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Autore: baby80    20/03/2010    14 recensioni
Ho provato a immaginare il primo giorno di André a palazzo Jarjayes, e il suo incontro con Oscar... Anche questa storia è stata iniziata tempo fa, e modificata di recente, ed anche in questo caso la "mia" Oscar è a conoscenza d'essere una bambina. Sono indecisa se concludere la storia in questo modo, come una one shot, o se continuare a raccontare di André... ci penserò. Si accettano consigli.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La neve non da segno di voler smettere di cadere in questa mattina di inizio gennaio.
Il freddo è così intenso da tramutarsi in innumerevoli aghi, che lentamente, danno l'impressione di penetrare nelle ossa.
Stiamo per giungere ad Arras.
Il viaggio è stato lungo e faticoso, come previsto.
Per l'intero tragitto, Oscar e io non ci siamo detti una parola, colpevole il troppo freddo, forse, o più probabilmente il cattivo umore della mia vecchia amica.
Sono mesi, ormai, che Oscar è intrattabile, chiaramente turbata da qualcosa, o forse, da qualcuno.
Ricordo Oscar, nel medesimo stato in cui si trova ora, molti anni fa, quando ancora eravamo dei bambini che si apprestavano, con mille dubbi, sulla soglia dell'età di mezzo, non più bambini ma neppure adulti.
Ricordo Oscar, avvolta nel medesimo involucro di silenzio, quando divenne donna, nel corpo.
Credo di sapere cosa stia accadendo in Oscar, solo un sospetto, ora, e tale spero rimanga.
Spero con tutto me stesso di sbagliarmi.
Siamo arrivati ad Arras, ancora qualche minuto e vedremo, di fronte a noi, il cancello di casa.
Da qualche anno, Oscar, ha preteso e ottenuto il permesso di poter dimorare nella casa, qui ad Arras, da sola.
Solamente io e Oscar, nessuna cameriera, nessun domestico, neppure un cuoco, solo io e lei.
Un sogno, per me, queste brevi vacanze durante le quali non mi debbo preoccupare d'essere scoperto, da qualche domestico, nell'indugiare lo sguardo su Oscar.
Un sogno che mi possiede, come un'amante, nell'istante in cui poso piede in questo luogo.
Un incubo che mi uccide, in una lenta agonia, come l'assassino più efferato, quando ritorno a palazzo Jarjayes.
Sono il più stupido e dannato degli uomini, devoto nel cuore, ed ora, anche nel corpo, ad una donna che non è a conoscenza della mia esistenza.
Stupido folle... non faccio che ripetermi.
Stupido folle...
Stupid...

“Hey, André...”
“Oh... Oscar, scusami ero distratto.”
“L'ho notato.”
“Dimmi.”
“Siamo arrivati, André.”
“Oh, certo... si.”

Sistemo i cavalli nella piccola scuderia e torno sui miei passi, Oscar mi aspetta dinnanzi alla scalinata di casa, da anni ormai si rifiuta di aprire il portone, l'inutilizzo di questa casa si fa sentire, nelle  piccole cose, una chiave che si blocca nella toppa, una finestra che rimane bloccata, tutti imprevisti che non fanno che aumentare l'irritabilità di Oscar, da sempre, oltremodo negli ultimi tempi.

“Oscar sei sicura di non voler tentare? Chissà che questa volta tu non l'abbia vinta, contro il portone. Le chiedo, cercando di far nascere in lei un accenno di sorriso.
“No.” una riposta gelida come questa giornata di inizio gennaio.
“Come non detto, Oscar.”
Rinuncio.

Raggiungo Oscar e cerco la chiave nelle tasche dei pantaloni quando...

“Aaah!”
Un grido.
Non faccio in tempo a capire cosa stia accadendo, sento qualcosa rovinarmi addosso.
Oscar.
Oscar mi sbatte contro facendomi cadere, di schiena, sul vialetto.
Gli aghi diventano lame di ghiaccio sulla pelle.
Giaccio sulla schiena, nella neve gelida
Oscar mi è addosso.
Ridiamo all'unisono, come due ragazzini.
Si odono soltanto le nostre rumorose risate, queste risate che sembrano provenire da un tempo passato, evocate dalla stessa neve che ci vide bambini tanti anni addietro.
Oscar mi è addosso e il sangue ricomincia a correre nelle vene, accende un fuoco nelle miei carni, vincendo, così, il freddo.
Una cascata di riccioli biondi mi inonda il viso.
Percepisco la schiena di Oscar contro il mio petto, e sento, chiaramente, la curva dei suoi fianchi e il suo fondo schiena, poggiarsi al mio corpo.
Lo sento, pericolosamente addosso, far pressione contro una parte del mio corpo.
Il sangue impazzito prende fuoco, scioglie la tensione e i turbamenti di questi mesi tramutandoli in piacere liquido, che raggiunge, nel tempo di un respiro, il basso ventre.

“Ah ah ah ah.” la sento ridere, e cerco di fare altrettanto ma è un gemito tutto quello che riesce a scapparmi dalle labbra.
“Ah ah ah ah... oddio André... ah ah ah.”
Si agita, Oscar, contro il mio corpo.
Poggio le mani sui suoi fianchi, un gesto maldestro per aiutarla a rialzarsi, e liberare me da questo tormento, ma non faccio altro che peggiorare la situazione.
I fianchi, il suo punto debole.
“Uh... André... ah ah ah... no... ti prego... ah ah ah ah.”
Sono perso. Finito. Il sangue tramutatosi in fuoco ha la meglio su di me.
Tento ma, non posso arrestare la sua folle corsa verso...
Il  piacere e il dolore si fondono in quella sensazione, così familiare, che mi accompagna da quando ero un ragazzino.
Sento il mio corpo reagire, ed una parte di esso irrigidirsi ed ereggersi al desiderio.
Desiderio di lei.
Oscar smette improvvisamente di ridere.
Anche il suo corpo diviene teso, ma non vi è desiderio in questa sua azione.
Non dice nulla, Oscar, mentre cerca, anche lei maldestramente, di staccarsi dal mio corpo.
Solleva la schiena dal mio petto.
Una pessima idea.
Nello slancio di sollevarsi, il suo bacino fa pressione su quel punto del mio corpo che...
Vorrei morire in questo istante.
Vorrei morire in lei, ma non potendo, prego di poter morire semplicemente, e cancellare l'imbarazzo di entrambi.
Non resisto, non sono più in grado di sopportare questo tormento.
Stringo i fianchi di Oscar con le mani e l'aiuto, punto debole o no, a staccarsi dal mio corpo.
Non la sento ridere. È finalmente in piedi, ed io finalmente libero.
Sono imbarazzato, il desiderio è così palese al di sotto dei miei pantaloni, cerco di nasconderlo con le mani.
Oscar mi da le spalle, non posso vederle il viso ma posso immaginare l'espressione che vi scorgerei.
Sconcerto e imbarazzo.
Mi rialzo, scrollo la neve dai miei abiti e prego dio di riuscire ad aprire il portone di casa il prima possibile.
L'imbarazzo non sembra voler abbandonarmi.

“Oscar, puoi entrare ora.” le dico con un filo di voce, e lei entra, senza guardarmi.

Ho passato l'intero pomeriggio a sistemare i bagagli e le poche provviste che abbiamo portato con noi, ho incrociato Oscar solo un paio di volte, e in quelle fugaci occasioni non ci siamo rivolti la parola.
Ho passato l'intero pomeriggio a maledirmi, e maledire il mio corpo, per aver avuto una reazione, seppur naturale, irriguardosa nei confronti di Oscar, come ho potuto dichiarare così apertamente il mio desiderio per lei? Io che ho imparato, anno dopo anno a nascondere il minimo sentimento, come ha potuto, il mio stesso corpo, tradirmi?
Oscar è rimasta nella propria stanza fino a sera, vi è uscita solo per la cena.
Ci siamo recati alla locanda del signor Clement, abbiamo cenato conversando nello stesso modo in cui abbiamo visto conversare, per tutta la vita, i nobili, e gli stessi coniugi Jarjayes, nello stesso modo di cui ci siamo sempre burlati, Oscar ed io.
Parole inutili, vuote, parole di cortesia e null'altro.
Ho provato pena per Oscar e per me stesso.
Lei schiava di turbamenti che io posso solo immaginare, ma che al sol pensiero mi fanno rivoltare le budella.
Io schiavo di una condizione che mi sta conducendo alla pazzia, schiavo di colei che già mi possiede, come servo, ma che non sa di possedermi l'anima e il cuore.
Io schiavo di lei e di me stesso.
Io un povero diavolo.
Tornando a casa ci sorprende la neve, piccoli fiocchi, tremendamente fitti.
Varchiamo la soglia che già i nostri indumenti sono completamente bagnati, accendo il fuoco nel camino del salotto, cercando un po' di calore, che mi riscaldi il corpo, e l'anima.
Un rumore alle mie spalle. Oscar toglie la giacca lasciandola cadere, pesantemente, a terra.
Siede sulla poltrona dietro di me.
La sua sola presenza mi turba, procurandomi delle fitte, che portano il nome di disagio, allo stomaco.
Sarà il caso che tolga il disturbo, mi dico, senza pronunciar parola.
Mi alzo.

“André...”
Mi sorprende, il tono della sua voce, quello di un tempo, quando vi era in lei la voglia di chiacchierare tra noi.
“Si, Oscar...”
“André io...”
Mi spaventa, che voglia parlarmi di ciò che è accaduto oggi?
“...Io volevo scusarmi per il mio atteggiamento negli ultimi tempi.”
“Non ce né bisogno, Oscar.”
“Voglio farlo André, voglio scusarmi. È che... sono così stanca.”
“Va bene Oscar, ma... è la stanchezza il reale motivo dei tuoi atteggiamenti? Davvero?”
“André, cosa vorresti dire? Parla chiaramente!”
“Non lo so Oscar, se lo sapessi non te lo domanderei, non credi?”
“André io... io sono così stanca di Versailles... sono stanca di sentire, ogni maledetto giorno, i pettegolezzi dei cortigiani... sono così stanca di sentir insultare Sua Maestà la Regina.”
“Insulti?”
“Si, André. Non vi è persona, a Versailles, che non insinui che sua Maestà la Regina sia una scandalosa adultera.”
“Non sono insinuazioni, ma la verità, e tu lo sai, Oscar.”
“André!”
“Oscar, tu lo sai meglio di chiunque altro che la Regina si incontra, segretamente, con il conte di Fersen.”
Silenzio.
“Oscar...”
“Perché? Come ha potuto Sua Maestà la Regina non ricordare il ruolo che ricopre in Francia? Come ha potuto andare oltre, quella che poteva essere, una semplice amicizia, col conte di Fersen. Lei è la Regina, rappresenta un paese, non avrebbe dovuto...” Oscar si porta una mano alla fronte.
“Amicizia? Credi davvero che avrebbero potuto, il conte di Fersen e la Regina, essere solo amici?”
“Si, André, avrebbero potuto.”
“Ti sbagli Oscar.”
“La Regina di Francia ha il dovere di imporsi un certo tipo di contegno, di morale, dimenticando i sentimenti, qualche volta.”
“Non è così semplice, Oscar, dimenticare i sentimenti. Come non è così facile relegare ad amicizia un sentimento d'amore.”
“Amicizia, amore, sono quasi la stessa cosa, con una linea di condotta precisa avrebbero potuto evitare ciò che è accaduto...”
“Amicizia e amore sono differenti, Oscar. Quando nutri un sentimento d'amore per qualcuno, ne nascono altri, inevitabilmente... la passione, il desiderio, la voglia di...”
“La voglia di?” mi domanda Oscar, e mi pare tornata bambina, quando chiedeva, con l'innocenza negli occhi, spiegazione a qualcosa che non era in grado di comprendere.
“Quando è amore ciò che provi per qualcuno, è naturale che nasca la voglia di sfiorare, toccare, abbracciare e baciare... nasce la voglia di un contatto fisico, profondo.”
Oscar mi guarda con i medesimi occhioni azzurri che aveva da bambina.
Sento in me un moto di imbarazzo, le parole pronunciate mi sembrano fuori luogo, oggi, dopo il tradimento del mio corpo.
“André...”
“Si...”
“Tu... hai mai provato quel... hai mai sentito il bisogno di...”
“Si, Oscar.”
“Ti sei innamorato allora.”
“Si. Ma...”
“Ma?”
“Ma... può capitare di desiderare tutto questo senza provare amore.”
Di nuovo gli occhioni azzurri.
“André...”
“Oscar...”
“E' Colette?”
“E' Colette, cosa, Oscar?”
“La donna di cui ti sei innamorato.”
Il respiro fatica ad arrivare in gola.
“Cosa ti salta in mente Oscar?”
“Vi ho visti.”
Ci ha visti? Quando? Dove?
Ho la netta sensazione di non riuscire a respirare.
“Cosa?”
“Ho visto te e Colette, prima di Natale, quando lei venne a trovarci col piccolo Jean Albert. Vi stavate... baciando.”
Oscar mi nasconde l'azzurro dei suoi occhi.
“No.” le rispondo senza aggiungere altro.
“Prego?”
“No, Oscar, non ero, e non sono, innamorato di Colette.”
“E... si desidera anche senza che vi sia amore?”
“Si, Oscar, può succedere qualvolta.”
“André...”
“Si, Oscar...”
“Chi è?”
“Cosa?” le chiedo.
“Chi è la donna di cui sei stato, o sei, innamorato?”
“Nessuno Oscar, nessuno.”
Sei tu Oscar, sei tu quella donna! Vorrei urlarglielo in pieno volto e poi nutrirmi delle sue labbra.
Sono uno stupido folle.
Sento la porticina, della piccola soffitta, scricchiolare ad ogni mio insano pensiero.
“Scusami André, sono stata invadente.”
“Non fa niente Oscar.”
“Oscar...”
“Si...”
“Non essere così severa con Sua Maestà la Regina. Per un istante prova a immaginare d'essere nella sua situazione, figura la tua vita accanto ad un uomo che non ami, con la responsabilità di un popolo sulle spalle, e immagina l'improvviso arrivo di un uomo, e la possibilità d'avere quell'amore che ti è stato negato. Cosa faresti Oscar? Non cederesti anche tu alla felicità?”

Mi sorprendo a porgere una domanda tanto crudele ad Oscar, a lei a cui è stato negato tutto, l'essere donna, l'amore di un uomo... Mi strapperei la lingua per l'indelicatezza che oggi, per la seconda volta, sto avendo nei confronti di colei che amo.
Mi sorprendo a porgere una domanda tanto dolorosa, a lei, la mia Oscar, che prova, quasi certamente, i medesimi sentimenti della Regina, per lo stesso uomo, il conte di Fersen.
Sei innamorata di Fersen, Oscar, lo so, credo d'averlo capito da subito ma ho cercato di ignorarlo, ho cercato di convincermi che mi stessi sbagliando, per risparmiare a me stesso un dolore in più.
Non posso più nascondere la verità, sei innamorata di lui, ed è questo che ti tormenta, è questo che ti sfinisce nel corpo e nell'anima, più che le insinuazioni verso la tua Regina.
Dimenticalo Oscar, dimentica Fersen, dimenticalo ora che è partito, potrebbe non tornare più e se anche tornasse, un giorno, non sarà per te, ma per la donna che lui ama, la Regina Maria Antonietta.

“Non saprei André.”
Mi nasconde ancora i suoi occhi, ma la voce tradisce un velo di tristezza, un retrogusto di lacrime.
“Se vuoi scusarmi, André, credo che ora andrò a dormire. Ti ringrazio per la chiacchierata. Buonanotte.”
Scappi Oscar?
Vorrei fermarla e darle un po' di quella felicità che le è stata negata.
Vorrei che lei restasse e si accorgesse della felicità che, il solo osservarla, la sua sola presenza, mi illumina gli occhi.

“Grazie a te, Oscar. Cerca di riposare, piccoletta.” le carezzo i capelli, come un tempo, mi sorride e scompare oltre la porta del salotto.
Non mi stupiscono le parole appena pronunciate e non stupiscono Oscar, qui, ad Arras, tutto è permesso.
Qui ad Arras vedo Oscar tornare bambina.
In questo luogo ritroviamo la nostra innocenza, e il legame che credevamo indistruttibile.
In questa casa, oggi, comprendo finalmente il turbamento di Oscar.
Ricordo, tornando al passato, la piccola Oscar avvolta nel silenzio, quando divenne donna, nel corpo.
Oggi, vedo Oscar imprigionata in vesti simile a quella del passato, vesti imbastite di turbamento, di silenzio, di dolore, la vedo diventare donna, non più soltanto nel corpo, ma ora, nell'anima e nel cuore.
Qui ad Arras, oggi, comprendo l'amore di Oscar per un uomo che non sono io.
In questo luogo, come mai prima d'ora, comprendo la sventura che mi ha colpito, il giorno in cui mi sono perso negli occhi di una ragazzina dai riccioli biondi.
Io, un povero diavolo, prego d'avere la forza di non aprir, mai, quella piccola porticina, che sento scricchiolare ogni giorno di più.
Rinchiudo la speranza e il desiderio, per poter sopravvivere, all'amore per Oscar.
  
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