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Autore: Seiko    28/02/2010    5 recensioni
"C’era stato un profumo di fragole e un rosso leggero a tinteggiare l’aria.
Era odore di mandarini e the nero.
Erano aromi che sfioravano la pelle, scivolavano nel palato."

To Slits~
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Sanji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction

 

Flavouring

« C’era stato un profumo di fragole e un rosso leggero a tinteggiare l’aria.

Era odore di mandarini e the nero.

Erano aromi che sfioravano la pelle,  scivolavano nel palato.

Accostamenti spontanei.

Come un gioco d’infanzia. »

 

Delicata, una carezza leggera come l’aria primaverile.

Il vetro sembrava quasi fremere sotto quel tocco, o era la pelle a tremare sfiorandolo.

Una boccetta, era soltanto una boccetta di vetro, nulla di più, eppure in quel momento aveva un incredibile fascino evocativo, e quelle dita affusolate non riuscivano in nessun modo a smettere di tastarne la consistenza. Un tocco quasi evanescente, con l’unico scopo di cogliere la realtà fisica di quello che in fondo era soltanto un aroma.

Si soffermò quasi inconsciamente a delineare i contorni della carta che portava il nome dell’aroma. Carta paglia, un effetto vecchio, rustico, eppure per assurdo quasi ricercato nei suoi contorni finemente bruciati.

Era un inchiostro blu profondo quello che tracciava con grazia quel nome, mandarino.

Un semplice odore, un semplice profumo, la stupiva ogni volta la forza con cui si sentiva legata ad una sola essenza. E mentre sfiorava il tappo di sughero quasi poteva sentire quel fantastico odore sfiorarle la pelle in una malinconica carezza.

Furono le urla dei suoi compagni a riscuoterla da quel torpore vagamente ipnotico. Erano come un orologio, sempre pronti a ricordarle l’ora, e quello era decisamente il momento di andare.

Spinse leggermente la porta della cucina, aperta come ogni volta, quell’idiota non le permetteva nemmeno di fare il minimo sforzo di aprirla, lasciandola ogni volta piacevolmente socchiusa. I suoi occhi sorrisero quasi d’istinto a quel pensiero.

Entro silenziosamente, come si addice ad una gatta, e anche se non aveva nessuno a cui nascondere la sua presenza, preferiva comunque muoversi attraverso la stanza come una fantasma, una presenza vagamente incorporea che si limita a lasciare solo la sfuggente scia del suo profumo.

I passi li conosceva ormai a memoria, erano un rito, un’abitudine entrata quasi ridendo nella sua vita, niente di veramente percepibile ad occhi esterni. La parola più appropriata a tutto quello era forse gioco.

Un gioco tra il cuoco e la navigatrice.

Un gioco che ripercorreva i più svariati aromi, i più svariati colori, i più svariati ricordi d’infanzia.

Un the nero e un aroma che variava ogni volta. A deciderlo erano il tempo, l’umore, il colore, le parole, tutto ciò che potevi trovare in una giornata qualunque.

Lui ci metteva il suo the, e lei ogni volta ci accostava un aroma. Il resto era solo cucina.

Un gioco semplice, quasi infantile, scioccamente romantico forse, ma solo per i più maliziosi. E il biondo certamente non negava di esserlo, ma lei come ogni donna che si rispetti sapeva giocare le sue carte.

 Lo tentava, sapeva di farlo, con un aroma un po’ più piccante, o qualcosa di lievemente afrodisiaco, e adorava tenerlo in pugno. Eppure c’erano giornate in cui amava coccolarsi, e allora era il turno della vaniglia o della cannella, sapori dolci, che ti accarezzano teneramente il palato. Giornate andate male, forse fin troppo, in cui toccava a qualcosa di amaro in grado di farti sentire l’asprezza del momento e distaccartene. C’era la menta, per le giornate più allegre, la fragola per sentirsi dolcemente infantile o lo zenzero per essere piccanti ma non troppo, quel tanto che basta a lasciare una piacevole impronta.

Un gioco.

Un gioco capace di mostrare ogni giorno una parte di sé stessa inconsapevolmente, in un linguaggio che lui sembrava capire alla perfezione, lo leggeva nel suo sguardo. E alla fine si è arresa.

Rigirava fra le mani la boccetta, delicatamente, perché in fondo lo sentiva, era preziosa.

Quell’aroma era il più importante, era quello che avevi consapevolmente evitato per tutto quel tempo. Ma c’è sempre un giorno da ricordare, una di quelle date impegnative, in cui non si può scherzare, non è possibile lasciarsi andare alla malinconia o sedurre con leggerezza, e quello era quel giorno.

Si chiuse la porta alle spalle una volta fuori, posandosi con leggerezza a quel legno, sospirando di sollievo, di tensione, di soddisfazione. Era lì, e in quel linguaggio lui avrebbe capito.

Poteva bastare.

 

 

Tre colpi leggeri, la maniglia che si piega inesorabilmente verso il basso, odore di the.

Puntuale come sempre. Volse lo sguardo e sorrise delicatamente nel sentire quell’aroma confondersi con il profumo forte del the nero.

Non servivano parole il gioco era sempre lo stesso, lei posava la penna e lui porgeva la tazza.

Chi è all’oscuro li definirebbe gesti meccanici, dettati da un abitudine legata ad una memoria quasi fisica, che ad un vero e proprio ricordo. Era diverso invece, una sensazione eterea, legata ad un tatto quasi impercettibile, come se l’aroma che ogni volta aleggiava nella stanza decidesse gli sguardi, e i sentimenti. E forse era veramente così.

Sentiva il suo sguardo addosso, mentre coglieva il primo sorso. Delicato.

Un sapore quasi nuovo, il sapore forte del the nero, ridimensionato dall’aspro del mandarino, aromi che si confondono nell’ultimo sorso, lasciando un ricordo quasi dolce lungo il palato.

Accostamento spontaneo.

Era un gesto delicato della mano, posava la tazza e né chiedeva ancora, con un semplice sguardo.

Ed era la stessa mano a carezzargli in un tocco fugace la guancia, avvicinandolo con una pressione appena accennata.

Erano labbra che sfioravano la pelle, un bacio di farfalla. Invisibile, eppure lasciava una sua scia, una scia appena percepibile.

E la sentiva, la sentiva incredibilmente densa, mentre lui si inchinava in un gesto cavalleresco, mentre sorridendo si chiudeva con ricercata eleganza la porta alle spalle, quella scia.

Un aroma.

The nero e mandarini.

 

 

 

 


Note d’autrice:

Il rosa mi fa schifo, oh si lo so non centra assolutamente niente ma ci tenevo a dirlo, purtroppo era il colore che semplicemente trovavo più adatto. Ma tornando a noi.

Questa storia voglio dedicarla principalmente a  Slits, e si l’ho scritta principalmente per lei, dedicato soprattutto al suo piccolo neurone SaNa, che schizza fuori fra una LaSan e un’altra.

L’ho voluta provare, lo so fa pena, ma ci tenevo a provare questa coppia almeno una volta, e chiedo perdono a tutto il fandom per averla resa così.
Purtroppo sono in vena romantica, e l’idea di questa one-shot mi è venuta sotto la doccia, e ancora non capisco il perché in effetti, so solo che ultimamente oltre a sentirmi vagamente romantica, amo fantasticare su odori e sapori, perciò eccomi qua.

Considero questa storia una specie di esperimento, ho voluto fare a meno delle parole, dei discorsi, li sento un peso ultimamente, ho preferito lasciare largo spazio ai gesti e alle sensazioni, e che altro dire se non che spero che questa cosa piaccia almeno un po’.

Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno, grazie, grazie davvero. A tutti.
Si parlo con te lettore anonimo! Grazie!

 

   
 
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