Capitolo 4
(“Romeo e Giulietta”, W.
Shakespeare)
La lady non è più
bianca, pura; è ancora di spalle, vestita di nero. Anche i
suoi capelli color
dell’oro sono ora più neri della notte.
Sta guardando il
castello, in lontananza, bagnandosi i piedi nelle acque del lago.
E’ immobile.
Poi, ecco: si muove.
Si china e afferra una pianta biancastra, per poi raddrizzarsi e
tornare a
guardare il castello, che pian piano viene inghiottito dalla nebbia
sempre più
fitta. E sparisce.
Scompare anche il
lago, e l’erba. E infine scompare anche lei, avvolta dalla
nebbia e dal buio
nel silenzio più totale.
Con
un gemito soffocato, Edgar si ritrova seduto sul suo
letto, grondante di sudore freddo e con il respiro affannoso.
Si porta una mano al petto e si stringe la camicia, fissando
con occhi sbarrati le coperte.
Ancora questo sogno...
Si passa la mano tra i capelli, chiudendo gli occhi e
calmandosi a poco a poco.
Quel sogno così inquieto non gli dà tregua.
E’ solo la
seconda volta che lo vive -
è talmente
reale...-, eppure lo colpisce dentro come se fossero dì e
dì che ha quella
visione.
Inizia a preoccuparsi...
Helen
sta volteggiando per la camera in abito da notte,
ballando ad occhi chiusi un valzer che sta suonando il suo cuore.
Quella musica
che solo lei riesce a sentire la rende leggera e felice; ad occhi
chiusi
continua a ballare.
«Sei stupenda.» commenta Edgar con uno sguardo
dolce, appena
entrato dalla finestra socchiusa.
Lei apre gli occhi e si ferma, sorridendogli con calore.
«Mi lusinghi.» fa un piccolo inchino, scherzando
con lui.
Edgar la raggiunge con un fluido movimento e le si ferma
alle spalle, cingendole la vita con delicatezza.
Lei volta il capo indietro per guardarlo negli occhi, poi si
baciano intensamente.
«Hai parlato con tuo padre?» le chiede lui appena
dividono
le labbra.
Helen annuisce con il capo, sorridendo di gioia.
«Non sono più costretta a sposare
nessuno.»
«Allora accetta la mia mano, Artemisia.» sussurra
Edgar con
enfasi, avvicinando il volto a quello di lei.
«I nostri cuori sono già uniti.» mormora
Helen, socchiudendo
gli occhi e percependo il fiato caldo di lui sulle labbra «E
il nostro
matrimonio sarà celebrato dagli angeli.»
«Mi sposerai dopo la morte?» sorride Edgar,
guardandola
intensamente.
«Sì; ti troverò, ovunque andrai, e ti
porterò con me.»
dichiara lei.
«Non avrai bisogno di cercarmi; ti lascerò il mio
cuore.» le
accarezza i capelli con una mano «Così, anche se
saremo divisi da Inferno e
Paradiso, in realtà i nostri spiriti saranno insieme... per
sempre.»
Le loro labbra si uniscono ancora, ardenti.
Helen
apre gli occhi, svegliata dalla calda luce del sole
che bagna il suo viso.
Ha lo sguardo verso la finestra dalle tende aperte. Mai una
mattina di sole le è sembrata più bella.
Si gira nel letto e dirige lo sguardo verso Edgar, sdraiato
di fianco accanto a lei.
Lui la sta guardando con un piccolo sorriso sulle labbra.
«Buongiorno, Artemisia.»
Lei storce lievemente le labbra, lanciandogli uno sguardo obliquo.
«Uhm... ti sei vestito.» commenta con un tono
deluso.
Edgar la va ad abbracciare, accarezzandole le braccia nude
come il resto del corpo nascosto dalla trapunta, e le chiede in modo
suadente:
«Mi desideri ancora?»
«Sei piuttosto bravo.» anche lei sorride, divertita.
Edgar le sfiora le labbra con le sue, per poi affermare:
«E’ stata la più bella, tra le
notti.»
Helen lo guarda dolcemente, scostandogli, delicata, dei
ciuffi neri di capelli da davanti gli occhi perlacei.
«Tu sei bello.» ribatte la ragazza.
«Non quanto te, Artemisia.» sussurra lui con un
sorriso.
Lei gli passa le dita sul viso, seguendone i lineamenti
perfetti illuminati dalla luce del sole che lo colpisce in pieno.
Si mostra preoccupata.
«E’ meglio chiudere le tende.» decide,
muovendosi come per
alzarsi, ma Edgar la ferma, tenendola ancora stretta a sé e
ribattendo con
calma:
«Non ce n’è bisogno.»
«Sì, invece. Non voglio che tu soffra in questo
modo...» gli
posa una mano sulla guancia, guardandolo ancora con un’aria
impensierita.
Lui posa una mano su quella di lei ancora appoggiata al suo
viso e dice con un tono rassicurante:
«Davvero, Artemisia, non è importante. E poi,
questa luce
dorata fa brillare la tua morbida pelle e illumina i tuoi occhi come
cerulei
zaffiri... non mi priverei di questa visione per nulla al
mondo.»
Rimangono in silenzio qualche istante, poi Helen insiste:
«Dovresti riposare un po’. Rimani qui, se vuoi, a
dormire;
chiuderò a chiave la porta. Potrai raggiungermi
più tardi; ti aspetterò in
giardino dopo pranzo, sotto il salice.»
Lui scuote il capo, adombrandosi.
«Non intendo dormire.»
«Per qual motivo?»
Edgar abbassa lo sguardo, cupo in volto.
«Ti sogno ancora, Artemisia, ma la visione non è
più
piacevole.» confessa, fremente appena «E’
buia; cupa. Non fai più luce. Temo
sia uno scuro presagio...»
Lei gli rivolge il sorriso più dolce, quando dice:
«Edgar... E’ solo un sogno.»
«Proprio in sogno ti vidi per la prima volta.»
ribatte lui,
tornando a guardarla.
Helen sospira.
«Faccio anch’io molti sogni, ma pochi si
avverano.» si mette
a sedere tranquillamente «E in genere si avverano proprio
quelli in cui credo
con tutta me stessa. Quindi, Edgar, ti basterà non credere
in quella visione e
questa non avverrà.»
Lui le lancia un sguardo stupito e la giovane conclude con
un sorriso rassicurante:
«Il sogno di incontrarmi si è avverato
perché tu desideravi
con tutto te stesso che si avverasse.»
«Non smetterai mai di sorprendermi!» esclama Edgar,
ridendo.
Anche lei ride, cristallina.
Qualcuno bussa alla porta.
Edgar volta immediatamente il capo in quella direzione,
fiutando attentamente l’aria.
«E’ la domestica.» afferma il vampiro,
alzandosi in piedi in
un attimo.
«Oh...» fa Helen, sorpresa, guardando
l’orologio della
camera «Sono già le otto...»
«Lady, siete sveglia? Sono le otto.» la maniglia si
inizia
ad abbassare, segno che la domestica sta per entrare.
«Edgar!» bisbiglia Helen, guardandolo allarmata.
Lui capisce e, rapido, esce in balcone e sale sul tetto con
un salto.
In quel momento, la domestica apre la porta.
«Oh, lady, siete sveglia.»
Helen, seduta ancora sul letto, si mostra assonnata.
«Sì, mi sono alzata proprio ora.» mente,
simulando un
piccolo sbadiglio.
«Ma siete completamente svestita!» si sorprende la
domestica, chiudendo subito la porta della camera.
Helen si sbriga a dire per salvare la situazione:
«Ho avuto caldo questa notte...»
«Oh, cielo...» sospira l’altra,
immergendosi nell’armadio in
cerca di buoni abiti.
Helen, sorridendo divertita, lancia uno sguardo alla
finestra socchiusa, immaginando che Edgar abbia sentito.
Infatti il vampiro, seduto sul tetto, trattiene a stento le
risate, divertito a sua volta.
«Avevi
caldo questa notte?» ride Edgar, spuntando da dietro
il tronco del salice.
Helen, seduta a terra sull’erba, ride a sua volta.
«Non sapevo che altro inventare!»
Lui le si siede accanto, senza perdere il sorriso, e chiede:
«Hai caldo anche adesso? Se vuoi posso aiutarti io a
spogliarti...» le posa una mano sull’allacciatura
del vestito blu che indossa.
Helen gli scosta il braccio, ribattendo con ironia:
«Immagino già la faccia di mio padre se ci
scoprisse...
sarebbe felicissimo.»
«Naturalmente scherzavo, Artemisia.» Edgar le
accarezza
dolcemente una guancia «Non farei mai nulla del genere senza
il tuo consenso.»
Lei lo guarda teneramente, dicendo:
«Sei molto cambiato dalla prima volta che ti ho
incontrato.»
«Mi hai cambiato tu.» annuisce lui.
«Spero in bene...»
«Naturalmente.»
Helen sorride e guarda il cielo grigiastro a causa delle
argentee nubi che incombono sul prato.
«Pare dovrà piovere...» commenta,
sospirando, poi torna a
rivolgergli lo sguardo «Per lo meno, l’assenza
della luce del sole ti dà un po’
di sollievo.»
«Sì, infatti.» asserisce Edgar,
sdraiandosi a terra supino.
Helen gli propone:
«Riposati. Starò al tuo fianco.»
«Non voglio smetterti di guardarti nemmeno un istante,
Artemisia.» dichiara lui, rifiutando l’offerta.
Helen gli si sdraia accanto, mormorandogli all’orecchio:
«E allora sognami.»
Edgar le rivolge un piccolo sorriso, afferrandole una mano.
Lei stringe la presa e lo incita ancora a dormire.
Il vampiro sospira profondamente e cede; chiude gli occhi
senza lasciarle la mano.
Si addormenta immediatamente; sfinito.
«Non
direte sul serio, lord Green.» sibila lord Baker,
aggrottando le sopracciglia.
Lord Green, in piedi accanto la finestra del salotto, lancia
uno sguardo fuori, al cielo, sospirando malinconicamente:
«Cercate di capire...»
«Mi avevate promesso la mano di vostra figlia.»
insiste
l’altro con decisione, muovendo un passo avanti e posando le
mani sullo
schienale della poltrona davanti a lui «Dicevate di essere un
uomo di parola.»
«Ed è così, lord, credetemi.»
lord Green storce un po’ le
labbra, a disagio «Dovete quindi perdonarmi... Helen
è la mia unica figlia e
per lei voglio solo il meglio.»
«Io sono il meglio per vostra figlia!» esclama lord
Baker,
punto.
«Helen non vi desidera.»
«Pensavo che questo fosse irrilevante.» sbotta
l’altro uomo,
stringendo con ira la presa sulla poltrona di velluto chiaro.
«Non posso più ignorare il fatto che le manca poco
tempo da
vivere.» ribatte lord Green, mostrandosi ora irremovibile
«E sono pronto a
soddisfare ogni suo desiderio, perché presto non
l’avrò più con me. E lei non
desidera sposarvi. La questione finisce qui, August; non avevamo
firmato nessun
accordo e nessun patto è mai stato suggellato, quindi ritiro
semplicemente la
mia proposta e mi scuso ancora per il disturbo che vi ho recato. Spero
vogliate
tornare a farci visita in futuro, dimenticando ogni
contrasto.»
Lord Baker tira le labbra, visibilmente irritato, e, con un
tono falsamente calmo, si limita a dire:
«Certamente, Arnold... ci rivedremo.»
Si volta ed esce dal salotto senza aggiungere altro.
Lord Green sospira di nuovo, lasciandosi cadere seduto sulla
poltrona.
«Farei di tutto per te, mia piccola Helen...» si
dice tra sé
e sé, tornando a guardare il cielo con aria pensierosa.
Lord Baker, furioso, esce quindi dalla villa, avviandosi per
la stradina di ghiaia verso la carrozza che lo sta aspettando. Appena
giunto
alla carrozza, però, dirigendo lo sguardo verso il prato,
nota Helen Green
seduta di spalle sotto un bel salice; lo stesso sotto cui si trovava il
giorno
precedente.
Increspando la fronte, seccato, muove qualche passo in
direzione dell’albero, con l’idea di parlarle.
E’ in quel momento che si
accorge di una sagoma vestita di scuro sdraiata a terra accanto a lei.
Si ferma di colpo, sorpreso.
Sembra un uomo; un uomo assopito sotto i rami del salice.
Helen Green pare lo stia guardando, immobile... gli stringe la mano.
Lord Baker si sente pietrificare, colto dentro da una rabbia
incontenibile.
E dunque lady Green preferisce la compagnia di un altro uomo
alla sua...
Stringendo i pugni con ira, torna alla sua carrozza,
salendovi e ordinando al cocchiere di partire immediatamente.
In testa ha ancora le immagini appena viste.
Frustrato, continua a stringere i pugni, bisognoso di
sfogarsi.
E così, Helen, mi
rifiuti...
Rivolge lo sguardo fuori, attraverso il piccolo vetro dello
sportello, e sul volto si dipinge un’espressione cupa.
Ma se non posso averti
io, Helen, non potrà averti nessun altro.
Questa è una promessa.
E lui è un uomo di parola.
*
In mano ha quella
pianta biancastra; il vento non la smuove. I suoi rametti sono fermi,
immobili
e freddi.
Il castello non si
vede più; inghiottito dalla nebbia e dal buio.
Sta sparendo anche il
lago e, presto, se ne andrà anche lei...
Vorrebbe urlarle,
chiamarla, ma le labbra gli si muovono e da esse non esce alcun suono.
Disperato, continua a
gridare silenzioso, ed ecco che lei pare udirlo.
Lentamente, con un
movimento quasi innaturale, la lady inizia a voltarsi verso di lui,
mentre il
lago viene divorato sempre più dalla nebbia.
E infine lei si volta
a guardarlo; e lui si sente gelare dentro.
Gli occhi sono
solamente orbite vuote, nere, che sanno di morte: gli zaffiri sono
stati
trafugati; al loro posto un baratro buio.
La lady tende il
braccio in avanti e lascia andare la pianta; il vento la trasposta
rapida verso
di lui, mentre le labbra di lei si muovono ed esce l’unico
suono della
visione... non più una musica, bensì un grido di
morte.
E la foschia e
l’oscurità si mangiano tutto.
«Nooo!»
il vampiro si desta all’istante, trovandosi seduto
in un bagno di sudore gelido.
«Edgar, calmati!» Helen va ad abbracciarlo
immediatamente
«Era solo un sogno.»
«Oh, Artemisia!» Edgar la stringe forte a
sé, strizzando gli
occhi e immergendo il viso tra i suoi capelli dorati
«E’ stata la visione
peggiore di tutte!»
«Era solo un sogno.» ripete lei con un tono
rassicurante
«Nulla più.»
«Come puoi non temere un simile presagio di morte?»
le
chiede allora lui, stringendola ancor di più «Non
posso più ignorarlo...»
Lei tira le labbra, adombrandosi.
«Io morirò comunque, Edgar, tra qualche
tempo.» inizia a
dire a mezza voce «Magari è questo che vedi... In
ogni modo, non ci trovo nulla
di sbagliato in questo sogno: perché in effetti un giorno me
ne andrò per
sempre.»
Edgar rimane in silenzio qualche istante, puntando gli occhi
in un luogo imprecisato alle spalle di Helen. Poi mormora con
un’aria incupita:
«Allora forse questo sogno sta a significare che non sono
ancora pronto a lasciarti andare.»
Helen increspa lievemente la fronte e si stacca da lui per
guardarlo negli occhi; lo sguardo del vampiro freme appena e sembra
profondamente tormentato.
«Edgar...» abbassa gli occhi, senza capire
«Pensavo avessi
fatto una scelta...»
«Ed è così, Artemisia; avevo
scelto.» lui le afferra una
mano, parlandole con un tono un po’ sofferto
«Però ora ho paura... ho paura non
tanto di morire, quanto di veder morire te.»
«E perché dovresti temere questo se io stessa non
lo temo?»
ribatte Helen, tornando a guardarlo intensamente.
Lui storce un po’ le labbra, visibilmente angosciato.
«Io...» si ferma e abbassa gli occhi su la mano che
le sta
stringendo «Io non posso lasciarti morire.»
Helen rimane in silenzio, con in volto un’espressione scura.
Distoglie lo sguardo, rivolgendolo alla campagna. Poi sospira
brevemente.
«Che illusa che sono stata...» dice ad un certo
punto con
voce cupa «Solamente un’illusa.»
Lui torna a guardarla, con un’aria tormentata.
«Mi ero illusa che mi amassi davvero.» conclude
lei,
socchiudendo gli occhi.
«Ma è vero, Artemisia!» va a stringerle
anche l’altra mano
«Ti amo con tutto me stesso, te lo giuro.»
«Allora perché non sei in grado di accettare la
mia scelta?»
ribatte lei, tirando le labbra.
«Non ci riesco...» il volto del vampiro si contrae
in una
smorfia di dolore, quasi.
«Dunque vattene ora, Edgar, e non sarai costretto a soffrire
ancora.» sentenzia Helen, mostrandosi impassibile e dura.
«Artemisia, ti prego...» le sussurra lui,
sofferente «Non
farmi questo...»
«Smettila.» ordina lei, scostandosi e rifiutandosi
di
guardarlo «E vattene.»
«Ti supplico, amor mio...» insiste con forte
sconforto «Non
farmi questo... se davvero tieni a me, non farlo.»
«Vattene via, Edgar.» ripete Helen, chiudendo gli
occhi.
Lui si morde un labbro, disperato, e sparisce.
Helen si volta indietro, notando che lui non c’è
più. E
allora inizia a piangere silenziosamente, stringendo tra i pugni la
gonna
dell’abito e maledicendolo.
«Posso
entrare, lady?» dopo aver bussato, la domestica
socchiude la porta e sbircia all’interno della camera.
Helen, seduta sul letto con uno sguardo perso tra le pieghe
delle coperte, mormora:
«Sì, Dorothy, entra pure.»
La domestica si chiude la porta alle spalle e mostra il
vassoio che ha in mano, dicendo:
«Vostro padre si chiedeva se ora non aveste voglia di
mangiare... sono le tre del pomeriggio.»
La giovane lancia un fugace sguardo all’orologio della
stanza,
poi risponde con un sospiro spento:
«No, non ho fame.»
Dorothy si mostra impensierita.
«Vi è capitato qualcosa, lady? Sembrate molto
triste... pare
abbiate pianto a lungo.»
Helen non risponde, incupendosi ancor di più.
La domestica fa un piccolo inchino con il capo.
«Perdonatemi, lady, sono stata importuna.» si volta
per
andarsene, ma l’altra la ferma, spiegando con un tono scuro:
«In effetti sì, Dorothy, sono molto
triste.»
La domestica si gira a guardarla, premurosa e attenta.
Helen alza gli occhi verso di lei, chiedendole con un’aria
malinconica:
«Dorothy, se ci fosse un uomo che dichiara di amarti con
tutto se stesso... un uomo che anche tu ami follemente
perché diverso, perché è
l’uomo che stavi cercando da una vita... ma se ci fosse una
condizione da
accettare per poterlo amare per sempre; una condizione che ti
permetterà di
stare con lui per l’eternità... tu cosa faresti?
Accetteresti, oppure no?»
«Oh, lady, accetterei, certo.» sorride dolcemente
l’altra.
Helen increspa lievemente la fronte, aggiungendo a
malincuore:
«Ma se questa condizione fosse terribile? Se ti facesse
molta paura, nonostante lui ti
assicura di rimanerti accanto e aiutarti a superare il
terrore?»
La domestica rimane pensierosa qualche momento, poi inizia a
dire lentamente:
«Non so di quale condizione possa trattarsi, lady... ma una
cosa so con certezza. Se l’amore è grande, puro,
bello, allora è in grado di
sostenerci anche nelle prove più terribili. Non conosco
condizione abbastanza
orribile da oscurare la bellezza dell’amore. Non ne esiste
una tale.»
«E se ti dicessi che questa è la più
terribile di tutte?» la
interroga Helen, tormentata.
Dorothy la guarda intensamente.
«Lady... voi amate questo uomo?»
La giovane annuisce con il capo, mentre gli occhi le si
fanno lucidi.
«E siete certa dell’amore che prova lui per
voi?» chiede
ancora l’altra.
«Me ne ha dato la prova.» mormora la ragazza
«Ha detto, e mi
ha dimostrato, che è disposto a tutto per me...»
Tranne che vedermi
morire...
Aggiunge mentalmente, fremendo.
La domestica quindi conclude seriamente:
«Allora lady, se le cose stanno così, fossi in voi
io
accetterei qualsiasi condizione. Anche la più orribile. Per
l’amore, lo farei.»
Helen abbassa lo sguardo, pensierosa.
Le lacrime vanno a rigarle le guance, calde.
«Se è una
liberazione ciò che cerchi, ti prego... accetta
quella che ti offro io.»
Si morde un labbro, fremendo.
«Se non temi la
morte, non temere ciò che ti sto
offrendo...»
«Io voglio solamente salvarti. Puoi credermi: è
così. Non
desidero altro che tu viva... puoi anche non accettarmi, ma ti
supplico: vivi.»
«Edgar...» sussurra Helen, così piano
che Dorothy non riesce
a sentire.
Forse dovrei
accettare...
«Oh,
tesoro, ti senti meglio?» chiede lord Green, alzando
gli occhi e rivolgendoli alla figlia appena entrata nel salotto.
«Sì, meglio.» annuisce Helen, andando a
sedersi al tavolino
da the con il padre.
«Arrivi giusto in tempo per bere qualcosa; sono le
cinque.»
sorride lord Green, mostrandole poi l’elaborata bottiglia che
ha in mano.
Questa contiene un liquido di un verde acceso, trasparente e
limpido.
«Assenzio?» chiede la giovane, sorpresa.
«Me l’ha lasciata lord Baker; è un dono
per dimostrarci che
non porta rancore. Sta per partire per l’America per affari;
crede che non
potrà più tornare in Inghilterra.»
spiega lord Green.
«Sai bene, padre, che è meglio che tu non beva
certe cose.»
lo ammonisce lei «Hai una certa età.»
«Lo so, lo so...» sospira il padre con noncuranza
«Ne farò a
meno. Ma almeno tu provalo; è un dono, in fondo.»
«E va bene, ne bevo un sorso.» si arrende Helen,
poi gli
sorride dolcemente «Mi tirerà un po’
su.»
«Lo spero, figlia mia.» lord Green ne versa un
po’ in un
bicchiere; il liquido risplende alla poca luce pomeridiana di quel
giorno
grigiastro. Dopo di che, lord Green posa l’apposito
cucchiaino forato sull’orlo
del bicchiere e vi mette sopra una zolletta di zucchero. Afferra poi la
brocca
con l’acqua fredda, versandone un po’ nel bicchiere
da sopra il cucchiaino;
l’assenzio viene così diluito finché
non supera la metà del bicchiere, perdendo
la lucentezza e divenendo di un colore opaco, lattiginoso.
«Ecco qua.» lord Green afferra il cucchiaino,
posandolo in
un piatto, e Helen va ad afferrare il bicchiere con il distillato.
«Grazie.»
«Di nulla.» suo padre si prepara una tazza di the
«Io mi
accontenterò del the.» ridacchia, aggiungendo lo
zucchero.
Helen avvicina il bicchiere alle labbra e beve un poco; mostra
un’espressione disgustata, appoggiando di nuovo il bicchiere
sul tavolo.
«L’assenzio non mi è mai piaciuto
molto.» commenta,
pulendosi le labbra con una salvietta.
«Lo so bene.» ride suo padre «Oh, beh; se
a te non piace e
io non posso berlo, credo proprio che questa bottiglia
prenderà la polvere tra
gli altri liquori e distillati!»
«Meglio così, padre.» ribatte Helen con
un sorriso.
«Vai a prendere una boccata d’aria, Helen; pare che
domani
pioverà, meglio approfittarne oggi.» le consiglia
lord Green «Ti fa bene stare
all’aperto.»
«Sì, hai ragione.» la ragazza si alza e
decide di
raggiungere il suo salice.
Appena
giunta sotto l’albero, la giovane si siede e sospira.
Posando distrattamente una mano a terra, si accorge di averla
appoggiata sul
libro che ha lasciato lì il giorno precedente;
“Romeo e Giulietta”.
Lo afferra, osservando la bella copertina con in mente mille
pensieri.
Mentre è così, pensierosa e immobile a
contemplare il libro,
il cuore inizia a batterle un po’ più forte,
recandole un leggero fastidio.
Sorpresa, si porta quindi una mano al petto, mentre anche il capo
inizia a
dolerle. Il corpo prende a tremare e lei sente caldo.
Il libro le cade dalle mani, mentre respirare diviene sempre
più faticoso.
Con un gemito soffocato cade a terra di fianco, contraendo
il volto in una smorfia sofferente.
Suda; si agita a terra, dolorante, e si sente sempre più
debole.
Il cuore inizia a rallentare, sempre più stanco.
Helen si sente soffocare; la vista è annebbiata e sta per
perdere coscienza.
«Ed... Edgar...» rantola, chiudendo gli occhi.
Il cuore rallenta sempre più.
E infine si ferma.
Edgar
è in camera sua, seduto sul letto con le mani tra i
capelli e i gomiti posati sulle ginocchia.
E’ immobile ed è in quella posa, con le palpebre
abbassate e
un’aria afflitta e angosciata, da quando ha lasciato Helen
quella mattina.
Le tende della stanza sono aperte; filtra la poca luce e gli
brucia la pelle, ma lui ormai non sente più nemmeno il
dolore.
Mia Artemisia... Come
posso vivere senza di te? Ero così certo di aver trovato la
strada giusta, ma
ora non ne sono più tanto sicuro. Mi pare di nuovo quella
più terribile e
vorrei solamente salvarti, farti cambiare via... Mia Artemisia...
In quel momento, inaspettata, l’immagine della lady
senz’occhi, vestita di scuro, si materializza nella sua mente
in modo violento,
per poi sparire di nuovo.
Edgar balza in piedi, spaventato, e si guarda intorno con
un’aria confusa.
Cos’è accaduto? ...
Questa sensazione che mi sento dentro... cosa...?
Si gela, ora certo di aver compreso.
Non può essere...
Scatta immediatamente verso la finestra, lanciandosi contro
i vetri e frantumandoli. Atterra nel cortile sottostante e parte di
corsa verso
la villa della sua amata.
Pochi istanti, ed è arrivato sotto il salice.
Si immobilizza.
Lei è là, all’ombra dei rami, sdraiata.
Pare dormire; è
perfettamente immobile, bellissima. La pelle chiara e immacolata brilla
ancora
nella fioca luce pomeridiana che filtra come piccole perle attraverso
le poche
aperture offerte dai rami del salice; i capelli paiono una cascata
d’oro e
vanno a bagnare l’erba, scossi appena da una piccola brezza.
Gli occhi sono
però celati dalle palpebre e le labbra sono lievemente
aperte, come nell’atto
di dire qualcosa.
Helen Green è perfetta nella sua immobilità; pare
il
soggetto di un bellissimo dipinto ad olio; del più grande,
tra i maestri di
pennelli.
Non può essere...
Si ripete, congelato nella sua posa.
Non è possibile...
Le si avvicina lentamente, con un’espressione atona; le si
inginocchia poi accanto, prendendola tra le braccia delicatamente, come
per non
svegliarla.
Sembra davvero assopita. La contempla in silenzio,
perdendosi con lo sguardo sui lineamenti perfetti del suo bel viso puro.
Il male che avevi
dentro ti ha sopraffatto?
Tira le labbra, in un’espressione sofferente.
In quel momento, un odore particolare raggiunge il suo naso;
colto subito dal suo fine olfatto.
Sembra assenzio, ma c’è qualcosa di strano... del
veleno.
Un veleno ha ucciso Helen Green.
«Veleno...» mormora, con una voce cupa e spenta
«Ti hanno
ucciso, mio angelo? Oh, stolti, che siano maledetti...» tira
il volto in una
smorfia di dolore, stringendo ancor di più a sé
il corpo della giovane «Chi ti
ha fatto questo non ha capito di aver commesso il peggiore dei peccati.
Ha
strappato dal prato il fiore più bello; e ora il prato
appassisce, piangendo.»
Le scosta teneramente dei piccoli ricci biondi dalla fronte,
per poi avvicinare il viso a quello di lei e sussurrarle con gli occhi
socchiusi e una voce spezzata dalla sofferenza:
«Mi dispiace, Artemisia... Questo non sarebbe dovuto
accadere. Se avessi saputo... io...»
Ancora l’odore del distillato solletica il suo naso,
addolorandolo ancor di più.
Poi increspa lievemente la fronte, pensieroso.
Assenzio...
Si irrigidisce, comprendendo all’improvviso.
Ecco perché Artemisia...
Ecco cos’era quella pianta biancastra che Helen Green teneva
in mano nella sua
visione... Ecco perché quel presagio di morte.
L’Assenzio deriva dai
fiori e le foglie dell’Artemisia...
Era tutto così semplice, quindi. Aveva sognato,
sì, la donna
a cui avrebbe donato il cuore, ma oltre che trovarla avrebbe dovuto
salvarla...
ma ora è troppo tardi.
«Dolce Helen, perdonami, ti prego...» le dice a
mezza voce,
fremendo appena «Per tutto questo tempo ho continuato a
chiamarti Artemisia,
senza immaginarmi che orribile significato avesse in realtà
questo nome. Nel
sogno continuavi a ripetermelo; volevi che ti salvassi. Guardavi il mio
castello,
in lontananza, e mi chiedevi aiuto... E io non avevo capito nulla... e
ora tu
sei morta.»
Chiude con forza gli occhi, sentendoli carichi di lacrime.
«Che stolto sono stato; il mio errore è
imperdonabile. Tu
non dovevi morire, Helen... Era l’unica cosa che volevo
davvero. Mi ero illuso
di riuscire a lasciarti andare e ti avevo promesso anche di morire con
te. Io
la morte non la temo più da quando ti ho incontrata, ma,
semplicemente, non
potevo accettare la tua. Perché non si sono presi la mia, di
vita? Perché tu,
Helen, così pura creatura? Nessuno più di te
meritava ancora di vivere in
questo sporco e corrotto mondo terreno... nessuno.»
Edgar riapre gli occhi, tornando a guardarla.
Ora si sono diradate un po’ di nubi; la luce del sole
risplende per il prato, facendo brillare il viso di lei.
Lui la stringe di più a sé e alza gli occhi al
cielo.
«Gli angeli ancora risplendono, anche se
è caduto
quello più splendente.»* mormora, chiudendo ancora
gli occhi.
Dopo un attimo torna
lentamente a guardare la giovane, mentre delle
lacrime vanno a rigare il suo viso. Non piange da moltissimo tempo; non
credeva
di esserne ancora in grado. E invece sì, ora piange. Piange
per lei; fredda,
silente.
«Sei morta, Helen... e se sei morta tu, mia stella, mio punto
di riferimento,
mia anima... lo sono anch’io.» socchiude gli occhi
e avvicina quindi il viso a
quello di lei.
Non teme più la morte, ormai. D’altronde,
perché dovrebbe temerla?
Trova maggiormente terribile una vita senza di lei, che le fiamme
dell’Inferno.
E poi si sente stanco; stanco come non mai. E aveva fatto una scelta;
le aveva
fatto una promessa.
E dentro è già morto; è morto
nell’istante in cui l’ha vista lì, sotto
il salice, immobile.
Quando le sue labbra giungono a sfiorare quelle morbide di lei, Edgar
infine
sussurra, leggermente fremente:
«Bacerò le tue labbra:
c’è rimasto forse un po’ di veleno a
darmi morte.»*2
La bacia delicatamente,
chiudendo del tutto le palpebre e bagnandole il
viso con le sue lacrime.
Il vento si alza dunque un po’ più forte e il
vampiro svanisce in una
nube di cenere trasportata via dalla brezza, lasciando solamente il suo
cuore
abbracciato a quello della bella Helen Green...
Per sempre insieme; non in terra, bensì in cielo.
Fine
* Frase di
Shakespeare
*2
Da “Romeo e
Giulietta” di Shakespeare
La storia termina qui. Ringranzio chi mi ha seguito, sperando di non aver deluso nessuno con questo finale. =)
Un ringraziamento speciale ad Achiko, che ha inserito la storia tra le Preferite, poi a chi ha aggiunto la storia alle Seguite, ovvero: Arwen Woodbane; Bella_kristen; egypta; Isy_264; LuNa1312; sono_io; storyteller; zero2757.
E infine un grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo:
Achiko: Grazie di avermi seguito fino alla fine; sono contenta che la storia ti sia piaciuta. =) Grazie anche dei consigli, che sicuramente cercherò di seguire in una futura storia sui Vampiri. ^^ Spero che l'ultimo capitolo non ti sia dispiaciuto... sai, prima ancora di capire bene come avrei svolto tutta la vicenda, la fine era bella stampata nella mia testa! xD Non potevo modificarla, quindi, eheh. Ciao! =)
Bella_kristen: Oh, sì, anche tu partecipavi al concorso! Ti sei dovuta ritirare, però, vero? Spero che posterai la tua storia: sono curiosa! ** Ho letto anch'io le altre fic partecipanti - tutte quelle che hanno postato fino adesso, se non mi sono scordata qualcuno xP - e devo dire che alcune sono davvero belle, non trovi? (La mia non è compresa <.< ... xD) Mi fa piacere sapere che la storia finora non ti è sembrata affatto male: spero che anche quest'ultimo capitolo sia di tuo gradimento! ;) Ciao!
Un bacione a tutti e... alla prossima! ^^