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Autore: Babu 17    15/01/2010    3 recensioni
Il letto era comodo, troppo comodo. Stavo per riaddormentarmi quando qualcuno si schiarì la voce. Aprii gli occhi e saltai a sedere. Chi c'era? Mi guardai attorno e spalancai la bocca: non era possibile. Ok, nella mia testa c'era davvero qualcosa che non andava. Com'era possibile altrimenti che proprio lui fosse davanti ai miei occhi in quel momento? No, no, c'era qualcosa che non tornava. Chiusi gli occhi e li riaprii; era ancora li. Mugolai frustrata. Rise.
Genere: Romantico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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E' davvero molto triste per me ammettere che siamo giunti al penultimo capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno letto, apprezzato e recensito il mio racconto.

Spero che il colpo di scena che ho scelto vi piaccia. Non vedo l'ora di sapere che cosa ne pensate.

Di certo Claudia non se lo aspetta =).

Buona lettura.

Baci.

Babù.


PS (per Claudia): mi spiace molto di non essere più riuscita a connettermi spesso, ma sono davvero molto pressata da compiti ed interrogazioni. Ti chiedo scusa e ti mando un centinaio di bacioni, ed una scatola con la neve dentro per posta xD.


10. Coma


Quella mattina mi svegliai tardi. Non avevo sentito la sveglia. Aprii gli occhi e la luce accecante del mattino mi colpì come uno schiaffo, che razza di ora era? Guardai l'orologio sul comodino: le dieci e mezza.

Osservai la mia stanza. Tutto era al proprio posto, come l'avevo lasciato la sera prima.

Mi alzai dal letto per sgranchirmi le ossa. Ero nuda. Perché ero nuda?

Non mi ricordavo niente, sentivo solo che la testa era pesante come un macigno. Cercai di ripensare alla sera precedente, ma era tutto così sfocato ed indefinito! Le immagini scorsero lente nella mia mente.

Infine...-Bill?-, chiamai incerta. -Bill? Dove sei?-. Indossai una maglia ed un paio di mutande ed uscii dalla mia camera. -Bill?-, nessuna riposta. Il cuore cominciò a farmi male.

-Bill? Che fine hai fatto?-. Guardai dappertutto, in cucina, in salotto, in bagno, in camera di mia madre. Lui non c'era. Non c'era da nessuna parte. Da nessuna parte.

Restai in piedi, sulla soglia della mia stanza e cercai di non piangere.

Ero stata una sciocca a credere, anche solo per un momento, che potesse funzionare davvero tra me ed una immagine inventata dalla mia mente. Quella notte mi ero spinta troppo oltre con la fantasia e, adesso, ne dovevo pagare le conseguenze e sopportare tutta quella solitudine che si stava avvicinando al mio cuore.

Perché? Perché era dovuto accadere proprio a me?

La mia mente crollò.

Mi inginocchiai. Presi la testa fra le mani e feci scendere le lacrime.

Quante volte ancora mi sarebbe successo di essere abbandonata come una prostituta inutile?

La follia e la rabbia s'impossessarono di me. Afferrai la scatola verde che conteneva tutto ciò a cui mai avrei voluto rinunciare: i miei sogni. La svuotai per terra ed iniziai a distruggere tutto ciò che ero stata e tutto ciò che mi ricordava il suo odioso e bellissimo volto.

Strappai le lettere.

Bruciai le foto.

Distrussi le riviste.

Sputai su tutto ciò che avevo creato e su tutto ciò che avevo desiderato.

Odiavo profondamente tutto quello che ero stata.

Uccisi ciò che rimaneva di una vita senza senso e lo richiusi nuovamente nella scatola. La presi e mi diressi in cucina per buttare definitivamente quel film di quarta categoria nella spazzatura. Spazzatura aperta: la vita c'è ancora. Spazzatura chiusa: addio vita, non ci sei più. Lasciai cadere qualche lacrima solitaria.

Poi mi voltai. Non ci volevo più pensare.

Presi un bicchiere di latte dal frigo e mi sedetti.

Sul tavolo c'era un quotidiano aperto. Strano, mamma non teneva mai i giornali: li gettava tutti; diceva che occupavano solo spazio e che sporcavano esageratamente con l'inchiostro.

C'era una foto che occupava gran parte della pagina, una foto che avrei voluto non vedere. Era una loro foto. Che ci facevano su di un giornale serio? Che fine avevano fatto gli articoli scandalistici sui giornaletti per le ragazzine?

Lessi il titolo e rimasi immobile: Bill Kaulitz è caduto in coma.

La paura prese possesso del mio corpo. Che razza di macabra casualità era che quell'articolo fosse finito tra le mie mani?

Lo lessi; c'era scritto che, in seguito ad un incidente automobilistico di una settimana fa, il cantante della band più criticata della Germania era caduto in uno stato di coma. Si trovava all'ospedale...le condizioni erano incerte...tutti si preoccupavano...Tom dice: “A volte parla nel sonno, dice strane cose, strane frasi. Non sappiamo che cosa pensare...”.

Improvvisamente ricordai un vecchio discorso. Di troppo tempo fa: -E' caduto in coma-.

-Che cosa vuol dire? Che morirà?-, presi un bel respiro, -La prego, mi dica se mio padre sta per morire...-.

-Vede ci sono diversi stadi e tipi di coma...e quello in cui si trova suo padre è chiamato “coma del sogno”, il paziente si trova immerso in una fase R.E.M. perenne che gli fa vivere un sogno continuo. Alcuni dicono che si può venire a contatto con la parte addormentata e risvegliarla, ma io credo siano solo supposizioni per dare speranza alle famiglie distrutte dal dolore. In poche parole: io credo che suo padre abbia poche possibilità di sopravvivere a lungo-.

Come una freccia un pensiero mi attraversò la mente: ero davvero pazza? Poteva esserci sul serio qualche cosa di reale in tutto quello che avevo vissuto?

Per tutto il tempo avevo creduto di essere stata io a chiamarlo in mio soccorso, perché la mia mente desiderava ardentemente qualcuno per non sentirsi più sola. Ma se fosse stato il contrario? Se fosse stata la sua anima a venirmi a chiedere aiuto?

La visione di mio padre, bloccato in uno stupido letto di ospedale, fece irruzione nella mia mente: “Helena, ricordati che le coincidenze non esistono..."

Ad una causa corrisponde sempre un effetto uguale e contrario.

C'era solo un modo per scoprirlo e non dovevo perdere tempo.

Corsi fuori di casa e presi la macchina: al diavolo gli ordini della mamma.

Dovevo correre, e correre veloce.

Forse, almeno per quella volta, la fortuna sarebbe stata dalla mia parte.

  
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