Quarto capitolo: uno dei pairing che mi
hanno convinta di più. E dire che è stato l’ultimo a
venirmi in mente! ^^
All’inizio, giuro, non avevo la più pallida idea di
come rendere questo prompt – ma poi ho pensato
che i cuccioli sono tra le cose più dolci del mondo, perciò
potevo giocare su questo aspetto. Ah, e spero che mi capirete se ne ho inseriti
soltanto 15 (come all’inizio del film) invece di 99! x’D
I miei ringraziamenti più commossi – e fradici di
lacrime, direi xD – a Rein94 [guarda, io davvero
non ho più parole per esprimerti la mia gratitudine. Ogni volta che
leggo una tua recensione mi vengono i lacrimoni, non
scherzo *////*] e Dany92 [non so
più come ringraziare neanche te! E sai che dico sul serio! ^////^]…
E un Grazie megagalattico anche a
tutti coloro che leggono, e a chi inserisce la raccolta tra i
preferiti/seguiti, come te, dragon ball
z! ^^
Buonissima lettura!
[Nota: I nomi dei cuccioli non corrispondono a quelli del film; o
meglio, alcuni li ricordavo da lì (come nel caso di Lucky,
ovviamente) ma almeno uno dovrebbe essere inventato di sana pianta. ;P]
* * *
*A few simple fairytales*
Prompt: #6. 101 Dalmatians
Personaggi: Zexion [Kingdom Hearts], Sayu Yagami [Death Note]
Genere: Introspettivo, Romantico
Rating: Verde
Note: AU
Fuori
pioveva incessantemente.
Zexion era seduto a
leggere sul tappeto, davanti al caminetto acceso. Il susseguirsi dei lampi alle
finestre del soggiorno faceva da piacevole sottofondo alla sua solitudine.
Starsene ore ed ore in quella casa perennemente vuota ad ascoltare il suono dei
temporali: era ciò in cui si era sempre ritrovato; era l’atmosfera
raccolta, tranquilla e burrascosa perfetta per lui.
Peccato che quella sera le cose fossero destinate ad
andare diversamente.
All’ultimo eco di tuono si sovrappose
uno squillo di campanello.
Sollevò lo sguardo, sorpreso.
Un’ombra scura si stagliava al di là del vetro smerigliato della
porta, sulla veranda.
Chi poteva essere tanto impaziente di vederlo da presentarsi a
casa sua con quel tempo impietoso?
Stava quasi per decidersi ad ignorare
l’intrusione e riprendere a leggere come se nulla fosse, quando
l’ombra si mosse, svelando un inconfondibile profilo femminile dai
capelli raccolti dietro la nuca.
Avrebbe
dovuto immaginarlo.
Il campanello trillò di nuovo,
più insistentemente.
Zexion chiuse gli occhi.
Cercò di farsi forza.
Il campanello impazzì del tutto.
Con una mezza intenzione di andare
lì a staccarlo definitivamente dal muro, chiuse il libro, tenendo un
dito tra le pagine come segno, si alzò e si diresse malvolentieri alla
porta d’ingresso.
Come previsto, si ritrovò a guardare
dall’alto in basso una ragazzina euforica che ormai conosceva bene
{ una delle persone più [irresistibilmente]
irritanti che avesse mai conosciuto }
e che spesso e volentieri costituiva il
disturbo maggiore al suo mondo silenzioso, irrompendo a forza dentro casa sua
proprio in quei momenti in cui lui preferiva estraniarsi. Momenti come quello.
«Ciao, Zexion.»
Sayu agitò allegramente una mano in segno di
saluto. Era zuppa di pioggia dalla testa ai piedi, ma non sembrava dare alcun
peso a quel dettaglio. «È qui mio fratello?»
«No, Yagami-san.»
Zexion si ritrasse appena dalla soglia, aprendo un po’
di più l’uscio, in un gesto di forzata cortesia. «Se
n’è andato un’ora fa.»
«Oh…»
La ragazza non sembrava affatto delusa. Come se farsi mezzo miglio a piedi
sotto la pioggia battente e poi incappare in un nulla di fatto non la toccasse
minimamente. «Capisco. Beh, fa niente…»
Si circondò il ventre con le braccia e rabbrividì, sorridendogli
con aria di scusa. «Posso entrare solo un secondo?»
Zexion scorse con gli
occhi i suoi vestiti bagnati, la gonna grondante acqua sulle ginocchia nude
arrossate dal freddo. Trattenne una scrollata di spalle; invece si tirò
ancora più indietro, senza rispondere.
Il sorriso si fece più ampio.
«Grazie, Zexion-kun.»
Mentre gli passava accanto, poté
sentire il suo profumo leggero misto all’odore della pioggia.
Chiuse la porta sul rumore di un nuovo
tuono, e tornò a sedersi al suo posto.
Sayu si avvicinò
al caminetto e si lasciò cadere in ginocchio, le mani tese verso la
fiamma. Sospirò di piacere.
«Ci voleva proprio…»
«Te ne sei andata in giro senza
ombrello, Yagami-san?» chiese Zexion, con soltanto un vaghissimo interesse nella
risposta. Aveva già riaperto il libro alla pagina giusta.
Stranamente, la ragazzina non rispose. La
sbirciò di sottecchi, e lei sfuggì subito ai suoi occhi.
Silenzio assoluto e sguardo sfuggente? Da
parte di Sayu?
Qualcosa non andava.
Pochi secondi dopo, sentì che si
schiariva nervosamente la voce.
«Ehi, Zexion?»
«Mh?»
«Da quanti anni ci conosciamo?»
Aveva sollevato gli occhi bruni [quel mare di cioccolata calda e dolce in
inverno] e ora lo guardava con una punta di ironia.
Zexion ricambiò lo
sguardo, perplesso. Che razza di domanda era?
«Quasi dieci, credo» si
ritrovò a rispondere.
Tanto era datata la sua
‘amicizia’ con il fratello di lei – o meglio, quella strana
affinità che avvicina due persone che in altri momenti e in compagnia di
chiunque altro preferirebbero starsene da sole. Magari a leggere nella bufera.
La ragazza sorrise, più apertamente.
«E dopo dieci anni, mi chiami ancora Yagami-san.»
Era un’affermazione, non una domanda.
Ed era vero.
E lo sapevano
entrambi, il perché.
Contrariato, Zexion
preferì ricorrere a quello stesso perché: al suo isolamento, alla
sua incapacità di instaurare un contatto col mondo esterno. E tornò
semplicemente al suo libro.
Quel che faceva sempre quando il tocco gentile della
mano tesa di Sayu Yagami
gli faceva paura.
Il silenzio durò ancora a lungo. Con
la coda dell’occhio, poteva vederla muoversi impercettibilmente verso di
lui, tenendosi sempre vicina alla fonte di calore. Per poco non sorrise. Tra lui
e quel fuoco, in realtà, c’era un mondo di distanza.
[Tra lui e lei, anche.]
«Zexion-kun?»
Non alzò neppure lo sguardo. «Cosa,
Yagami-san?»
«Vuoi ancora sapere dove ho lasciato
il mio ombrello?»
‘Lasciato’? Tornò a
guardarla. Adesso era più vicina, e il suo visetto di ragazzina era
acceso dal riverbero delle fiamme.
Sembrava quasi che
stesse arrossendo.
Continuò a scrutarla in silenzio,
finché lei non gli si aggrappò al braccio, strappandogli un
sussulto.
«Non ero venuta a cercare mio fratello… Mi serve il tuo aiuto, Zexion.
Non potevo chiedere a nessun altro…»
Chinò il viso. «Non volevo
chiedere a nessun altro.»
Non l’aveva mai vista così
imbarazzata. Lei di solito era quella allegra, quella che nessuno riusciva a frenare.
Era per questo che cercava disperatamente di tenerla lontana, dannazione. [Perché non si rendeva conto di quanto
gli fosse attraente e inaccessibile il suo mondo.]
E poi, di colpo, senza aspettare parole da
lui, Sayu si sollevò di scatto e corse di
nuovo alla porta.
«Aspettami qui.»
Sparì fuori nella pioggia.
Zexion non ebbe il tempo
di chiedersi cosa diavolo le fosse preso. Sentì la sua voce, da qualche parte
sotto il portico, rivolgersi dolcemente a… A chi?
E dopo meno di un minuto, lei tornò,
un ombrello gocciolante agganciato al braccio ed una grossa scatola di cartone
tra le mani. Sorrideva.
«Ecco perché non potevo
reggere l’ombrello.»
Lui si limitò a sollevare un
sopracciglio. Ne sapeva quanto prima.
Sayu si fece
improvvisamente timida. Si fermò per un istante a qualche passo da lui;
poi raddrizzò le spalle, prese un bel respiro e lo raggiunse ancora
davanti al fuoco.
Posò delicatamente la scatola a terra… E prima di vederne il contenuto, Zexion sentì un lieve uggiolio.
Un musino curioso spuntò dalla
scatola e puntò due minuscoli occhi neri nei suoi.
Zexion fissò Sayu, attonito. Lei arrossì – stavolta era palese – e concentrò
la sua attenzione su un punto anonimo del tappeto.
«Li ho trovati fuori da un bar in
centro. Qualche idiota deve averli abbandonati. Non potevo lasciarli lì
a morire di freddo.»
… Li? Averli? Lasciarli? …
Guardò di nuovo la scatola. Uno, due,
tre, quattro, cinque… Quindici cuccioli
minuscoli, gli occhi ancora semichiusi dal recente arrivo nel mondo, se ne
stavano rannicchiati gli uni sugli altri. Alcuni erano immobili, altri tremavano.
Sembrava un miracolo che fossero ancora vivi. Ma, in nome del cielo, se erano troppi.
«… Yagami-san…»
La ragazza prevenne ogni sua obiezione.
«Non ti sto chiedendo di tenerli! Hanno
solo bisogno di un posto dove passare la notte!» La sua voce si ruppe,
gli occhi si fecero lucidi. «Non posso tenerli da me, la mamma è
allergica. E al fratellone non piacciono gli animali, sai. Ho pensato a te
perché tu…» S’interruppe,
imbarazzata.
Zexion abbassò lo
sguardo. Già, non c’era bisogno che lei proseguisse. Sapeva bene
perché la ragazzina era venuta da lui.
[ «Zexion-kun, il
fratellone non c’è. Mi aiuti a fare i compiti?» ]
[ «Zexion-kun, mi
spieghi cos’è il teorema di Pitagora?» ]
[ «Zexion-kun, cosa
stai leggendo?» ]
[ «Zexion-kun?» ]
[ «Zexion-kun?» ]
[ … ]
Lui non le aveva mai detto di no.
E si malediva per questo.
Sayu non disse altro, ma
dovette interpretare il suo silenzio neutro in modo positivo. Lentamente,
portò le mani alla scatola e prese pian piano il primo cagnolino, quello
che aveva salutato la comparsa di Zexion nella sua
prima visione della vita.
«Ciao, cucciolo.»
Alzò gli occhi in tempo per vederla
sorridere al microscopico animale e strofinare il naso contro il suo.
«Sei dolcissimo! Vediamo, ti chiamerò…» S’illuminò in
volto. «Zolletta! Che ne dici, ti piace Zolletta? È adorabile come
te, vero?»
Poi lo adagiò con delicatezza sul
tappeto, accanto a sé, in modo che il caminetto acceso potesse
trasmettergli un po’ di tepore. Il cucciolo sembrò subito meno
spaurito; posò il muso sulle zampine e socchiuse gli occhi, beato –
ricordando a Zexion il sospiro di piacere della
ragazza, poco prima.
Sayu ripeté la
scena con tutti gli altri cuccioli.
Zexion aveva ancora il
libro aperto, e ci provò pure, a riprendere la lettura [a ignorare quella cosa così fastidiosamente dolce] – ma non ci riuscì.
«Misurino…
Domino… Dotty…»
Una risata argentina. «Oh, il tuo caso è facile: Spruzzetto…»
«Non credi che sia un po’
immaturo dargli dei nomi?»
La ragazza alzò la testa, sorpresa. «Immaturo?»
Forse non avrebbe dovuto dirlo. Ma non era
riuscito a trattenersi. Si strinse nelle spalle, rifugiando di nuovo lo sguardo
sulla stessa pagina.
«Quando dai un nome a una cosa, ti ci
affezioni.»
Lei non disse nulla. Zexion
era quasi certo di averla offesa, e già lottava con il senso di colpa [senso di colpa? Che assurdità] che gli saliva lento dallo stomaco alla gola.
Ma quando Sayu parlò di nuovo, il dolore che
sentì nella sua voce convinse Zexion di non poterne essere l’unico
responsabile.
«Cucciolo? Cucciolo, dai, svegliati…»
Alzò gli occhi dal libro.
La ragazzina teneva l’ultimo
cagnolino in grembo, e sfregava le mani sul pelo bianco di quel corpicino
spento. Zexion lo osservò e vide che era
immobile; neppure il movimento di un respiro. Il freddo del temporale doveva
aver avuto la meglio su di lui.
Le mani di Sayu si fermarono, il suo viso
si intristì, e una lacrima scese lentamente a sfiorare il cucciolo. Una lacrima
seguita da molte altre.
Zexion rimase a guardare i
singhiozzi della ragazza per qualche lunghissimo istante, chiedendosi come si
potesse essere tanto sensibili, tanto spudoratamente di buon cuore. Tanto diversi da lui.
Eccolo lì, il mondo di distanza.
E poi fece l’unica cosa che mai si
sarebbe aspettato di fare: seguì l’istinto.
Chiuse il libro e lo posò sul divano
alle sue spalle. Strisciò accosciato fino a Sayu,
scostò gentilmente la sua mano [piccola, fredda] e prese il cucciolo tra
le sue.
Sayu lo guardò, e
la sorpresa vinse sulle lacrime.
Zexion si concentrò
su quell’esserino indifeso che aveva visto
troppo poco del mondo e ne ascoltò il battito. Era debole, debolissimo. Ma
con un po’ d’aiuto, avrebbe potuto vedere qualcosa in più.
Incrociò le gambe, tenne il cucciolo
sul palmo e con l’altra mano iniziò a scaldarne la pelle ghiacciata.
Sayu smise del tutto di
piangere e rimase in silenzio al suo fianco.
Un silenzio che, di nuovo, durò a
lungo, interrotto solo di tanto in tanto dallo scoppiettio di una scintilla nel
fuoco e dalle gocce incessanti che ancora colpivano le finestre.
Passarono i minuti. Zexion
sentiva la mano intorpidita implorare il riposo, ma non si fermò mai.
E proprio quando cominciava in cuor suo a
cedere, il petto minuto e ormai tiepido sotto le sue dita si gonfiò
improvvisamente di ossigeno, e la testolina bianca si mosse, in cerca forse di
una posizione migliore.
Sayu trattenne il fiato.
«Zexion-kun…
Ce l’hai fatta!»
Zexion sollevò il
quindicesimo cucciolo all’altezza dei propri occhi, incerto, ed incontrò
il suo sguardo vivo e curioso.
«No» mormorò, «lui ce l’ha fatta.»
La ragazza rise, sollevata. Quel riso era
il suono più piacevole che si fosse sovrapposto al silenzio.
[Più della
pioggia.]
Si voltò e le tese il cagnolino, ma
lei non lo prese; lo circondò soltanto con le mani, lasciandolo nelle
sue, così che le loro dita quasi si intrecciarono.
Zexion la guardò in
viso, sorpreso dal contatto.
«Dagli tu un nome, Zexion-kun.»
Lui guardò di nuovo il superstite. Con
la punta di un dito sfiorò il musetto candido come la neve.
Gli sfuggì un
sorriso.
«Lucky.»
Sayu lo ripeté,
come assaporando il suono.
«Lucky.»
Sorrideva ancora, anche lei. «È un bel nome.»
Zexion sollevò di
nuovo lo sguardo verso il suo, e per un attimo annegò nella cioccolata
calda.
Calda e dolcissima.
Poco
più tardi, mentre i quindici sopravvissuti ronfavano silenziosi, in fila
davanti al caminetto, vide Sayu nascondere uno
sbadiglio dietro la mano.
«Forse dovrei tornare a casa…» Non staccava gli occhi dai cuccioli. «Però… mi dispiace lasciarli. Mi sento un po’
responsabile di loro.» Lo guardò con un mezzo sorriso. «Ora
tu ed io siamo… siamo un po’ come due
genitori, no?»
Zexion la fissò di
rimando – augurandosi fortemente
che la luce del fuoco nascondesse il suo rossore.
Sayu soffocò un
altro sbadiglio. Accarezzò distrattamente Lucky,
che si teneva ancora vicino al grembo, guardando sonnolenta le fiamme.
«Sì, dovrei proprio andare…»
Zexion si morse il labbro.
Non poteva impedirselo.
«Puoi restare, se vuoi.»
Lei spalancò gli occhi,
improvvisamente radiosa.
«Davvero?»
Annuì. Non c’era bisogno di
parole. Lui era fatto così.
[Soprattutto con
lei.]
Sayu sorrise. Senza una
parola, senza neppure allontanarsi dai cuccioli, si protese sul fianco e gli
stampò un bacio su una guancia.
Zexion spalancò gli
occhi, ma non si ritrasse. Non sentì il bisogno di estraniarsi,
stavolta.
Forse il mondo di distanza stava diminuendo i suoi
confini.
La ragazza si strinse al petto Lucky e si accoccolò sul tappeto accanto a lui,
appoggiandosi appena alla sua spalla, i suoi capelli scuri a solleticargli il
collo.
«Buonanotte, Zexion-kun.»
Abbassò lo sguardo su di lei. Aveva già
chiuso gli occhi. Sorrideva, serena come una bambina. Le rispose in un
bisbiglio.
«Buonanotte, Sayu-chan.»
Era sicuro che lo avesse sentito.
Lucky si scrollò, assonnato,
trotterellò per un po’ sul grembo di Sayu
e poi venne ad accucciarsi sulle sue gambe.
Zexion salutò il
suo arrivo con una carezza esitante, mentre si sfiorava il punto in cui aveva
sentito le labbra di Sayu.
Fuori non pioveva più.