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Autore: Meiko    15/10/2003    4 recensioni
L'ispirazione mi è venuta ascoltando "At the beginning", un pezzo molto bello, che è stato usato per il cartone di "Anastasia". Quando l'oscurità è attorno a te, hai solo due possibilità: conviverci, o impazzire. Lei ha scelto la prima, e da quel momento la sua vita ha preso quella piega. Poi...qualcosa risvegliò in lei la curiosità perduta. Un viso che non sarebbe mai riuscita a vedere...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La ragazza restò in silenzio, mentre avvertiva i passi veloci di Neko che scendeva le scale, mentre qualcuno suonava alla porta, Inuki abbaiava nervoso.
-E’ Taro…-
Neko la guardò stupita, per poi sorridere, ed aprire la porta, trovandosi di fronte lo sguardo dolce di due iridi color nocciola.
-Caspita! Yuko non ne sbaglia una!-
Taro si limitò a ridere, divertito dal benvenuto di Neko, che arrossì imbarazzata, per poi ridere con lui, facendolo entrare.
Yuko sorrise, mentre appoggiava sul tavolo lo straccio che stava usando per pulire il vetro della finestra, scendendo dalla sedia, mentre Taro le si faceva incontro, schioccandole un bacio sulla guancia, affettuoso.
-Ciao. Tutto bene?-
-Si, non c’è male. Si sente che il freddo se ne sta andando-
Yuko si strofinò le mani sulle braccia, coperte dal maglione caldo di colore verde scuro, i capelli erano legati in una coda morbida, che la ragazza con un gesto fluido sciolse, lasciando libere le onde di quel mare castano.
Taro l’ammirò, mentre Neko risaliva in camera, a finire di studiare, seguita da Inuki sotto comandi di Yuko, la ragazza si spostò sui fornelli della cucina, tastando con attenzione e trovando con memoria da elefante tutto l’occorrente per fare del the.
-Mettiti comodo, Taro. Io preparò un po’ di the-
il ragazzo si limitò a togliersi il cappotto per poi sedersi e ammirare la figura sottile e gentile di Yuko, che con precisione certosina sistemava il tutto per il the, misurando il peso della teiera pe vedere quanta acqua c’era.
Questa cosa, agl’occhi di uno sconosciuto, possono essere cose incredibili, ma per gli occhi di Taro e degl’altri era normale, ormai aveva imparato ad osservare Yuko con occhi attenti.
La ragazza poteva vantare anche di alcuni pregi che la differenziavano anche dagli uomini normali. Un udito e un tatto molto sensibile, ed una straordinaria memoria, che le permetteva di ricordarsi le strade che percorreva, le persone che conosceva, i luoghi dove doveva andare.
Se fosse stata capace di farlo, sarebbe riuscita a tracciare la mappa di Fujisawa interamente solo grazie ai suoi ricordi!
Purtroppo, però, Yuko non si poteva permettere di scrivere, ne tantomeno di disegnare.
Poteva solo spiegare a Neko cosa doveva fare, e la sorellina dalla mano di artista ritraeva ciò che Yuko le descriveva.
Taro restò in silenzio, mentre osservava il corpo magro e slanciato di Yuko, che si allungò per prendere le tazze, che erano messe in uno scaffale in alto.
-Hai bisogno di una mano?-
-No, grazie Taro. Ho fatto-
Yuko agitò una delle due tazze, tenendo gli occhi chiusi, poggiandole accanto al fornello, dove stava bollendo l’acqua.
Il ragazzo l’ammirò, silenzioso: i capelli lunghi e ondosi, gli occhi socchiusi di colore verde, le ciglia nere che come una rete nera li copriva; il corpo magro e aggraziato, simile a quello delle ballerine, le gambe lunghe e magre, fasciate dai jeans blu scuri.
Quell’aria adulta, affettuosa, avvolta da un’alone di mistero, che aveva sempre affascinato i ragazzo, che si alzò dalla sedia, avvicinandosi alla ragazza.
Yuko avvertì i passi di Taro e avvicinarsi, e si limitò a sorridere, mentre trafficava con le bustine del the e con lo zucchero.
I ragazzo ammirò ancor ala sua figura dolce e sottile.
Bella…
Bella e gentile…
Come…come un fiore di pesco…aggraziata…proprio come le ballerine….
Ballerine…Lucille….
Gia….Lucille…lui ci stava, era una ballerina dalle grandi doti e ambizioni…
E a causa di quelle ambizioni che lei lo lasciò.
In fondo, però, Taro sapeva che sarebbe andata così…
Perché, in fondo, lui non l’amava veramente…
Lui…amava…
Il ragazzo abbracciò da dietro Yuko, stupendo per un momento la ragazza, che sorrise, mentre lui si appoggiava al muro della cucina, stringendola a se.
Lui amava Yuko…l’amava da sempre…
Amava la sua grazia, la sua dolcezza…il suo alone di mistero…
-Je t’aime, Yuko-
-Taro…-
la ragazza si staccò dolcemente dalla presa del ragazzo, avvicinandosi alla teiera che fischiava, spegnendo il gas e riempiendo le tazze di acqua, per poi metterci le bustine di the.
Yuko sapeva che Taro l’amava, glielo aveva gia detto.
-Prima a Parigi.
Poi a Roma…
Anche qui, Taro? Non vuoi proprio dimenticarmi?-
Yuko gli aveva sempre detto che per lei lui era come un fratello, un amico prezioso, un angelo custode, ma non oltre…
Ma Taro non avrebbe mai rinunciato.
-Yuko, potrei ripeterlo ogni volta che me lo chiedessi. Io ti amo, e lo sai…-
-E anche per questo Lucille ti ha lasciato? A proposito, non ti ha chiamato?-
Taro si trovò imbarazzato, grattandosi dietro il capo, mentre Yuko portava le tazze sul tavolo più grande per poi mettere a posto la roba che aveva utilizzato.
-Gia…mi ha chiesto di raggiungerla a Parigi, appena finito il campionato…-
-E tu…-
-Io ho detto che non potevo raggiungerla. Primo perché mio padre era in Belgio…
E poi c’eri ancora tu…nel mio cuore…-
Yuko scosse di nuovo la testa, sorridendo sofferente, le parole di Taro le stringevano molto il cuore.
Lucille amava molto Taro, ma lui le aveva spiegato chiaramente che lui amava solo Yuko.
Lucille lo aveva lasciato per questo.
Poi, certo, le sue ambizioni l’avevano portata lontano, verso il successo.
Ma la ragazza ci soffriva.
Ne aveva discusso con Yuko proprio qualche giorno prima, al telefono.
La francese aveva spiegato che avrebbe potuto anche vendere l’anima al diavolo, pur di riavere Taro.
Ma lui aveva ancora nella testa e nel cuore la ragazza cieca, che si era rimasta veramente male…
Anche a Roma si erano rincontrati, e questa volta lei gli aveva spiegato bene la situazione.

“Tu sei un caro amico, ma non puoi chiedere un amore che non ti posso dare. Il legame che mi lega a te è un legame di tipo affettivo. Per me sei come un fratello. Ma niente di più”

Gli aveva fatto male, lo sapeva bene, ma come poteva non negare?
Il ragazzo si avvicinò a Yuko, e al strinse ancora, questa volta con più forza, mentre Yuko restava in silenzio.
-Yuko, ti prego. Perché non mi ami?-
-Perché quello che mi lega a te è un legame fraterno, tu per me sei l’amico più prezioso.
Ogni volta che volevo sfogarmi c’eri tu.
Ma…l’amore…è diverso…-
Taro scosse il capo, e strinse ancora di più la ragazza, accarezzandole il capo.
-…Yuko…ti prego…-
Taro la guardò in volto, lei che teneva le sue iridi verdi socchiuse, le ciglia nere gelose le nascondevano allo sguardo affamato di Taro, che cercava di poter assaporare le emozioni che provava quando guardava gli occhi velati di Yuko.
-…Vieni…con me….in Belgio…-
Yuko spalancò per un secondo gli occhi, ritraendosi di scatto da Taro, stringendo una mano sul cuore che gli doleva da morire.
Perché le faceva male?
Un ragazzo senza volto si insinuò nei suoi pensieri, un ragazzo dal volto coperto da un berretto rosso.
E la sua richiesta.
“Vieni con me ad Amburgo…”
Che fare? Dove andare?
Yuko si sentì inspiegabilmente persa, una sensazione che odiava, lei che nella vita non poteva perdersi, o sarebbe morta…
Perdersi per lei significava morire.
La ragazza si strinse le mani al cuore, supplicando di non aver sentito quelle parole…
Sperando che Taro…
-Sta…scherzando? Vero?-
Taro si erreggeva alto e fiero nella sua statura alta, Yuko lo raggiungeva di poco alla spalla, e le mani del ragazzo si appoggiarono sulle spalle fragili di lei, che tremò leggermente, avvertendo quel tono di voce caldo, gentile, sicuro, deciso, che le soffiava sul collo e sull’orecchio.
-Non sono mai stato così tanto serio. Vieni con me in Belgio…-
-O mio dio…-
la ragazza si scostò, appoggiandosi alla parete, avvertendo che le gambe non la reggevano, tremava vistosamente, e questo mise in allarme Taro, che si avvicinò, allontanato poi da una mano di Yuko, che si voltò, coprendo la visuale del suo viso turbato…
Taro la guardava sospettoso, non riuscendo a capire cosa…
Poi…
Il ragazzo la guardò serio e arrabbiato.
-Cosa ti ha detto Genzo?-
Yuko si fermò nel tremare, e sbuffò, un sospiro lungo che la calmava, un sospiro lungo e triste.
-Mi…mi ha chiesto…di…di seguirlo ad Amburgo…-
Taro la guardò, scosso, per poi avvicinarsi a lei, stringendola ancora, questa volta con prepotenza.
-Io…io non voglio che tu lo segua…
Io ti amo, TI AMO!
Ti renderei veramente felice!
E poi…non lo voglio… non voglio che tu ti allontani ancora da me…-
Yuko sentiva benissimo i singhiozzi che stavano per salire in gola a Taro, che guardò la ragazza scuotere la testa triste, e sorridere con sofferenza, come se in quel momento avesse un coltello nel petto.
-…ho bisogno i tempo per decidere…anche se…-
-…il tempo è l’unica cosa che ne io ne Genzo possiamo darti…-
Taro si slacciò dall’abbraccio, Yuko avvertì il gelo afferrarla per qualche istante, per poi udire di nuovo il tono caldo e gentile di Taro.
-Deciderai tu, e sono sicuro che farai la scelta giusta. Su, ora beviamo questo the, prima che diventi freddo-
Yuko restò per un momento i silenzio, per poi sorridere, annuendo con la testa.
-Si, hai ragione…-

Neko stava rovistando tra le vetrine, alla ricerca di un regalo per Yuko, il giorno dopo la sua sorellina avrebbe compiuto vent’anni!
Conoscere i gusti di quella ragazza era impossibile.
Era sempre misteriosa, anche con Neko e con la madre, non aveva mai mostrato veramente com’era veramente, e le uniche volte che lo aveva fatto era stato quando era ancora in vita il padre.
…papà…
Neko si strinse gli occhi, sorridendo amara.
Il padre…
Si ricordava delle mani del padre, quando si allungavano verso di lei, accarezzandola, prendendola per la mano, raggiunta da Yuko e dalla mamma.
Si ricordò perfettamente quel giorno.
Lei era triste, gli si era rotta una bambola, il braccio.
Stava piangendo, quando vide quella mano.
Era grande, forte, dalle dita lunghe, una fede d’oro sull’anulare, una leggere peluria, il colore olivastro della pelle.
Poi aveva visto quel grande sorriso, quegl’occhi azzurri, con pennellate di grigio chiaro-grigio scuro, che riflettevano un carattere dolce e sereno.
Si…suo padre era un uomo molto paziente e serio al lavoro, e molto dolce e affettuoso in famiglia.
Sua madre gli aveva raccontato che si erano conosciuti ad un party, dopo una delle sue prime sfilate, e li lo aveva conosciuto.
“Era un uomo molto affascinante, con quel sorriso molto calmo e carismatico, molto simile a quello di Yuko…”
si…Yuko aveva di sicuro il sorriso del padre.
E lei…
“Tu hai la sua passione per la pittura, la forma del volto…”
e i suoi problemi di cuore…
No, come avevo gia detto, Neko non dava colpa al padre.
Era stata sfortuna .
L’aveva chiamata Neko, gatto…
Perché…
“Quando tua madre stava in ospedale, c’era un gatto dal pelo lungo e rossiccio, un bel gattone, che spesso si metteva sul davanzale della camera di tua madre, li dove si prendeva meglio il sole…”
da li, Neko.
Era così orgogliosa del suo nome.
Neko scosse un attimo la testa, il filo dei suoi pensieri si era bloccato, mentre un ricordo si insinuava nell’intreccio dei suoi ricordi.
Il regalo di Yuko!
Si guardò ancora intorno, tra le vetrine, e si era messa a correre, quando era andata per l’ennesima volta a sbattere contro qualcuno, che però era riuscito a trattenerla per la mano, mantenendola in piedi.
-Mi scusi!-
-Dev’ essere una tua abitudine, micetto!-
la ragazza spalancò gli occhi verdissimi, riconoscendo la voce e la figura di Kojiro, che le sorrideva divertito.
In un attimo, la ragazza divenne rossissima, le guance erano avvampate, mentre velocemente si separava da Kojiro, tenendo lo sguardo basso.
-Scusami!-
-Ehi, non temere. Non mi sono fatto niente!-
i due risero, per poi cominciare a passeggiare per i negozi, Neko per cercare il regalo per Yuko, Kojiro per farle compagnia.
Neko lo ammirò, il ragazzo portava un cappotto nero imbottito che però faceva notare la grandezza delle sue spalle, i jeans fasciavano le gambe magre e muscolose.
Il cappotto aperto all’inizio lasciava intravedere una felpa chiara, che faceva risaltare il colorito scuro della pelle, gli occhi neri e i capelli selvaggi lo rendevano ancora più…esotico!
Neko arrossì lievemente, per poi fermarsi davanti ad un negozio, il “Chikyuya” (mi sono ispirata a “Sussurri del cuore”. Vi consiglio di leggerlo! E’ un manga delizioso! N.d.M.)
Ammirò affascinata gli oggetti che vendeva, penne, bambole antiche, oggetti dal fascino misterioso.
-Qui!-
Kojiro annuì, seguendola dentro il negozio.
Una zaffata di legno di cedro vecchio l’investì, tutto aveva un’ aspetto vecchio e….affascinante…
Sembrava un negozio dell’Europa vecchia del Quattrocento-Cinquecento, le vetrate in alcuni punti erano colorate come quelle delle chiese gotiche, e il sole che quel giorno brillava abbastanza lasciava macchiare il pavimento di luci rosse, violacee, gialle, bianche, azzurre.
Neko passava tra le vetrate, lasciandosi colorare le mani e il corpo, il cappotto scuro si tingeva di verde, la gonna e le calze erano squarciate di azzurro, mentre un raggio rosso infuocava ancora di più i capelli ramati.
Kojiro l’ammirava, ricordava uno di quei folletti delle favole, o come una deliziosa fatina dei fiori.
Gli sembrava persino di vedere delle ali spuntare dietro la schiena di quella ragazza…deliziosa.
Simpatica…allegra…vivace…bellissima.
Neko si voltò , e gli sorrise, continuando a camminare tra le vetrate, le “ali” dietro la sua schiena sbattevano allegre in un ronzio piacevole, mentre i ragazzo la seguiva da lontano.
Alla fine, le ali svanirono, fermando il loro ronzare, mentre la ragazza si soffermava ad osservare un oggetto, sopra una mensola messa in bella mostra.
-Trovato qualcosa?-
-Guarda-
Neko puntò il dito su di una bambola, e Kojiro la guardò, abbastanza colpito.
Era una bambola di porcellana, in piedi, che rappresentava una bellissima bambina, il vestito lungo a maniche lunghe, azzurro, un bel fiocco blu al centro, le scarpette nere con le calze bianche come il sotto vestito, un ombrellino tra le mani, celeste, e un cappello di paglia con un nastro, tenuto fermo da una mano; l’espressione ridente, felice.
Kojiro ne ammirò soprattutto le fattezze e i tratti del viso, stupendosi di quanto fosse realistica.
Sembrava proprio una bimba vera, che si teneva in mano il cappellino, lunghi capelli biondi riccioluti, gli occhi leggermente socchiusi di un celeste pallido, il sorriso dolcissimo e felice.
-E’ bellissima!-
-Mi ricorda un po’ Yuko e me da piccole…eravamo sempre così allegre, così serene…-
il ragazzo si voltò, gli occhi di Neko velati di una leggera malinconia triste, che però la rendeva ancora più affascinante, rendendo quel viso dapprima da ragazzina adesso da una donna matura.
Nonostante i suoi sedici anni, Neko sembrava in certi suoi comportamenti una donna di venti, a volte le parti della due sorelle s’invertivano.
-E…adesso?-
Neko si voltò a guardare negl’occhi il ragazzo, le braci ardenti sembravano voler accarezzare il suo sguardo verde, alcuni ciocche di capelli neri scivolavano sul volto lungo e ben fatto, dall’incarnato abbronzato.
Lei sorrise, adesso la somiglianza con Yuko era straordinario, certe volte quelle due sembravano gemelle.
-Adesso…siamo serene…viviamo nella realtà del mondo…-
quell’aura così misteriosa si era posata in lei.
Passarono molto tempo a guardarsi, poi Neko arrossì, guardando un altro punto, e sorridere entusiasta, mentre si avvicinava ad una scatolina in una mensola alta, puntandola con il dito.
-Questa!…-
la ragazza si alzò sulle punte, cercando di raggiungerla, la mensola era molto alta.
-Aspetta…-
Kojiro allungò una mano, afferrando la scatolina, ammirandola alla luce bianca di una vetrata: d’argento, con sul coperchio l’intarsio di una composizione di fiori, le decorazioni abbellivano i lati e il fondo della scatola, dentro era coperta da velluto rosso.
Neko l’afferrò con dolcezza, sfiorando la mano del ragazzo, sorridendo contenta.
-E’ perfetto. Grazie!-
la ragazza corse a pagare, lasciando un perplesso Kojiro, che sorrise facendo spallucce, raggiungendola, mentre lei usciva da negozio.
-Kojiro! Finalmente!-
i due si voltarono, e Neko osservò stupita e spaventata la figura di Maki, che si voltò un attimo a lanciarle un’occhiata infastidita, per poi prendere per il braccio del ragazzo, stringendolo con forza, tirandolo verso di se.
-Dov’eri finito? Ti ho cercato dappertutto!-
-Scusami, ma avevo aiutato Neko a cercare un regalo per Yuko. Ci vediamo domani!-
Neko lo salutò con un sorriso, scoccando poi un’occhiataccia di rabbia a Maki, che la guardò stupita, per poi lanciarle quasi un lampo in uno sguardo, allontanandosi a grandi passi con Kojiro, che si voltò a guardare quel dolce micetto, che gli sorrideva allegra, agitandogli una mano in segno di saluto.

Due mesi…
Erano passati due mesi…
Quanto passa veloce il tempo…
Yuko alzò il capo, continuando ad ascoltare con le cuffie la canzone italiana.
Le piaceva molto la musica italiana e irlandese, le trovava molto affascinanti.
Amava molto stare seduta sul davanzale della finestra, con un maglione caldo, la testa appoggiata al vetro, con la radio accesa o il lettore cd alle orecchie, Inuki ai suoi piedi sonnecchiava tranquillo, segno che Yuko stava bene.
Inuki era il catalizzatore delle emozioni e dei pensieri di Yuko, e ogni volta che si voleva scoprire come stava Yuko, bastava dare un occhiata al cane.
Solo quel suo sorriso misterioso rimaneva tale, nemmeno il cane riusciva a capire cose pensasse la sua padrona.
Yuko canticchiava, con gli occhi chiusi, battendo a ritmo le dita sul legno lucido e leggermente ruvido del davanzale.
In quel momento, Inuki alzò il capo.
Yuko stava riflettendo sulla sera precedente.
Quel giorno, tra poco più di un’ora, ci sarebbe stata la partita per le semifinali.
Neko sarebbe andata allo stadio, mentre lei sarebbe rimasta a casa, anche se Sanae l’aveva pregata di raggiungerla.
Lei aveva scossa la testa, sorridendo tranquilla.
“Cosa ci farebbe un ceco in uno stadio? E, comunque, oggi non mi sento molto bene…”
in realtà, era ancora turbata sulla proposta di Genzo.
Anche perché non era l’unico che gli aveva chiesto di seguirla…
Yuko sbuffò, stanca, si sentiva stanca di questa situazione.
Era molto indecisa, e questo non le piaceva molto.
Giocò distrattamente con il suo ciondolo, per poi soffermarsi a tastarlo, e gli sembrò di sentire la mano di Genzo che le sfiorava il medaglione, mentre un braccio la legava in vita.
Avvertiva quel calore…quella dolcezza…
Genzo…

“Vorrei poterti stringerti sempre a me”

la ragazza più ci pensava, più si sentiva la testa pesante.
Genzo l’amava, ma lei?
Lei non poteva seguirlo se non sapeva cosa provava, sarebbe stato come prenderlo in giro.
Genzo…
Pensò al ragazzo, ma lo vide di schiena.
Quando lo girò, non vide altro che la sua ombra, nascosta dal capellino.
Non riusciva a vederlo in faccia.
Eppure…avrebbe voluto vederlo in faccia…
Potergli sfiorare quel volto, che sapeva di virilità…
Allungare una mano e…
Yuko si accorse di aver allungato la mano verso il vuoto, e velocemente la ritrasse, come se si fosse scottata.
La ragazza pensò intensamente ad un viso, ma quello che vide fu quello di Taro.
Taro…

“Ti renderei veramente felice”

quel ragazzo era sempre stato una specie di angelo custode.
L’aiutava, l’ascoltava, parlava con lei con una tranquillità che le era mancata.
Da quando le era morto il padre…
Quel ragazzo l’amava molto, lo sapeva, lo capiva da come si comportava.
Andare con lui in Belgio.

Si, però…
“Per me è solo un amico, una specie di fratello maggiore…”
Yuko sbuffò ancora, passando una mano sul freddo vetro della finestra, mentre Inuki alzava lo sguardo verso la padroncina, avvertendo il peso di quei pensieri e di quella tristezza sciolta in una nostalgia strana…
La sua padrona aveva nostalgia…ma di cosa, non riusciva a capirlo…
Yuko ascoltò distratta la canzone di lingua italiana, una melodia dolce come una ninna nanna.
Poi, c’era sua madre.

“Ti prego, pensaci”

Canada…
Era così lontana dal Giappone, dall’Europa…
Dall’Europa…

Yuko si abbracciò una gamba, chiudendo gli occhi socchiusi, iniziando a rifare quello strano giochetto.
Aprì gli occhi, e li richiuse.
Ancora, e li chiuse.
Ancora una volta, e richiuse per l’ennesima volta.
La nebbia non calava, era un banco abbastanza fitto, e il buio divorava qualsiasi cosa che gli occhi di Yuko cercavano di vedere.
Cataratta.
Da quanto, ormai, viveva con questa disfunzione?
…Undici anni…
Undici anni vissuti nel buio, nella nebbia, che ogni volta si faceva a tratti più fitta, a tratti più leggera, ma le tenebre c’erano sempre.
Undici anni erano tantissimi…
Troppi, per sperare ancora in qualche miracolo…
Eppure sua madre e sua sorella erano cocciute come dei muli.
Soprattutto sua madre.
Neko no, lei riusciva a capire la sorella, e si limitava a starsene zitta, sorridendogli e coccolandola.
Neko…
Yuko non poteva partire…
C’erano Neko, Inuki, sua madre…

…Seguilo…
E’ tempo che tu ti faccia un futuro…”

…si stava comportando da vigliacca.
Non voleva ammettere che…
Che cosa?
…che…
Yuko sbuffò, spostandosi dalla sedia, con il lettore cd in mano, sdraiandosi su letto, tenendo gli occhi socchiusi.
-Yuko!-
-Si?-
Neko entrò velocemente in camera, pronta, e guardò abbastanza stupita la sorella, sdraiata su letto, il lettore cd in mano, Inuki ancora sotto la finestra che sonnecchiava.
Stava pensando alle sue tre proposte…
Sorrise triste.
-Io vado. Non pensare troppo, e concentrati sulla partita!-
ecco un’altra cosa che rendeva ancora più simile tra loro le due sorelle.
La perspicacia.
-Hai ragione. Divertiti!-
-Non mancherò!-
Neko scese le scale allegramente, ridendo spensierata, mentre fuori si sentiva il rumore del clacson della macchina di Sanae, con lei Yoshiko.
Yuko restò in silenzio, togliendosi le cuffiette, ascoltando il rombo della macchina che partiva, allontanandosi.
La ragazza si alzò dal letto, e lentamente afferrò la radio sul tavolo, scendendo con Inuki giù in salotto, ad ascoltare la partita, che cominciava tra mezz’ora.

La partita era stata grandiosa, i ragazzi avevano una goleada eccezionale.
5-0!!(certe cose solo su Capitain Tsubasa! N.d.M.)
Le finali erano ormai alla fine, e si sarebbero svolte tra due settimane, che i ragazzi avevano deciso di sfruttare in una villa sul lago, idea di Tsubasa e di Sanae.
Ora questa e le ragazze con Neko erano andate a incontrare i ragazzi alle porte degli spogliatoi.
Sanae, Yoshiko e Yayoi erano leggermente nervose, mentre Neko si guardava attorno, affascinata e un po’ triste.
Le sarebbe piaciuto avvertire la presenza di Yuko accanto a se, che paziente ascoltava la sua tensione, che camuffava dietro un sorriso tranquillo, anche se i suoi occhi verdi catturavano ogni minimo movimento si catturava dietro le porte di quegli spogliatoi, si potevano sentire le risate, alcuni commenti ad alta voce e le urla di gioia dei ragazzi, mischiati al rumore delle docce e degli sgabuzzini dalle porte di metallo che ogni tanto venivano sbattuti con violenza.
In particolare uno, che Neko riconobbe come quello della “Tigre”, spesso sentiva anche la risata di Kojiro, segno che era felice.
Era chiaro. Due goal li aveva segnati lui, uno con un bel passaggio di Misaki, l’altro giocando con una scivolata di un pallone che stava per finire fuori.
La ragazza era rimasta sempre con il fiato sospeso, pregando affinché la squadra giapponese vincesse.
Affinché lui vincesse…
Neko arrossì a quel pensiero, per poi avvertire il rumore della porta dello spogliatoio che si apriva. Il primo ad uscire fu Genzo, seguito da Tsubasa e Kojiro, poi Misaki, che raggiunse subito il piccolo gatto, che sorrideva allegra.
-Complimenti!-
-Grazie. Yuko?-
-Non è venuta. Mi ha chiamato adesso, gli è venuta un po’ di febbre, ma niente di grave, verrà alla villa-
Genzo e Taro restarono abbastanza colpiti da quella notizia, ma il sorriso della ragazza calmò Misaki, mentre Wakabayashi ripensava alla sua proposta fatta a Yuko.
“Vieni con me ad Amburgo”
-Senti Misaki…per caso hai chiesto a mia sorella qualcosa?-
Genzo si voltò, interessato al discorso, il ragazzo arrossiva, segno che la ragazza aveva centrato nel segno.
-In effetti…gli ho chiesto…di venire con me in Belgio-

Genzo spalancò gli occhi, per poi nascondere uno sguardo TERRORIZZATO sotto il berretto rosso, mentre Neko faceva un balzo.
-Cosa? Ti rendi conto di quello che gli hai chiesto?-
-Beh…dovresti saperlo…che sono capace di fare queste cose...-
Wakabayashi reputò di avere ascoltato anche troppo, e velocemente si allontanò dal gruppo, mentre all’uscita del corridoio decine di ragazzine e donne urlanti gli chiedevano il suo autografo, facendogli aumentare il nervosismo.
Nel frattempo, Kojiro si guardò intorno, alla ricerca di due occhi verdi di gatto, sperando di non incontrare quelli scuri e ardenti di una giocatrice di softball, che da un po’ di tempo cominciava a diventare davvero insopportabile.
La “Tigre” non sopportava una tigre come lui, feroce, gelosa, che divora chiunque si avvicini troppo al suo “lui”, trattandolo come se fosse un oggetto SUO.
Non riusciva più a sopportare quella ragazza, glielo aveva detto chiaro in faccia.

“BASTA! NON SOPPORTO LA TUA GELOSIA E LA TUA POSSESSIVITA’!”
“ALLORA A ME PREFERISCI QUELLA GATTA MORTA, LA SORELLA DI QUELLA ANTICCAPPATA?”
“NON TI PERMETTO DI PARLARE COSI’ DI YUKO E SOPRATTUTTO DI NEKO! LEI E’ MILLE VOLTE MIGLIORE DI TE!”

Dio, che sfuriata!
Alla fine si erano lasciati, e naturalmente la notizia si era sparsa a macchia d’olio in tutta la squadra.
Kojiro, finalmente, poteva respirare senza che Maki si tenesse appiccicata a lui!
Si era indiavolato quando la ragazza aveva chiamato “gatta morta” Neko.
Neko non era una gatta morta!
Lei era…
-Ehi, gatto!-
la ragazza si voltò, incrociando lo sguardo ardente di Kojiro, e arrossendo di colpo per la sua vicinanza con i ragazzo, abbassando il capo intimidita.
-Ciao Kojiro!-
il ragazzo sorrise divertito, quella sua timidezza innocente la rendeva ancora più carina, come un cucciolo di gatto.
Il ragazzo le appoggiò affettuosamente la mano sulla testa, facendole un buffetto.
-Sei davvero un micetto!-
Neko lo guardò stupita, e sorrise, arrossendo leggermente, per poi tornare a chiacchierare con Taro, Kojiro si unì alla coppia, partecipando allegro alla discussione, quella sera era davvero di buon umore.
Al contrario di Genzo, che in quel momento guidava ad alta velocità, la macchina che manteneva sempre la massima velocità, scaricando il nervoso del portiere, che teneva il berretto basso sugl’occhi.
Taro aveva chiesto a Yuko di seguirlo in Belgio…
Questo significava…che tra lei e Misaki ci fosse del tenero…
No, questo non poteva sopportarlo!
Pensare che il suo autunno abbracciasse un altro che non fosse lui gli faceva ribollire il sangue, mandando a fuoco i suoi occhi neri, che in quel momento brillavano tesi.
Doveva parlare con lei assolutamente!
Arrivò con una sgommata a villa Wakabayashi, uscendo dalla macchina silenzioso, sbattendosi dietro la portiera, scaricando i quella spinta una parte della sua tensione, sopra di lui il nero della notte era tinto di argento e madre perla dalle nuvole che passavano di corsa.
-COMPLIMENTI!-
il ragazzo si voltò, la vide.
Il motivo della sua rabbia, il centro dei suoi pensieri.
Vestiva di un lungo cappotto beige, tenuto stretto dalle braccia avvolte intorno al corpo. I capelli sparsi sulle spalle e sulla schiena, accarezzandogliela.
Un sorriso felice dipinto sul volto, sbuffi di aria calda uscivano dalla sua bocca di rose. I suoi occhi chiusi.
I suoi occhi…
Il ragazzo rivedeva all’infinito quelle iridi aperte, quelle sconfinate prateria di erba verdissima, come le distese irlandesi.
Era come vedere l’infinito in quegl’occhi, e il cielo nel suo sorriso.
Yuko restò immobile, cercando di captare qualche movimento del portiere.
Aveva immaginato nei suoi pensieri le parate del portiere, ed era uscita a fargli i complimenti, avvertendo il rombo di motore della sua auto, una sportiva.
Aveva anche avvertito nervosismo nel rombo di quel motore.
Inuki, nel frattempo, si era messo seduto accanto a lei, fissando tranquillo e severo il portiere, che si limitò a sbuffare, rientrando in villa.
-Temo che gli sia successo qualcosa, Inuki…-
il cane alzò lo sguardo verso la padrona, che sbuffando tornò dentro casa, attendendo il ritorno di Neko, accompagnata da Taro e Kojiro, festeggiando con loro e con una bella cioccolata calda la vittoria della squadra giapponese.
(COMMENTI!! GRAZIEE!!^^’
Meiko)

  
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