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Autore: baby80    14/03/2010    11 recensioni
Ho provato a immaginare il primo giorno di André a palazzo Jarjayes, e il suo incontro con Oscar... Anche questa storia è stata iniziata tempo fa, e modificata di recente, ed anche in questo caso la "mia" Oscar è a conoscenza d'essere una bambina. Sono indecisa se concludere la storia in questo modo, come una one shot, o se continuare a raccontare di André... ci penserò. Si accettano consigli.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sto rientrando da Versailles, come faccio ormai da un anno a questa parte.
Oscar è diventata capitano delle Guardie Reali, per la gioia del generale Jarjayes, un po' meno per la mia.
Quella che un tempo è stata, quella che io amavo definire, “la mia piccoletta”, a soli 14 anni ha dovuto prendere la decisione più difficile della propria esistenza, scegliere cosa essere; uomo o donna, persona o burattino plasmato dal padre.
Amore per se stessa o amore per un padre.
Oscar ha deciso d'essere uomo, ha scelto da quel momento in poi, un anno fa, di divenire ciò che il padre ha sempre voluto, un uomo, un soldato, il suo erede.
Posso ancora figurarmela dinnanzi agli occhi, scendere lungo la scalinata, con indosso l'uniforme bianca, con indosso quella che altro non è che una gabbia che le impedirà d'essere ciò che dovrebbe.
Una donna.
E' trascorso un anno da quel giorno ed io, piano piano, ho accettato la sua nuova condizione, e la mia.
Non più compagno di giochi della figlia del padrone, ma ora attendente del capitano delle Guardie Reali.
Ho compiuto 16 anni da qualche mese ed Oscar ne compirà 15 tra poche settimane, e di noi, di ciò che eravamo solamente pochi anni fa non è rimasto quasi nulla, solo lievi strascichi dei due bambini che si erano ripromessi di leggere ogni singolo libro della biblioteca di palazzo Jarjayes.
Non vi è più di noi neppure sui nostri corpi, mutati, svaniti, persi anch'essi.
La nostra pelle è cambiata, come succede ai serpenti, lasciando dietro di noi i resti delle sembianze infantili e acquisendo quelle adulte.
Uomo e Donna.
No.
Uomo e Uomo.
Bizzarro.
Bizzarro per il mio cuore, che sa, non esiste lembo di carne che ricordi un uomo, in Oscar.
Oscar è diventata, se possibile, ancora più bella e mi stupisce credere che il generale Jarjayes non si renda conto di questo, come può non vedere ciò che io vedo ogni giorno?
Il generale Jarjayes un uomo intelligente macchiatosi di stupidità, per un capriccio.
Il capriccio di voler trasformare colei che è nata donna in un uomo, rendendo la propria vita e quella di Oscar un ridicolo teatrino.
Nutro una profonda stima per quell'uomo, quell'uomo che mi ha permesso di entrare in casa propria, quell'uomo che mi ha dato la possibilità di incontrare la persona che mi è più cara a questo mondo, Oscar, eppure da qualche tempo sento nascere nelle viscere una sorta di rabbia e risentimento per quello stesso uomo, perché mi rendo conto che, col suo agire sconsiderato, sta rubando qualcosa di  prezioso alla vita della figlia.
Qualcosa che difficilmente potrà riavere indietro.
Io me lo auguro.
Le auguro d'essere in grado, un giorno, d'ascoltare le grida del proprio cuore.
Un cuore di donna che stanno cercando di uccidere, soffocandolo, in una lenta agonia.


Sto tornando a palazzo Jarjayes, come ogni giorno da un anno a questa parte.
Sto tornando a casa sul mio cavallo, dietro ad Oscar, un passo dietro il capitano delle Guardie Reali.

“André...”
“André...” sento la voce di Oscar provenire da un luogo ovattato.
“Si, Oscar...”
“A cosa stai  pensando André?”
“Nulla di importante Oscar.”
“Sei sicuro?”
“Certo Oscar.” sfodero il mio sorriso migliore.
“Va bene, André.”
“André...”
“Oscar...”
“Vediamo chi arriva prima a palazzo!”
Ecco i lievi strascichi della nostra infanzia, a cui mi aggrappo con tutto me stesso.


L'anno che sta per giungere al termine ha portato grandi cambiamenti anche nella mia vita, non solo in quella di Oscar.
Sono divenuto consapevole della mia posizione in questa casa, in questo paese.
Io cresciuto tra i nobili, sono, nonostante l'educazione impartitami, una persona del popolo, un servo, un povero di nascita e nulla potrà cambiare questa mia  posizione, non voglio che cambi, ne sono fiero, fiero d'essere ciò che erano i miei genitori.
Non avevo mai dato peso a queste differenze, che ora invece mi sembrano così nette.
I miei pensieri sono diventati più profondi e complicati, ma non è solo la mente quella che ha subito un cambiamento, anche il mio corpo ha assunto forme differenti.
Sono diventato molto più alto durante questi 12 mesi, ho superato di parecchio Oscar.
Le spalle hanno acquistato maggior ampiezza, così come il petto.
Sul mio viso, così liscio e delicato, ho visto comparire giorno dopo giorno della fastidiosa peluria, che ora posso finalmente definire barba.
La voce che mi ha accompagnato fino ai 13 anni, in una tonalità simile a quella di Oscar, è stata   fagocitata da quella che ora è la voce di un uomo, profonda e forte.
Non più bambino, non più ometto, non più ragazzo... Uomo.
Ora sono senza ombra di dubbio un uomo.
E come tale ne ho desideri ed esigenze.
Desideri ed esigenze si sono fatti sentire prepotentemente nei mesi passati, togliendomi il sonno ed i pensieri, accendendomi un fuoco al di sotto della pelle che credevo mi avrebbe fatto impazzire.
Poi un paio di mesi fa...

Di ritorno da Versailles decido di congedarmi da Oscar subito dopo essere giunti a palazzo Jarjayes, non sento il bisogno di cenare, l'appetito ormai mi ha abbandonato da giorni, raggiungo la mia camera sperando almeno in una nottata di buon sonno.
Ma neppure il sonno riesce a rimanermi addosso, troppe voci nella testa, troppo calore sulla pelle, la mancanza di sonno può condurre un uomo alla pazzia, è provato, ed io sono al limite di questo orrendo confine.
Mi arrendo, qualunque sia la cosa che sta tentando di uccidermi, ha vinto.
Sento bussare alla porta.

“Si?”
“Sono Colette.” un sussurro.
“Entra.” devo essere impazzito.
“André, scusa se ti disturbo ma non ti ho visto a cena, e... dovevamo incontrarci al...”
“...al boschetto! Colette, scusami! L'ho dimenticato, non dormo da giorni...”
“Non ti preoccupare, volevo solo accertarmi che stessi bene.”
“Sto bene Colette, a parte la mancanza di sonno.”
“Quali pensieri ti tengono sveglio?”
“Ehm... niente in particolare... credo.”
“Va bene... ma io conosco un rimedio a questa tua malattia...”
Colette si sta avvicinando, si siede sul letto e con la consueta sfrontatezza mi bacia, uno di quei baci che ci siamo scambiati spesso in questi tre anni.
Le labbra bollenti e il sapore della sua bocca che mi sono così famigliari, mi turbano, con un'intensità che è cresciuta col passare degli anni, e che sembra non voler arrestare la propria corsa questa sera.
Le braccia si muovono senza che io possa impedirlo, si posano sulle spalle di Colette e l'allontanano da me, lasciando stupita la mia bocca.

“André, perchè?”
“Colette, non posso... non stasera.”
“Che cosa ti prende André?”
“Non posso continuare a baciarti.”
“Perchè no? L'hai sempre fatto senza problemi.”
“Si, l'ho sempre fatto, e mi piace, credimi, ma...”
“Ma?”
“Ma sento di non aver freni stasera, sento che non potrei fermarmi.”
“Ah ah ah ah”
Ride di me?
“Oh, André... scusa... sei così caro e dolce.”
“E ridi sempre delle persone care e dolci?”
“Rido di chi si si tormenta con problemi tanto stupidi...”
“Non è stupido... è che non voglio approfittarmi di te, Colette.”
“Perchè? Perchè non mi ami?”
“Colette io...”
“André, non dire nulla. Sono consapevole che tu non provi amore per me e ti assicuro che non vi è dolore nel mio cuore, davvero.”
“Mi spiace Colette... ti voglio bene ma non credo che sia amore... per questo motivo è bene che tu vada via, ora.”
“André, non voglio andarmene, voglio rimanere, qualsiasi cosa succeda.”
“Colette non voglio approfittarmi di te, non voglio farti fare qualcosa di cui ti potresti pentire.”
“André...” sussurra Colette avvicinandosi al mio orecchio.
“Si?”
“Credi davvero che tu sia il primo?”
Mi è difficile immaginare che Colette, una giovane donna di 16 anni, possa aver già avuto un amante. Mi sono abituato alla sua sfrontatezza, alla passione che le si accende addosso durante i nostri incontri al boschetto, ma non ho mai pensato che lei, la dolce Colette, la piccola Colette, potesse già essere esperta di fatti della vita.
Sono senza parole.
Apro la bocca per dire qualcosa.

“Tu invece lo sei, tu sei la prima...”
“Shhhh... non dire niente André... baciami.”

Ed è quello che faccio, la bacio con la stessa passione che sento in lei, ci baciamo come abbiamo imparato a fare da quel giorno di fine estate.
Sento crescere in me quel desiderio che mi ha impedito di dormire per giorni, è un fuoco che divampa lentamente, sotto la pelle, nelle vene, fino a esplodermi nel ventre lasciandomi insoddisfatto e fuori di me.
Ma non questa sera, questa sera ci sono le mani e la bocca di Colette ad alleviare la sofferenza delle mie membra.
Colette mi spoglia con un'impazienza che mi fa desiderare di far lo stesso con le sue vesti, ma non oso, non ancora.
Sento d'essere impacciato, ho timore di sbagliare.
E' lei a farlo, privando il proprio corpo degli indumenti femminili, mostrandomi la sua figura di donna, nuda e bellissima.
Sento d'essere ancora impacciato ma l'eccitazione che pulsa in ogni fibra del mio corpo mi rende intraprendente, e con un gesto improvviso faccio scivolare Colette sotto di me, ne percepisco la pelle nuda contro la mia, il suo florido seno, il suo ventre...
Colette mi bacia stringendomi a sé, accorciando le distanze tra i nostri corpi, ed io da perfetto ragazzino inesperto mi ritraggo, vergognandomi di ciò che potrebbe aver sentito spingendosi così vicina a me.
Provo imbarazzo sentendo la mia eccitazione premere contro le carni di Colette.
Un pensiero stupido e infantile.
Riderà di me, mi dico, invece con una dolcezza infinita mi carezza la schiena invitandomi a poggiarmi ancora su di lei.
Non mi stacca gli occhi di dosso, Colette, il suo sguardo mi tranquillizza, facendomi sentire meno goffo, mi posa lievi baci sulle labbra mentre le sue gambe si dischiudono sotto di me, è il momento... un istante di esitazione, ho paura, paura di farle del male, paura di farne a me stesso, paura di diventare un uomo, io che non ho ancora fatto nulla della mia vita, io che ancora non conosco l'amore, io che...
Un bacio più profondo di Colette mi distoglie dai pensieri, non vi è più paura in me, solo voglia, voglia di godere di questo momento, di lei, di noi.
Scivolo in lei, nel suo ventre in fuoco, e penso che non vi sia posto migliore dove giacere.
Dentro di lei per alleviare quel tormento che mi ha accompagnato per mesi, e dentro di lei ne nasce uno nuovo, un nuovo tormento che mi fa desiderare più intensamente ciò che già posseggo.
Rincorro il fuoco che è in Colette, ne cerco l'origine spingendomi sempre più profondamente in lei.
Ho ancora timore di farle male, ma le sue gambe attorno ai miei fianchi, così come le sue braccia strette in un abbraccio, ed il suo respiro mutato in gemiti mi inducono a pensare che sia invece piacere ciò che le sto donando.
E che lei dona a me.
Il mio stesso respiro muta in gemiti e in lieve grido nel momento in cui, tutto il desiderio, il tormento, e il fuoco del mio corpo è scivolato al mio ventre, lasciandomi tramortito da un piacere così forte da farmi desiderare di morire e tornare a vivere e morire ancora, nello stesso istante.
E' questo, dunque, l'amore?
Giaccio accanto a Colette, i respiri di entrambi ancora affannosi.
Ho voglia di ridere.
Lo faccio.

“Ah ah ah.”
“Ah ah ah... mi sembrate soddisfatto signor Grandier.”
“Più che soddisfatto...”
“Grazie Colette... parlavo sul serio quando ho detto che ti voglio bene.” torno serio.
“Lo so André, lo so... sei un bravo ragazzo, e anch'io te ne voglio.”
“André...”
“Colette...”
“Ho fatto l'amore con te perché lo volevo. Non l'ho fatto per carità.”
Non mi sembra il caso di rispondere a parole, l'abbraccio.
Ci scambiamo un innocente bacio e finalmente, dopo giorni, il mio corpo è rapito da morfeo.
Finalmente riesco a dormire.


Da due mesi, di tanto in tanto, Colette ed io ci scambiamo un po' di quell'affetto che proviamo l'uno per l'altra.
Facciamo l'amore donandoci un istante di piacere, augurandoci di trovare, un giorno, quell'amore di cui ancora non sappiamo molto, ma che desideriamo, entrambi, con tutto il cuore.
Ho ripreso a dormire con regolarità e l'appetito è ritornato, più forte di prima.
Ceno quasi ogni sera con Oscar, è il solo momento in cui possiamo conversare in tranquillità, e in quei momenti mi sembra quasi di scorgere la vecchia Oscar, in una risata, in un gesto, ma tutto questo dura il tempo di un battere di ciglia.
Mi manca Oscar, mi manca la bambina che era in lei, il demonietto biondo che non perdeva occasione di sfidarmi.
Mi manca la deliziosa bambina dai riccioli biondi che poggiava la testa sulla mia spalla durante le nostre letture.
Sembra passato un secolo da allora.
Questa sera non ho cenato con Oscar, era fuori, ad un ricevimento, come rappresentante delle Guardie Reali.
E' tardi, lo so, ma ho bisogno di vederla, ho bisogno di sapere che lei c'è, che qualcosa del nostro passato ancora esiste.
Busso alla sua porta. Mi risponde. Entro.

“Ciao Oscar. Ti sei divertita?”
“Ciao André. Uhm la mia idea di divertimento è tutt'altra.”
“Nessuno gentiluomo ti ha invitata a ballare?” la provoco come non faccio da tempo.
“André! Ma che assurdità stai dicendo!”
Rido il più rumorosamente possibile.
“André!” grida Oscar avvicinandosi a me e sferrando una serie di pugni sul mio braccio.
“Oscar... smettila!”
“Te li meriti André.”
“Oscar, ti avverto, fermati adesso...”
“Altrimenti...”
Eccola la vecchia Oscar, il vecchio demonietto biondo.
“Altrimenti...” alzo le braccia avanzando verso Oscar, inducendola a indietreggiare.
“No... André... No... ti prego... Siamo grandi ormai...”
Avanzo, lei indietreggia, un ostacolo, cadiamo sul letto.
“Non hai scampo Oscar... hai svegliato il mostro del solletico!”
“No, ti prego! André! Ah ah ah ah ah...”
La sento ridere e mi sembra la stessa risata che aveva da bambina, e come allora poso le mani sul suo corpo e le faccio il solletico.
“ah ah ah ah... basta... ah ah ah...”
“Vediamo se mi ricordo il tuo punto debole... Oscar...”
“André! No! Te lo proibisco!”
Lo ricordo perfettamente il suo punto debole, i fianchi, ed è esattamente in quel punto che poso le mani.
“Ah ah ah ah ah... oddio André basta!... ah ah ah ah.”
Siamo di nuovo noi, di nuovo bambini, di nuovo Oscar e André.
Fa bene al cuore, e mi sorprendo a pensare a quanto bene provo per Oscar. Tanto, forse troppo. Forse.
Non smetto di farle il solletico, la vedo ridere e guardarmi con i suoi occhioni azzurri.
La sento agitarsi sotto di me, sotto le mie mani, sotto il mio corpo.
La sento agitarsi e percepisco le forme del suo corpo sotto il mio, sotto le mie mani.
Una scossa lungo la schiena, il fuoco inizia a divampare nelle vene.
La sento agitarsi sotto di me e non voglio che smetta.
Desidero Oscar come non ho mai desiderato Colette, questa consapevolezza mi arriva come un pugno allo stomaco.
Le mani hanno smesso di farle solletico, ma non si staccano dai suoi fianchi, lei ha smesso di ridere.
Ci guardiamo e senza dire una parola ci stacchiamo l'uno dall'altra.
Ci diamo la buonanotte.
Lo strascico dell'infanzia è svanito, non mi ci sono aggrappato abbastanza forte questa volta.
Questa sera ho detto addio alla vecchia Oscar, ho salutato per sempre la mia piccoletta.
Questa sera ho incontrato una persona nuova, qualcuno che desidero più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Una Oscar donna.
Una parte di lei che mi mancherà.
Una parte di lei che non potrò mai avere.
  
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