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Autore: Novelist Nemesi    15/01/2010    1 recensioni
"Sto per scrivere una storia vera. Lo assicuro, tutta vera". Ebbene sì, Nemesi è tornata con una nuova storia, stavolta ambientata a Roma. Spero di essere migliorata e di suscitare la vostra curiosità! Attendo le vostre recensioni e consigli!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Un concerto?-
-Sì sì. Al Circolo Degli Artisti. Che ne pensi?- chiese Virginia.
Il venerdì era dedicato esclusivamente a loro due. Si trovavano sempre da lei, a ingozzarsi di Nutella e Pan Di Stelle davanti alla tv o riducendo casa nel caos totale.
Questa volta però dovettero optare per casa di Daphne, e il motivo lo si poteva immaginare. Almeno riuscì a farsi promettere di non essere spiata.
-Chi suona?-
-Non ricordo bene… Però sono piuttosto famosi. Allora, ci andiamo?-
-Perché no…?- cercò di fare un sorriso –Un po’ di musica dal vivo mi farà bene… Li prendi tu i biglietti? Quanto ti devo?-
Quello che Daphne non sapeva era che Deneuve era un grandissimo bugiardo.
Oh, quanto cose non sapeva di lui!
Tanto per cominciare, lui non si chiamava affatto Deneuve. Era un nome fittizio, uno dei tanti. Tra gli altri, si era spacciato per Ryuzaki, Erald Coil, e L.
L era un nome ancora poco conosciuto dalle parti di Daphne.
Il che era strano, in quanto L rappresentava la più grande mente investigativa dell’intero pianeta. La sua brillante carriera contava casi difficilissimi, tutti risolti nel giro di tempi record. Una sorta di Sherlock Holmes, e il Watson della situazione era nientemeno che Watari. Anche Watari era un nome falso, che nascondeva l’identità di Quillsh Wammy, inventore di fama mondiale, fondatore di orfanotrofi che ospitava ragazzini superdotati.
L però era simile a Holmes solo nella professione e nelle stranezze. Non usava pipe, anzi, non fumava proprio, non suonava nessun strumento e non aveva una vita sociale degna di tale nome.
Nessuno sapeva che faccia avesse L, nessuno sapeva nulla circa le sue origini, né quanti anni avesse, né quanto fosse alto.
Daphne era una delle poche che avrebbe potuto descriverlo fisicamente, e mai avrebbe detto che quel giovanotto di circa vent’anni fosse una delle menti più brillanti viste negli ultimi tempi.
Le stranezze di L, inoltre, erano davvero singolari e molte. A cominciare dal cibo: dolci. In ogni momento e su qualunque cosa. Ogni tanto la frutta, ornata comunque da qualcosa di dolce. senza ingrassare nemmeno un po’. Il cervello, si sa, ha bisogno di zuccheri per lavorare correttamente, ma era impossibile pensare che quel ragazzo bruciasse tutte quelle calorie senza fare un minimo di attività fisica. E infatti praticava uno sport esotico, giusto per soddisfazione personale e autodifesa. Uno stile di lotta: la capoeira, un arte marziale di origini brasiliane. Uno come lui, che aveva visto praticamente tutto il mondo, era in grado di assimilare velocemente le diverse culture, e poi era dotato di una spiccata curiosità.
Altra stranezza: il modo di sedersi. Come se fosse un bambino. Ginocchia poggiate sotto il mento, piedi costantemente nudi e quando indossava le scarpe non le allacciava e non portava le calze.
Il vestiario: sempre uguale. Senso della moda pari a zero, si accontentava di una maglietta bianca senza scritte a maniche lunghe o tre quarti, jeans larghi e che gli andavano sotto i piedi. Neanche una cintura, così che i boxer sporgevano sempre un po’, ma la maglietta, anch’essa lunga, copriva tale particolare.
L’igiene: L era ossessionato dalla pulizia. Faceva il bagno di frequente, anche più di una volta al dì, usando ogni tipo di sapone. Toccava le cose sempre come se fossero sporche, con la punta delle dita, e a costo di farsela sotto non andava mai nei bagni pubblici. Se aveva un contatto con qualcuno, a seconda del suo umore decideva se pulirsi subito dopo. Faceva passare l’aspirapolvere molto spesso, così che potesse passeggiare tranquillamente a piedi nudi.
L’ultima stranezza, ma non meno importante, era il carattere, condizionato per la maggior parte dalle cose sopra citate. Era un tipo estremamente diffidente, taciturno, privo di ogni interesse verso il mondo esterno se non per i casi che gli venivano affidati. Era molto capriccioso, difatti accettava solo casi che gli suscitassero interesse, e non sotto il milione di dollari. Nonostante questo, però, non era affatto taccagno, anzi: era pronto a spendersi tutto per le cose più stupide. Ed era anche parecchio bugiardo, in parte dovuto alla sua professione. Infine, era molto infantile, detestava dal profondo perdere e arrivava a fare di tutto per ottenere ciò che voleva.
Come mettere delle telecamere in casa di Daphne per sapere cosa faceva e quali programmi avesse. Aveva promesso che non avrebbe ascoltato, ma mentì spudoratamente. Venne a sapere del concerto. Ed ebbe una delle tante idee di cui Daphne era tenuta all’oscuro se non all’ultimo.
Non sapeva bene come reagire quando lo trovò davanti ai cancelli con tanto di biglietto in mano. Lui invece fu tranquillissimo.
-Buonasera, Daphne, che coincidenza incontrarti anche qui-
-Ma… Ma…-
Virginia, incuriosita dalla situazione, fece un sorriso di circostanza e tentò di rompere il ghiaccio –E’ un tuo amico? È davvero piccolo il mondo!- porse la mano –Io sono Virginia, molto piacere… Ehm…-
-Deneuve. Il piacere è tutto mio, Virginia. Ti conosco di fama- strinse la mano, un leggero tocco, per poi lasciarla subito.
-Davvero?- fece una risatina –Non ti ho mai visto da queste parti. Sei nuovo? O sei venuto apposta per il concerto?-
-Sono qui sia per lavoro che per piacere. Appena avrò risolto, purtroppo, dovrò ripartire. Andare ai concerti è una delle tante cose che faccio per svagarmi. Poi la band che suona stasera mi piace parecchio-
Bugiardo infame!
E purtroppo Daphne non poté ribattere più di tanto, visto che il ragazzo sapeva tutte le canzoni a memoria e sembrava saperla lunga sul gruppo in questione. Merda, si era preparato proprio tutto.
Ma appena ne ebbe l’occasione, grazie anche alla grande quantità di gente, gli lanciò una frecciatina. Ma come al solito Deneuve (o L che dir si voglia) fu calmo e con la battuta pronta.
-E’ mio dovere tenerti d’occhio, che ti piaccia o no. Fai finta che ci siamo dei buoni conoscenti, ti chiedo solo questo. Vedrai che tra poco non mi vedi più. dipende da te: più collabori, prima me ne vado da questo paese-

  
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