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Autore: Lexy    03/02/2010    3 recensioni
Questo è il seguito di "Who will take my dreams away?"
Mister Freeze, che ha posto il suo quartier generale a Bludhaven (territorio protetto da Nightwing), e Poison Ivy che invece ha iniziato la sua ascesa al potere da Gotham City (guardata da un Batman ormai annoiato e decadente). Al centro di tutto questo c'è Duefacce che, non provando nessun interesse in questi scontri inutili, si limita a badare al suo territorio, per nulla intimorito da quelle due nuove potenze soprannaturali... ma le cose resteranno così? Chi provvederà a far cadere questi due malvagi pilastri della malavita? Nuove alleanze, tradimenti, avventura ed azione.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per Sychophantwhore: Aww, ciao! Dunque partiamo dall'inizio: il risveglio di Eddie xD. Ovviamente lui è stato davvero felice di rivedere e soprattutto poter abbracciare il clown, ma la sorpresa che lui gli ha presentato lo ha, diciamo, destabilizzato ed irritato, una volta capito davvero di cosa si trattasse. Ha tentato di restare freddo e lucido quanto più possibile, infatti il suo primo approccio con Joker è stato normale, ma poi beh... non ce l'ha fatta, dal suo punto di vista tutti i torti non li ha é_è, visto che quella di certo non è la prima volta che l'altro gli combina una cosa simile. Lui arriva ad accettare tutto del clown, che fa lo stesso, e questo è importante, solo che il povero Nigma non lo *capisce* sempre, cosa che invece Harley fa. Per questo doveva essere lei a fargli aprire gli occhi *_*. Lei ed il suo Puddin' secondo me sono *uguali*, e come Joker ha fatto aprire gli occhia lei sulla sua vera natura, Harley ha fatto lo stesso con Eddie. Poi... *adoro* descrivere i pensieri di Joker o_ò ma davvero, posso infilarci in mezzo *di tutto* lui è la *vera* tempesta di coscienza, non ha bisogno di un filo logico xD. Per quanto riguarda Ivy no, lei non avrà cicatrici, piano piano spariranno, ma resterà tutto dentro di lei, a bruciarla da dentro. Awww sono felice che tu abbia apprezzato il mio accento su Crane, tengo molto al suo percorso, specie quando c'è Harvey di mezzo xD. Nightwing ha il suo ruolo ;) e credo mi divertirò parecchio con lui e Jonathan. Harvey per il momento non sa di loro e conviene a tutti che non lo sappua mai xD. La metafora del'acqua e della benzina *_* felice che l'abbia notata ed apprezzata! Pinguino ha salvato Eddie! Lo ha fatto, è tutto vero xD lo ha rispedito a calci nel mondo dei vivi! Per quanto riguarda la canzone del precedente capitolo, non sapevo fosse stata già usata da GeanJenie per... pubblicizzare? La sua storia - ho visto sul tuo blog tra i video preferiti - altrimenti non l'avrei usata, un po' ci son rimasta male :(. Ma vabé, ciò che è fatto, è fatto ed io continuo ad adorare i Rammstein con tutta me stessa. Tesoro adesso ti lascio al nuovo capitolo, sperando che ti piaccia *_*! A presto, spero!
Per Boopsie: Tesssoro! Aww, ti ringrazio dei bellissimi complimenti ma davvero non è tutto merito mio xD. rinnie ne sa qualcosa, la mia beta fa un lavorone immenso appresso a me e per questo la storia sembra perfetta ^^. Ma non so se ci hai fatto caso... me lo ha fatto notare proprio rinnie, ma... i piatti di Harvey o_o. Fanno sempre una brutta fine! Cioè, Crane li rompe come acqua, lanciandoglieli appresso, poi Nigma spacca tutto nella sua cucina, quei pochi rimasti son graffiati da Joker... tutti portano sempre con sé qualche sua porcellana, giusto in caso xD. Adoro i pensieri di Joker, proprio, potrei scriverne all'infinito! La parte tra quei tre, Eddie, Joker e Harley, mi è piaciuta moltissimo scriverla e soprattutto dare un senso a questa situazione particolare XD. A proposito di Johnny, poverino lui ç_ç... ma la parentesi love con Nightwing ci voleva e non è nemmeno finita qui *_*! In ultimo... tua madre deve avere qualche potere o_ò! Deve averlo, per forza! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia! yeah! a prestissimo tesoro!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX


Voglio ringraziare, ancora una volta - perché no, non lo farò mai abbastanza - la mia beta, nonché dolce metà, rinnie. Tesoro,questo capitolo è dedicato tutto a te! Grazie dell'infinita pazienza che mostri con me, degli incoraggiamenti, di tutto! Sono felice che questa storia ti piaccia, mi riempie di orgoglio!
Un abbraccio speciale per te! E... buon compleanno *__*!


PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

Capitolo 7: Passive.

Intro.

Nightwing aprì gli occhi su un panorama sconosciuto, si sentiva scosso da tremiti, aveva i muscoli addormentati, e faceva freddo. Mano a mano che si riprendeva, tirandosi lentamente a sedere, i ricordi iniziarono a tornare, irritandolo non poco.
Crane, quel maledetto, aveva finto di accettare la sua proposta solo per poi gasarlo, una volta lontani ed al sicuro dalla polizia che aveva circondato il MYB, e poi… le sopracciglia si aggrottarono, ed infine un ghigno gli si aprì sul volto: Spaventapasseri gli aveva dato l’antidoto.
Se non lo avesse fatto, probabilmente un’overdose di gas terrorizzante avrebbe avuto effetti permanenti e davvero sgraditi su di lui; di certo Crane non aveva un animo gentile (non sembrava da fuori e di certo non lo aveva nascosto all’interno), quindi l’unica plausibile spiegazione al suo comportamento, era che lui - Dick Grayson - era così affascinante da essere irresistibile.
Si alzò, ammaccato e dolorante un po’ ovunque, ma non era di certo finita lì, almeno non per lui. Al momento però, la cosa davvero certa, era che nessuno dei suoi amici avrebbe mai dovuto sapere di quella notte, di come in fondo, si fosse lasciato giocare in una maniera simile… perché davvero, aveva già abbastanza problemi nel dover dimostrare di non essere solo il mini-me di Batman.
Le loro prese in giro, erano assolutamente da evitare.

**

Still intro.

Jonathan Crane era confuso ed oltremodo irritato: gli eventi di quella sera erano stati disastrosi sotto tutti i punti di vista: non solo aveva realizzato che, nonostante le apparenze e le fatiche superate in quei due anni, non era riuscito a dimenticare Duefacce. Ora c’era anche il peso di scoprire che in fondo, anche le meccaniche del loro rapporto erano rimaste uguali sotto le svariate coltri di odio: c’era sempre Spaventapasseri che incasinava le vite di entrambi, ed Harvey che non faceva che lottare ed arrabbiarsi, nel tentativo di mettere le cose a posto.
Ora, l’ex psichiatra si domandava se l’altro avesse mai davvero voluto farlo fuori. Lui sì, si era cimentato nell’ammazzare Harvey con tutte le sue forze, gli mancava talmente che l'unico modo per non venirne travolto era distruggere quella debolezza. Se non ce l’aveva mai fatta, probabilmente era perché dentro di sé non voleva.
Lo sguardo che Duefacce gli aveva lanciato quella sera, dopo avergli salvato la vita, parlava fin troppo chiaro: lui lo amava ancora, e ricambiato, purtroppo.
Non voleva neppure pensare al modo vergognoso in cui si era lasciato andare con nientemeno che il vigilante mascherato rispondente al nome di Nightwing, quello che prima d'allora aveva sempre giudicato come la patetica ed esibizionista brutta copia di Batman.
Si sarebbe ucciso in quel momento, gli era perfino mancato il coraggio di far davvero fuori il ragazzino: alla fine, cedendo ai suoi istinti ed iniettandogli l'antidoto, aveva evitato che risentisse dei permanenti effetti di un’overdose del suo gas terrorizzante.
Perdio, perché le sue pene non finivano mai?

“Ti cercavamo, sai? Non hai avvertito nessuno del tuo ritorno, e non sapevamo se era il caso di dare il via ad un‘operazione di salvataggio.”

L’Edera. Ecco, un’altra disgrazia di cui, al momento, avrebbe benissimo potuto fare a meno; senza dire una parola infilò nuovamente sul viso la maschera di Spaventapasseri e attese: sapeva che, se si fosse permesso di risponderle anche solo una volta, avrebbe iniziato a gridare tutti i suoi risentimenti repressi e non voleva assolutamente scoprirsi così, non con lei.
Con la coda dell’occhio notò che, di nuovo, quel gesto e la sua noncuranza l’avevano urtata, ma durò poco, poi Ivy iniziò a sorridere in una maniera davvero poco rassicurante. Era sicura di se stessa, per qualche motivo che, ne era certo, non avrebbe tardato ad esporre.

“Immagino tu non abbia nemmeno idea dell’esito dell’operazione. - disse e, dopo una pausa più o meno breve, continuò - Abbiamo preso Dent.”

Dead as dead can be,
My doctor tells me.
(Morto, che più morto non si può)
(Mi dice il mio dottore)

Quelle parole dissolsero letteralmente i suoi propositi di ignorarla, di più, lo svuotarono completamente; si voltò a posare lo sguardo su di lei, in cerca del minimo segnale che lo stesse prendendo in giro: non era possibile, lo stava fregando in qualche modo. Il sorriso di Ivy si allargò, era come se avesse finalmente ottenuto un’importante vittoria personale.
Avanzò qualche passo nel laboratorio.

“Vedo che ora ho la tua attenzione!”

Pronunciò, orgogliosa di se stessa, ed era vero, aveva guadagnato l’attenzione di Crane, ma lui pensava solo ad Harvey. Ricordò improvvisamente che era proprio quello lo scopo della missione, che Freeze gli aveva addirittura promesso che, dal momento della sua cattura in poi, Duefacce sarebbe stato tutto a sua discrezione. Non sarebbe dovuta essere una tale sorpresa, la notizia portata da Ivy.
Fino a quello stesso pomeriggio, ciò lo avrebbe entusiasmato, ma in quel momento, dopo le brusche e del tutto non volute realizzazioni della serata, sentiva che il solo guardare l’altro in faccia lo avrebbe imbarazzato e steso definitivamente.
E quella era un’altra debolezza che non avrebbe di certo voluto mostrare, né a Freeze, né - soprattutto - all‘Edera. Sentiva il bisogno di vomitare nonostante avesse mangiato davvero poco tutta la settimana.

“Il punto?” Rispose, gelido, irritandosi nel notare che quel tono ormai non attecchiva più.
“Potresti passare a trovarlo, gli farebbe piacere visto che non è davvero messo bene. Buona serata, dottor Crane.”

L’Edera andò via, lasciando Spaventapasseri impassibile, svuotato di ogni pensiero e, quando alla fine si riscosse, afferrò delle provette vuote dal tavolo e le lanciò in direzione della porta dalla quale Ivy era uscita; l’eco del vetro che s’infrangeva contro il legno per poi ricadere in pezzi sul pavimento riempì il laboratorio per un attimo.
Poi tornò a rimanere immobile, pensando a tutto e niente, non riusciva a concentrarsi e, quando andò a raccogliere quei taglienti frammenti, riuscì a ferirsi le mani, sibilando per un momento contro il dolore, gli occhi fissi sul suo stesso sangue, mentre scivolava fino al pavimento, ma presto si riscosse.
Lui era uno psichiatra e da tempo si era reso conto - non c’era bisogno che glielo spiegassero - di starsi autodistruggendo lentamente ed in mille modi e, perdio, non sarebbe diventato come il Joker, non avrebbe cercato nulla nel dolore fisico.
Ma il clown gli mancava. Sentiva la mancanza anche di Harvey. A volte perfino quella di Nigma.
Provava nostalgia per quei momenti che, tutti insieme, avevano avuto, seppure per un così breve periodo.
O forse no, probabilmente questa era una sua impressione ed in realtà tutto quel tempo felice era durato anche troppo, per gente come loro; i ricordi gli facevano male, lo costringevano a sorridere perfino in quel momento, mentre stringeva la fasciatura attorno alla mano.

But I just can't believe him,
Ever the optimistic one.
(Ma semplicemente non posso credergli)
(Sempre il solito ottimista)

Ora, Edward e Joker stavano di nuovo insieme, ne era contento, in fondo non era la prima volta che riuscivano a superare ostacoli che da principio sembravano insormontabili, quei due erano davvero la prova che tutto era possibile e gli passò nella mente che forse poteva chiamarli, per sentirli di nuovo.
Ma no, che gli saltava in testa? Troppe cose erano accadute o stavano ancora accadendo attorno a loro, non c’erano più speranze di recuperare nulla ed a lui non andava di fare altre figure, sentiva di averne già fatto il pieno a sufficienza, ancora un po’ e non avrebbe più avuto il coraggio di guardarsi allo specchio.
Si era sentito abbandonato da loro come un bambino dai suoi genitori, aveva tagliato i ponti che li univano, si era comportato malissimo con Harvey e non ne aveva diritto, anche se il suo ex non aveva saputo affrontare il problema, era lui, Jonathan, che forse non avrebbe davvero avuto motivi per crearlo.
Doveva rassegnarsi e fare croce sopra alla loro amicizia, ed anche a Duefacce.
Si sentì strano, per la prima volta da quando aveva lasciato Harvey gli era balenata in mente l’idea che il loro fiasco poteva essere stato, magari, anche colpa sua e non sapeva se ciò fosse un bene o un male. L’unica cosa di cui si rendeva conto era che doveva assolutamente superare tutto questo ed andare davvero avanti.

**

Selina Kyle amava gli abiti di alta classe, lo aveva sempre fatto, solo che ora poteva permetterseli, così come poteva permettersi di frequentare il multimilionario playboy più famoso di tutta Gotham City: Bruce Wayne, lo scapolo d’oro.
Quella sera si era già fatto abbastanza tardi, quando lui l’aveva invitata a cena fuori, e lei si entusiasmava sempre moltissimo nel vedere il suo accompagnatore pretendere un tavolo nel ristorante più lussuoso della città per averlo un attimo dopo, nonostante la fila di persone prima di loro.
Rideva e brindava col calice pieno di champagne; Catwoman le aveva davvero cambiato la vita, ed in meglio! Appena tornata a casa, molte ore dopo, mentre si lasciava scivolare la giacca dalle spalle sospirando la sua gioia, notò un messaggio in attesa nella segreteria telefonica.
Quando premette il pulsante, una voce maschile che non conosceva, dal tono piuttosto freddo e serio - ma deciso - riempì l’aria.

“Signorina Kyle, mi spiace informarla che ci sono stati… dei pasticci, giù al MYB, ma stiamo organizzando un party, ed avremo bisogno del suo aiuto. Si faccia viva al più presto.”

Il messaggio si concluse così, un po’ bruscamente, come era iniziato; Selina capì al volo di cosa si trattava: non aveva idea di cosa fosse accaduto ma, se c'era da festeggiare, lei ci sarebbe stata. Può darsi di sì, che si fosse davvero presa una brutta cotta per Harvey Dent, altrimenti non sarebbe stata così disposta a gettarsi in chissà quale pericolosa avventura per lui, pur di stargli a fianco. Lei era una gatta ed i felini raramente si gettavano volontariamente contro ai rischi.
Si diresse nella sua ampia camera da letto ed in fretta si cambiò, indossando i panni di Catwoman. L’abbraccio stretto e solido della pelle attorno al suo corpo non avrebbe mai potuto essere eguagliato da nient’altro, neppure dalla seta più pregiata: l’oro e le grandi firme servivano per far star bene una donna, ma lei non lo era più adesso: era una gatta, era se stessa.
Finalmente uscì nella notte, dalla finestra, come se fosse stata una ladra nel suo stesso appartamento, ed una volta arrivata sulla terrazza riuscì a godersi la stupenda vista che era Gotham City, illuminata nella notte, tutta ai suoi piedi. Ma solo per pochi istanti, poi il suo sorriso soddisfatto si perse nel vento, alla vista di Batman, proprio lì, dietro di lei.
Digrignò i denti, questa davvero non ci voleva.

I'm sure of your ability to become
My perfect enemy.
(Sono sicuro della tua capacità di diventare)
(Il mio nemico perfetto)

“L’uomo pipistrello! Mi scuserai, vero, ma ora non ho tempo.” Disse e fece per scappare, ma fu fermata dalla voce roca e cruda del vigilante.
“È inutile scappare, Selina.”

Si bloccò all’istante, come aveva fatto a scoprirla? Lentamente, si voltò, aveva sul viso il sorriso dignitoso e sensuale della sconfitta. Iniziò a camminare, andandogli incontro, mentre Batman non accennava a muoversi da dove si ergeva, imponente ed oscuro, l’espressione seria dietro la maschera.

“Allora. Cosa mi ha tradita?”
“Non dovresti uscire coi diamanti di una rapina addosso.”

Ed un attimo dopo, la gatta aveva afferrato la sua frusta, la fece roteare in aria una volta per scioglierla completamente, e sferzò il suo colpo, tagliando l’aria con quello stupendo suono, cercando di mirare alla maschera del vigilante che, però, evitò il suo attacco con fin troppa facilità. Non lo ricordava così abile, che gli era successo? Era come se avesse acquistato forza. Non aveva mai creduto a tutte le storie su di lui - che fosse in grado di volare, di diventare invisibile, di comandare stormi di pipistrelli, che fosse una specie di divinità mostruosa, giunta per portare la sua violenta giustizia su Gotham - tuttavia qualcosa era successo, lo vedeva cambiato.
Tentò di nuovo con un altro colpo che, come il primo, non ebbe successo e si mise a riflettere, il più velocemente possibile: perché proprio quella sera? Era uscita spesso con addosso le refurtive dei suoi colpi, eppure il pipistrello si era fatto vivo solo in quel momento, proprio lì a casa sua.
All’improvviso, come se il suo avversario si fosse mosso nell’ombra, non vide più l’altro davanti a sé, si sentì afferrare alle spalle e proprio in quel momento, forse a causa dell’adrenalina, capì tutto.

“Non posso crederci! - quasi gridò, voltandosi per poter vedere la parte in mostra del viso del suo avversario. - Tu sei Bruce!

Wake up and face me.
Don't play dead, 'cause maybe
(Svegliati e affrontami)
(Non fingerti morto, perché forse)

Un momento di silenzio passò tra loro, lungo, quasi interminabile, finché un improvviso dolore all’altezza del collo, non la fece precipitare nell’oscurità, costringendola a perdere i sensi. Per Selina, il mondo riacquistò colore solo molto tempo dopo, mentre veniva portata all’interno della centrale di polizia.

**

Edward Nigma era sulle soglie della furia: c’era stata un’accesa discussione, iniziata con lui che, fin troppo gentilmente, informava i suoi due circensi colleghi che sarebbe stato il caso di abbandonare la casa di Duefacce poiché, vista la sua improvvisa caduta, presto quel posto sarebbe stato il bersaglio che i suoi nemici avrebbero voluto devastare; quello era un ambiente particolare, fatto di dimostrazioni di forza, sfregi e tornaconti.
A questa sua intelligente proposta, si contrappose Harley, lamentandosi del fatto che Dent possedesse - contrariamente a lui, nella vecchia casa che divideva con Joker - il via cavo, una Jacuzzi ed un vero arsenale di armi, nel seminterrato.
E giocando su quell’ultimo punto, il clown era saltato in piedi, esclamando con ardore che sì, avrebbero proprio dovuto restare dove si trovavano; come volevasi dimostrare, alla fine la spuntarono loro.

“La gatta non arriva.” Buttò lì Nigma, un ulteriore colpo ai suoi ormai fragili nervi.
“Oh fidati, è meglio così.” Si scaldò Harley e, senza neppure guardarla, Edward si limitò a rispondere gelido:
“Non lo so, non la conosco.”

Someday I will walk away and say
"You disappont me"
(Prima o poi me ne andrò, e dirò)
("tu mi deludi")

La differenza abissale che divideva l’Arlecchina dall’Enigmista stava anche lì: accecata dall’amore che provava per il suo Puddin’, lei si stava sforzando, seppure con frustrazione, di conoscere ed arrivare a capire quel sacco di megalomania che, per tutta risposta, si limitava a tollerarla con qualche cortesia di circostanza, ma effettivamente trattandola come niente più di un pezzo di arredamento. Al quale capitava, ogni tanto, di fare sesso con Joker, ma quelli erano dettagli.
Harley, dal canto suo, non voleva neppure sapere se Mister J avesse ripreso o no ad avere rapporti fisici con il suo ex, faceva buon viso a cattivo gioco e tentava quanto più potesse di non lanciare fulmini e saette ogni qual volta capitasse che quei due si sfiorassero anche solo per caso.
Vista la risposta secca e leggermente indifferente del Re degli Enigmi quindi, lasciò che un sorriso le si dipingesse sul viso, prima di rivolgersi con tono mellifluo al suo Puddin’ in cerca di aiuto o di qualche battuta intelligente.

“Non è vero, Mistah J?”
“Mh? La gatta con gli stivali dici? Beh! Secondo me è inutile aspettarla, sarà già nelle grinfie di Batsy, adesso. Noooo problem, per creare un po’ di caos, bastiamo noi.”
“Frena, panda.” S’intromise Nigma, alludendo al nero con cui il clown si circondava gli occhi.
“Che c’è che non va, Ed?” Domandò l’altro, confuso.
“Dovremmo prima vedere che nessuno tenti qualcosa contro Duefacce, finché non c’è, non pensi?”
“Ma che discorsi fai?! - Stavolta fu Harley a scaldarsi. - Potrebbe morire da un momento all’altro, lì da Freeze!”
“Mannò, mannò, sono sicuro che sta benone. Al massimo, potrebbe prender freddo. - Rise Joker e poi, davanti all’espressione basita della sua Arlecchina, precisò - Harv è con Johnny adesso, e checché dica lui, non farebbe mai del male al suo adorato lovey-Harvey. Ma se anche lo facesse, non scordarti che lui è Terminator, sì, insomma, ahh… può resistere, lui.”
“Johnny, sarebbe lo Spaventapasseri? Quindi voi lo conoscete?”
“Molto! - Le strizzò l’occhio il clown, prima di tornare a rivolgersi a Nigma -  Comunque io, come dire... me ne frego degli affari di Harv, sai? Non è per questo che sono qui, ma se tu ci tieni, fai pure!”

Maybe you're better off this way.
(Forse è meglio che te ne vada da qui)

Concluse, e se ne andò, uscendo dalla stanza e lasciando i suoi due compagni da soli, nel più totale silenzio, che Edward sembrava accogliere con noncuranza, mentre Harley iniziò a sentirsi nervosa, vagamente annoiata; si era stravaccata sulla poltrona, le gambe penzolavano da un bracciolo mentre giocherellava con le maniche merlettate del suo costume.
Parecchi minuti passarono, l’unico suono a riempire l’aria nella stanza era il picchiettare dei tasti sul computer di Nigma, e d’un tratto l’Arlecchina finse un sorriso allegro e chiese, rivolta alla schiena dell’altro:

“Come vi siete conosciuti, comunque?”
Edward si bloccò, si voltò lentamente a guardarla, per poi tornare al suo lavoro.
“Chi?” Chiese di rimando, con tono tetro che non spaventò affatto Harley.
“Tu e Mistah J, chi sennò?”
“Joker non ti ha detto nulla?” Il suo tono sembrava ironico, la donna si irritò nel sentirlo.
“Poco. - rispose, una venetta pulsante sulla sua fronte, ma fingendo che fosse tutto a posto - Non parlava molto di te, mi ha solo detto una volta stavo con uno - iniziò, imitando il suo compagno - ahh… a lui piacciono gli indovinelli, magari lo conosci, bazzica spesso da queste parti! - poi, s’impensierì e dopo una pausa, riprese - però ogni volta che si toccava l’argomento, cambiava discorso, o diventava vago… beh, più del solito.”

Ed infine tacque, aveva parlato già abbastanza, e con sua somma irritazione, notò che l’Enigmista non sembrava avere nessuna intenzione di stimolare quel dialogo. Aggrottò le sopracciglia, ma insistette, per l’ultima volta.

“Penso soffrisse molto, per te.” E non sapeva neppure perché lo aveva detto, non voleva farlo davvero.
“Oh! - Harley si meraviglio, sentendo la sua voce ed il sarcasmo poteva tagliarsi col coltello - questo lo vedo, eh! Posso solo immaginare quanto Mistah J possa esser stato male. Avrà sofferto come un cane! Per ben venti minuti!”

Il risentimento che ancora riempiva l’uomo era evidente, e questo irritò Harley oltre ogni limite, non lo sopportava davvero, non poteva proprio tollerare tutti quei cattivi sentimenti che l’altezzoso pigiabottoni nutriva per il suo Puddin’ nonostante la - più che convincente - predica che lei gli aveva fatto solo qualche sera prima.
Piena di stizza si alzò dalla poltrona, marciò fino alla postazione di Nigma, e si fermò vicino alla sua sedia da ufficio, incrociando le braccia sul petto ed iniziando a tippettare un piede sul pavimento, ma l’uomo non le diede soddisfazione, non si distrasse dal suo lavoro, non la degnò neppure di uno sguardo nonostante - per una volta - fosse l’Arlecchina a torreggiare su di lui, che era ancora seduto.
Ma Harley non era tipa da lasciarsi spaventare da qualche atteggiamento da ragazzino viziato, restò proprio dov’era finché alla fine non esasperò l’altro che alzò gli occhi su di lei.

Leaning over you here,
Cold and catatonic.
(Appoggiandomi a te, qui)
(Freddo e catatonico)

Cosa?” Chiese in tono macabro, ed innervosito, marcando la parola.
“Ti ribadisco ancora una volta, che tutto questo non è successo ieri.”
“Tante cose non sono successe ieri, eppure me le sono ritrovate davanti. Scusa se sono un po’ irritato.”
“Mi dispiace per questa tua condizione, ma cerca di non ragionare sempre e solo in un senso. Lui ti vuol bene, si vede, e non sei l‘unico che si è ritrovato in questa situazione all‘improvviso!”

Harley non era come lui, certo, ma ciò che provava Nigma lo stava vivendo anche lei, solo, lo affrontavano in maniera diversa e, per questo, lei pronunciò la sua risposta con un tono più comprensivo, quasi malinconico, una specie di ultima offerta di pace.
Capiva - ebbene, purtroppo, lo faceva - che i pensieri di quello straccione non erano neppure troppo sbagliati, però doveva saperlo che non era solo, che tutti loro si erano ritrovati quella situazione tra capo e collo, così attese, sempre senza riuscire a guadagnare la sua attenzione; dopo qualche minuto lasciò andare un sospiro e fece per tornare al suo posto, sulla poltrona.

“Ad Arkham.” Si sorprese di sentirlo parlare, la sua voce tranquilla, ma atona.
“Cosa?” Domandò, confusa, fermandosi dov‘era per voltarsi ancora verso di lui.
“Lo avevi chiesto, no? Ci siamo conosciuti ad Arkham.”
Harley tacque, lentamente andò a sedersi vicino a lui.
“Anche noi. Mi chiamavano dottoressa Harleen Quinzell.” Sorrise, in modo prudente.

Nigma alzò un sopracciglio, ancora senza guardarla. Allora era vero che aveva studiato medicina, era una psichiatra nel vecchio manicomio: ma che aveva potuto aver fatto di male per essere spedita a lavorare lì, giovane come era? Ma ciò che lo stupì maggiormente, era l’espressione che aveva usato: mi chiamavano, come se quello appena pronunciato non fosse mai stato il suo vero nome.
Come se lei fosse sempre stata Harley Quinn, ed il clown glielo avesse solo dimostrato. Rifletté per un po’, prima di parlare ancora.

“Tipico di Joker, entrare nella testa di chi dovrebbe insinuarsi nella sua.”

Harley sorrise a quelle parole, pur non sapendo se volessero essere o meno offensive, perché la rallegrarono, riportandole a galla nella mente tutti i ricordi della loro prima seduta, le provocazioni di Mister J e lei che fingeva sempre di non essere divertita, ma poi una volta a casa, si ritrovava a ridere da sola, come una scema, non vedendo l’ora di incontrare di nuovo il suo paziente.

“Sei davvero intelligente come si dice?” Domandò poi, dubbiosa ma gentile.
“Oddio. - Esclamò Edward, reclinando la testa di lato per un momento - Questo dipende da chi lo dice.”

Questo la fece ridere un po’; allora non era del tutto privo di senso dell’umorismo, questo cumulo verde di superbia, anche se il suo divertimento sfociava, notò, più nel sarcasmo  crudele, che altro.

“Mi piacerebbe… - iniziò, esitando per un attimo, ma un altro sguardo di Nigma la incoraggiò a continuare - sì, sapere della vostra storia.” Concluse, aspettandosi il silenzio per risposta, ma restò di nuovo piacevolmente colpita, quando invece lo sentì iniziare a raccontare.

I catch a brief reflection
Of what you could and might have been.
(Vedo un breve riflesso)
(Di ciò che avresti potuto e dovuto essere)

“Ci misero nella stessa cella. - annuì - La seccatura più grossa della mia vita, non faceva che parlare, raccontava bugie e storielle macabre, criticava i miei metodi e convinzioni. Raramente mi prendevo la briga di rispondergli, sinceramente. Poi iniziarono le sedute di elettroshock. Quando lo vedevo stare troppo male lo aiutavo, beccandomi per questo ogni tipo di insulto, poi se ne fece una ragione, credo. Tra noi c’è sempre stato un acceso scambio di vedute ma nonostante le differenze abissali, ci siamo sempre accettati e questo è… tanto. Era tutto ciò che ci serviva in verità, ma me ne resi conto solo molto tempo dopo. Ci sono cose che non riesco a capire facilmente, non so guardare dentro le persone come fa lui. O come te, anche.”

Harley ci mise un po’, prima di capire che il racconto era finito, anche perché quel complimento - e stavolta lo era, non c’era dubbio - l’aveva colta totalmente impreparata. Che quello spilungone sedentario si fosse infine reso conto di tutto, grazie alle sue parole? Nonostante avesse tentato di impedirselo, alla fine sorrise, soddisfatta, ma soppresse quasi subito quell’espressione, tornando seria
Nel racconto che aveva appena sentito non c’erano dettagli di alcun tipo, né aneddoti; Nigma era stato asettico, lineare, rispecchiando davvero la sua persona con quel discorso. L’Arlecchina apprezzò comunque il gesto: ma c’era un dettaglio importante che da tempo la tormentava, ma che era stato omesso.

“Hai scordato un dettaglio importante, Mistah E.”

Edward si voltò verso di lei, basito, probabilmente più per il soprannome che la bionda gli aveva appena affibbiato, che per la domanda posta. Tuttavia, tornò subito serio, e rispose.

“Io non credo sia il momento adatto.”
“Perché no?” Chiese lei, curiosa, domandandosi se davvero l’altro avesse intuito la sua curiosità.
“Non è ovvio? - domandò, e ricominciò a parlare, lentamente - L’unica speranza che abbiamo di riuscire a sopportarci, è aspettare. E poi credi sia davvero importante saperlo? Adesso? Tsk, ma tanto, tu non la pensi così. Non puoi pensarla così, sei identica a quello là.”

Immaginò che con quello là, intendesse il suo Puddin e, suo malgrado, Harley iniziava a capire cose potesse averci trovato il suo compagno in quello schizoide allampanato: era carismatico, paziente, anche se parlava poco, il più delle volte diceva cose giuste, sembrava il tipo d'uomo che sapeva come prendere quei pochi ai quali teneva davvero.
E forse non era neppure vero, che non riusciva a capire le persone, aveva intuito subito che lei avrebbe voluto domandargli come erano arrivati a mettersi insieme - soprattutto la loro prima volta, la interessava - e le aveva dato una risposta… ora le sembrava giusta, nonostante dapprima non la pensasse affatto così.
Sarebbe stato facile per loro distruggersi a vicenda, con qualche semplice dettaglio sulle loro vite felici vicino a Mister J, con quello che avevano dentro, avrebbero potuto farsi molto male, rovinarsi, ed Harley era felice che, in quel momento, Edward avesse scelto di non farlo.
Era maturo. Ma sarebbe davvero mai venuto il giorno in cui avrebbero potuto parlarne senza rancori o gelosie? Ora come ora, Harley ne dubitava, ma una cosa poteva farla.

It's your right and your ability
To become my perfect enemy.
(è un tuo diritto e la tua capacità)
(di diventare il mio perfetto nemico)

“Ti ringrazio.” Annuì, calma.
“Cosa?” Chiese l’altro, guardandola, forse pensava di aver capito male.
“Dicevo, grazie! Sai… per la delicatezza.” Sorrise.
“Ehm… di niente?”

Rispose lui, confuso, cosa che fece sorridere la donna ancora di più, e nonostante ciò avesse irritato Nigma - più per partito preso che altro - lei si sporse in avanti, il viso tra le mani, ed iniziarono a parlare di altro, a conoscersi un po’ meglio.

**

Harvey Dent si sentiva a pezzi. Era come se ogni parte del suo corpo dolesse, ed in tutta probabilità era proprio così, visto che senza nessun preavviso, la sera prima, aveva dovuto ingaggiare una lotta totalmente impari contro Freeze: l’uomo di ghiaccio era troppo forte perfino per lui.
Aveva avuto un momento, quella sera, con Crane: si erano guardati e, ne era sicuro, anche l’ex psichiatra doveva aver capito tutto: lui lo amava ancora, lo sentiva dentro ogni giorno da quattro anni, quel dolore sordo che lo svuotava di tutto, la mancanza dell’altro lo dilaniava, gli faceva venir voglia di distruggere, spaccare, spezzare tutto. Se solo fosse servito a qualcosa.
Qualsiasi cosa facesse, anche l’azione più quotidiana, non era che una goccia in più a riempire il suo vaso di rabbia, perché non c’era praticamente niente che non avesse già fatto anche con Jonathan e che, quindi, non gli ricordasse lui.
Poteva ammetterlo, e lo faceva: era un idiota totale - niente condizionali per lui, lo era e basta - ancora innamorato del suo ex al punto da esserne ossessionato, e Cristo, certe idiozie non si sentivano più neppure nei romanzetti rosa ormai, non aveva scusanti, né attenuanti.
Al MYB lo aveva visto fuggire, si era lanciato per corrergli dietro con tutta l’intenzione di parlargli, di mostrargli che era cambiato, che aveva capito i suoi errori e che si sentiva pronto, poteva risolvere tutti i loro problemi, si sarebbe impegnato con tutto se stesso. Se solo Jonathan avesse dato un’ultima chance a quel famoso noi.
Non lo avrebbe più pregato, non sarebbe più caduto in ginocchio davanti a lui, sarebbe stato scorretto ed inutile, lo aveva giurato a sé stesso: se mai si fosse ripresentata l’occasione si sarebbe comportato da uomo, non avrebbe più lasciato Crane a farsi carico, da solo, dei suoi problemi, dei loro problemi.

Wake up!
- Why can't you? -
And face me!
- Come on, now! -
(Svegliati!)
(- perché non ci riesci? -)
(Ed affrontami)
(- Forza, adesso! -)

Dopo la separazione improvvisa di Joker e Nigma - all’epoca inspiegabile anche per loro - qualcosa era arrivata a mancare in Jonathan, non si capivano più e lui, Harvey, non aveva saputo colmare quel vuoto, né calmare le sue paure, o tanto meno spingerlo ad aprirsi. E se non lo aveva fatto, lo sapeva, era soprattutto perché a lui stava benissimo che finalmente quel clown fosse sparito dalla loro vita, era stato egoista anche su quello, ma in quel momento non si sentiva più tanto in diritto di biasimare il suo ex per aver iniziato a detestarlo a tal punto.
Duefacce aveva sempre rimproverato a Jonathan di non avergli dato nulla, di se stesso, ma aveva fatto bene, come avrebbe potuto fidarsi di una persona che sì, c’era sempre, tranne quando ne avrebbe avuto più bisogno.
Serrò gli occhi strettissimi e si mosse, testando le corde che lo tenevano legato ad una sedia scomodissima e dall’aspetto piuttosto antico, ma non cedevano da nessuna parte; sospirò per l’esasperazione, ma nonostante le sue pietose condizioni, non sarebbero certo state un paio di corde a fermare Duefacce.
Un rumore attirò la sua attenzione ed alzò lo sguardo, solo per trovarsi davanti Poison Ivy, che si chiuse la porta alle spalle, appoggiandosi poi sensualmente contro di essa.

Don't play dead.
- Don't play dead -
'Cause maybe
- Because maybe -
(Non fingerti morto.)
( - non fingerti morto -)
(Perché forse)
(- perché forse -)

“Noto con piacere che ti sei svegliato.”
Harvey non rispose, restò in silenzio, aspettando di capire le sue intenzioni e poi, cos’avrebbe dovuto dire a quell’isterica dai facili costumi?
“Uhh… - continuò lei, staccandosi dalla porta per avvicinarsi - cosa sono quelle facce lunghe? Scommetto che ti senti solo, eh?”
L’Edera aveva preso a girargli attorno, come uno squalo fa con la sua preda, ma l’uomo non le diede la soddisfazione di seguirla con lo sguardo, non aveva assolutamente paura di lei. La sentì fermarsi, ed appoggiarsi con le braccia sulle sue spalle.
“Il dottor Crane non vuole vederti, mi dispiace. Ma ci sono io a farti compagnia, e resterò, anche se non mi vuoi.”

“Massì, - Esclamò Harvey, con tono sarcastico - giochiamo a fare l’insalata cattiva, oggi! Lo fanno in tanti, sarà bello!” Esclamò, divertito dal tentativo della rossa di risultare minacciosa: la trovava solo ridicola.
Un dolore tagliente lo sorprese, mentre lei gli graffiava a sangue la schiena, ma Harvey sibilò a malapena, solo perché colto alla sprovvista.

“Guarda che l’atteggiamento da macho non funziona con me, so bene che sotto questi muscoli e vari strati di cattiveria, nascondi un tenero cuore spezzato. - disse, con finto rammarico nella voce - Ma non si può negare che te la sia cercata, forse non lo sai, ma la gente normale, non stupra le persone che ama.”

Some day - someday -
I will walk away and say
"you fucking disappoint me."
(Un giorno - un giorno -)
(Io me ne andrò, dicendo)
("Tu sei una cazzo di delusione")

Lei gli era tornata davanti, ed a quelle parole, Harvey scattò istintivamente verso di lei, stressando le corde che lo bloccavano, come un cane da guardia legato ad un palo, mentre il ladro gli passava proprio sotto il naso. Scoprì i denti per la rabbia quando la sentì ridere.
L’Edera poi gli strinse il viso con una mano, costringendolo a guardarla in faccia, le sue unghie, laccate di rosso, gli entravano nella carne sul lato sano del suo viso.

“Voi grand’uomini, siete tutti uguali. Sfruttate chi vi ama, e prendete tutto con qualche parolina di circostanza. - sorrise, parlando in tono carezzevole, ma il suo sguardo era folle, quello che stava facendo ad Harvey, era una sua vendetta personale nei confronti di qualcun altro. Qualcuno che lei conosceva - Che parole hai usato per giustificare ciò che gli hai fatto? Hai almeno detto qualcosa? Quanto potete essere patetici voi uomini, con le vostre odiose scuse!”
Harvey continuò a reggere il suo sguardo, fingendo di poter sopportare tutto ciò, ma la verità era ben diversa, ad ogni parola l’Edera gli strappava l’anima, rammendata con tanta fatica; lo distruggeva solo col suo sorriso perfido, coi suoi occhi folli e dispettosi, lui non avrebbe mai voluto rivivere quei momenti, ma forse lo meritava, era la sua condanna. Per quello, non l’avrebbe mai pagata a sufficienza.

Maybe you're better off this way
(Forse è meglio che tu te ne vada da qui)

Ricordò che non voleva vedere i suoi occhi.
Lo aveva colpito sul viso, per farlo tacere, ma era tardi perché ormai quello sguardo già era diventato la sua condanna, gli sarebbe rimasto impresso nella mente per sempre, solo che in quel momento, ancora non voleva pensarci.
Lo costrinse a voltarsi, premendogli il viso contro il pavimento gelido, solo che quegli occhi insopportabili, ora erano nella sua testa, non li stava più guardando. Solo, ancora non se ne rendeva conto.

“Dimmi, lui ha urlato? Probabilmente sì… e tu che hai fatto, hai cercato di farlo star zitto? Oppure no, magari ti facevano sentire più uomo, le sue grida, chissà, magari per te è stato il coronamento di una fantasia, vero? No davvero, sono curiosa! Quante volte ti era capitato di fantasticare, immaginando di violentarlo, mh?”

Wake up!
- Why can't you? -
And face me!
- Come on, now! -
(Svegliati!)
(- perché non ci riesci? -)
(Ed affrontami)
(- Forza, adesso! -)

Sentirlo urlare non gli piaceva affatto, lo infuriava.
Ma quando smise fu peggio, quei gemiti strozzati dal pianto, erano ben peggiori, così si ritrovò a sollevargli il viso dal pavimento, premendogli una mano sulla bocca, mentre gli sussurrava parole, cose orrende e lascive che nessuno direbbe mai a chi ama, giusto?
Si sarebbe considerato un mostro per il resto della vita, perché qualcosa doveva esserci che non andava, dentro di lui, per spingerlo ad umiliare Jonathan in quel modo, solo che ancora non ci pensava.

Don't play dead.
- Don't play dead -
'Cause maybe
- Because maybe -
(Non fingerti morto.)
( - non fingerti morto -)
(Perché forse)
(- perché forse -)

“Come ti sei sentito, capendo di aver distrutto tutto al prezzo di un vile orgasmo? Hai tentato di aiutarlo, di renderti utile, o sei scappato via, lasciandolo a leccarsi le ferite da solo? Dovresti parlare Harvey, congetturando da sola non arriverò troppo lontano, sai?”
Lei rideva, il suo tono restava mellifluo, fintamente comprensivo, intervallato da torture fisiche che però Harvey sentiva a malapena, in confronto a ciò che stava avvenendo dentro di lui, quello non era niente, e non riusciva neppure a dire Basta. A chiederle Smettila!, perché era troppo, ma non era comunque mai abbastanza, perché tutto quello, sentiva di meritarselo.

Some day - someday -
I will walk away and say
"you fucking disappoint me."
(Un giorno - un giorno -)
(Io me ne andrò, dicendo)
("Tu sei una cazzo di delusione")

Era stata la cosa più crudele forse, costringerlo a provare piacere insieme a lui.
Fin troppo presto, ed alla fine non c’era rimasto più niente, neppure i singhiozzi, erano finite le lacrime, il vuoto malriempito dai movimenti lenti ed imprecisi di Jonathan mentre, più che i vestiti, sembrava stesse raccogliendo i pezzi della sua dignità, come fossero frammenti di vetro, dolorosi perfino da toccare, impossibili da rimettere insieme.
Lui lo aveva abbracciato, stava male dentro mentre lo stringeva, e Jonathan non si opponeva in nessun modo.

Go ahead and play dead! - Go! -
(Vai avanti, fingiti morto! - Forza! -)

“Perché stai dormendo sul divano?”
Molte ore dopo, non aveva espressione, la voce pesante di sonno mentre lo guardava, attendeva forse una risposta. Lui non sapeva cos’avrebbe dovuto dire, gli sembrava logico essere lì, piuttosto che al suo fianco, dopo ciò che aveva fatto.

I know that you can hear this! - Go! -
(Lo so che puoi sentirmi! - Forza! -)

“Ti ho aspettato un sacco. Dai, vieni a letto.”
In quegli occhi, nella sua voce, non sentì l’accusa che però gli riverberava dentro, che gli si era stampata a fuoco nella mente, ed era davvero troppo - ed anche vile, lo sapeva - sperare che quella farsa potesse andare avanti a lungo.

Why can't you turn and face me?
Why can't you turn agaisnt me?
(Perché non ti volti e mi affronti?)
(Perché non ti rivolti contro di me?)

“Siete scoppiati. Devi fartene una ragione signor Dent, soprattutto del fatto che la colpa è tua.”

"You fucking disappoint me!"
("Tu sei una cazzo di delusione!")

“Harvey, io non ce la faccio più.”

Passive-aggressive bullshit...
Passive-aggressive bullshit...
Passive-aggressive bullshit...
(Stronzate da passivo-aggressivi...)
  
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