiottì a vuoto.

Senza nemmeno volerlo, le aveva appena ricordato quanto fossero inutili tutti i suoi miseri tentativi e le sue stupide tecniche, distruggendo tutte le sue speranze di difendere il suo villaggio e la sua famiglia.

Era come uno schiaffo in pieno viso.

Sconfitta, si lasciò cadere a peso morto contro la torcia, fulminandolo con lo sguardo stanco.

Prima di incontralo, si era immaginata l’Akatsuki come un gruppo di cretini senz’anima, senza emozioni,  degli animali estranei all’altruismo, alla paura o a desideri che non fossero politici o materialistici. Era tutto ciò che volevano no? Potere? Influenza?

 

Lui aveva distrutto quell’immagine nemmeno un’ora dopo il loro incontro.

 

Sono sacrifici per il mio dio.

Altruista. Serve uno scopo più alto.

Non mettermi nella stessa categoria di quei pagani.

Dissociazione.

Posso anche lavorare per loro, ma ho il mio personale “ordine del giorno”.

Obiettivi che vanno oltre politica e materialismo.

La morte ha deciso di vendicarsi di me.

……perché?

 

La sua apparente immortalità e il suoi sconvolgente desiderio di morire erano le cose che più di tutte avevano distrutto le sue percezioni. La visione del sociopatico idealista affamato di potere era stata stravolta nella sua mente, le sue opinioni sconvolte, i suoi pensieri confusi.

Che cosa cercava lui? Perché quel desiderio di morte? Perché a lei importava?

Tieni vicini i tuoi amici, pensò debolmente, richiamando l’antica regola non scritta che ogni ninja di Suna conosceva. Ma tieni ancora più vicini i tuoi nemici.

Trenta giorni o poco più: l’ammontare di tempo che avrebbe passato in sua compagnia.

Trenta giorni o poco più, e lei doveva tenerlo fuori dal confine.

Trenta giorni o poco più, lei doveva essere pronta e all’erta, preparata a combattere e a morie.

Lei aveva trenta giorni o poco più per conoscerlo meglio, memorizzare i suoi umori e le sue abitudini, capire cosa lo faceva arrabbiare, cosa lo interessava e cosa lo spingeva a fare quel che faceva.

 

Trenta giorni o poco più per soddisfare il fascino che esercitava su di lei quell’uomo che l’aveva invasa tutta, in ogni pensiero, in ogni respiro.

 

Temari prese un respiro profondo.

- Perché morire?- chiese all’improvviso.- Perché non vivere per sempre?-

Non si preoccupò di guardarla, stavolta, tenne gli occhi incollati al cielo nero.

- Perché farlo.- replicò amaramente.- In  questo mondo di merda?-

Temari lo fissò, sorpresa dal suo rancore.

- Che cos’ha di così male?- continuò dopo un momento, più calma di prima. Lo guardava in silenzio, allentando la presa sul ventaglio.

- Perfino un coglione potrebbe rispondere a questa domanda.- mormorò dopo un momento.- Il mondo è pieno di pagani senza dio.-

Lei ci pensò un momento, ricordando quanto più potesse delle pratiche e degli ideali delle religioni comuni. Diffondere la Parola, convertire i pagani…non erano quelli i concetti chiave di una religione?

- Allora perché non fai la tua parte e li converti?- chiese, il suo tono più amaro del voluto.- Non è il tuo lavoro fare…-

- Ho fatto abbastanza.- sbottò all’improvviso, mettendosi a sedere bruscamente.- Ho fatto anche fottutamente più di quanto avrei dovuto. Ma ancora…-

Silenzio.

- Ma ancora cosa?- chiese un momento, i nervi che si tenero di nuovo quando lui si voltò a guardarla.

- Perché tutte queste domande, all’improvviso?-

Temari fece un grosso sforzo per mantenere la voce atona e piatta.

- Sei tu quello che ha detto che mi avrebbe spiegato la differenza tra i tuoi obiettivi e quelli dell’Akatsuki.-

- Non c’è tanto da dire.- si tolse della sabbia dal mantello.- Loro vogliono il potere, io voglio finire la mia missione andarmene dalle palle.-

Quando non proseguì, Temari sentì la sua pazienza diminuire e scossò un’occhiata all’orologio.

 

3:22

 

-Hai ancora un’ora e mezza…- disse lei impaziente, sporgendosi.-…spiegati meglio.-

Lui sogghignò e guardò nuovamente il cielo.

- Credo in un dio?-

Inconsciamente, Temari si trovò a seguire il suo sguardo, alzando gli occhi all’imponente tenebra sopra di , punteggiata con una miriade luminosa di stelle. Per un momento, si prese il tempo di guardarle, incapace di ricordare l'ultima volta che aveva avuto il tempo di apprezzare le costellazioni

I suoi occhi andarono immediatamente a quella disposizione di stelle che aveva osservato fin dall'infanzia, riconoscendo la forma e sorrise un po’ al ricordo del nome che lei e Kankuro gli avevano dato. Le luci formavano un oggetto riconoscibile all'istante.

Un martello d'argento.

Argento, riflette lei, perché quella era l'unica cosa a cui poteva paragonare il brillante delle stelle quando era piccola.

Sembrava esattamente uguale a quando aveva sette anni.

 

Abbassò gli occhi, sbattendo le palpebre alla vista di lui che la fissava in attesa.

- Sì.- rispose infine.

Lui la considerò in silenzio per un momento, prima di sdraiarsi nuovamente, con un tono compiaciuto mentre parlava.

- Lo sa anche lui.- disse facendo un gesto vago.- Sa che il mondo è pieno di merda. È un test per vedere chi ce la fa e chi no, per vedere chi se ne esce sporco e chi pulito.-

Temari ascoltava attentamente, mordendosi inconsciamente un labbro.

- Ma il fatto è, nessuno se ne infischia più. Nessuno se ne frega un cazzo di niente, a parte denaro e scopate. Andranno tutti all’inferno.- pausa.- Siamo tutti sporchi.-

- Non tutti.- disse Temari, ricordando i monaci che aveva incontrato una volta andando a Konoha.- Qualcuno ancora…-

Fece un suono di scherno con la gola, scuotendo una mano in un gesto assente.

- Cause perse. Non vanno da nessuna parte con la loro convinzione di redimere i pagani. Come ho detto, andremo tutti in merda. Non c’è scampo.-

- E quindi…intendi lasciare tutto così?-

- Cazzo no. Sto dicendo che è troppo tardi per pentirsi. Sto dicendo che se le cose cambiano, andranno ancora più di merda, quindi potremmo anche porre fine a tutto adesso.- disse, una nota di eccitazione nella voce.

Temari lo fissò senza capire.

- Mettere fine a tutto?-

- Siamo tutti in ritardo per il giudizio.- dichiarò facendosi avanti, le braccia appoggiate alle ginocchia.- La proposta di Jashin è di finirla il prima possibile.-

Sudore freddo danzava in perle sulla sua fronte, la domanda forzava il nodo che le si era formato in gola.

- Come?-

Lui sogghignò.

- Secondo te?-

 

Lo rivide un paio di notti fa, mentre si puliva con calma dal sangue delle ragazze di cui non conosceva i nomi, ragazze che probabilmente non meritavano il destino a cui inevitabilmente erano andate incontro. Lo rivide pregare, sereno, con il peso gravoso dell’omicidio, tolto dalle spalle e annegato nel lago dell'oasi, abbellito con il nome di sacrificio.

Temari non riusciva a parlare, improvvisamente più spaventata che mai dalla sua vicinanza.

- Li uccidiamo.- la voce in un crescendo di eccitazione.- Continueremo a ucciderli finchè non ne rimarrà nessuno. Far sì che tutti ricevano il giudizio è il mio lavoro, è la mia missione. Vivrò finchè il potente Jashinnon sarà soddisfatto dei miei servigi. E allora…-

 

Pausa.

 

- Allora potrò morire.-

Temari lo guardò, paura e disgusto su e giù per la gola, soffocando le parole che tentavano di farsi strada.

- Non hai fatto abbastanza?- riuscì a gracidare.

Quanti ce ne sono lì dentro? pensò, gli occhi rivolti all’oasi. Quanti ne hai

- Se così fosse, non sarei qui ora.- replicò seccato.

Temari lo fissava, nauseata e sconvolta, la mente correva in tutte le direzioni..

 

È pazzo. Non posso lasciare che uno così attraversi il confine. Mai. Si sbaglia. È pazzo. Non posso vincerlo. Si sbaglia.

 

- Quindi se per caso ti viene in mente un modo interessante per suicidarmi, fammelo sapere. Perché davvero, le ho provate tutte.- fece una pausa e una piccola curva gli disegnò un sorrisetto sulle labbra.- E se pensi di potermi uccidere…provaci. Hai delle buone potenzialità.-

Temari si trovò nuovamente senza parole, per la seconda notte di fila, incapace di mettere insieme le lettere mentre la sua mente urlava, ribolliva, esplodeva.

 

Oh ti prego, fagli del male. Solo una volta. Prova. Solo una. Fagli del male, per favore. Almeno una volta.

 

Ma poi i suoi occhi caddero sul suo mantello, iniettando senso nelle vene della sua mente accecata dalla furia, ricordandole cos’era, chi era, e dicendole ripetutamente e disperatamente che non avrebbe mai avuto una possibilità.

 

Ti odio ti odio ti odio TI ODIO!

 

Con calma, si alzò e prese con sé la sua falce, la sistemò sulla schiena e si voltò a guardarla, lì, in piedi nella sabbia.

Così vicino...qualcuno in grado di giustificare i propri motivi per uccidere senza sensi di colpa, senza rimorsi, con passione. Uno come lui era così vicino, fisicamente e mentalmente, la cadenza della sua voce che continuava a rimbalzare in un eco senza fine nel profondo della sua mente, che affliggeva i suoi pensieri in ogni momento della giornata

Senza nemmeno accorgersene si ritrovò in piedi, stringendo forte il ventagli oal suo fianco in posizione d’attacco.

 

Pochi passi. Tutto ciò che occorreva.

 

Fagli male per favore. Solo una volta. Almeno una volta.

 

Una sensazione di potere era ciò che si aspettava dall’orribile e maligna sensazione che si era impossessata di lei. Sentirsi inarrestabile era quello che si era immaginata avrebbe provato in questo momento, ogni volta che dipingeva questo scenario nella sua testa.

 

L’ultima cosa che si sarebbe aspettata era di sentirsi male dalla rabbia.

Un attimo dopo il ventaglio le scivolava dalle dita, cadendo con un tonfo sordo sulla sabbia.

Lui sorrise, prima di voltarsi e andarsene.

 

- Sogni d’oro, Bionda.-

_____________________________________________________________________________________________

Ora dopo, quando il suo turno era finito e si era ritrovata davanti all’ingresso di casa, era con aria afflitta e gesti meccanici che aprì la porta. Si fece lentamente strada attraverso il corridoio buio fino in cucina. La casa era silenziosa, eccetto il ronzio degli elettrodomestici, e la luce lattea della luna penetrava dalle finestre.

 

Fermandosi alla piccola cabina vicino alla dispensa, la aprì e ne estrasse un contenitore di sonniferi.

Erano di Gaara. Gli era stata prescritta una dose minima, specifica per l’insonnia.

Sapendo che ne sarebbe bastata mezza, prese due pillole, sperando nell’effetto blak-out.

Niente sogni.

Niente corvi.

Si rannicchiò sul divano, accese la TV e si concentrò su quanto stavano trasmettendo.

Qualcosa di simile a un singhiozzo e una risata si trovarono catturati in gola, quando riconobbe le immagini come lo stesso film romantico che aveva visto l'altra sera.

In pochi minuti i sonniferi iniziarono a fare effetto e Temari continuava a guardare lo schermo.

L'eroina si struggeva e aspettava il suo amato. L'eroe non riusciva a smettere di fantasticare su di lei.

Un bacio appassionato e un abbraccio ogni tanto. Il culmine della loro passione nel fare l'amore.

Formula: tensione, crescendo, orgasmo, post-orgasmo.

Temari deglutì a fatica, comparando inevitabilmente quello che provava al ciclo dell’amore, sperimentando una vaga sensazione di compiacimento nel disegnarne i parallelismi.

Non si sarebbe ricordata la sconcertante e travolgente urgenza di ridere e piangere insieme, quando il giorno dopo si sarebbe svegliata.

 

Amore.
Sudore, sperma, saliva.

 

Odio.
Sangue, vomito, lacrime.

 

 

Non riesco a togliermi dalla mente pensieri di te. Voglio toccarti, piacerti, darti piacere. Ti voglio nel mio letto. Voglio noi due insieme, io su di te, tu su di me. Voglio sentirti dire il mio nome. Voglio sentirti implorare di più. Sento il sangue correre. Riesco a sentire il calore in aumento. Voglio le tue unghie nella mia schiena e voglio che veniamo insieme. , dì ancora, non smettere mai di implorarmi.

 

Non riesco a togliermi dalla mente pensieri di te. Voglio tagliarti, bruciarti, darti dolore. Ti voglio nel fango. Voglio noi due insieme, io su di te, tu bloccato sotto di me. Voglio sentirti gridare il mio nome. Voglio sentirti implorare pietà. Sento il sangue correre. Riesco a sentire il calore in aumento. Voglio le mie unghie sulla tua faccia e voglio che gridiamo insieme. no, basta, non smettere mai di implorarmi.  

 

Dimmi quando ti piace. Dimmi quando stai per venire. Voglio vedere lo sguardo sul tuo viso quando succede, quando l'estasi diventa più forte e ti dimentichi di respirare.

 

Dimmi quando fa più male. Dimmi quando diventa troppo. Voglio vedere lo sguardo sul tuo viso quando succede, quando l'angoscia diventa più forte e smetti di respirare.

 

Voglio giacere accanto a te, dopo. Voglio baciarti e dirti, mio amato, che sono contenta che siamo insieme. Tra il sudore e il calore e le lenzuola, voglio che ci crogioliamo in questo sentimento.

 

Voglio giacere accanto a te, dopo. Voglio sputarti in faccia e dirti, mio odiato, che sono contenta che siamo insieme. Tra il sangue e il freddo e la stoffa a brandelli, io voglio che ci crogioliamo in questo sentimento.


E anche se lo sai già, caro, voglio dirti che ti amo.


E anche se lo sai già, caro, voglio dirti che ti odio.

 

_____________________________________________________________________________________________

 

 

Next: Harmony in Discord

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Infinitefirefly