Alice Pov
Sollevai
senza fatica il muro crollato. La casa non esisteva più, al suo posto c’era
solo un cumulo di macerie. Anche la voce della ragazza si era spenta, non
sentivo più neanche il suo cuore, ma cercai di convincermi che era solo perché
c’era troppo rumore intorno, anche per le mie orecchie. No, non ci credevo, non
poteva essersene andata. Continuai imperterrita a scavare, trovando qualsiasi
cosa: da un quadro a una mensola, da un armadio a una termosifone. Poi una
scrivania… Una scrivania?! Ma vicino non c’era nessuno, solo in quel momento mi
accorsi che il mobile era costruito in stile barocco mentre quello della
ragazza era in stile neoclassico. Sentii una presenza dietro di me: era Bella.
Mi stava aiutando nonostante non sapesse chi cercare e poi sembrava titubante.
Notò il mio sguardo e mi disse: “Allie, se qualcuno ci vede? Come gli
spieghiamo che stiamo sollevando i muri di cemento come se fossero fatti di
burro?” Ma come poteva pensare queste cose in un momento simile? “Non mi
importa. Devo trovare una ragazza, una studentessa, l’ho vista per pochi minuti
ma ne sono sicura, era qui. Tuttavia ora è scomparsa.” “Perché la vuoi trovare?
La conoscevi?” Mi domanda preoccupata. “No, ma mi ha fatto subito una
bellissima impressione, non so come spiegartelo… Aveva un’aria così sola ed
indifesa, poi doveva essere una studentessa, chissà quanti sogni aveva!! Era
così giovane!!”. Bella mi guardò con aria compassionevole.
“Vai
in piazza, torna là, dove c’è più bisogno.” Le dissi. La mia amica gettò un ultimo
sguardo alla casa distrutta prima di voltarvi le spalle. Forse avrei dovuto
fare anche io come lei, presto dalla casa a fianco sarebbe uscito un bambino
che si sarebbe messo a scavare a mani nude per ritrovare i genitori. Certamente
aveva più bisogno ed era più facile da aiutare. Un abbraccio, un fazzoletto,
anche solo trovare un punto fisso in mezzo a quei calcinacci che continuavano a
cadere da ogni parte, lasciando nell’aria polvere di morte.
Ma
non potevo. Non potevo abbandonare proprio ora quella ragazza che aveva
sicuramente molto bisogno di me.
Purtroppo
in quella casa la prima cosa a cedere era stato il tetto, trascinando verso il
basso tutti i piani sotto di sé. Le stanze dei diversi piani si erano come
sovrapposte, in mezzo alle macerie potevo chiaramente distinguere i cocci di
tutti gli oggetti: pagine strappate, CD rotti, fili
elettrici scoperti. Grazie alla mia vista affinata riuscii a scorgere, una
ventina di metri sotto di me, una chiazza rossa. Immediatamente presi a scavare
in quella direzione ma prima che arrivassi al punto che cercavo sentii l’odore
di quella sostanza. Non era ciò che cercavo, era smalto. Era un frammento di
vita quotidiana.
Edward Pov
Accorsi
subito verso quella bambina. Entrai dalla finestra del soggiorno, mentre la
casa ancora tremava, come se stesse decidendo come disfarsi. Potevo chiaramente
sentire le fondamenta che si piegavano su loro stesse e che presto avrebbero
fatto crollare tutto.
Trovai
la bambina poco lontano da me, aggrappata al bracciolo della poltrona, le lessi
nella mente che quello era il posto dove si sedeva suo padre tutte le sere e
lei amava arrampicarvisi sopra per poi essere presa sulle ginocchia. Nella sua
mente credeva che quello potesse essere un luogo sicuro.
Nessuno
le aveva mai parlato di norme anti-sismiche, nessuno le aveva mai spiegato che
non bisognava ripararsi vicino ad una finestra ma occorreva uscire o, se non
era possibile, recarsi sotto lo stipite delle porte, evidentemente avevano
tutti pensato che fosse troppo piccola, che non avrebbe capito. Ma il terremoto
non guarda l’età quando arriva, colpisce tutti senza distinzione, come mi
ricordavano i vani sforzi che Carlisle stava facendo per salvare un bambino
probabilmente di nemmeno un anno che aveva fortunatamente scampato la pioggia
di mattoni che si era abbattuta sulla sua stanza, ma che aveva fatto
precipitare i ricami appesi sopra la sua culla che lo stavano soffocando.
Velocemente
afferrai i fianchi della bambina che mi era vicina e con lei tra le braccia mi
gettai in strada.
Bella pov
Stavo
accarezzando i capelli di un bambino, avrà avuto circa 6 anni. Il piccolo era
disperato, stava giocando in strada con i suoi amici quando era successo.
Attonito
faceva scorrere il suo sguardo per tutta la via che, provenendo da nord-est,
portava alla piazza dove eravamo. Le poche persone che non avevano subito danni
stavano uscendo in strada.
Mi
accucciai su di lui. In quella ressa rischiava di essere travolto. Piano lo
presi in braccio, attenta a non spaventarlo per consentirgli di vedere sopra i
visi della gente.
Pensai
anche di incamminarmi con lui per quella via ma preferii evitare. Lo spettacolo
che avremmo potuto trovare poteva essere ben peggiore di questo, considerando
l’enorme odore di sangue che giungeva alle mie narici.
All’imbocco
della stessa via c’era anche Alice, che ancora scavava tra le macerie di quella
casa. Tra poco avrebbe però dovuto smettere, poiché stavano arrivando troppi
umani.
Spostando
di poco lo sguardo osservai la chiesa principale della città. La cupola era crollata
per buona parte ma la struttura in sé sembrava in grado di ergersi ancora, come
a punto di riferimento per l’intera comunità. Erano veramente poche le case
rimaste in piedi nel centro storico. Quello che mi colpì fu un prete, presunsi
quello della chiesa, che pregava ed invocava Dio sui gradini che conducevano
all’edificio. Anche nella disperazione, c’era qualcuno che ancora conservava la
speranza.
Questo
mi diede la forza per dirigermi nella via, ancora col piccolo in braccio. Non
sapevo cosa cercare ma speravo di trovarlo.
Continuai
ad avanzare fin quando il bambino non fece un brusco movimento per cercare di
scendere dal mio grembo.
In
piedi tra le macerie di ciò che doveva essere stata una casa, un donna cercava
senza riuscirci di togliere i mattoni crollati. Il piccolo corse verso di lei,
facendosi strada sui cocci per terra che ormai gli ferivano alcune parti dei
piedi, lasciate nude dalla scarpa di tela che indossava, ormai stracciata in
alcuni punti.
I
due si ricongiunsero, la madre lo baciò e lo abbracciò, gli tirò indietro i
capelli piangendo, lo strinse sul suo seno, inspirò il suo profumo.
Ma
nella casa ormai non sentivo più battere nemmeno un cuore.
Salve
ragazzi/e. Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Non
ho parole per descrivere il ritardo ma non ho intenzione di lasciar perdere
questa storia, è troppo importante per me. Tra l’altro, non credo avrà ancora
molti capitoli. Come avrete capito mi interessa raccontare questi istanti.
Perché ho aggiornato proprio oggi? Perché oggi è trascorso un anno da quel
terremoto. Credo sia una ricorrenza importante.
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo:
Barbyemarco: Ho
provato a mettere più enfasi, ma non credo di esserci riuscita…
Se hai tempo dammi un tuo parere, per favore… E
comunque grazie per i complimenti!
Civia93: Grazie mille per i
tuoi complimenti, come vedi per questa volta ho deciso di alternare i pov Alice con quelli di altri personaggi. Spero ti sia
piaciuto!
E il mio avviso di oggi:
Jessy_tortellina: Mille
grazie, credo anche io che i pareri possano essere diversi ma alla fine ho
deciso di postare, come vedi. Sinceramente grazie.
Angels4ever: Purtroppo credo
che nessuno de L’Aquila abbia letto l’avviso e così mi sono basata sui vostri
meravigliosi pareri. Ovviamente non ci rido su, non prendo in giro nessuno. E’
una storia triste. Grazie davvero per la tua opinione!
Mary_Whitlock: Mille
grazie del tuo parere. E’ quello che mi ha dato una scossa maggiore. E anche i
tuoi complimenti per me sono stati importantissimi. Soprattutto dirmi che “i
sentimenti sono perfetti” perché quelli non sono proprio il mio forte, ma
questa storia la sento di più delle altre. Grazie per la carica, grazie!
Ribadisco, ragazzi/e:
Se qualcuno crede che la storia sia offensiva verso i
terremotati lo dica apertamente.