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Autore: LeGuignol    23/01/2010    3 recensioni
One-shot su un episodio dell'infanzia di Raito. A volte mi chiedo come Raito avrebbe utilizzato il Death Note se non fosse stato così orgoglioso da vedere il potere come unico obiettivo. Ma forse la verità é che é solo schiavo del proprio destino...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Light/Raito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Raito, in camera tua. Subito! -.
L’ordine di Sachiko tuona secco e perentorio. Un tono che non ammette repliche.

Su una delle assicelle del lucido palchetto del soggiorno spicca un bollo, bello evidente. Il legno è rimasto incrinato dalla collisione col vaso che, in seguito a un gesto maldestro, è precipitato dal tavolino e con un fragore sonoro si è sparpagliato in decine di frammenti irregolari sul pavimento. Il liquido che vi era contenuto ha inzuppato per bene il tappeto, e la povera orchidea che fino a un minuto prima troneggiava nel prezioso contenitore di cristallo giace ora nella pozza, sciupata.
Il bambino rimproverato guarda con rammarico quella bellezza sfiorita.
Che disastro!
E tutto per un po’ di curiosità. In punta di piedi, si era allungato per ammirare meglio il fiore dall’aspetto insolito: l’ocra tenue del bordo che sfumava gradualmente nel fucsia carico, screziato di arancio man mano che si avvicinava al centro della corolla, i pistilli color giallo acceso protesi verso l’alto, la forma curiosa dei petali…
Evidentemente doveva essersi appoggiato un po’ troppo al tavolino, perché improvvisamente l’aveva sentito scivolare via sul pavimento incerato e il vaso era caduto in avanti, troppo pesante per essere fermato.
E’ colpa sua.
Ma, orgoglioso per natura, non vuole ammetterlo. Sebbene tenga il capo chino, solleva impunemente lo sguardo sulla madre, con un’occhiata che vorrebbe essere di sfida.
Naturalmente la reazione che provoca non è quella sperata.

- Fila! Di corsa! E oggi niente merenda! – sbotta Sachiko, decisa a troncare sul nascere quel debole tentativo di ribellione.

Il piccolo adesso scruta spaventato l’aria severa della madre, sottolineata dalla minaccia verbale e dal dito proteso con autorità ad indicargli le scale che portano al piano superiore.
A discapito dell’orgoglio, cinque anni sono pur sempre troppo pochi per fare lo spaccone con la mamma...
Raito si volta e si incammina verso la cameretta dando le spalle alla madre, nascondendole così i due lacrimoni che cominciano ad affiorare agli angoli degli occhi. Cerca di occultare la vergogna del pianto imminente controllando, senza successo, il tremito che gli scuote le spalle.
Deve camminare dignitosamente verso le scale, a testa alta, come se si sentisse offeso.
Non deve mettersi a piagnucolare. Sarebbe come ammettere la sconfitta.
Non vuole assolutamente.
Non…

SPAF!!!

Un improvviso scapaccione sul sedere scatena l’effetto di farlo partire come una freccia su per le scale, facendolo scoppiare contemporaneamente in un pianto rumoroso a bocca spalancata. Al diavolo l’orgoglio!
Entra di corsa nella cameretta tirandosi dietro la porta, che si chiude con uno schianto.

- Raito, guarda che la rompi quella porta! – gli grida Sachiko dal piano di sotto.

Eccolo, a frignare come una fontana sdraiato a pancia in giù sul copriletto, con il viso nascosto nelle braccia ripiegate. Che vergogna, che vergogna, che vergogna!
Nella sua mente infantile, l’episodio acquista le proporzioni di una catastrofe. Con che coraggio potrà mai ripresentarsi al piano inferiore dopo un tale smacco?
Ma il suo pianto, tipico dei bambini,  è come un acquazzone estivo, tanto impetuoso quanto breve.
A poco a poco i singhiozzi si calmano. Dieci minuti dopo Raito solleva di malavoglia il visetto, sul quale é dipinta una buffa espressione tra l’offeso e il rassegnato. Con le mani chiuse a pugno, si sfrega gli occhi arrossati per cacciare le lacrime superstiti.
La faccia gli bolle come se avesse la febbre. Sarebbe un vero sollievo poter andare in bagno e rinfrescarsi la pelle accaldata dal pianto isterico, ma ancora non se la sente di uscire dal suo rifugio.
Il piccolo si mette seduto sul letto e sbatte a terra di malagrazia l’orsetto appoggiato sul cuscino, sfogando la frustrazione su di esso. Dopo essersi soffiato il naso con il fazzoletto che vi era nascosto sotto, azzarda circospetto i primi passi giù dal letto.
Bene, e ora che fare fino al momento in cui la mamma deciderà che la sua punizione è durata abbastanza? Non ha voglia (o forse è più realistico dire che ha timore) di scendere al piano di sotto e sbirciare dalla porta della cucina come un cucciolo che attende il perdono per la sua marachella ma che teme una bastonata.
Raito si siede istintivamente alla scrivania e prende una penna e un quaderno. Subito dall’inchiostro nasce una gallinella grassa e storta con tanti pulcini rotondi, un gatto simile a uno sgorbio minacciato da un cane ringhiante ma innocuo perché legato alla sua cuccia, un bambino con una cartella più grande di lui, un pesce di razza incerta. Concentrato sui disegni, Raito dimentica la recente sgridata. Gli piace creare figure da una penna. Ma ancora di più gli piace formare parole unendo uno dopo l’altro i segni di hiragana (*) che ha imparato all’asilo. Per cominciare, sotto ciascun disegno di animale scrive il nome corrispondente. Poi aggiunge il proprio nome sotto il bambino, tracciando i tre kana con linee incerte e tremolanti. Di quel nome, in realtà, conosce anche il kanji; è semplice da ricordare, sembra una finestra con la persiana abbassata fino a metà.
E’ strano, il suo nome; si scrive con il kanji “tsuki”, ma nel suo caso si legge “raito”. Il papà gli ha spiegato che è una parola straniera, facendolo sentire fiero di quel nome che solo lui possiede.
Il bimbo osserva con occhio critico i kana scarabocchiati con mano ancora inesperta, e ne rimane affascinato. C’è qualcosa di speciale nel costruire le parole con quelle linee. Poter fissare i propri pensieri su un foglio è un po’ come catturare un’idea astratta e renderla tangibile. Comunicare con gli altri, renderli partecipi delle proprie opinioni, acquisire nuove nozioni...
Nonostante la tenera età, Raito intuisce che c’è una sorta di potere in tutto ciò. E vorrebbe farlo suo,  poterlo controllare.
Prende coraggio e prova a comporre delle semplici frasi unendo una parola dopo l’altra. Il risultato è una mezza paginetta di pensieri leggeri di bimbo. Felice, Raito rimira il suo lavoro. Dimentico del castigo, corre subito dalla mamma a mostrarle il quaderno. Vedendo quanto è stato bravo, non potrà che sorridere e perdonarlo.
Sì, la scrittura è davvero una cosa portentosa. Può sfruttarla per piegare gli eventi a proprio favore...e forse riguadagnare quella merenda che gli dispiacerebbe tanto saltare!
E se riuscirà a riavere il suo premio solo grazie alla scarsa abilità attuale, chissà dove potrebbe arrivare progredendo.
Un'affascinante domanda gli si insinua nella mente: può la scrittura influire sul futuro degli uomini? In qualche modo, Raito ha la sensazione che sarà proprio lei, in un modo o nell'altro, a segnare il suo destino, da adulto.







(*) hiragana: uno dei tre sistemi di scrittura che, nell’insieme, compongono la lingua giapponese, e il primo che viene studiato a scuola (o all’asilo, per chi lo frequenta). Gli altri due sistemi sono katakana e kanji.
Per evitare le critiche dei conoscitori della lingua giapponese, metto le mani avanti: so bene che “Raito” si scrive con un kanji o in katakana, e non in hiragana. Ma in questa storia Raito non va’ ancora a scuola, quindi l’hiragana è l’unico sistema di scrittura che mastica XD





Spazio autrice
Che senso ha tutto ciò? Mah, a dire la verità avevo voglia di scrivere qualcosa di stupido su Death Note, ed è venuta fuori questa roba.
All’inizio doveva essere una storiella dolce, ma mi diverto troppo a trattare male Raito, anche da piccolo, così alla fine la trama ha preso una piega diversa!
   
 
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