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Autore: Meiko    31/10/2003    3 recensioni
L'ispirazione mi è venuta ascoltando "At the beginning", un pezzo molto bello, che è stato usato per il cartone di "Anastasia". Quando l'oscurità è attorno a te, hai solo due possibilità: conviverci, o impazzire. Lei ha scelto la prima, e da quel momento la sua vita ha preso quella piega. Poi...qualcosa risvegliò in lei la curiosità perduta. Un viso che non sarebbe mai riuscita a vedere...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era la partita della finale del campionato.
Lei era li, che trafficava in cucina, Inuki li accanto, che ascoltava con distrazione la partita, mentre preparava le tazze per una cioccolata calda per tutta la squadra giapponese, in segno di vittoria.
Lei non sperava nella vittoria.
Ne era certa.
E Neko le aveva sorriso, contenta, se sua sorella diceva così allora era così.
Era andata allo stadio a tifare con Sanae, Yaoi e Yoshiko, mentre Yuko aveva preferito restare a casa a preparare il tutto.
Contò di nuovo le tazze, per poi rifugiare le guance fredde nello scialle bianco di lana, strofinandole in cerca di calore.
Sorrise distrattamente, mentre ripensava al calore dell’abbraccio di Genzo…
Genzo…
Alla fine…
Sarebbe andata ad Amburgo…
Si, quella era la sua decisione, avrebbe seguito Genzo.
Il suo mare…
La partita era contro i cinesi, che erano dei tipi davvero tosti…
Infatti…

Yuko si fermò, ascoltando con attenzione la radio.
WOW!
Wakabayashi è stato colpito ad una mano, questo costerà un cartellino giallo all’attaccante cinese>
Yuko rimase paralizzata, mentre Inuki si alzava in piedi nervoso.
<…ecco…Wakabayashi si è rialzato…e sventola la mano ferita…il portiere della nazionale può ancora giocare…>
-Stupido…-
Yuko si allontanò dalla cucina, Inuki zampettava li accanto, fermato però da un cenno della padroncina, che infilò velocemente il cappotto e gli stivali, prima di uscire di casa con le chiavi in mano.
-Inuki, resta qui a fare la guardia!-
Velocemente, Yuko uscì in strada, il rumore di una macchina la indusse a chiamarla, si trattava di un taxi.
-Presto, mi porti allo stadio…-
nel frattempo, il Giappone aveva ripreso ad attaccare, gli altri non erano stupidi, e si erano accorti della situazione abbastanza discutibile di Genzo, famoso però per essere un gran testone, infatti si rimise in posizione in porta, la mano gli pulsava con forza, quasi urlando che era in una situazione critica.
Ma lui non avrebbe lasciato la sua porta per niente al mondo.
Questo era l’ultima partita che passava in Giappone, con la nazionale, con i suoi amici.
…con Yuko…
Certo, la ragazza l’avrebbe seguito, e forse anche per questo il ragazzo decise di giocare fino all’ultimo minuto.
Voleva vincere quel campionato, per poi tenere testa alta, quando avrebbe preso quell’aereo, insieme a lei, bellissima fata, i cui occhi erano vasti come le praterie irlandesi…
Yuko…
Avrebbe vinto per lei.
Per dimostrare quanto l’amasse…
Si, amava Yuko…
E l’avrebbe amata…alla follia…per sempre…
Nel frattempo, anche altri due giocatori davano tutto loro stessi.
Taro lo faceva per il ricordo di Yuko.
Si…alla fine…aveva accettato la decisione della ragazza, anche se dentro si tormentava ancora, al solo pensiero che per la vita, avrebbe potuto tenersi stretto quell’angelo…
Certo, gli faceva venire una rabbia atroce, al solo pensiero che quel portiere, che non era conosciuto come stinco di santo, si sarebbe portato via con se quel fiore di pesco, e che lui non avrebbe potuto fare niente.
Ma…vedere il sorriso sereno di Yuko, quando annunciò la sua decisione…

“Erano tutti e tre li, e Yuko sorrideva tranquilla, le mani strette in grembo.
-Ho deciso…di seguire Genzo ad Amburgo-
Taro era rimasto di pietra, mentre Genzo sentiva il suo cuore mancare di un battito, per poi accelerare, e gridare dalla gioia.
Taro alzò lo sguardo verso la ragazza, e la vedeva, tranquilla, sorridente…
Ma si…in fondo…
In fondo Yuko gli aveva detto ante volte che il suo amore non era reciproco…
Forse, era giusto così…
Lei pensava soprattutto al fatto che avrebbe preferito restare in Giappone, che prendere in giro Misaki.
Lei si era avvicinata a Misaki, e gli aveva sfiorato la guancia con le labbra, per poi sussurrargli…
-Sappi che, comunque, tu per me sarai come un fratello maggiore…-“

Lui se l’era abbracciata per l’ultima volta, strappando a quel momento di sofferenza gli ultimi istanti in cui avrebbe potuto assaporare quella sensazione di benessere, per poi lanciare uno sguardo convinto al portiere, che aveva recepito subito il messaggio.
“Fa piangere a Yuko, e te la vedrai con me”
ora, Misaki stava dando grande dimostrazione con Tsubasa del feeling della coppia d’oro, dedicando tutte le sue energie a questa partita…
Per Yuko…
E il terzo, chi era?
Beh, era Kojiro.
Lui doveva mantenere una promessa.
E mentre Neko lo guardava dagli spalti più vicini, accanto a lei Yoshiko e Sanae, che tifavano come ultras scatenate, lui ripensava alla sua promessa, fatta proprio quella stessa notte…
“-Se segnerò un goal alla finale, tu verrai con me in Italia. Me lo prometti?-
-…si, te l’ho prometto…-“
capito ora?
Tsubasa intercettò il passaggio di Misaki, ma si trovò marcato stretto, e così passò la palla a Jun, che però, con un tacchetto monello, la passò a Kojiro, che scavò letteralmente un buco nel terreno, sparando a tutta velocità il suo “Raiju Shot”, che si fiondò in porta, bucando la rete e schiantandosi contro il muro dello stadio, mentre i tifosi della squadra nipponica festeggiavano con grida e urla scatenate, dalla curva si sentì un urlo unico di vittoria, mentre enormi striscioni sventolavano tra mani di migliaia di spettatori, tutti in visibilio per il tiro della “tigre”, che festeggiava con un grido di gioia, gli altri lo raggiungevano…
E con questo goal che segnava l’uno a zero contro la Cina, l’arbitro fischiava la fine del primo tempo.
Neko, veloce come una saetta, scappò via dallo stadio, scendendo delle scale, Sanae le faceva strada, anche lei preoccupata per l ostato di salute dei ragazzi.
Poi..un ombra furtiva sbucò da un angolo, lasciando la ragazzina dalla testa ramata di stucco.
-TU?!-
-Ciao, mi fai strada?-

“Dannazione!”
gli faceva un male cane la mano destra, quel cinese deficiente lo aveva colpito proprio al centro, con una violenza tale che era un miracolo se la mano non si era staccata dal polso!
Per fortuna, avvertiva che non c’era nessun osso rotto, ma comunque il bruciore era tale che sembrava essere scoppiato l’inferno dentro quella mano.
Aprì con fastidio l’acqua del lavandino, il berretto copriva il suo sguardo dolorante e arrabbiato, mentre avvertiva la frescura del getto d’acqua sulla mano ferita, che pulsava, e assumeva tinte indaco- rossastre.
Si fissò la mano, il guanto nero lo teneva attaccato per la cinta dei pantaloni: un grosso livido al centro viola e tutto intorno assumeva tinte sempre più chiare sfumate fino al colore abbronzato della pelle, ma questo sulle punte delle dita e sul polso.
Si passò più e più volte la mano sotto l’acqua, il bruciore non se ne andava, e gia si chiedeva come avrebbe fatto a continuare con quella botta…
Ad un tratto, due mani pallide e delicate si poggiarono con delicatezza sulla sua grande mano, mentre una voce dolce e tranquilla calmava la tempesta rabbiosa che gli si era creata dentro.
-Posso?-
alzò sbalordito lo sguardo, e incrociò il viso di una visione, che con dolcezza tastava la sua mano, che si, procurava qualche dolore, ma era così delicata che sembrava velo su quella pelle, mentre da una tasca del giubbotto in pelle usciva un tubetto bianco, il gel ghiacciato si poggiò come una benedizione sulla mano dolorante, lui che era ancora sotto shock per quella visione, mentre lei con dolcezza gli massaggiava la mano.
Una sensazione di benessere…anche solo a starla a guardare…gli pervadeva dentro…si espandeva come una macchia bianca su una superficie liscia nera.
E li c’era l’unica cosa che lo faceva sorridere, lo faceva sentire bene…
Il suo autunno…
-Yuko…tu che…-
-Cosa ci faccio qui? Diciamo che il mister ha dato a me, a Neko e a Sanae un permesso speciale- la ragazza “ammiccò” con un occhio, senza però smettere di massaggiare con delicatezza la grande mano del portiere, la sua grandezza era pari ad una mano e mezza di quella della ragazza, che di fronte a quel portiere atletico e grande appariva più piccola e delicata, come una dolce visione…
Lei sorrideva serena, mentre Genzo la portava verso la cassetta, dandole delle bende, lei tranquillamente gli bendava la mano.
-Cerca di stare attento…la crema ha alleviato il dolore…ma non sforzarti troppo…-
sbuffò divertita, mentre terminava di fasciare la mano.
-Vorrei averti tutto intero quando prenderemo l’aereo per Amburgo!-
Prenderemo…loro due…
Quella parola…bastava a rendere tutto intorno a lui e a lei più bello, prendeva una piega più serena e ottimistica…tutto più bello e chiaro…
E sapeva che ce l’avrebbe fatta…
-Vincerò…parerò ogni tiro…-
-Lo so. Tu sei Genzo Wakabayashi, il grande SGGK-
sorrideva come se fosse tutto normale, era un sorriso così bello e dolce che Genzo non resistette, e le accarezzò una guancia.
La vide abbassare lo sguardo, e arrossire, scatenandogli un sorriso felice e affettuoso, le guance alabastro che sfumavano in rosa scuro.
Nel frattempo, Neko aveva cercato, tra tutti quei giocatori, la sua tigre, come un piccolo micino tra i grandi felini, Sanae aveva raggiunto Tsubasa.
Cercava con sguardo spaventato, temeva che quello che aveva visto tirare non fosse lui ma solo una visione.
Poi la vide, la figura più grande di tutte.
Il numero nove grande, messo proprio al centro di quella grande schiena.
Il numero nove del migliore cannoniere del mondo!
Neko partì in corsa, saltando letteralmente addosso a Kojiro, con un balzo riuscì ad afferrarlo per le spalle, lasciandolo sbilanciato per qualche secondo.
-Cosa…NEKO!-
-Miao!-
lei sorrise contenta e birichina, e Kojiro sorrise felice, mentre lei scendeva dalla grande schiena leggermente sudata, per poi abbracciarlo al collo, felicissima, lui che la stringeva orgogliosamente per un braccio, intorno alla vita sottile, squadrando chiunque che, con lo sguardo, si fosse fermato sulla figura sottile di Neko, che appariva ancora più piccola nei suoi sedici anni rispetto ai venti ormai compiuti di Kojiro.
Lui la guardò felice, sentendo quel piccolo corpo abbracciarlo, lei che contenta chiacchierava con aria da bambina che aveva avuto la sua prima bambola in regalo per il compleanno.
-Sei stato bravissimo! Quel goal è stato STRAORDINARIO!-
-Ne segnerei altri cento, se questo servirebbe a convincerti a portarti con me in Italia. Ricordi la promessa?-
e chi se la scordava?
Neko sorrise con dolcezza, mettendo un dito sottile sul naso di Kojiro, sorridendo felice.
-Certo, e sta tranquillo che manterrò la promessa-
il mister entrò con un grido che donò grinta ai ragazzi, che uscirono lentamente dallo spogliatoio, Neko diede un bacino portafortuna sul naso di Kojiro, che sorrise imbarazzato, prima di raggiungere Tsubasa e Misaki, che con un gesto della mano salutò Neko, per poi salutare Yuko, che gli sorrise, prima di fermare per un momento Genzo, che la guardò incuriosito.
-Sta attento, ti prego…-
il portiere sorrise, accarezzandole una guancia con la mano sana, quella ferita racchiusa nelle mani della ragazza, che sorrise leggermente rasserenata.
-Parerò tutti i tiri, e non preoccuparti-
il ragazzo la lasciò così, con una sensazione di sicurezza- insicurezza nei confronti delle parole del portiere, avvertire il calore di quella grande mano sulla sua guancia le aveva dato un dolcissimo senso di benessere.
Neko le fu accanto insieme a Sanae.
-Torni a casa?-
-…si…vi aspetto li…-
Yuko, lentamente, uscì dallo spogliatoio, poi dallo stadio, voltandosi un ultima volta per dare la buona fortuna al portiere, che con nuova grinta affrontava il nemico cinese.


Quel pazzoide aveva deciso di uscire dalla porta, segnando con un tiro potentissimo.
Yuko scuoteva la testa, sorridendo divertita, mentre mescolava la cioccolata calda nel mestolino.
Ci avrebbero messo poco ad arrivare, lui soprattutto, se guidava la sua sportiva.
Era tornata in poco tempo a casa, aveva gusto il tempo di ascoltare gli ultimi commenti del cronista, mentre i giocatori tornavano allo spogliatoio, lei aveva preparato la cioccolata calda e un po’ di panna.
Ascoltò con attenzione un rumore lontano, per poi sbuffare, no, la macchina non veniva verso casa sua.
Per la prima volta, si sentiva incredibilmente emozionata, al solo pensiero di poter di nuovo tornare tra le braccia di Genzo.
Arrossì di colpo, per lei era incredibilmente anormale pensare a quelle cose.
Lei non si era mai innamorata, aveva sempre creduto si nell’amicizia e nel rispetto reciproco, ma mai aveva provato la sensazione di “batticuore”, come Sanae o Neko.
A proposito…doveva ricordarsi di salutare per un ultima volta Sanae.
Primo, perché la ragazza seguiva Tsubasa in Brasile, alla fine c’è l’aveva fatta a dirgli che lo amava.
Secondo, perché domani Yuko avrebbe preso l’aereo per Amburgo, con Genzo…
Con lui…partire con lui…
Sorrise, felice, le guance ancora arrossate, avvertiva un dolce calore, come la brezza tiepida di primavera, che fa sbocciare i ciliegi, i loro colori bianchi-rosati si mischiavano con il grigiore di quella vita così triste, rendendo tutto più sereno…
Si…
Per la prima volta, Yuko sognava ad occhi aperti…
Immaginava una vita felice, senza le problematiche della realtà.
E tutto questo le alleggeriva il cuore.
E questo non le fece accorgere di una macchina che si fermava davanti a casa sua, se non quando Inuki si alzò, graffiando la porta di casa e abbaiando, risvegliando Yuko da quella dolce sensazione.
-C’è qualcuno, Inuki?-
la ragazza aprì la porta con delicatezza, mentre avvertiva una presenza di fronte a lei, un caldo saluto sembrò bruciarla dentro.
-Ciao-
Yuko sorrise dolcemente, facendosi in la e lasciando entrare in casa Genzo, che dopo un attimo d’incertezza si metteva comodo, la ragazza gli prese il cappotto, mettendolo a posto.
Un’aria così familiare era rara trovarla a casa Wakabayashi, l’aspetto esterno severo e arcigno della villa rifletteva certe volte l’atmosfera che regnava.
Eppure…quella sera…quando Yuko visitò Genzo…quella casa…era completamente trasformata: tutto aveva assunte tinte più dolci, e il fuoco del camino sembrava scaldare più del solito…
E Yuko…
Una dolce padrona di casa, che con quel sorriso lo agitava dentro, ma non si innervosiva…
Un enorme vortice, che però non infastidiva il portiere, che con anche un certo imbarazzo si metteva comodo, Inuki lo squadrò un attimo, prima di rimettersi accanto al caminetto, proprio sotto i piedi del portiere, che con incertezza prese ad accarezzarlo, la sua grande mano abbronzata passava su quel mantello color melassa.
Lui osservò con dolcezza e con una punta di timore Yuko, che si metteva comoda accanto al caminetto, di fronte al portiere.
Era così bella, i lunghi capelli incorniciavano il volto dolce e delicato, il profilo assumeva le tinte rosso- arancioni del fuoco, che danzava allegro, con scoppietti lenti e silenziosi, mentre la pelle della ragazza si tingeva di sfumature calde, gli occhi socchiusi riflettevano in quella fascia di nebbia le fiamme danzanti, mentre le mani tenute in grembo si scaldavano, baciate dal calore del fuoco.
Assomigliava ad una specie di madonnina, come quella nei quadri di artisti del Barocco, i cui colori caldi davano l’idea della morbidezza, della tranquillità, della serenità che in quel momento si respirava.
Una divinità, una santa scesa li, in quella casa, davanti a lui, comune mortale, per lasciarsi ammirare e rispettare.
Genzo, lentamente, si alzò in piedi, e con passo insicuro si avvicinò a Yuko, che si limitò a girare il capo, tenendo lo sguardo basso, sorridendo.
Cieca…
Ma a lui non gl’importava.
Con dolcezza, il ragazzo sfiorò una guancia, scaldata dal calore del fuoco, morbida come seta.
Poteva avvertire chiaramente lo sfiorare delle ciocche dei capelli sul dorso della mano malata, Yuko avvertì chiaramente la fasciatura rigida sulla mano del portiere, prendendogliela con delicatezza tra le sue fragili mani, che ora parevano fatte di porcellana, come la sua figura.
Una delicata e preziosa bambola di porcellana o ceramica, sul viso erano tinti un’espressione tranquilla, anche se le sopracciglia si corrucciarono, un velo di ansia si tinse su quel bel volto, mentre le mani accarezzavano la fasciatura, avvertendone il tessuto sottile e leggermente grezzo, tipico delle bende di ospedale.
-A quanto pare è più serio del previsto…-
aveva sussurrato, triste, e a Genzo il cuore si stringeva in una morsa di sensi di colpa, che lo uccidevano, non voleva vedere quel capolavoro di Madre Natura soffrire.
No…lui voleva che sorridesse, anche in quel suo modo misterioso, che in qualche modo lo attraeva.
Quell’aria di mistero che aleggiava intorno a lei, i suoi occhi socchiusi, nascosti da ciglia lunghe e nere come ebano, che in quel momento imprigionavano due iridi verdi velate oltre di nebbia anche di preoccupazione, mentre le mani di lei si stringevano a quella grande e forte di lui, parevano mani di bimba in confronto a quella di gigante di Wakabayashi, che si limitò ad accarezzare con l’altra mano Yuko, che schiuse gli occhi, come due fiori che sbocciavano.
Vedere quel gioco di luci, un caleidoscopio di scintille, come stelle in un cielo notturno d’estate, assaporare l’immensità di quelle montagne verdi, poterle scalare, ed ammirare da più vicino quelle stelle.
E forse, chissà, magari acchiapparne una, e farne un diamante per una collana, oppure trasformarlo in una spilla o…in un anello…
Il portiere sorrise, mentre ammirava quelle iridi, che lentamente venivano coperte da tende nere, cigli lunghe e delicate che con gentilezza nascondevano gelose quegl’occhi.
-Sta tranquilla. Una settimana e passerà tutto…-
-Sei sicuro che basti una sola settimana?-
la ragazza conosceva Genzo meglio di quanto lui potesse sospettare.
Il SGGK sbuffò, arrendevole.
-Due settimane-
-Ecco, mi sembrava strano-
Yuko rise lievemente, il mondo si schiariva intorno a lei, come un raggio di sole che s’infiltrava da quel sorriso intorno a loro.
Ammirarla da così vicino, sentire il calore e il velluto della sua pelle.
Avvertire il suo respiro, perdersi nei suoi occhi…
Un sogno…
Genzo continuò ad accarezzarla con una mano, incapace di smettere, avrebbe preferito morire, pur di restare sempre così, in quella posizione, seduto di fronte a lei, lei…che lo avrebbe seguito.
Ancora adesso gli sembrava incredibile, ma era così.
Lei lo avrebbe seguito, avrebbe preso con lui, mano nella mano, quell’aereo.
E poi via…loro due…solo loro due…
Genzo prese una delle due mani, baciandola con dolcezza.
Yuko arrossì, per poi avvertire il viso del ragazzo farsi vicino…
Un calore che si spargeva dalle guance, una fiamma che dal ventre partiva e si spargeva intorno a loro, la sensazione che tutto si stava fermando.
Lentamente, socchiuse gli occhi, per poi avvertire un calore umido sulle labbra.
Un bacio…
Sfiorato…ma dolcissimo..e penetrante, sentiva qualcosa che penetrava in lei.
Non qualcosa di fisico, ma qualcosa di spirituale.
Le labbra di lui erano piacevolmente carnose e ben fatte, calde, e leggermente umide, l’odore del suo profumo le stava lentamente facendo perder e il filo dei pensieri.
Anche se quello era un bacio a fior di labbra, lei lo sentiva penetrare in lei, con dolcezza, quasi con timore di rompere qualcosa di fragile.
Come…la sua anima…
Ecco, Genzo avvertiva.
Quel sapore di frutta secca e vento di Maestrale.
La sensazione di foglie secche e di piogge come canti di chiesa.
Il suo autunno.
Assaporarlo con gioia, con gentilezza.
Certo, lui era affamato di lei, avrebbe voluto poterla assaggiare con più voracità, ma sapeva che lei era come un farfalla, sarebbe volata via, spaventata dalla sua grande mano di gigante, che su quella pelle sembrava più scura del solito, la carnagione del portiere risaltava leggermente l’alabastro di Yuko, che restò in silenzio, prima di lasciare quelle labbra, lui avvertiva come uno spiffero monello che gli portava via quel dolce autunno, che ora gli sorrideva, alzandosi lentamente in piedi.
-Stanno arrivando…-
sotto lo sguardo supplicante e infastidito di Genzo, quella porta venne colpita da una seria di colpi leggeri, Inuki cominciò ad abbaiare festoso, mentre Yuko si avvicinava alla porta, sorridendo come al suo solito.
-Arrivo!-
con commenti come “Finalmente!” o “Che bel calduccio!”, Tsubasa, Misaki,Sanae, Yoshiko, Yaoi, Jun, Hikaru, Neko e Kojiro entravano in casa, salutando Genzo e lasciandosi coccolare dai complimenti di Yuko, che con l’aiuto della sorella sistemava i cappotti e il fuoco, versando poi le cioccolate bollenti nelle tazze, offrendole ai giocatori, che commentavano con allegria la loro vittoria, complimentandosi con Tsubasa, Kojiro e Genzo.
Passarono così la serata, tra chiacchiere e cioccolate, per poi lasciarsi andare tutti ad un bel sonno, solo due figure restavano in piedi, sistemando il macello che si era venuto a creare a casa Makoto.
-Quando prendi l’aereo-
-Domani pomeriggio, alle cinque. Tu?-
-Io parto presto. Alle sette devo essere gia in aereoporto-
-Mamma lo sa?-
-No-
Neko si fermò a guardare stupita Yuko, che tranquillamente continuava a sistemare i cuscini, Neko finiva di portare le tazze nel lavabo.
-E come farai?-
-Non lo so-
-Certe volte la tua semplicità è mostruosa!-
Yuko sorrise all’affermazione di Neko, che sbuffò, prima di tornare a parlare con voce un po’ più triste alla sorella.
-Adesso vai da lui?-
-Si, passo la notte da lui, ho gia preparato le valigie-
-Allora…dobbiamo dirci addio-
Yuko si femò, Inuki uggiolava, e si fece accarezzare dalla padroncina, che aspettò che Neko tornasse, abbracciandola.
-Non è un addio, è solo un arrivederci. Dopotutto, l’hai detto tu stessa che è tempo che pensiamo al futuro-
Neko annuì, anche se non smetteva di piangere, lasciandosi prendere il viso dalle mani fatte a coppa della sorella, che apriva gli occhi, come se la guardasse veramente.
-Sta attenta soprattutto tu, Neko. Hai sedici anni, quasi diciassette. Cerca di stare attenta-
Neko annuì, per poi lasciarsi abbracciare ancora dalla sorella, che la lasciò piangere, sorridendo maternamente.
Dopo tutti quegl’anni…per la prima volta si separavano…
Era difficile…
Ma sarebbero andate avanti…
Fino alla fine…
Fino alla fine…

Socchiuse gli occhi, tanto a che sarebbe servito aprirli?
Era notte, di sicuro.
Era sdraiata, lo sapeva…
Ma dove?
Ah, si…villa Wakabayashi…
Richiuse gli occhi, sperando che Morfeo, il dio del sonno, le baciasse la fronte e la portasse via da quel mondo fatto sol odi oscurità, conducendola in un luogo fato di luce e di sicurezza…
Ma sempre…sempre con la certezza di sentire, nella mano, tra le dita, il calore di una mano che la stringeva, con gentilezza, eppure con forza, quasi temesse che quella mano scappasse via.
Genzo era ancora sveglio, e la stava ammirando, la stava osservando mentre dormiva, il petto compiva movimenti lenti e tranquilli.
I suoi occhi si perdevano in quel mare castano- dorato, che avvolgeva quel viso come un’aureola, accanto a lui non poteva esserci una creatura maledetta, ma una delle figlie predilette del signore, che le aveva donato tanta bellezza e umiltà…
Si, forse esagerava, lei in fondo era solo Yuko, una ragazza di vent’anni.
“Si, ma è ceca!”
e allora?
Quando guardi una mela, ti preoccupi che la buccia sia perfettamente liscia?
Quando guardi una statua, ti preoccupi che il marmo sia completamente lucido?
Anche una mela perfetta ha piccoli difetti, come qualche leggera botta.
Anche una statua può avere delle scalfitture.
Ma, in fondo, è questo che le rendeva uniche.
Proprio come lei.
Lei era unica, Genzo era sicuro che anche se avesse cercato in ogni parte del mondo, non sarebbe riuscito a trovare un’altra ragazza come Yuko.
Il suo autunno…
La mano libera si intrecciò per qualche momento tra quei capelli, si poteva sentire l’odore della frutta secca e delle caldarroste, sembrava che quella stagione fosse rimasta impigliata nelle trame di quei capelli.
Con gentilezza, Genzo appoggiò la sua fronte su quella di Yuko, stringendo quella mano.
Lei era sveglia, e si mosse, mettendosi di fronte al portiere, la mano libera si stringeva con forza al vestito.
Si erano addormentati vestiti, la giornata per entrambi era stata davvero faticosa, soprattutto per lui, che si era lasciato coccolare da quella dolce figura, che ora tratteneva con disperazione il desiderio di…
Toccare…
Sfiorare…
Assaporare…
Avvertire…
Quanti modi per dire che voleva guardarlo in volto.
Lei si teneva, ma…
Guardare solo un berretto rosso che nascondeva geloso quel volto la stava lentamente distruggendo di curiosità.
La sua mano, lentamente, si alzò, percorrendo con carezze sfuggenti quel corpo da divinità antica, raggiungendo però il collo.
Aveva paura…
Di cosa?
Se lo avesse visto…forse…tutto il sogno che si era costruita attorno a lui…
Si sarebbe irrimediabilmente frantumato in tanti pezzi di illusioni svanite.
E lei era stanca di illusioni.
Voleva certezze.
Yuko si morse il labbro, stringendo gli occhi, mentre la mano, con lentezza disperata, scendeva giù, fermandosi su quella bendata del ragazzo, che la fissò colpito.
“No, non posso.
Ho troppa paura…”
la ragazza abbassò il capo, sconfitta, cercando un po’ di calore in quelle braccia, un po’ di conforto in quella voce, che però restava zitta.
Non parlava, non l’abbracciava, e sorrise triste, di sicuro stava dormendo, come poteva sentire la sua preghiera mentale?
Poi, ad un tratto, una mano afferrò dolcemente la sua, e con delicatezza la faceva scorrere lungo le spalle del ragazzo, fino a soffermarsi su una guancia.
Una calda…guancia…
Yuko sentiva il fiato farsi più corto, mentre le sue dita, intimidite e incerte, si muovevano lungo lo zigomo della guancia, leggermente ruvida per la barba.
Era grande…calda…morbida…leggermente ruvida alla fine, lungo la linea della mascella…forte…virile…
Era così grande…e…e si muoveva…
Si…la guancia formava…un movimento…di sorriso…
Stava sorridendo…
Yuko aprì leggermente gli occhi, lasciando uscire uno spiraglio di verde offuscato.
Dalla guancia si mosse, scendendo giù, percorrendo con un dito più coraggioso la mascella , che era forte e dura, adesso ammorbidita da quel sorriso.
Una linea sottile, che percorreva lungo un foglio tutto nero.
Una linea di colore bianco, luminosa.
Come il primo raggio di sole che squarcia le tenebre.
Il mento era duro, grande, e lo risaliva con delicatezza, quasi temesse che in realtà fosse fatto di cristallo.
Genzo sorrideva, le mani di Yuko erano morbide e lisce, come tessuto pregiato, seta delicata o velluto raffinato.
Yuko intanto continuava, sfiorando con piccoli tocchi leggeri le labbra carnose, che aveva gia assaporato…
Labbra così morbide…carnose…un po’ amare…
Buone…
Yuko arrossì lievemente, Genzo la guardò stupito, doveva pensare a qualcosa di davvero bello, mentre la mano ferita scorreva con il dorso sulla guancia, alcune ciocche di capelli toccavano come mani curiose la benda della mano.
Yuko si fermò, e tastò ancora la benda con la mano, che si staccò dal viso del portiere…
Genzo sorrise.
-Non ti preoccupare-
-Lo so che non devo, ma non ci riesco…
E tutto così…improvviso…
Ci conosciamo solo da sei mesi, e adesso…
Adesso sono qui, vicino a te, e domani prenderò un aereo che mi porterà in Germania…
E così lontana da qui…-
-Hai paura?-
Genzo lasciò che Yuko affondasse il viso nel petto del portiere, lasciandosi ubriacare da quel buono odore amarognolo- aspro.
-Un po’…-
-Non temere…-
Genzo si fece serio, e la strinse a se, in un abbraccio protettivo, stringendola.
-Ci sono qui io…nessuno ti farà del male…-
Yuko sorrise, strofinandosi lievemente sul petto, prima di alzare di nuovo la mano.
-Posso?-
-…certo…-
Genzo tornò a sorridere, e Yuko toccò di nuovo quelle labbra, prima di usare anche l’altra mano, e tornare ad accarezzare le guance, il naso, la fronte, il mento…
Le labbra…
Carnose labbra di uomo…
Yuko si allungò, si stirò, le sue labbra toccarono quelle del portiere, che la strinse a se, le braccia intorno alla vita sottile di lei, che teneva il volto di lui tra le mani, e lasciò scappare una lacrima di felicità.
Nella sua mente, ora, si mostrava il viso di un bellissimo ragazzo…
Il suo demone, il suo mare, che ora la baciava con amore, con dolcezza, come il mare tranquillo d’inverno…

Yuko si fermò un attimo, il vento e le ventole dell’aereo muovevano nervosi i suoi capelli, mentre i suoi occhi si socchiudevano, ascoltando on attenzione il rumore dell’aereo.
-Qualcosa non va?-
Genzo le prese una mano, stringendola.
Lei sorrise, riprendendo lentamente a camminare.
-No, sta tranquillo.
Andiamo-
Yuko sorrise con quel suo modo misterioso, e Genzo la guardò stupito, seguendola in aereo…

(non è ancora finita, almeno lo spero! Meiko)

  
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