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Autore: Kimmy_90    15/02/2010    1 recensioni
Philosophi, Custodes: guerrieri e sapienti, condottieri cresciuti ed istruiti, usati, stressati, tirati oltre ogni limite. Bambini sottratti ai genitori per divenire macchine da guerra: Utopia o Distopia?
E se il tutto, che a stento si regge in piedi, crollasse a dispetto dell'uno?
E se l'uno fosse dalla parte del tutto?
Dove trovi la ragione, dal sempre fu o dal nuovo che porta terrore come solo questo sa fare?
E se la routine della guerra divenisse l'isto di una catastrofe?
Siamo in un altro mondo, signori, e qui non v'è magia alcuna: soltanto geni...
Geni e Demoni.
[Storia in revisione] [Revisionata sino al capitolo 10]
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Cristallo di sale' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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33.






Il tempo.
Il tempo è una creatura strana.
E' nulla più di una dimensione, lungo la quale ci hanno lanciati e ci muoviamo.
Il tempo.
E' un concetto contorto, tanto intuitivo da rendere la sua definizione quasi impraticabile.
Il tempo.
Il tempo è cosa normale, il tempo è la base della nostra esistenza.
Nel tempo siamo e diveniamo: nel tempo nasciamo, cresciamo e moriamo.

E dunque tutto ciò che sembra dato dire del tempo è che esso, in un modo o nell'altro, scorre.

Scorre, ora lento e ora più veloce.
Scorre per tutti, senza eccezione alcuna.

Il tempo scorre, e passa, e si allontana, trascinandosi con se' i ricordi degli eventi, i pensieri, le paure, gli amori, gli amici, i sogni, i più grandi desideri.
 E li fa sedimentare nell'animo, nella mente e nel cuore.
Il tempo si porta via tutto, ma il tutto continua a presentarsi nel fuggitivo presente: con le sue conseguenze.

E se un sasso cade nello stagno, ora il sasso non è più sulla sponda, ma circondato dal limo.
E se un lupo caccia una lepre, essa non è più viva, ma nutre il cacciatore consentendogli di sopravvivere ad un'altra notte di gelo.

Se non tutto, quasi, si conserva nel tempo.
Cambia solo aspetto.
Cambia solo forma.
Si sedimenta.
Ma difficilmente farà scomparire completamente le tracce della sua esistenza.



Gira voce sia pensiero frequente immaginare che i grandi avvenimenti siano causa di un capo.
Si pensa spesso ai grandi oratori che aizzano le folle, sfoggiando una dialettica che pare frutto d'un genio - e forti del loro carisma, si trascinano le masse al proprio seguito.

Ma non è così che va il mondo.
Un uomo solo non potrà mai nulla.

Sono i tasselli di un puzzle che lentamente giungono al loro posto che rendono le cose possibili.
Non è un fato da compiersi: è la possibilità del realizzarsi di un evento che si fa sempre più alta.
Potrà succedere.
O forse no.

Sono le crepe che si allungano lungo il muro a farlo infine cedere.
Sono infiniti colpi d'ascia che fanno crollare l'albero.
Sono i millenni di calcare trasportato dalle gocce d'acqua, a generare la stallatite, la stallagmite - e, un giorno, quasi per caso, ad unirle.

Occorre tempo.
Occorrono i tasselli.
E per rompere definitivamente qualcosa di estremamente fragile, basta un unico, piccolo, colpo.

Penseranno che sia stato quello a farlo crollare.
Ma in realtà, aveva già ceduto molto tempo prima.





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"Cosa dovrei fare?" sussurrò la ragazzina, il capo più chino di quanto pareva possibile.
La sua mente era vuota. Un nugolo di polvere e frammenti.
Itachi alzò il volto, come per andare a guardare il cielo che non c'era, con gli occhi, che non aveva.
"Non puoi fare niente." concluse, rimanendo fermo in quella posizione.
"Non saprei nemmeno come fare qualcosa. Io... non posso fare nulla. Non c'è nulla da fare." continuò lei, la voce quasi sorpresa nel tono ciò nonostante piatto e atono.
"Se non credermi."
Sakura si volse verso quello, che rimaneva col mento levato.
"Era la storia di Tsunade e di me, quella che ti raccontai, piccola Sakura." continuò il ragazzo. "Ora che conosci la storia, puoi guardare meglio il mondo che ti circonda."
"Non vedo più nulla, per quel che mi riguarda."
"Oh, ma c'è ancora molto, in questo mondo. C'è ancora tutto." Espirò, abbassando il capo. 
Si avvolsero nella coltre del silenzio, che sembrava dar loro la sensazione di proteggerli.
"Mi dispiace di averti coinvolta nella mia sofferenza." Fece d'un tratto Itachi, la voce greve e colpevole. "E' la stessa che mi condusse ad agire in maniera molto poco assennata, e so quanto è grave il peso che ti porti ora addosso."
Sakura tirò le labbra, in uno spasmo di furia malcelata. Le mani si strinsero alla tela del camice.
Itachi sentì.
"Sono convinto di aver fatto la cosa migliore." concluse.
Lei si scattò in piedi, furente: "Tu Sapevi! Sapevi che le regole di questo mondo erano le uniche cose su cui mi basavo, Sapevi che la fiducia che riponevo nel Globus, in Tsunade, e in tutti coloro che mi erano superiori, era Tutto! Era la mia vita! Era la mia esistenza! Così come per tutti, di più per me! Ma ora che mi hai fatto vedere quanto fragile fosse la mia maestra e quanti errori abbia commesso, sia lei che il Globus, in cosa posso credere? Dimmi!"
Il ragazzo osservava la ragazzina scaldarsi e tornare a lacrimare, compatendo, questa volta, se' stessa.
Aspettò che sbollisse la rabbia che aveva in se'.
"Al fine sei stata tu a domandarmi di Tsunade, Sakura."
"Perchè la TUA voce mi rindondava in testa, obbligandomi a chiedermelo! Tu hai scavato per mesi e mesi, ogni dannato giorno in cui ci incontravamo, demolendomi!"
Lui abbassò il capo, come colpevole. "... no, piccola Sakura." Sussurrò. "Tu mi hai permesso di farlo. Perchè con te potevo farlo. Perchè tu sei una creatura logica, come me. A molti altri ho riservato lo stesso trattamento, e tu sola hai risposto alle mie richieste d'attenzione. Perchè tu cerchi la logica, tu ambisci alla conoscenza - ma l'hai sempre fatto seguendo la strada sbagliata. Ed ora che ti ho dimostrato che non è sufficiente seguire le regole del Ludus, che esse non sono logiche, che non sono cosa valida in cui credere... sei crollata. Ed è colpa mia. E mi dispiace - ma era questo il mio intento."
"PERCHE'?!" scattò la ragazzina.
"Perchè quello che ti ho presentato, Sakura, è il tuo mondo. Non il mio. Non più."

La porta sbattè.
Sakura camminò lungo il corridoio a passi lunghi e adirati.
Non avrebbe mai più rivolto parola al Difetto.
Aveva pianto, aveva subito - era pronta a cancellare tutto dalla sua mente.
Non aveva importanza la realtà. Lei - lei doveva sopravvivere.
E con quella storia sulle spalle non ci sarebbe riuscita.







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Naruto: I frutti dell'Oblìo

- Parte seconda -
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33. In quei giorni senza sole



Negare, negare, negare:
 - fino all'ultimo.

Lasciare un pensiero sul fondo della propria mente.

Per quanto?
E per quanto tempo procedendo dritti, senza volgersi indietro?







L'Effluxum rallentava dolcemente, sotto la spinta dell'acqua che fluiva lungo i suoi mastodontici tubi.
Lui mosse qualche passo, avvicinandosi alle porte stagne del siluro: una volta allineate a quelle del tubo, si aprirono silenziose.
Un passo davanti all'altro, i tacchi degli stivali cromati sul pavimento cementato della SubSphaera.
Con un leggero movimento del capo, si scostò un filo di lunghi capelli corvini da davanti al volto, per poi ricondurlo con la mandritta assieme agli altri, ai lati degli zigomi.
Alzò lo sguardo, i due occhi neri come il fondo d'un baratro a posarsi sul soffitto dell'enorme androne.
"LeeBes" chiamò, volgendosi indietro.
Un ragazzo robusto, grosso, il capo rasato che lasciava intendere i capelli neri, dagli occhi a palla e le labbra sottili, si avvicinò a lui.
"Tre giorni di riposo, non di più. Non intendo lasciare Neji da solo per lungo tempo. Rimetti in ordine i tuoi Bellatores, tappa i buchi delle perdite. Fra settantadue ore esatte intendo partire con un manipolo di quattrocentocinquanta uomini. Non uno di più, non uno di meno."
Lee annuì, sull'attenti, rigidissimo.
"Troverai ciò che hai domandato, SasukeCho."
Sasuke non fece un cenno, incamminandosi verso i propri alloggi.

Così era, da anni, ormai.
Così era, per tutti loro: il solito cubicolo di cemento, il letto, la scrivania, il bagno.
Quand'era bambino, difficilmente avrebbe sospettato che in realtà i Custodes abitavano nient'altro che sotto i suoi piedi.
A dire il vero, non sospettava e basta.
E a dire il vero, nel suo alloggio non ci abitava. Era una camera spoglia, che utilizzava raramente, e che a volte non vedeva per mesi: il fronte era la sua vera casa.
Si sedette sul letto, leggermente molle.
Ah, sì.
La doccia.
Quella sì che gli avrebbe fatto bene.



***




Shikamaru era più uomo che ragazzo degli altri - forse per l'eterna aria annoiata che si portava appresso, o più probabilmente per il pizzetto che si era lasciato crescere giusto giusto in cima al mento.
Sasuke lo osservava distaccato, rigirando la forchetta nello stufato d'agnello, apparentemente affatto intenzionato a mangiarlo. Attorno ai due, il tipico brusio delle mense permeava l'aria, privandoli del silenzio che avrebbero ambedue alquanto gradito.
"E mangia quella roba, Sa'ske!" esordì Kiba, piazzandosi accanto al ragazzo e sbattendo il vassoio sul tavolo. "Non ne vedremo altra così per parecchio tempo."
Shikamaru storse il naso, pensando alle razioni che aveva mangiato illo tempore sul fronte.
Schifo.
"Quant'è comodo muovere le fila da qui dietro" commentò, portandosi le manidietro la nuca. "Il fronte è una rottura."
"Immaginavo fossi qui per comunicarmi le direttive, non per per fare commenti." lo apostrofò Sasuke, cacciandosi una forchettata di stufato in bocca.
L'altro poggiò i polsi, sbuffando. "Certo."

Erano cresciuti così, senza nemmeno rendersene conto.
L'unica novità era un impulso, ante sconosciuto, che avevano scoperto di provare verso il genere opposto - al quale problema ovviavano accompagnatori ed accompagnatrici di dovere.
Ma per il resto, il tempo era semplicemente passato su di loro: e, passo dopo passo, avevano iniziato a progredire.
Sasuke non guardava più Kakashi da un'altezza inferiore da ormai qualche anno. Si era fatto robusto, elastico, maturo, temprato da anni passati a combattere - era un Custos, o anche più che tale: dirigeva battaglie, contava i morti, stendeva rapporti e ricominciava daccapo. Sul volto tanto mascolino quanto affilato, scendeva una lunga frangia di capelli corvini, raggruppati ai lati del capo, e sparati sulla nuca.
Shikamaru, al quale mancavano pochi anni per essere dichiarato ufficialmente un Philosophus, era divenuto più magro, avendo ridotto di molto l'attività fisica - ma controllando ache la sua dieta, come qualunque Philosophus che si rispetti. Il suo compito, al momento, era quello dello stratega di supporto - il tramite fra i Philosophi e i Custodes: ed era un ruolo in cui si faceva valere. Era uno dei pochi ad aver lasciato crescere un accenno di barba, oltre ad avere dei capelli particolarmente lunghi. Si aggirava per il Ludus in abiti quasi civili, e malsopportava la divisa che riservava di mettere in rare occasioni strettamente necessarie.
Parlare con Sasuke degli sviluppi sul suo fronte davanti a un piatto di stufato di vitello della mensa non era fra questi.
Loro, i suoi coetanei guerrieri, lo avevano visto, nella sua veste da Philosophus di drappi neri e rossi a mo' di toga. Gli stava indubbiamente bene: e quando la indossava, forte del loro eterno riguardo nei confronti della sua casta, sembrava tramutarsi agli occhi dei Custodes in un dio.
Era cresciuto con loro.
Non era dio, lo sapeva benissimo. Quindi se lo risparmiava. 
Sapeva che presto sarebbe giunto il tempo in cui avrebbe dovuto perdere quasi definitivamente i contatti con loro, se non interagendoci saltuariamente per disporre ordini sull'andamento del Ludus e delle battaglie. E allora sarebbe stato Philosophus a tutti gli effetti - e difficilmente avrebbero potuto contraddirlo. Il suo verbo sarebbe stato oro colato.
Ma sino ad allora, evitava il più possibile la toga.

"Buondì."

Sakura non era dello stesso avviso.
Almeno non sembrava. Indossava sempre, quando possibile, la sua divisa: altrimenti portava il camice, il che la classificava come medico, e quindi era egualmente un segno distintivo.
Nessuno di loro sapeva cosa faceva - e meno che mai aveva idea di cosa si portava appresso.
La vicenda di Itachi era stata per lei un capitolo che si era chiuso anni prima. Anche se continuava a visitarlo, non aveva più speso una parola con lui - costringendosi, dal giorno in cui prese quella decisione, ad essere la studentessa più rigida e precisa di tutti i tempi. 
Era cosa difficile, lasciarsi indietro Itachi e Tsunade, specialmente perchè sembrava la stessero preparando per seguire le orme della maestra.
Ogni gesto della ragazza era forte e determinato, atto a focalizzarsi sul suo lavoro e a non lasciare vagare la mente: salutava con il petto in fuori, oramai prospero, e non si lasciava scappare mai un atto d'insubordinazione. Da inflessibile ch'era stata una volta, lo era divenuta ora esponenzialmente.
Nessuno sospettava che c'era stato un istante in cui questa ferrea disciplina ed attaccamento alle regole aveva ceduto - per poi riformarsi, sotto costrizione, infinite volte più potente di prima.

Si sedette accanto a Shikamaru, di fronte ai due Custodes. I capelli rosati, mediolunghi, le incorniciavano il volto femminile dai lineamenti dolci.
"Buongiorno, Sakura" fece Kiba, fra un boccone e l'altro.
"Quando siete tornati?" domandò la ragazza, mentre andava a prendere le posate dal vassoio.
"Io ieri" rispose Kiba "Sasuke qualche ora fa."
Il ragazzo dai capelli corvini annuì leggermente.
Si misero a mangiare, silenziosi se non per qualche parola scambiata fra Shikamaru e Sasuke.
Sakura, dal canto suo, si dileguò il prima possibile - cercando di sottrarsi all'immagine del fratello di Itachi. La sua figura, il suo potere - Tunade stessa: non poteva permettere che quei pensieri le ritornassero in testa.
Dedicava ai vecchi compagni tempi ristretti e minimali - l'indispensabile per mantenere i rapporti con i Custos, onde evitare l'alienazione totale.
Ma era lei ad essere alienata in primis: da se' stessa.



***


Bussò con la punta delle nocche, ed aprì la porta senza curarsi dell'eventuale risposta.
"Bentornato" fece Kakashi, senza nemmeno voltarsi: lo sguardo era fisso sulle carte che teneva in mano, seduto in maniera non troppo composta alla scrivania.
"Sono quelli di quest'anno?"
I ragazzini del secondo ciclo.
Pronti da smistare.
Il Rector si strinse nelle spalle: "Nulla di eccezionale, devo dire."
"Peccato. Ho parlato con Shikamaru, ad ogni modo."
"Ah sì?" posò le carte, volgendosi verso Sasuke. 
Quello annuì impercettibilmente. Chiuso nella sua divisa scura e a mo' di seconda pelle, si stringeva nel copriveste grigio che gli spettava: lo portava sulle spalle, lasciandolo cadere quasi fosse un mantello nonostante non fosse niente di più di un giaccone di tela termica. Serrò le braccia al petto, spostando lo sguardo al muro.
"Sembra che fra un po' ti richiameranno a fare ambasciata, ci sono problemi sulle vie di comunicazione mercantili. Ci siamo avvicinati troppo con le battaglie, e ne abbiamo chiuse parecchie."
"Sempre la solita storia. Non vedo perchè debbano chiamare me." concluse il Rector, disinteressato, tornando alle sue carte.
"Dimmi, c'è n'è qualcuno, quest'anno, come me o Neji, o Kiba o Shino?" domandò Sasuke, avvicinandosi all'uomo.
Quello posò i fogli sulla scrivania, senza alcun segno di possessività o riservatezza, ma disponendoli in modo che il Custos non potesse leggerli. "Non credo sia affare che ti riguarda" rispose, garbato e leggero.
Sasuke storse le labbra, espirando uno 'mph' vagamente divertito.
Non era la prima volta che ci provava.
Ma dopotutto era un gioco, non aveva mai visto nulla, ne' tantomeno aveva insistito.
Quanto il Rector gli aveva detto anni prima, il tono con cui aveva pronunciato la parola 'laniatus' - tutto ciò era stato un deterrente sufficiente a non farlo scadere in gesti che, dopotutto, sarebbero stati più riconducibili a Naruto che a lui.
Già.
Naruto.
E la sua mania di controllare i bambini del primo anno.
Si perse in un silenzio contemplativo, le sopracciglia impercettibilmente aggrottate.
"Fra qualche giorno c'è l'esame per diventare Magister." annunciò il Rector "Potresti provare, quest'anno."
"Non si è mai visto un Magister di diciotto anni."
"Oh, che tu non li abbia mai visti non significa che non ce ne siano mai stati. E comunque è improbabile passare al primo tentativo - quindi, fossi in te, mi inizierei a muovere."
"Come se io volessi lasciare il fronte, Kakashi." fece lui, sarcastico.
"Non durerai molto, se continui a stare lì."
"Durerò quanto devo durare, come chiunque. Io servo al fronte, assieme a tutti quelli come me. Immagino tu questo lo sappia, no?"
"Fa' pure come credi." concluse il Rector, tornando a curarsi dei suoi documenti.



Uscì dall'ufficio di Kakashi chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. Mosse qualche passo lungo il corridoio, portandosi le mani prima alla nuca, per poi scivolare sugli occhi, che socchiuse sotto i palmi.
La meta successiva non era troppo distante, e da quando aveva forse undici anni suoleva andare lì, almeno una volta ogni sei mesi.
Certo, l'infermeria che utilizzavano i Custos era un'altra, non quella che aveva conosciuto quand'era studente - ma il concetto era il medesimo: colliro. 
Aveva bisogno del collirio per i suoi occhi. 

Sapeva che anche Neji e Hinata ne usavano - sebbene la loro vista fosse diversa dalla sua -, così come Kiba o Shino avevano preso a fare uso di microiniezioni periodiche.
Avevano capito, nel tempo, di essere diversi. 
Non erano gli unici, questo era certo. Ogni tanto compariva qualche ragazzo o ragazzino più giovane che, palesemente, portava una particolarità simile alle loro.
Il perchè di quel potere particolare non era cosa che li interessava: ma organizzarsi sulla base delle loro abilità era tutta un'altra storia. Lo aveva fatto per primo l'esercito, spedendo lui a condurre i fronti di sfondamento, e spostando invece Hinata e Neji sulle retrovie. 
Sasuke era capace di vedere con un anticipazione sufficiente da essere utile le mosse altrui - e, da come stavano le cose, Hinata e Neji vedevano invece sulla lunga distanza. Kiba governava lupi e sciacalli, Shino gli insetti.
... no, era una definizione semplicistica, quella.
Potevano andare ben oltre.
Ma nessuno di loro sapeva esattamente ne' quanto, ne' come. Era una scoperta, e scoprirsi nel tempo significava prestare moltissima attenzione a se' stessi. E alla guerra, in cui sperimentavano volta per volta le loro abilità.
Era talmente logico che quel loro essere 'oltre', per certi versi, fosse fortemente positivo negli esiti delle battaglie, che in realtà non avevano mai considerato l'idea di lasciare il fronte.
Si poteva. Quello lo sapevano. 
Non si sarebbero mai allontanati per sempre: solo per un certo periodo. E poi, più avanti, le cose sarebbero forse cambiate.
Non a caso Kakashi, Rector fisso, partecipava a svariate missioni speciali. E così Jiraya, Custos 'e basta', si curava delle nuove reclute.
Il futuro di un Custos rimaneva sempre un enorme punto di domanda.
 Ma quella era roba da gente che aveva ben che passato i vent'anni, non li toccava ancora.
Ora loro avevano un periodo di certezza e stabilità: i Giovani stavano al Fronte.
Ed anche a vent'anni superati, dopotutto, loro sospettavano che sarebbero rimasti egualmente a combattere.

Aprì la porta dell'infermeria, bussando in contemporanea: lasciò solo uno spiraglio aperto, domandando permesso.
La voce femminile lo invitò ad entrare.
Sasuke entrò, osservando col capo inclinato verso una spalla la ragazza.
"Sakura." concluse, dopo averla studiata per qualche tempo. "Da quando sei passata a questa infermeria?"
Lei si strinse nelle spalle, mentre era intenta a pulire un set di provette. "Qualche mese. Ma faccio pochi turni, per ora. Che ti serve?"
Schiuse le labbra, per iniziare una frase che non pronunciò. 
Si era reso conto che stava per iniziare con un 'Non so se sai' - ma che idiozia stava per dire. Se era di turno lì, sapeva.
"Mi servono le gocce per gli occhi." concluse il ragazzo, sistemandosi le lunghe e sottili ciocche di capelli corvini.
La ragazza si mosse agile e pratica, pronta a cogliere quanto richiesto.
Sasuke si voltò verso il muro, tacendo la mente.
Era meglio lasciar stare.


***

"Il motivo preciso" fece Jiraya, camminando lungo l'androne ove fermava l'Effluxum "è una questione parecchio strana, ti dirò."
"Mi chiamano per le questioni delicate, non strane." fece notare Kakashi, metodico.
Il Custos, alto e possente, si strinse nelle spalle. "Potrebbe essere strana E delicata, no?"
"Mph." annuì leggermente.
"Nulla di complicato, ad ogni modo. Le carte le hai. Ti basterà il viaggio, per prepararti."
"Dunque, hai forse intenzione di fornirmi qualche anteprima, o devo aspettare di sedermi nel siluro per poter avere informazioni al riguardo?"
"Dicono che c'è qualcosa che sta attaccando il loro bestiame."
Kakashi levò le sopracciglia, perplesso. "Prego?"
"E' solo l'ultima delle loro lagne - ma in pratica pensano che ci sia un gruppo di nostre spie che vagola per il confine - e che sfrutta i loro animali per sopravvivere."
"Questa, poi. Saranno sciacalli."
" ...Già. Ma potremmo essere egualmente noi." precisò Jiraya, osservando Kakashi con sguardo lontanamente complice. Si volse, tornando a guardare fronte se' man mano che avanzavano. "Non sono sciocchi, sanno perfettamente che abbiamo chi può farlo. Controllare gli sciacalli, intendo."
"Si stanno abbassando a queste sciocchezze per strapparci trattati a loro favorevoli? Non possono accusare noi ogni volta che un animale gli mangia una capra."
"Li abbiamo messi alle strette, in questi ultimi due anni. Possono fare appunti di questo genere, e li fanno: non è la prima volta che avanzano commenti simili. I nostri nuovi Custos li stanno massacrando, quindi cercano vie traverse. Ma devo dire che questa volta sono stati molto insistenti - e qui, subentri tu."
"Diamine. Staranno cercando di vietare i guerrieri geneticamente modificati, come hanno vietato i demoni. Ma mi sembra evidente che le due situazioni sono fortemente diverse."
"Il Globus ha dato la cosa in mano tua, quindi - buon lavoro."
"E così sia." Kakashi fece un minuscolo cenno del capo, montando sul siluro dell'Effluxum. 
Osservandolo muoversi dentro il tubo trasparente, Jiraya incrociò le braccia al petto.
Socchiuse gli occhi, e poi girò sui tacchi. 
Entro qualche giorno ci sarebbe stata l'Iniziazione dei ragazzini del secondo ciclo: aveva del lavoro da svolgere.
Oramai la questione dei ladri di bestiame era unicamente competenza di Kakashi.





E prima dell'alba
un'aurora densa
 - come a preparare lo spirito
prima che il sole laceri gli occhi.







[Nota dell'autrice]

Anzitutto grazie a reki che mi ha aiutata a visionare parte del capitolo.
ho tanto aspettato di arrivare a questo salto temporale, che quando mi ci sono trovata davanti è stato più complicato del previsto.
ancora adesso non sono fermamente convinta - anche se nel complesso il capitolo mi piace.
spero anche la parte introduttiva sia gradita, perchè la trovo un ragionamento filosofico interessante e fondante per la fic :)
spero di aver destato i dovuti sospetti senza anticipare troppo.
insomma, spero vi piaccia! xD

grazie a  untild i e che ha aggiunto la fic fra i preferiti ultimamente ... e - mh, mi pare che ci fosse anche qualcunaltro >.<''''' ma non riesco a rintracciare chi.
grazie moltissime comunque!

@DarkShin: bhe, l'idea era quelladi un capitolo triste e sotto certi punti di vista anche sconfortante e demolente. naruto... bhe, devo dire che sotto certi aspetti mi infastidisce 'pararli il culo' sempre così - ma date le sue recenti manie suicide (o comunque di ricerca della morte per vie trasverse), è il minimo che possa fare. d'altro canto mi piace vederlo come un dannato costretto alla vita - prima che dalla volpe, dalla sua natura stessa. La sua forza di spirito è forza e debolezza in contemporanea, perchè non gli consente mai di abbandonarsi agli eventi. E kyuubi non migliora sicuramente le cose. 
spero questa mia idea sia trasparita abbastanza nel racconto, anche se so che è talmente contorta che narrarla è molto difficile..


   
 
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