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Autore: war    22/01/2010    2 recensioni
Fra gli esorcisiti, per combattere il Conte del Millennio e i Noah, viene inviato dal Vaticano un aiuto, giunto direttamente da quel Dio che a volte ci si dimentica di amare... La strada da percorrere è una sola: ed essa è sempre stata perfettamente delineata davanti ai nostri piedi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il paesino di Deau Ville era pressoché inanimato a quell’ora della mattina.
Io e Kanda camminavamo fianco a fianco, in silenzio. L’aria era frizzante e portava con se il tipico odore salmastro che si sente in prossimità del mare. Qualche gabbiano era appollaiato sulle gronde dei tetti spioventi delle case a graticcio e la strada era ricoperta dal un pavè piccolo e regolare dal classico colore bruno rossastro. Le aiuole era curate e piene di fiori colorati che davano quel tocco tipicamente francese ad ogni cosa. Il sole era sorto ma la giornata tardava a schiarirsi, come se la bruma marina non volesse cedere il suo dominio lungo la costa che aveva faticosamente conquistato all’invertirsi della marea.
Un delizioso profumo di croissant appena sfornati fece fremere il mio naso e mise in agitazione le mie papille gustative.
- Dove vai? – borbottò Kanda quando svoltai a destra anziché proseguire dritto come dicevano le istruzioni.
- Indovina… - ribattei con un sorriso radioso.
Lui alzò gli occhi al cielo, esasperato.
Poco dopo ero tornata sulla retta via, con un sacchetto colorato contenente cinque croissant. Mi ero fatta promessa di lasciarne due, una per Miranda e una per Alister.
- Dovresti essere obesa. – constatò Kanda quando affondai i denti nel cornetto ripieno di crema al cacao.
- E tu dovresti mangiare di più. La soia abbasserà anche il colesterolo ma non nutre a sufficienza! E’ per questo che sei scorbutico, Kanda! Ti ci vogliono carboidrati! I carboidrati mettono di buon umore! – lo informai da brava nutrizionista.
- Tsk! –
Sapevo di aver vinto quella discussione o molto più realisticamente Yu non aveva voglia di polemizzare di primo mattino. In effetti anche io dovevo essere mezza morta di sonno, invece mi sentivo stranamente reattiva e vivace. Forse era uno degli effetti collaterali dell’aver attivato la mia Innocence? Non mi pareva, ma non ero pronta a scommetterci.
Quando raggiungemmo l’ostello in cui alloggiavano i nostri due compagni facemmo la brutta scoperta che la ragazza si era presa raffreddore con i controfiocchi e sarebbe stata in operativa per almeno un paio di giorni.
- Fragili donne… - sbuffò Yu osservando Alister e decidendo da solo che sarebbero stati loro a portare a termine la missione.
- Non ci provare, Kanda. Questo è il mio incarico e non transigo. – gli dissi accavallando le gambe sul divano mentre porgevo ad Alister il pacchetto con i croissant.
- Ormai mi sono scomodato, non intendo tornare alla sede senza aver finito quello che ho iniziato. – ribattè lui con un tono di voce che non ammetteva repliche.
- Allora giochiamocela! – proposi mentre Alister ci guardava come se avesse a che fare con due bambini capricciosi e volesse interrompere quell’assurda diatriba ma non osasse farlo. Forse Yu metteva soggezione a più di una persona….



Arrivammo nei pressi di Broceliande poco prima del calar del sole. Il giovane finder di nome Jean Jaques ci accolse nei dintorni del castello di Comper, dove erano nate le leggende su Mago Merlino e la Dama Del Lago.
Avevamo appuntamento dopocena con il resto dei Finder per fare il punto della situazione e avere gli ultimi aggiornamenti in merito agli strani fenomeni che avevano riguardato la zona.
Kanda come al solito si limitò a giocherellare con il cibo, piuttosto che mangiarlo e fu per questo che quando allontanò da se il piatto, con aria sdegnata non mi feci problemi a fare cambio con il mio ormai vuoto.
Certo, io la carne di maiale non l’avrei certo cotta con le mele e le uvette ma anche se piuttosto insolito il sapore di quello stufato era buono, migliore di molte altre cose che mi era capitato di mangiare perciò non mi feci eccessivi problemi.
- Continuo a chiedermi dove tu metta tutto quello che ingoi – osservò di nuovo lui quando mi infilai in bocca un pezzo di Tarte Tatin con una generosa dose di panna sulle mele cotte e pastafrolla.
- Potrei anche essere meno magra di quello che immagini! – mi difesi senza troppa convinzione.
- Non è che l’abito che ti ha donato quella Noah lasciasse poi tanto all’immaginazione! – mi fece notare lui.
Avvampai. Avevo quasi dimenticato quella brutta esperienza.
Soprattutto al vergogna che ne era seguita…
Kanda parve sorpreso dal mio imbarazzo.
- Sei arrossita – evidenziò l’ovvio, ottenendo solo di farmi arrossire ancora di più. Mi scottavano persino le orecchie.
- Sto cercando di rimuovere quel trauma, ti spiacerebbe evitare di parlarne? – chiesi retoricamente per non far proseguire oltre quella conversazione.
- Allora possiamo parlare di come hai fatto a farti conciare la faccia in quel modo? – chiese lui indicando il mio volto dove le crosticine non erano del tutto sparite.
- Incidente di percorso. – liquidai in fretta la faccenda.
- Allora sarò molto più diretto. Non sono la tua balia. Se non sai badare a te stessa ti lascerò indietro. Tutto chiaro? – mi disse assumendo un’espressione gelida. Nessun sentimento si rifletteva nei suoi occhi, nessuna emozione.
Quello era l’ Apostolo.
Lo fissai, facendomi seria a mia volta.
- Non ho raggiunto questa posizione perché sono stata raccomandata. So quello che faccio e come lo faccio. Cerca tu di non essermi d’intralcio. - chi aveva parlato era l’Angelo Assassino.
Kanda si alzò, facendo strisciare solo leggermente la sedia sul pavimento di ceramica e se ne andò, senza ulteriori parole.
Osservai per un attimo gli avanzi della mia torta. Non era che mi fosse passata la fame, però era un po’ triste finire di cenare da sola.
Spostai lo sguardo sugli altri commensali ma a parte una coppia infondo alla sala non vi erano altre persone. Mi strinsi nelle spalle. Dopotutto l’ambiente era piccolo e accogliente non v’era ragione per sentirsi… Abbandonati.
Finii la torta e mi versai un bicchiere d’acqua usando la brocca che c’era a centro tavola. La candela era consumata fino a metà e profumava leggermente. La cera era colata sul vetro del piedistallo e rischiava di sporcare i fiori di stoffa che rendevano più accogliente il tavolo.
Osservai il posto vuoto davanti a me. La sedia discosta, il tovagliolo sfatto posato a lato del piatto vuoto… Le posate disposte di traverso sul piatto, il bicchiere ancora mezzo pieno d’acqua… Sola. Abbandonata e sola. Perché non ritenuta all’altezza…
Strinsi i pugni.
Quelle erano le sensazioni dell’altra me stessa. Al momento non dovevano intererire perciò cercai di escluderle e mi alzai a mia volta dal tavolo per raggiungere la stanza dove ci sarebbe stata la riunione.



Ascoltai in silenzio i resoconti che i Finder avevano fatto. Jean Jaques aveva una bella voce baritonale e la sua narrazione risultava piacevole all’ascolto e molto dettagliata.
- Parlami del mito della città di cristallo. – dissi ad un tratto. - Come? – chiese lui perplesso.
- La città di cristallo, quella costruita da Merlino per la Dama del Lago… - dissi a mia volta accavallando le gambe.
- Non siamo cacciatori di favole. – mi fece notare poco gentilmente Kanda.
- Se non sei interessato puoi anche andartene, non mi pare tu sia tipo da farti questo genere di problemi – lo informai più seccamente di quanto avessi davvero voluto. Così faccendo sembrava me la fossi presa a male per il fatto di essere stata mollata al tavolo da sola durante la cena… Insomma, non era che non ci fossi rimasta male, ma non aveva tutto questo peso… Allora perché mi sentivo arrabbiata con lui ogni istante che passava? Anzi il mio risentimento nei suoi confronti pareva aumentare per ogni cosa che facesse.
Gli occhi azzurri di Jean Jaques si fecero perplessi, ma poi il sorriso gli piegò le labbra e iniziò a raccontare.
- Bhè, Broceliande è famosa per essere una foresta magica, fin dai tempi del mito di Re Artù… Si racconta che in essa vivano numerosissime fate, vi siano passati innumerevoli eroi e cavalieri e che molte delle sue sorgenti d’acqua siano dotate di poteri miracolosi e curativi. Non c’è nulla di dimostrabile o di documentato in tutto quello che le leggende popolari raccontano però fa parte del fascino di questa terra e del suo folklore. Puoi chiedere a cento persone diverse di raccontarti qualcosa di questa storia e otterresti cento racconti differenti. –
- Questo lo immagino, tuttavia ci sarebbe un punto comune o comunque ci sarebbero delle similitudini in questi cento racconti. Quali? – chiesi al finder
- Io me ne vado. Domattina all’alba faremo il primo giro di perlustrazione. Dato che il fenomeno più frequente è quella strana nebbia mattutita. – annunciò Kanda prima di alzarsi e andarsene.
- Buonanotte – gli augurai completamente atona.
Jean Jaques restò in silenzio qualche attimo poi sospirò.
- Ce l’hai con lui? – chiese ad un tratto.
- In questo momento parecchio. Ma non preoccuparti, i problemi personali non interferiranno con la missione. – gli dissi sorridendo.
- Ho già lavorato con quell’esorcista… Non è fra i più simpatici però è uno dei migliori… E se considero che rischia la vita ogni giorno per salvare la mia e quella di altre persone… Bhè credo che posso anche chiudere un’occhio sui suoi modi di fare, non credi? – mi disse saggiamente lui.
- C’è una parte di me che vorrebbe corrergli dietro e sparecchiargli la faccia in questo preciso istante e un’altra che invece vorrebbe solo capire cosa passa nella testa di entrambi. – ammisi con un sospiro
- Spero riusciate a chiarirvi presto… - sorrise il finder.
- Lo spero anch’io. Ma le frattempo raccontami di questa città di cristallo! – dissi



La nebbia era fitta e umida e fastidiosa. Kanda stava un solo passo davanti a me e la sua ampia schiena già perdeva di definizione. Dovevamo muoverci lentamente, stando attenti a non finire contro qualche ramo basso o impigliati in qualche rovo.
Notai la coda del ragazzo ondeggiare al ritmo del suo passo e ancora provai il bruciane desiderio di toccare i suoi capelli. Di abbracciare quella schiena ampia e di gridagli di voltarsi un momento. Ma sapevo essere una sciocchezza. Un ricordo o un desiderio dell’angelo che ero stata ma che avevo rinunciato ad essere.
A momenti non andai a sbattere contro il ragazzo che si era fermato di colpo.
- Che succede? – chiesi cercando di guardare oltre le sue spalle. Lui si girò di scorcio e mi permise di vedere… Un muro di nebbia.
- Stai guardando troppo in alto – mi suggerì.
Abbassai lo sguardo.
Acqua.
Un passo ancora e saremmo finiti nel lago.
- Possiamo costeggiarlo? – chiesi crucciando la fronte.
- Gli arbusti sono troppo fitti, non ce lo permettono. – mi disse e anch’io vidi che il groviglio del sottobosco rendeva la via impraticabile.
- Non mi pare una cosa tanto normale… Torniamo indietro? – chiesi - Vuoi fare strada tu? – chiese lui a quel punto.
La cosa mi stupì. Non solo perché me lo aveva chiesto… Che potevo considerare la cosa come massima gentilezza possibile, ma anche perchè non me lo aveva detto con arroganza o sprezzo.
Annuii compiendo un giro sul posto di centottanta gradi e rimasi pietrificata.
- Che c’è? – chiese lui
- E’ uguale… - gli dissi
- Uguale? – fece eco lui. - Il sentiero che abbiamo seguito è sparito. Anche di qui ci sono solo acqua o rovi. – lo informai facendogli spazio per permettergli di appurarlo da solo.
- Tsk! – sbuffò lui portando la mano su Mugen.
Non gli dissi nulla ma pensai che in quella circostanza la sua spada non poteva esserci d’aiuto a meno che non avesse intenzione di usarla come un macete e aprirsi un varco nel sottobosco. Cosa che mi guardi bene dal suggerire per non finire affettata come un salame.
- Lo senti? – chiesi ad un tratto cercando di ascoltare con più attenzione.
- No. Cosa? –
- Un pianto… - gli dissi
- Io non sento nulla. – rispose secco lui.
- Viene dall’acqua… - dissi meravigliata quando capii da dove veniva quel suono.
- Impossibile. –
- Ti dico che viene dall’acqua! Non mi inganno! – ribattei decisa e convinta.
- Sarà lo sciabordio… - iniziò lui e fu in quel preciso istante che ce ne rendemmo conto.
Il lago non respirava. Nessuna onda increspava la sua superficie, nessun infrangersi sulla ghiaia della riva o sulla terra brulla.
- Stai in guardia… - mi avvisò Kanda sfoderando la katana che produsse un sibili metallico.
Rabbia e ostilità.
L’aria introno a noi cambiò, facendosi più densa… E anche il pianto si fece più forte…
- Io vado! – dichiarai scattando verso la superficie piatta del lago.



L’acqua mi aveva abbracciata, ma non era fredda… Era tiepida e poi… Era un controsenso e un paradosso ma non era bagnata… Lo scenario mutò all’improvviso. Cristalli trasparenti, o bianchi. Lucidi o opachi. Creavano quello che poteva assomigliare ad un passaggio nel bosco e poi… Delle case… Un villaggio… Mi mossi in quella direzione ma mi sentii afferrare per la treccia che mi batteva sulle spalle e strattonare indietro.
Fu piuttosto doloroso per la verità.
- Che diavolo ti sei messa in testa di fare? – la voce di Kanda era un sibilo.
- Indagare mi pare ovvio! – gli risposi risentita per il trattamento riservatomi.
- Non puoi buttati nelle cose così a capofitto. Avrebbe potuto essere una trappola degli Akuma o del Conte stesso. – mi fece notare.
- No… Non lo è. C’è dell’Innocence qui, ne sono certa. E’ lei a creare tutto questo e a mantenerlo… Così. – gli dissi.
- Non puoi esserne certa. – sbuffò lui.
- Posso. Non so spiegarlo ma posso. E’ un mio dono. Puoi fidarti di me? – chiesi fra lo speranzoso e il rassegnato.
Sapevo che Kanda non poteva farlo.
- Se è davvero Innocence dovresti sapere anche dove si trova… -
- Si. Ma non sarà così facile raggiungerla. – riconobbi.
- Tsk! – sbuffò lui.
Le emozioni che sentivo, quelle che a tratti mi invadevano non erano tutte mie. Erano dell’Innocence che c’era lì sotto. Perché l’Innocence erano gli angeli che avevano rinunciato ad essere tali e che venivano mandati nel mondo degli uomini per aiutare gli uomini nella lotta contro il male e le tenebre rappresentati dal Conte, dai Noah e dagli Akuma. Ma essi erano sperduti e pieni di paura, confusi… E si sentivano rifiutati, detestati, incompresi, odiati. E soffrivano. Per tale ragione i compatibili erano rari, perché in pochi erano disposti a farsi carico di una sofferenza non propria. In pochi potevano portare questo fardello… Solo chi era disposto ad accettare il dolore poteva sperare di comprendere l’Innocence o se non comprenderla, di sincronizzarsi con essa fino al punto da poterla usare.
Attraversammo un ponte levatoio fatto di cristalli simili al quarzo. Osservavo tutte quelle forme geometriche e dannatamente appuntite chiedendomi quanto male avrebbero potuto farci. Entrammo in quello che era il donjont del castello e osservai le quattro torri e il mastio. Di solito era in esso, al secondo piano che si trovavano le cose importanti.
Lo dissi a Kanda.
- Architettura occidentale, eh? – ghignò lui.
I nostri passi echeggiavano ne silenzio. Era come muoversi in una casa trasparente ma al contempo solida.
- Sembra davvero un castello medioevale – notò Yu dopo che fummo saliti al piano di sopra.
I tavoli, le sedie, il divano… Tutto riproduceva la realtà di un castello seicentesco, di quelli sfarzosi che erano sorti numerosi lungo la Valle della Loira come giardini di Francia, tuttavia ogni cosa era particolare, come se l’architetto avesse amato i prismi e li avesse compattati in quelle forme che riproducevano la realtà ma che al tempo stesso non lo erano.
Posai la mano sul pomolo di una porta a due ante.
Sentii sotto il palmo la spigolosità delle forme dei cristalli e sentii che potevano essere piuttosto taglienti.
Yu mi mise una mano sulla spalla
- Fai attenzione – mi disse incupendosi.
- No preoccuparti… Ma stai attento anche tu. E se si mette male… Vattene. – gli dissi.
Lui ghignò.



La sala era ampia e spaziosa. Per chi lo aveva visto pareva la sala degli specchi del palazzo di Versailles, rivista in chiave trasparente con forme poliedriche ovviamente. Ad ogni modo, contro la parete di fondo stava quello che sembrava un trono con lo scranno altissimo e… Una sfera.
Opalina.
Non appena puntammo il piede in quella stanza si scatenò l’inferno. Come se non fossero bastati oggetti appuntiti scagliati da ogni dove contro di noi ci si misero pure i sentimenti fuori controllo di quell’Innocence… Andando avanti di quel passo non solo noi saremmo finiti a fettine, malgrado la spada di Kanda fosse più veloce di quei proiettili impazziti ma l’Innocence stessa avrebbe finito col collassate su se stessa e distruggersi. Poteva accadere, che si compiesse il Fall Down. Era più o meno lo stesso sistema in cui un angelo di tramutava in demone….
Paura e odio.
Solo paura e odio.
Kanda mi spinse dietro le sue spalle mentre indietreggiava verso la porta.
- Usciamo di qui! – mi disse.
La paura si amplificò.
All’odio si aggiunse senso di abbandono e disperazione.
Il pianto che arrivava alle mie orecchie divenne assordante, tanto che fui tentata di tapparmele, ma sapevo che era inutile.
L’Innocence parlava alla mia Innocence.
- Davvero non lo senti questo pianto? E’ assordante! – chiesi a Kanda.
- Te lo spiego dopo cosa si dice di chi sente delle voci nella sua testa! Adesso arretra! – mi sibilò addosso.
Senso di abbandono.
Disperazione.
E lo vidi.
Un guizzo che poteva anche semplicemente essere un riflesso della sfera opalina.
Ma io sapevo che non lo era.
- No! Devo andare! – gridai a Kanda, per sovrastare le urla che avevo nelle orecchie e ilrimore dei cristalli infranti dalla sua spada.
- Che stai…?!? - iniziò lui ma non terminò la frase.



La mia mano era corsa all’orecchino di Leonardo e adesso lo tenevo fra le dita.
°Dio perché proprio a lui devo mostrare questo aspetto? Perché proprio a lui devo far sapere di non essere umana?° mi chiesi con un punta di rimpianto e di tristezza. Perché ormai lo sapevo. A me Kanda piaceva e non era solo per i suoi capelli neri così simili a quelli di Lord Lucifero.
Notai gli occhi blu del ragazzo sgranarsi ma nulla mutò sul suo volto. Ottima capacità di mascherare lo stupore.
°Dio… Che razza di masochista sono diventata?° mi chiesi di nuovo mentre mi spostavo dal raggio di azione del ragazzo.
Priva della sua protezione venni colpita e ferita dai cristalli che vorticavano nell’aria.
Mi portai un braccio a schermarmi il più possibile il viso e avanzai verso il trono.
L’attacco divenne più intenso.
Sentivo l’odore del mio sangue.
Lo sentivo corrermi sulla pelle, caldo e appiccicaticcio…
- Ferma stupida!!! – gridò Kanda mentre tutti i cristalli puntarono su di me.
- Resta dove sei! Questo è compito mio! – ruggii
Non lo sentii ma immaginai mi avesse dato del Do’hao.
Dopo un attimo di immobilità l’attacco venne scagliato ma avevo avuto abbastanza tempo per alzare una barriera e i proiettili impazziti rimbalzavano contro quello che era uno scudo invisibile.
- Va tutto bene… Va tutto bene adesso… Siamo qui per te. Siamo arrivati finalmente… Non c’è più nulla di cui avere paura… - iniziai a dire con voce suadente.
Il pianto si fermò un attimo.
- Guardami. Ci sono passata anch’io… Lo so che fa male, ma lo abbiamo scelto noi, ricordi? – chiesi sempre con lo stesso tono dolce e gentile.
Anche l’odio e la paura di chetarono un poco.
- La verità è che li amiamo, anche nella loro imperfezione… E non abbiamo paura di essere feriti, anche se ci fanno male continuiamo ad amarli. Ricordi? –
La sfera prese a tremolare e a cambiare forma.
- Andrà bene, vedrai. Sarà difficile ma andrà bene… Dio non ci abbandona, ci tempra con il dolore affinché possiamo essere suoi strumenti migliori. Sei nato nell’amore, ricordi? –
L'immagine si definiva semrep più. sTavo dicendo le cose giuste.
- Li hai protetti per secoli. Ne hai lenito i dolori e li hai curati, benedicendo l'acqua di questa zona, infondendogli la tua forza e il tuo amore... Lo so che sei stanco, ma fai ancora un piccolo sforzo... Adesso siamo stati chiamati dal Padre per combattere e loro, che sono più fragili di noi hanno più paura di noi... Sii comprensivo... So che puoi esserlo... -
Sul trono c’era seduto un bambino, con delle piccole ali sulle spalle, la pelle e il corpo opalino.
- Lo so. Sei stato solo così a lungo… So anche questo… Mi dispiace essere così in ritardo… Ma tu hai resistito, sei stato bravo… Sei diventato forte, Elayael-
Non so come fosse possibile ma conoscevo il suo nome celeste.
I cristalli tornarono al loro posto.
Sorrisi.
- Azael. Mi chiamo Azael.-
Ero arrivata al trono.
Mi chinai e presi fra le braccia quella nuova Innocence.
- Sei a casa. – gli dissi
Kanda si avvicinò a noi, titubante e incerto. Forse anche un po’ curioso.
Si rigirò il mio orecchino fra le dita poi si decise ad allungare una mano e a spostare le ciocche rosse dei miei capelli dietro l’orecchio. Le sue dita erano calde e delciate. Non me lo sarei mai aspettato da un tipo asciutto e brusco some lui. Armeggiò un po’ e alla fine risistemò l’orecchino al suo posto.
Sentii che le mie ali si ritraevano e nel mio corpo riprendeva a scorrere il calore.
Yu distolse lo sguardo dai resti cenciosi della mia camcia. Il Vaticano non sarebbe stato entusiasto di questa nuova spesa aggiunta alle mie fatture. Lui si levò la giacca e me la drappeggò sulle spalle poi osservò quello che avevo fra le braccia e allungò una mano a toccare quella forma di vita che assomigliava a quella umana ma non lo era.
Per un momento un grande calore ci avvolse.
Serenità e pace.
Lui si scostò bruscamente e si avviò verso l’uscita per poi ringhiare
- Genio, chiedi a quel coso se sa come si esce di qui! -



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