Amane era una bambina con le trecce
Amane era una bambina con le trecce.
Amane amava
intrattenere
E poi Reika amava una persona. E questo la rendeva molto più umana di quanto non la
considerassero tutti gli abitanti della villa del sonno.
Le voleva bene, benché sapesse che
non avrebbe mai dovuto attaccarsi troppo a lei continuava a farle compagnia. Ma
Amane aveva deciso di rinchiudere nel suo cuore l’affetto che provava nei
confronti di quella fanciulla, così ella non lo
avrebbe mai scoperto, ed il rituale si sarebbe concluso nel migliore dei modi.
Ma ciò che la bambina con le trecce
temeva più di ogni altra cosa, era che Reika scoprisse quello che in realtà sarebbe dovuto restare
nascosto. Amane temeva di lasciarsi sfuggire qualcosa riguardo l’amore perduto della sacerdotessa. E
la persona che amava Reika, altri non era che il
fratello maggiore della piccola ancella.
Il timore che potesse scoprire ciò,
non le faceva neppure avvicinare il viso a quello di Reika.
Temeva che facendolo, ella potesse guardarla negli
occhi e scoprire quanto assomigliassero a quelli del suo unico amore.
Aveva fatto del tutto per evitarlo. Ci era riuscita fino al giorno in cui non vide per la prima
volta in vita sua quello sconosciuto dai lineamenti tanto simili ai propri.
***
Hisame, Shigure e Minamo
non le erano simpatiche. Vedeva nei loro occhi una perfidia inesprimibile. E
nonostante avessero più o meno la medesima età, la più
matura del gruppo era proprio lei.
La volontà impostale
dai Kuze, la coinvolgeva a fare parte di quel quartetto.
E ad Amane questo non piaceva, perché tutte le volte in cui ella
si univa alle altre, si sentiva “infangata” come loro.
Spesso rifiutava l’invito di una
giocata insieme e le lasciava sole, dedite ai loro perversi “passatempi”. Quanto
li detestava Amane.
Quei macabri sollazzi le facevano
venire il voltastomaco. Soprattutto quando esse per mettere in atto i loro
sadici giochi, si servivano di animali dal cuore
pulsante, piuttosto che bambole dal ventre imbottito.
La bambina con le trecce non voleva
vedere uccellini con ali rotte non volare più, e giovani volpi guaire riverse a
terra e con i corpi straziati divenire per quelle bambine vistosi
stendardi.
Amane non chiedeva di vedere tutto ciò.
Amane non voleva più fare parte di
quella grande famiglia.
La bambina con le trecce si
struggeva per riavere la sua, di famiglia.
Tuttavia, era tenuta a sopportare ancora
un po’. Ancora un altro pochino, e forse tutto sarebbe cambiato.
Suo fratello, allontanato dal
villaggio anni orsono, avrebbe messo la parola fine a quella brutta situazione,
e tramutato l’incubo in una favola a lieto fine.
Così, per alcuni anni la giovane
ancella continuò la sua vita.
Le mansioni, sempre le stesse:
intrattenere Reika e farle compagnia, ma nello stesso
tempo studiare il cerimoniale, anche se controvoglia.
Perché immolare una persona innocente che in vita sua
non aveva mai fatto del male a nessuno? Perché una
pratica tanto barbara da eseguire a crudo spettava a delle ragazzine con la
bocca ancora sporca di latte?
Doveva fare male, ricevere
l’immolazione. Ogni volta, per la giovane Kuze sentire
il suono di quella parola era un tormento. Era come se le friggessero i polsi.
Immolazione, quella per lei era una
parola tabù.
Amane non era sadica come le altre sue coetanee. Amane si sarebbe
rifiutata di fare una cosa così crudele, ed era convinta che suo
fratello sarebbe intervenuto molto prima che quel giorno fosse arrivato. Molto prima che
***
Poi, accadde un avvenimento
inaspettato.
Nevicava, e forse quel biancore
glaciale avrebbe spazzato via ogni incubo e portato il lieto
fine ad una storia che sembrava destinata a non avercelo.
***
Un giorno Amane
portò un uomo nel tempio dei Kuze, facendo
risvegliare la sacerdotessa dal suo sonno. Quell’uomo
si chiamava Kaname. Era suo fratello maggiore.
Sì, finalmente era tornato.
Per davvero.
Per lei, per Reika.
Per mantenere una promessa.
E anche Amane voleva mantenere la sua, di promessa. Voleva che Kaname e la sacerdotessa s’incontrassero
un’ultima volta.
Ciò avvenne, ma non fu come lo aveva
immaginato l’ancella.
Reika era già stata immolata.
Nella grande
villa scese giù l’agitazione, e fu subito caccia aperta per trovare la
traditrice.
La sentenza della signora Kuze fu truce e gelida come il ghiaccio: Amane doveva
essere punita.
Ella si nascose.
Loro la scovarono.
E per lei non ci fu nessun perdono.
Amane subì l’Immolazione in fondo all’Abisso.
Hisame, Minamo e Shigure eseguirono il rituale. I
loro occhi non avevo smarrito quel vezzo sadico di sempre. Ma furono le prime
due a provare maggiore soddisfazione quando i paletti le
attraversarono polsi e piedi.
Amane non morì subito. Lasciata sola, lì, infondo all’Abisso oscuro, ebbe il tempo di guardarsi intorno, mentre Shigure, forse la
meno sadica delle tre servitrici, scappando via osò chiederle scusa.
Il sangue si riversò
a terra, dapprima copioso come un fiume in piena, poi divenne arido
ruscello.
I polsi non le friggevano più. Una volta provato il rituale sulla sua stessa pelle, ad Amane
la parola tabù non faceva più paura.
Si rese conto di quanto avesse
sofferto Reika durante l’immolazione.
Le lunghe maniche del suo abito
bianco da ancella si macchiarono di un rosso scarlatto, caldo e ancora in vita,
mentre il sangue sgorgava dalle membra attraversate dai paletti di legno,
infangando perfino la sua chioma.
Adesso Amane era
una bambina con le trecce sporche di sangue.
Quella sensazione di sudicio le dava
fastidio, tuttavia lei non avrebbe più potuto lavare i propri capelli con acqua
e sapone.
Pensò alla crudeltà con la quale Kaname era stato separato da Reika.
Soffrì per il fratello perduto.
Soffrì tanto. Ed
il dolore coprì perfino quello causato dai paletti che aveva nella carne.
E quando si rese conto che quell’incubo non avrebbe mai avuto un lieto
fine, quando si rese conto di essere sola contesa tra sangue e buio,
anche il suo cuoricino si sentì immolare.
Aveva desiderato a lungo poter
conoscere suo fratello, ma il giorno in cui ciò avvenne, fu
anche il momento in cui dovette dirgli per sempre addio.
Pianse, Amane. Ma riuscì a versare solo una lacrima.
Di sangue, oramai, ella più non ne aveva. Il terreno ormai n’era pregno.
Morì nel momento in cui quella
goccia le bagnò la guancia, senza avere neppure il tempo di socchiudere gli
occhi, proprio come Reika.
Una delle sue trecce, oramai per
metà smembrata, si affiancò al lato del viso.
Amane non poté
sentirla, ma fu come se ciò che aveva sempre fatto parte di lei, laggiù
nell’oscurità, avesse voluto per sempre dirle addio.
***
Il
redattore di una nota casa giornalistica posò sulla scrivania d’innanzi a sé i
fogli di quello che aveva appena finito di leggere. Alzò il capo, e sorrise con
benevolenza alla figura che gli stava di fronte.
- Sai, alla
gente piace leggere questo tipo di notizie folkloristiche.
E se a loro piace, allora noi continueremo a
scriverle, anche se saremo costretti ad usare l’immaginazione. – rise bonariamente,
allettato dall’idea di incassare un cospicuo profitto - Sono
sicuro che la rivista venderà un sacco di copie grazie a te e soprattutto alla
tua geniale fantasia!
Davanti a
lui, la persona, una ragazza dal timido sorriso, dovette scuotere il capo.
- Vede, non si tratta di fantasia, né tanto meno di usare
l’immaginazione. Talvolta occorre ascoltare ciò che i sogni ci mostrano durante
la notte. Tutto qui.
Il
redattore tossicchiò con un colpetto di riso. – Perbacco! Per te sarà stato senza
dubbio uno spaventoso incubo!
La figura
sorrise ancora, ma sempre con gentilezza. – Questo è vero, ma… L’importante è
che io mi sia svegliata! – dopo aver pronunciato quelle parole, raccolse la
borsa ed andò via, lasciando il redattore con un’aria perplessa ma affascinata
al tempo stesso.
***
Di ritorno
verso casa, nel bel mezzo di un viale alberato, la ragazza si fermò. Alla fine
di quello stesso viale, qualcuno la stava aspettando.
Aveva il
suo stesso sorriso, amabile e gentile, paziente e garbato. Sembrava non vedere l’ora di poterla
riabbracciare.
Prima di
raggiungerlo, ella alzò gli occhi al cielo.
Fissò la
volta con energia, con slancio.
Si fermò, abbassò
nuovamente lo sguardo, e sorridendo con letizia, le braccia spiegate come vele
al vento, iniziò a correre gioiosamente. E mentre Miku
lo faceva, un pensiero le volò via dal più profondo del cuore.
- Grazie, Amane! – disse, e quando
finalmente si sentì avvolgere dalle braccia di quel qualcuno da lei così sconfinatamente amato, con un ultimo
sorriso concluse: -Spero che tu,
lassù, abbia ritrovato tuo fratello, così come io ho ritrovato il mio!
Fine
Ecco un’altra fanfiction interamente dedicata
ad uno dei personaggi secondari di Project Zero che amo di più: Amane, la giovane
ancella con le trecce.
Così dolce,
garbata e riservata allo stesso tempo, si fa volere bene praticamente
da subito.
Legata a suo fratello, proprio come la piccola Chitose,
e con lo stesso triste destino.
Giocando a
PZ3, la storia di questo personaggio mi ha particolarmente colpito.
E’
commovente, come tutte le altre, ma non so dirvi bene il perché, tuttavia Amane
sembra possedere una luce diversa.
Effettivamente
la si vede poco nel gioco, però sono comunque diventata
una sua grande sostenitrice perché non si può non lasciarsi coinvolgere dalla
sua storia.
In questa
fiction ho cercato di ricreare, proprio come nell’altra mia storia, “bimba
nell’armadio”, le emozioni di Amane durante la sua
brutta disavventura. Però questa volta ho deciso di
farle narrare da Miku, in quanto personaggio molto
simile a lei.
La fanfiction termina con un finale differente rispetto a
quello del gioco, e di sicuro più lieto!
Volevo in
un certo senso regalare sia ad Amane che a Miku una conclusione diversa, migliore. ^__^
Piccola postilla sulle altre 3 servitrici e la questione che riguarda i
loro perversi “passatempi”…
Ho
acquistato diversi anni fa una copia del Fatal Frame Comic Anthology, ovvero un volume unico che racchiude una serie di storie in
formato manga, disegnate appositamente per questo terzo capitolo.
Essendo il manga un prodotto ufficiale, ritrae cose ed eventi che nella
saga stessa non ci sono, quindi attendibili. C’è una storia in particolare
dedicata ad Amane, in cui ella viene invitata a
giocare da Hisame (la servitrice con i capelli
lunghi), che successivamente la condurrà in un prato. Shigure
e Minamo, le altre due ancelle, sono lì. Si unisce a
loro Hisame, e le tre cominciano a “giocare” con un
povero leprotto indifeso.
Non
aggiungo altro, perché personalmente, avendo a casa
con me un coniglietto nano, quella parte non l’ho gradita per niente… Però vi
assicuro che quelle ragazzine sono davvero perverse…! Shigure un po’ meno, tuttavia in
quel capitolo sembrava gradire e stare al gioco…
Detto
questo, spero che la fanfiction vi sia piaciuta, e ringrazio anticipatamente tutti coloro che lasceranno una
recensione! *^__^*
Niko niko,
Botan