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Autore: Love_in_London_night    09/03/2010    9 recensioni
Questa è la mia prima ff. Cris, ragazza di 22 anni che vive a Brescia, parte per Vancouver per andare a trovare l'amico ritrovato da poco, Ale.
Scopre dalla mamma di Ale che lavora sul set di un film horror, poi incontrando il suo amico si renderà conto che non è così... Bensì lavora sul set di Eclipse.
Ha solo una settimana per far colpo su Rob, la sua ossessione, ma le cose possono sempre cambiare... E complicarsi, in meglio o in peggio sta a voi giudicarlo!
(NB: IL TITOLO è UNA LICENZA POETICA CHE VERRà SPIEGATA NEL CORSO DELLA STORIA, NON UN ERRORE ORTOGRAFICO!)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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eleonora... grazie infinite! hai colto esattamente quello che volevo scrivere. un dolore talmente grande che non si riesce a mettere nero su bianco!
vichy... Cris farà di tutto per non incontrarlo... ma lo spiega meglio lei in questo capitolo!
pina, allora... innanzitutto grazie! e poi vedremo cosa succede...
qui non c'è mai da stare tranquilli! O_O
annarita, grazie per aver lasciato il segno! ti conviene rimanere sintonizzata per vedere come continuano le cose... e ora kristen è molto lontana da loro, a parte da Cris, che ricorda sempre a cosa ha rinunciato a causa sua.
lory! grazie mille!
siete voi che fate commuovere ed emozionare me con i vostri commenti, non il contrario!
cmq... ora è tutto da vedere... ma Cris è andata a londra prima con tutt'altre intenzioni!
sellyyyyyyyy! vuoi fare la Alice della situazione?
ti smonto subito (muahahah = risata malefica!): Rob potrebbe essere a Londra come potrebbe benissimo non esserci. nessuno dei due sa dove si trova l'altro perchè non si sono più sentiti da novembre.
l'unica cosa che posso dire è che la situazione non si smuoverà così facilmente, quindi...
isa/ele... benvenute (scusate, uso già i vostri soprannomi!)!
si è ripresa isa dalla martellata in testa?
spero che possa continuare a piacervi! e si, Cris è proprio masochista! decisamente!

e vi chiedo solo un po' di pazienza... perchè quando dio ha distribuito il dono della sintesi io ero in coda per il seno, ma devo essermi distratta pure lì e mi sono persa entrambi i doni! -.-" e senza sintesi mi perdo nei dettagli... come in questo capitolo!
quindi vi chiedo pazienza per darmi una possibilità, spero che il resto della storia possa un po' sorprendervi!
detto questo, sono strafelice di sapere che ci sono altre ragazze della mia città, e sapere che non sono l'unica a trovarla bella (in un certo modo!)
a presto ragazzzzeeeeeeeeeeee! ^^

Capitolo 29

Così eccomi qui. Mi sto concedendo due giorni per girare come una scema per Londra. Ovviamente non viaggio senza l’ipod e le mie lacrime. Se no, come farei a martoriarmi?
Vago indistintamente per la città, Soho, Westminster, Buckingham Palace, Portobello, Notting Hill, e poi passeggio in tutti i parchi: green park, hyde park, e via dicendo. Cammino così tanto durante il giorno che la sera arrivo in hotel distrutta. Non è un male, almeno riesco a dormire, era da mesi che non lo facevo decentemente.
Ora sto percorrendo the Mall, il viale che da Buckingham Palace porta quasi vicino a Westminster. Mi piace perché è un viale alberato, ma nonostante la bella visione non riesce a risvegliare i sentimenti romantici e quasi poetici della prima volta in cui l’ho visto. Non sono decisamente dell’umore adatto.
Nelle mie orecchie cantano gli Sugarcult, il mio gruppo preferito. Ironia della sorte lo shuffle ha portato negli auricolari le parole della canzone Pretty girl. Una lacrima scorre solitaria mentre le parole della canzone scivolano impietose nelle mie membra come lame “you can never get him out of your head…” sembra sia stata scritta proprio per me. Per qualche strano tipo di fortuna fanno rock, e anche bello ritmato, perché se fosse stata una canzone volutamente lenta, insomma, in puro stile tagliamoci i polsi, ora non riuscirei a reggermi in piedi per il finale…
“it's the way that he makes you cry
it's the way that he's in your mind
it's the way that he makes you fall in love
it's the way that he makes you feel
it's the way that he kisses you
it's the way that he makes you fall in love...”

La lacrima cade al suolo nel momento in cui la canzone finisce…
Perfetto. È giusto questo tipo di dolore che sono venuta a cercare prima di vivere quattro giorni di purgatorio con i miei amici.
Anche se non piove vado in giro con il cappuccio in testa, è come se fosse uno schermo per me. Ho una paura maledetta di incontrare Rob, e soprattutto della sua reazione. Ho il terrore che possa urlarmi in faccia, o peggio, non riconoscermi affatto. C’è anche un terzo pensiero, quello di incontrarlo in giro con una ragazza, magari Kris. Ma solo a prendere in considerazione l’idea sento un macigno sul cuore, così la scaccio con tutte le mie forze.
Potrei morire nel vederlo mano per mano con una ragazza che non sono io, o vedere la sua bocca che si apre in un sorriso per dei discorsi che non sono miei.
Ma preferirei morire piuttosto che vederlo nelle stesse condizioni in cui sono io. Morirei volentieri nel vederlo felice, non potrei sopportare di avergli inflitto una sofferenza così grande.
Un riso amaro affiora sulle mie labbra. Il destino è proprio contro di me. Un’altra canzone degli Sugarcult, questa volta è Over. Descrive alla perfezione ciò che ho appena pensato. Ancora una volta le parole feriscono più di un’arma “Look around if you’re guilty…” esattamente quello che sto facendo io in questo momento. E ora il ritornello
 “It’s over
There’s nothing you can do
There’s nothing you can say
To keep me here...”

Ma la parte peggiore, quella che affonda il colpo più duro è questa:
“Every night I lay in bed
I think about the things you said
Look around, I’m the one, your only
Look around it still kills me”

Sembra il perfetto discorso che Rob potrebbe farmi. Tutte le sue accuse rinchiuse in quattro righe.
Un’altra ode alla mia stupidità e al mio dolore. Ecco come mi sono ridotta.
Il solo pensiero di aver fatto soffrire Rob amplifica il mio male fisico.
Ho paura a farmi risentire, non ho il coraggio di riprendermelo. Nella mente le parole di Kris mi perseguitano, ha fatto proprio un bel lavoro. E inoltre so di aver perso la sua fiducia, non mi permetterebbe di riavvicinarmi a lui. È una causa persa.
E invece chi dovrebbe sentirsi davvero male e in colpa per questo – Kris – se ne va in giro a testa alta e con il morale decisamente a mille.
Ho imparato una cosa, quando sei felice guardati le spalle: non potrà durare, ci sarà sempre qualcosa a minare il tuo stato di beatitudine.
Domani arrivano i ragazzi in massa, atterrano alle nove e mezza, quindi per le undici dovrebbero raggiungere l’hotel. Io divido la stanza con Ale, perché le ragazze non lo conosco bene, in fondo non siamo una compagnia, siamo dei singoli che si trovano a volte e si conoscono. Domani è il dodici, invece la partenza è prevista per il sedici. Loro (a parte Chiara) non sono mai stati a Londra, vogliono vederla con calma, e hanno ragione. Io posso far loro da Cicerone, ma prima di partire ho messo in chiaro che due ore il pomeriggio le devo passare da sola. Solo l’idea di avere intorno altre quattro persone attente ai miei bisogni ventiquattro ore su ventiquattro mi snerva, sono talmente abituata a stare sola che la compagnia di più di una persona mi fa venire l’angoscia e mi rende nervosa.
Dopo un pomeriggio passato così, a far descrivere con le parole di altri quello che provo io, torno in hotel stanca morta. Mi metto a dormire dopo aver fatto una doccia, almeno sono pronta per l’accoglienza di domani.
Quando chiamo Sara mi dice che sono sul bus che li porta dall’aeroporto di Stansted a Victoria station, da lì devono prendere la linea gialla e scendere a Bayswater, dove ci sarò io ad attenderli.
Così infatti accade. Una volta arrivati in hotel e sistemato i loro bagagli, ci ritroviamo nella hall.
“allora dove volete andare ragazzi?” domando con noncuranza “eviterei il tour completo di Londra sui bus per turisti, si può fare domani” annuiscono “e visto la frenesia da shopping che vi leggo negli occhi, eviterei pure quello, giusto per concederci giorni interi in Oxford e Regent street più avanti”
“io eviterei tutti i giri lunghi…” conviene Chiara.
“cosa ne dite di fare un giro a Portobello?” suggerisco “almeno si può fare shopping anche lì, ma siamo vicini e possiamo andarci a piedi. È un buon modo per occupare il pomeriggio” ed è il miglior modo per perdermi in mezzo alla bolgia e non starvi a sentire, aggiungo mentalmente.
“si, strabello! Voglio prendermi una borsa in pelle come la tua!” urla Sara.
“anche io voglio una borsa…” dice Erika.
“e io mi dedicherò alle magliette, sempre che ce ne siano!” conclude Ale.
Nell’uscire ci dirigiamo in Portobello road. La strada è veramente coperta da un fiume di gente, e tempo dodici secondi, ormai ho la mania di misurare il tempo, ci dirigiamo in quattro posti diversi, attratti tutti da cose differenti.
Il pomeriggio scorre velocemente, così prima di cenare ritorniamo a Bayswater, facciamo un giro nel centro commerciale. Qui ovviamente Sara ha scoperto che c’è un negozio Gap, e posso giurarlo, ha trascinato singolarmente ognuno di noi fino all’entrata, così ci siamo arresi e siamo entrati.
Per le otto siamo andati a cenare. Pizza Hut a loro va più che bene. Abbiamo passato una serata davvero piacevole, e il mio dolore ha protestato un po’, perché non gli ho dato il giusto spazio, ma si è dimenticato che ha tutta notte per darmi il tormento.
Arrivati in hotel ci salutiamo, sono tutti provati dal viaggio, così ognuno di dirige nella propria stanza.
Quando la porta si richiude alle nostre spalle Ale mi guarda e mi abbraccia “ehi, tutto bene? Ti serve girare per Londra come una pazza squilibrata?” abbozza il sorriso.
“non lo so. Diciamo che aiuta a non pensare” bugia, ma so che ha bisogno di queste parole.
“vuoi incontrare Rob?” domanda delicato.
“no. A dir la verità ho il terrore di vederlo, ecco perché mi muovo. Se rimango in un posto per più di dieci minuti ho paura di rendermi visibile, mi sembra di avere un mirino puntato addosso” ammetto.
“quindi sei riuscita a non vedere né lui né Tom?” annuisco.
“perché sai… da quanto ho letto su Facebook, dovrebbero essere tutti e due qui…” lascia cadere la frase.
“non voglio saperlo. Non posso correre il rischio di imbattermi il lui. Non. Posso. Cedere” mi ripeto come un mantra.
“oh Cris!” mi scuote per le spalle “non capisci che lui sta come te! Io lo so, ho parlato con Tom, e non gli ho raccontato i motivi per cui l’hai lasciato. Ma per l’amor del cielo!” io continuo a scuotere la testa “vale la pena autoesiliarti all’inferno e farti divorare dal dolore per rinunciare a questo amore così grande?” finisce.
“si, non gli avrei mai permesso di scegliere. No! Io non voglio saperlo! Non voglio ascoltarti! Rob non starà così male. Lui è Robert Pattinson… può avere tutte le consolazioni che vuole” è quello che mi sono ripetuta in questi mesi. Lui non sta soffrendo come me, non posso neanche immaginarlo, potrei morirne.
“ma lui vuole solo te. È questo il punto!” si arrende.
“no, non più. Sono più che convinta che ora mi odi” sorrido quasi soddisfatta, come se avessi portato a termine una missione.
“probabilissimo” aggiunge Ale.
Lo stringo forte “mi manca, come può mancarmi solo l’aria” dico sapendo che soltanto io posso capire il significato più profondo di quelle parole, e nascondo il viso nella piega del suo braccio per attutire i miei rantoli.
“lo so, e mi dispiace da matti”

 

   
 
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