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Autore: Adrienne e Shomer    06/04/2010    4 recensioni
Un ragazzo e una ragazza, appartentemente diversi, costretti a vedersi una volta all'anno ad una noiosissima cena. Ma un passato spiacevole li accomuna, e scoprendo di non essere poi tanto diversi, i loro destini arrivano ad intrecciarsi. Possono due persone, da perfette conosciute, arrivare a non poter quasi più fare a meno dell'altro, in così poco tempo? Durerà fino alla fine?
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dieci

Capitolo dieci

 

 

Rachele si svegliò di soprassalto. Lei e Gianluca erano sul tappeto, rannicchiati vicini sotto una coperta. Sentì l'ormai troppo familiare morsa allo stomaco mentre guardava Gianluca respirare pacato. Mentre dormiva sembrava quasi un cucciolo. Aveva un braccio sul fianco di Rachele e la sua mano era calda. Rachele reprimette a forza le lacrime.
I capelli ormai scompigliati di Gianluca gli ricadevano a ciocche sul volto e le ciglia lunghe erano perfettamente immobili. Nel sonno, sorrideva.
La ragazza rimase a fissarlo per un po' prima di accorgersi di essere grondante di sudore. Sempre lo stesso sogno.
Ormai ci ho fatto l'abitudine”, pensò. “non mi lascerà mai in pace.”
Era l'estate dei suoi sedici anni, il ventisette agosto, e tornava come sempre a tormentarla nella notte, quasi come se le volesse ricordare che doveva comportarsi bene, che aveva già perso tutto una volta e non doveva farlo di nuovo. Quasi come volesse che quel ricordo rimanesse impresso nella sua mente per sempre. Come se fosse stato facile, per lei, dimenticare. Rachele si alzò da terra facendo bene attenzione a non svegliare Gianluca e controllò l'orologio. Erano le cinque e trenta del mattino, e avrebbe voluto scappare e non tornare mai più.

Era il quindici giugno del duemilanove e quella era una normale casetta di campagna, con la staccionata di legno e il camino che, però, nessuno usava mai, dato che era abitata solo d'estate. La casa si trovava a venti minuti di autobus dal mare e ci abitavano tre famiglie; apparteneva per un terzo alla famiglia di Rachele e il resto era dei due fratelli della madre. Tutte e tre le famiglie erano solite “trasferirsi” lì per le vacanze estive, e partivano di solito subito dopo la fine della scuola. La città in cui si trovava era ad un'ora di distanza dalla città di Rachele, perciò non era neanche un problema per suo padre – che in ogni caso era sempre in giro per la regione – andare a lavorare. Né per sua madre, che era la proprietaria di una scuola d'inglese. I cugini di Rachele avevano tutti un'età compresa tra i sei e i dodici anni, per questo lei non stava quasi mai in casa ed era sempre al mare con gli amici che si era fatta lì nel corso degli anni. Quella mattina Rachele era uscita di buon ora per andare a prendere l'autobus, e in quel momento era seduta vicino al finestrino mentre leggeva una rivista di moda.
« Scusa? ».
Rachele alzò la testa di poco per vedere in faccia colui che l'aveva chiamata. Era un ragazzo alto, con i capelli neri che gli ricadevano a tratti sugli occhi e dei bellissimo occhi azzurro cielo. Di carnagione chiara, aveva una maglietta nera che faceva risaltare ancora di più la sua pelle lattea e uno zaino strapieno in spalla.
Rachele gli fece un cenno per incitarlo a parlare.
« E' occupato qui? », chiese, indicando con la mano il posto vuoto di fianco a lei.
« Fai pure », rispose Rachele, pacata, ritornando alla sua rivista.
Il ragazzo si sedette e appoggiò senza molta grazia lo zaino per terra. Rachele sentiva i suoi occhi puntati addosso, e la cosa la mandava in agitazione. Quando una persona si sente osservata, o come in questo caso è osservata, comincia a fare movimenti strani. Rachele ci pensava sempre, ma ogni volta che qualcuno la guardava proprio non ci riusciva, a stare calma. Non erano movimenti bruschi, erano piccoli scatti, magari impercettibili agli occhi dell'osservatore, che però la mandavano ancora di più in agitazione. Può sembrare un po' esagerato, ma Rachele non riusciva a sopportare di essere guardata.
Per questo, dopo cinque minuti abbondanti, si girò a guardarlo anche lei.
« Scusa, ma che vuoi? », chiese, aggrottando le sopracciglia.
Il ragazzo non sembrò scomporsi minimamente di fronte alla reazione di Rachele, cosa che fece irritare non poco la ragazza.
« Mi stai infastidendo », disse poi, Rachele, notando che dall'altra parte non otteneva risposta.
« Non era mia intenzione », disse in un soffio quello strano tizio, chiaramente senza smettere di fissare Rachele.
« Ottimo, Ragazzo X. Hai notato, vero, che l'autobus è pieno di posti vuoti? », Rachele mise maggiore enfasi sulla parola “pieno”.
« Non ci vuole certo un particolare spirito di osservazione, per notarlo ».


Era il ventitré luglio del duemilanove e Rachele era piena di speranze per il futuro. Finalmente sentiva di poter riuscire in qualcosa, finalmente aveva deciso cosa fare della sua vita e finalmente si era innamorata. Aveva solo sedici anni, vero, ma il futuro per lei era sempre stato un chiodo fisso. Per questo, l'aver finalmente deciso cosa fare della sua vita significava aver raggiunto un gran traguardo. Anche se forse non era quello il futuro che si era sempre aspettata.
Il ragazzo di cui si era innamorata Rachele era un ragazzo normale, come tanti, ma allo stesso tempo era diverso. Aveva i capelli neri di media lunghezza, mossi, e degli occhi azzurro cielo profondissimi. Il suo sogno era suonare la chitarra, e il nuovo sogno di Rachele era quello di accompagnarlo e sostenerlo ovunque lui avesse deciso di andare. Si sarebbe trovata qualche lavoretto pomeridiano e, una volta finita la scuola, avrebbe avuto un mucchietto di soldi da parte.
« Certo, cara », le aveva detto sua madre, giorni prima, dopo aver ascoltato attentamente il suo nuovo sogno americano. « E poi sarai anche la prima donna a metter piede su Marte. »
Suo padre aveva riso. « Ma lasciala stare! », aveva detto, tra le risate. « Ha ancora sedici anni. Io, alla sua età, da grande volevo fare il ballerino ».
Rachele non si era scomposta minimamente ai commenti dei suoi genitori, anzi, era sempre più decisa a seguire il suo nuovo Romeo in giro per il mondo.
Romeo era un ragazzo taciturno, un po' introverso, ma divertente al momento giusto e con un cuore talmente grande da far sentire Rachele come una bambina che vuole bene al suo papà.
« Senti, Marc.. », mormorò Rachele, guardando dritto all'orizzonte, dove il sole stava piano piano scomparendo. « Tu ci credi davvero? A questa cosa di girare per il mondo a suonare, intendo. Io non sono mai stata un'appassionata di musica, quindi non capisco del tutto il tuo desiderio. Però sarei disposta a fare qualsiasi cosa, pur di stare con te. »
Marc la baciò dolcemente, e poi sorrise. Rachele pensava che Marc sorridesse con gli occhi. Socchiudeva le palpebre e le pupille cominciavano a brillare.. beh, questa era un'impressione di Rachele. Però le palpebre le socchiudeva veramente. La cosa importante, però, è che anche se Rachele non avesse potuto guardare le sue labbra, avrebbe capito che Marc stava sorridendo semplicemente guardandolo negli occhi.
“Ha gli occhi azzurri come il cielo”, pensò, ad un tratto. “Chissà se di notte si possono vedere le stelle.”
« Io ci credo solo se ci credi tu », disse Marc, stringendola forte. « Ci credi? »
« Sì, ci credo. »

Marc era morto il venticinque agosto del duemilanove alle nove e mezzo del mattino, e una cosa che Rachele non sarebbe mai riuscita a dimenticare era il rumore. Il botto, i clacson, le urla. Non riusciva neanche a sentire la sua voce chiamare il nome di Marc.
Un'altra cosa che Rachele non sarebbe mai riuscita a dimenticare, era il sangue. Il resto, proprio, non lo ricordava. Si svegliò in ospedale, ore dopo, e la prima cosa che vide fu il viso preoccupato di sua madre. La donna parlava, parlava, le chiedeva se stava bene, chiamava l'infermiere e le toccava i capelli. Rachele inizialmente non riusciva a parlare, e si girò ad osservare la stanza. Le pareti erano bianche proprio come in ogni ospedale, aveva una flebo attaccata al braccio destro e il sinistro ce l'aveva ingessato.
Si chiese dove avessero messo il braccialetto con le stelline che le aveva regalato Marc e che teneva sempre al polso sinistro.
« Tesoro, tesoro, come ti senti? ». la madre di Rachele aveva, ovviamente, un tono ansioso e preoccupato, e le passò una mano sulla fronte.
« Ma-mamma.. » tentò di mormorare Rachele.
« Allora?! », strillò la madre di Rachele. « Mandatemi subito un infermiere! »
« Mamma.. dov'è Marc? ». La ragazza cercò di reprimere dei colpi di tosse.
« Eravamo preoccupatissimi, vi ha investiti un camion, oddio santo.. pensavo fossi.. »
« Mamma », Rachele tentò di assumere un tono più duro e alto. « dov'è Marc. »
« Tesoro.. »
La madre di Rachele non rispose. Bastava osservare il suo viso, per capire. Per la prima volta da che Rachele avesse memoria, sua madre piangeva.

 




Salve gente! Sono Adrienne!
Come avete passato le vacanze Pasquali? Io bene, peccato che sono in crisi perché domani si torna a scuola :(
Bando alle ciance, che ne dite di questo capitolo? Finalmente abbiamo scoperto il "segreto" di Rachele! Le cose nel capitolo scorso si sono infiammate parecchio, ed era ora che scoprissimo qualcosa in più sui nostri amati personaggi. :) Speriamo vi sia piaciuto!
Nel frattempo, ringraziamo tantissimo Emily Doyle, Tiara, _deny_, XXX_Ice_Princess_XXX, Billie Joe Fan e TheDreamerMagic per le numerose recensioni! Ci fa tantissimo piacere, continuate così! *-*
E per chi non l'avesse ancora capito... Questa è una storia scritta a quattro mani, cioè da due autrici. Siamo in due a scrivere! ;)
Beh un bacio grande, alla prossima! Grazie!
  
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