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Autore: nuria    13/04/2010    2 recensioni
Padmé aspetta. Obi-Wan non arriva su Mustafar. Il destino della Galassia tanto, tanto lontana cambia per sempre. E anche Anakin, l'Eroe Senza Paura, è cambiato - forse per sempre: nella catastrofe della sua vita, Padmé cerca di capire cosa fare per riportare indietro suo marito.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Padmè Amidala
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ceneri della Repubblica'
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iii.

 

Jobal Naberrie era solita dire alle figlie, quando ancora la famiglia viveva tutta sotto lo stesso tetto, che la prima immagine al mattino, aperti gli occhi, era la più importante della giornata. Si basava su una convinzione che aveva il sapore del folklore, ed il detto era stato veicolato giù per le generazioni anche grazie ad una storia d’immenso successo che tutti i naboo finivano per conoscere prima dei quattro anni.

Come spesso accade con le tradizioni inculcate in tenera età, Padmé non s’era mai completamente liberata di quel concetto. Per questo motivo, da sovrana aveva sempre insistito per un vaso pieno di fiori di loto laddove avrebbe posato per primo gli occhi al mattino, e poi, da senatrice, scomparsi il tempo e la costanza della regina, aveva deciso d’accontentarsi della veduta moderna, ma a suo modo venusta, della skyline coruscanti.

Presto nella sua vita sarebbe arrivata un’altra vista preferita da contemplare al mattino; una vista che, seppure le fosse stata negata fin troppe volte, riusciva a ricordare con dovizia di dettagli anche se lontana mille anni luce.

Quel mattino la prima immagine del mattino fu proprio lui, con i capelli illuminati di riflessi dorati dalla luce che filtrava dalle tendine calate. I suoi occhi a metà tra il blu e il grigio erano placidissimi. Quando notò che era sveglia sorrise e le posò un bacio sulla fronte, tutto affettuoso.

C’era una certa bellezza, silenziosa eppure vera, in ogni suo movimento. Nel guerriero che la guerra le aveva restituito non era sparita quella grazia gentile che l’aveva fatta innamorare di lui (assieme a mille altre cose prima sconosciute), e ora latitava nei suoi gesti, nel collo teso, nei capelli sparsi sul cuscino.

Per un po’, Padmé si fece cullare dai pensieri sonnacchiosi e leggeri che erano il naturale proseguimento dei sogni di poco prima. In quel modo ci si poteva quasi convincere che non era successo nulla di che nella sua vita. Tutto era come prima – le ore, le giornate, tutto quanto sarebbe andato com’era andato prima: non idealmente, ma abbastanza felicemente nonostante tutto. Lei e Anakin avrebbero fatto come avevano sempre fatto, chiaccherando fino a che non fosse arrivato il giorno pieno, e le loro conversazioni sarebbero finite sempre sul bambino e sulla casa che avrebbero comprato a Theed (“c’è questo luogo perfetto, e non è lontano dalla casa dei miei genitori…l’ho visto quando ci sono stata l’ultima volta, è un amore…”), e Padmé come al solito l’avrebbe rassicurato che non le importava di dover esser lei a pagare. Poi le loro vocazioni li avrebbero divisi, risucchiandoli uno al Tempio e l’altra al Senato, dove avrebbero svolto il loro dovere diligentemente pur pensando solo l’uno all’altra, e al loro bimbo. Finalmente sarebbe arrivato il tramonto, e si sarebbero incontrati nella veranda bagnata di calda luce arancione, e, insomma, sarebbero stati felici.

La sua mano trovò la via del ventre gonfio, e si posò lì mentre Padmé combatteva per rimanere attaccata con le unghie a quei pensieri pacifici. Poi perse, e dovette affrontare la realtà.

‹‹Anakin?››

‹‹Sì?››

Si staccò un po’ da lui per guardarlo bene negli occhi, e Anakin, che doveva aver capito di cosa voleva parlare, si staccò a sua volta un altro po’.

‹‹Possiamo parlare adesso?››

Anakin non rispose e si limitò a guardare nell’altra direzione, verso il corridoio per la veranda.

‹‹È importante per me.››

Anakin si girò per guardarla, e la scrutò per un secondo. Allungò una mano verso la sua guancia e l’accarezzò, modulando anche un piccolo sorriso di scuse.

‹‹Padmé, no. Non parliamo di queste cose, d’accordo? E’ una così bella giornata.››

‹‹Ma io devo -››

‹‹Padmé, no, non devi. Non dobbiamo fare niente. Fidati di me. Va tutto bene.››

Poi con un movimento fluido s’alzò e andò in cerca dei suoi vestiti e degli stivali. Padmé l’osservò ammutolita per un po’, mentre Anakin ciabattava di qui e di là come se non fosse successo assolutamente nulla il giorno prima e il giorno prima ancora. La sensazione divenne via via più strana, finché non dovette fare qualcosa per riportare se stessa nella realtà, ovvero, parlare.

‹‹Ma Anakin, quello  che Obi-Wan mi ha raccontato – quelle cose erano davvero…Non trovo nemmeno le parole, capisci? E io devo sapere se…››

‹‹Qualsiasi cosa ti abbia detto Obi-Wan, non devi credergli. Sta cercando di metterti contro di me.››

‹‹Ma Obi-Wan si preoccupa per noi!›› Riprese il fiato, ‹‹Anakin,›› la vocazione le uscì dalle labbra ancora più accorata di quanto avesse voluto, ‹‹cosa è successo? Mi ha detto cose che…››

I movimenti di Anakin in giro per la stanza – s’infilò gli stivali con un movimento secco, troppo forte – divennero nervosi, e la sua mascella si contrasse in una linea dura. Si raddrizzò e si passò una mano tra i capelli.

‹‹Padmé, l’unica cosa che devi sapere è che Obi-Wan è incapace di proteggerti come posso fare io. E io non ti perderò, fosse l’ultima cosa che faccio.››

Alto e cupo, s’infilò la giacca.

‹‹Adesso andrò ad incontrare l’imperatore. Ci vedremo stasera. Spero che userai la giornata per riflettere.››

Quindi uscì, e Padmé rimase lì a fissare il vuoto davanti al letto, chiedendosi esattamente a cosa avesse fatto da testimone quel mattino.

 

______________________

 

L’imperatore Palpatine si congratulò immediatamente per il successo conseguito dal suo apprendista nell’affrontare i separatisti su Mustafar. Gli disse, non risparmiando gli encomi, che aveva svolto in maniera più che efficiente il suo lavoro, e aggiunse, con una nota di sfrontata ironia, che l’intero impero lo ringraziava per il suo servizio. Aggiunse inoltre, con un sorriso non scevro di una certa affettazione, che una congrua ricompensa aspettava Anakin nel conto intestato a suo nome, e che era tutto suo e che poteva farci tutto quello che voleva. Era la prima volta che Anakin possedeva del denaro da quando era diventato un Jedi: tutto il denaro che aveva toccato negli anni del suo servizio era stato destinato alle emergenze o ai casi fortuiti.

Fu nel seguito di quella conversazione, tenuta attorno ad un tavolo imbandito di delicatezze di pasticceria, che Anakin venne a sapere del tentativo solitario del maestro Yoda di uccidere l’imperatore ed eseguire, insomma, il piano di rovesciamento del potere che i Jedi nutrivano da secoli.

‹‹Come puoi vedere, mio apprendista, un sapiente conoscitore del lato oscuro della Forza è assai più potente del più potente dei Jedi.››

Anakin lo aveva ascoltato a malapena, mentre ripensava al litigio di quella mattina.

‹‹Come sta la senatrice Padmé?›› chiese Palpatine con un sorriso che s’assomigliava in maniera sospetta ad un ghigno.

Immediatamente sorse il sospetto nella mente di Anakin che Palpatine in qualche modo sapesse del litigio. Probabilmente lo aveva potuto inferire dall’impronta incerta ed agitata di Anakin nella Forza. E comunque stessero le cose – ed era la parte che lo frustrava di più – si sentiva talmente vulnerabile che qualunque padawan, anche il più inesperto, avrebbe potuto metterlo fuori combattimento. Non era semplicemente abituato ad essere trattato in quella maniera da sua moglie.

‹‹Molto bene.››

Il vecchio aveva dimostrato più e più volte un’intensa curiosità nella sua situazione matrimoniale. Le sue pupille si ridussero a fessure, ma non disse altro.

All’improvviso, il volto sfigurato del suo Maestro gli procurava soltanto un profondo disgusto. Non gli piaceva quando Palpatine menzionava sua moglie. Il nome di Padmé – incontro delle labbra, colpo sul palato, di nuovo un bacio – era puro, e non andava insozzato.

E poi c’erano quelle paure strane, che si portava dietro da mesi ormai, e sembravano anni. Quanti giorni e quante notti aveva passato in uno stato di tremenda agitazione, cercando indizi che gli dicessero quanto Padmé lo amasse, se più, se come il giorno prima, o forse un po’ meno; e quel sospetto che lo faceva a pezzi.

‹‹Ritornando al tuo ottimo servizio, credo che tu ti meriti oltre a un riconoscimento in denaro anche un riconoscimento ufficiale, Vader. Organizzeremo una cerimonia per l’occasione. E, se non ti dispiace, ho già approntato una nuova residenza per te e tua moglie, che credo sarà di vostro gradimento. L’ho scelta per voi con i miei stessi occhi. Ma desideri qualcosa in particolare, apprendista? Se il sistema di Corellia ancora ti interessa…››

Le parole dell’imperatore erano sicuramente allettanti, ma nel cuore di Anakin non vibrava la cupidigia di chi all’improvviso poteva possedere molto. Il pensiero lo faceva quasi vergognare. Almeno in quel senso, riflettè con una punta d’ironia amara, era stato ben indottrinato dai Jedi. Eppure, provò anche un moto di soddisfazione. Ricevere un compenso lo rendeva automaticamente capace di sostenere economicamente la sua famiglia, e, quindi, lo rendeva un Vero Uomo. Solo la Forza sapeva quanto avesse odiato, tutti quegli anni, dover dipendere dal portafoglio della moglie.

‹‹Desidero sapere cosa dovrò fare adesso,›› rispose con cautela. Poi aggiunse, ‹‹e desidero che continui ad insegnarmi le vie del lato oscuro. Il parto è vicino.››

Palpatine ghignò.

‹‹Molto bene. Inizieremo con la seconda, oggi. Abbraccia la tua paura, apprendista,›› e poi, allargando il sorriso, ‹‹e la tua rabbia. Sono le passioni a muovere questo universo, e indirettamente anche la Forza stessa, in maniere più profonde di quanto non possano i trucchetti mozzi dei Jedi.››

______________________

 

La giornata passò in una strana, sfocata nebbia. Le parole di Anakin continuavano a riproporsi nella sua testa, assumendo via via sfumature più minacciose, finché Padmé non ebbe paura di essersi sognata quella conversazione, o di aver travisato in qualche modo le parole di Anakin. Sicuramente, faceva meno male pensarla a quel modo.

Dagli ampi vetri del suo attico osservò il Tempio un paio di volte, immaginando che Anakin fosse lì dentro, a meditare, a dare lezioni ai bambini. Anakin le aveva promesso un giorno che non avrebbe lasciato che l’Ordine s’appropriasse dei loro bambini, e che li avrebbe addestrati lui stesso e che sarebbero rimasti sempre insieme. Ma dov’erano ora quei bambini del Tempio? Perché…

Per svagarsi cercò d’affaccendarsi in casa, poiché non aveva il coraggio di uscire e affrontare la turbolenta vastità di Galactic City. Fu quando si sorprese a trasportare un vaso di fiori per la terza volta dal soggiorno alla camera degli ospiti che 3PO intervenne.

‹‹Padrona, sarebbe arrivata una chiamata or ora da Naboo,›› disse il robot con la sua caratteristica, appena ansiogena cortesia. ‹‹Ho ragione di credere che siano i suoi parenti, senatrice. Devo francamente osservare che sembrano alquanto agitati, ma sono sicuro che una buona conversazione -››

‹‹Grazie, Trepio.››

Era dunque arrivato il momento, effettivamente in anticipo sui tempi che lei aveva pianificato quando ancora poteva pianificare qualcosa. Non c’era nessun luogo dove nascondersi, e doveva affrontare la realtà.

Trepio la condusse, come al solito logorroicamente, fino al suo ufficio: a quel punto Padmé lo chiuse fuori dicendogli di andare ad annaffiare le piante ornamentali della veranda.  Quindi si sedette davanti alla consolle per le videochiamate e con un sospirò premette il pulsante per accettare il collegamento.

Prima leggermente disturbata, in seguito nitidissima, apparve l’immagine di sua madre.

‹‹Padmé! Non sai quanto eravamo preoccupati! Aspettavamo che fossi tu a chiamarci ma…››

Jobal Naberrie era stata una donna attraente e il suo viso ancora conservava la passata, e non del tutto sfiorita, bellezza. Teneva i capelli stretti nella sua solita crocchia, e indossava i suoi soliti abiti da casa, ma non c’era nulla di solito nella sua espressione tesa e nell’incarnato pallido. Pareva esser dimagrita, e sotto gli occhi aveva grosse occhiaie scure. Dietro di lei, Padmé riconosceva l’ufficio di suo padre, nella casa di Theed.

‹‹Avevamo paura che ti fosse successo qualcosa, lì a Coruscant…!››

Padmé le offrì un mezzo sorriso che voleva essere rassicurante.

‹‹Sto bene, mamma.››

Poi arrivò la domanda più scontata e più difficile che avesse potuto farla, e alla quale Padmé non aveva risposte convincenti.

‹‹Padmé, ma cosa sta succedendo?››

Poi dietro sua madre comparvero, un po’ inaspettatamente visto che non avevano fatto un suono da quando era cominciata la comunicazione, suo padre e sua sorella. Con voce totalmente disorientata, una alla quale Padmé non era abituata a dare ascolto quando si trattava di suo padre, Ruwee parlò.

‹‹Non si capisce più niente, Padmé. Cosa sta succedendo?››

Padmé per qualche istante li guardò soltanto, ammutolita. Delle parole le venivano in mente, e delle frasi s’assemblarono da sole, una più catastrofica dell’altra, finché non si ricordò che, con i loro occhi spauriti, la sua famiglia le stava chiedendo rassicurazioni che lei non era più in grado di dare.

‹‹Non lo so. Sono confusa quanto vuoi. Noi senatori non siamo stati informati in anticipo di questa mossa più del comune cittadino.››

Jobal e Ruwee si scambiarono un’occhiata di veloce preoccupazione.

‹‹Cos’è questa storia dell’impero? E il ragazzo, Skywalker…?››

Per i suoi genitori, Anakin era due cose soltanto, piuttosto marginali nella loro vita di tutti i giorni. Era un eroe acclamato della Repubblica, e, ormai remotamente, il protettore Jedi che Padmé aveva portato a casa tre anni prima e che sembrava essersi infatuato della loro figlia minore. Per quello che sapevano loro, le strade di Anakin e Padmé si erano separate dopo la follia di Geonosis – così come amavano riferirsi a quell’evento della sua vita – per incrociarsi saltuariamente ad eventi ufficiali o cose del genere. Padmé sapeva che avevano seguito con interesse le vicende del giovane Skywalker durante la guerra, e ogni qual volta il nome di Anakin affiorava sull’Holonet – fatto ormai piuttosto frequente – uno dei tre avrebbe trovato il modo di farne un punto di conversazione (“Oh, Padmé, hai sentito cosa ha fatto adesso il tuo Jedi?”); e col passare del tempo “il tuo Jedi” era diventato “il giovane Skywalker”, mentre la familiarità con quel ragazzo andava svanendo. Ad ogni modo, Padmé sapeva che i Naberrie erano orgogliosi di aver ospitato a pranzo l’eroe più luminoso della Repubblica, e i suoi sospetti furono confermati un giorno in cui Jobal, a metà tra il divertito e l’incredulo, le aveva raccontato che Ruwee s’era vantato coi  colleghi di universitù di averlo conosciuto personalmente.

Sola, che era terribilmente interessata nelle vicende amorose della sorella – o nella mancanza ‘assolutamente spaventevole’ di esse – aveva commentato un paio di volte che Padmé s’era fatta scappare proprio una bella occasione, così come amava definirla: perché Skywalker diventava, impresa dopo impresa, una leggenda e un gran bell’uomo. E ogni volta Padmé s'era dovuta trattenere dallo scoppiare in un sorriso e annunciare che non s'era lasciata scappare nessuna occasione, perché era proprio lei la moglie di quel meraviglioso, affascinante Jedi che camminava nella Storia.

‹‹Vi devo dire molte cose.››

Il chiaccheriggio agitato dall’altro lato dello schermo si zittì, e tutti gli occhi si fissarono nuovamente su di lei, pretendendo spiegazioni.

‹‹Voglio essere totalmente sincera con voi, e spero che riuscirete a tenere il segreto su ciò che sto per dirvi finché…finché sarà opportuno.››

Jobal annuì accorata.

‹‹Anakin…Anakin e io…è meglio che lo sappiate da me, capite, e che non vi arrivi per l’Holonet, no? Perché credo che la notizia stia per uscire comunque, quindi non ha senso che io vi tenga all’oscuro…››

‹‹Padmé…?››

‹‹Tre anni fa, io e Anakin, dopo – una settimana dopo – ci siamo, uh, ci siamo sposati. Sì, sposati. E io ora aspetto un bambino.››

Di colpo le sue mani divennero molto più interessanti del solito, mentre aspettava la loro reazione.

‹‹Sei sposata? Ma quando – noi non…sei incinta?››

Disse incinta come se le bruciasse la lingua, come se fosse qualcosa di incredibile e vagamente repellente, che non aveva alcun senso e non ne avrebbe mai avuto. La guardò con occhietti stralunati, e poi, come se stesse cercando qualcuno per suffragare la sua incredulità, passò in rassegna i volti del marito e dell’altra figlia, ugualmente confusi.

Poi fu Sola a scoppiare, puntando pure un dito allo schermo, con un’aria di terribile offesa.

‹‹Tutto questo tempo – e tu ce lo dici soltando adesso? Ora sì che quadra tutto. Scommetto che non t’andava di venire a visitarci con un bambino segreto nella pancia. Ay, Padmé!››

E poi scosse la testa, sorrise amaramente alle proprie scarpe e si girò.

Jobal ascoltò in silenzio lo sfogo della figlia maggiore, e guardò il marito in cerca di quell’aiuto indistinto che andava sperando di trovare. Ruwee si massaggiava le tempie come per mandar via uno sgradevole mal di testa. Poi parlò, senza né l’accoramento di Jobal né lo sdegno di Sola: sembrava stesse parlando del tempo.

‹‹E Skywalker è il padre. Ma quanto ancora pensavi di tenercelo nascosto?››

‹‹Ecco perché non veniva mai a casa!›› inserì Sola con una risatina isterica.

‹‹Sola, per favore,›› sussurrò Jobal intrecciando le dita in una preghiera.

‹‹Scusa mamma, ma è soltanto incredibile -››

‹‹Sola,›› supplicò Padmé. ‹‹Sola, non te ne -››

‹‹Padmé, almeno dacci uno straccio di spiegazione. Non sarebbe la cosa da fare? Ti sposi con un tipo che conosci da…cosa?, un mese?, e ce lo tieni nascosto per tre anni, dico tre anni, e poi ci dici che sei incinta di quest’uomo e che quest’uomo – ah, un Jedi, tra le altre cose  - e tu, e l’impero…›› e poi per lei parlarono le sue mani che disegnavano cerchi nell’aria, continuando con la sua esasperazione che non aveva più parole.

Padmé li guardò tutti in faccia. Qualunque cosa avesse detto loro sarebbe suonata una monca, stupida giustificazione.

‹‹Io non volevo darvi questo peso,›› esclamò, iniziando a piangere. ‹‹Sapevo che vi preoccupavate già tanto per me, e a cosa vi sarebbe servito sapere che ero sposata con Anakin, e che aspettavo un bambino? Ve lo volevo dire quando sarei arrivata a Naboo. Doveva essere un segreto. Se l’Ordine lo avesse saputo Anakin sarebbe stato espulso e io – io non volevo creare uno scandalo lì a Naboo -››

‹‹Noi avevamo il diritto di sapere!›› ruggì Ruwee. ‹‹Sei ancoa nostra figlia, Padmé!››

‹‹E ve lo avrei detto!››

Fu Sola a parlare stavolta, girandosi e allargando le braccia.

‹‹Quando? Quando ti sarebbe scappato il suo nome? Era questo il vostro piano? Oh, Padmé, credevo…credevo…››

‹‹Noi volevamo solo -››

‹‹Cos’è che volevate? Tu -››

E gli occhi di Sola divennero grandi come piattini, improvvisamente illuminati da un’idea sfolgorante. ‹‹Tu eri a conoscenza di tutto – tu sai tutto…››

‹‹No!›› gridò Padmé, sentendo che l’agitazione le congestionava anche il volto. ‹‹Ve lo giuro, ve lo giuro sul mio bambino, io non ne sapevo niente, non mi è stato detto niente. Anakin, lui non…››

Ma era inutile. Sola la guardava con sospetto, e se n’era andata alla finestra, a guardar fuori, nella soleggiata tarda primavera naboo. Ruwee l’aveva seguita ciondolando, passandosi una mano tra i capelli grigi, con la camicia tutta stropicciata dove l’aveva sfregata contro lo schienale della sedia. Jobal, l’unica rimasta lì davanti allo schermo, si tormentava il labbro superiore come faceva sempre in quelle situazioni.

‹‹Oh, Padmé,›› disse Jobal sottovoce. ‹‹Che situazione.››

Era una bella situazione davvero. Ora che ne aveva parlato ad alta voce a Padmé appariva chiara l’assurdità di tutta quella vicenda. Insomma, sposarsi, rimanere incinta, e nascondere tutto ciò alla propria famiglia per tre anni? Ce n’era di che uscir pazzi. Ora si sentiva soltanto desolata, e prese a tormentarsi le mani sotto al tavolo, aspettando che qualcuno di loro dicesse qualcosa.

‹‹Guarda un po’ che storia,›› disse Ruwee dalla finestra, come se stesse commentando su un risultato sportivo. Suo padre pareva del tutto fuori da quella stanza, nel suo mondo personale. E poi a Padmé venne in mente di tutte quelle volte in cui solo lei era riuscita ad entrare nelle timide malinconie di suo padre, quando non era l’uomo gioviale di tutti giorni, e le venne da piangere.

‹‹Di quanti mesi sei?››

‹‹Scusami?››

‹‹A che mese sei?››

‹‹Ottavo,›› rispose Padmé. Istintivamente una mano si posò sulla pancia tesa sotto la tesa del suo abito. Il bambino lì dentro si rigirò, mollando un calcetto garbato.

‹‹E dov’è Anakin adesso?›› interruppe Ruwee. ‹‹E cosa diavolo è successo ai Jedi, già che ci siamo?››

‹‹Lui non è qui adesso. Credo sia con Palpatine in questo momento. Ed io so solo che l’impero ha dichiarato i Jedi suoi nemici, e che sono stati distrutti. Vi giuro che è tutto quello che so. Anakin è tornato soltanto ieri notte…››

La lingua pungente di Sola fu troncata da un brusco gesto di Jobal, che prese le parti della figlia.

‹‹Sola, ti pregherei di smetterla. E anche tu, Ruwee. Non è il momento di fare delle accuse. Io credo a Padmé e…e sono sicura che è sempre stata in buona fede. Hai ragione, Ruwee, è ancora nostra figlia.››

E lo disse con un tono così perentorio che sembrava volesse scacciare dalle teste di tutti il sospetto che ad aver tenuto su tutto quel teatrino fosse stata un’altra Padmé – un clone sconosciuto che aveva tramato nell’ombra contro la stessa Repubblica che aveva fatto finta di sostenere. Le sue parole furono incontrate da espressioni di rassegnazione sia in Sola sia in Ruwee, che non erano mai sembrati più simili.

‹‹Mi dispiace, mamma,›› disse Padmé alla fine, per spezzare il silenzio che era calato dopo le parole della madre. ‹‹Mi dispiace davvero tanto.››

‹‹Tienici informati, Padmé. Qui a Naboo da ieri le informazioni sono scarse. Sembra siano stati instituiti dei filtri…››

‹‹Filtri?››

‹‹L’informazione, non passa più come prima. Abbiamo difficoltà a collegarci all’Holonet. C’è molta confusione. Nemmeno Apailana ha rilasciato delle dichiarazioni.››

E guardando sua madre, con le rughe accentuate dalla preoccupazioni, i capelli un po’ ingrigiti sulla fronte, quell’aria spaesata e la mantellina tenuta stretta al collo come se fosse un impermeabile da giardino, Padmé provò un’ondata di terribile tenerezza, che le sarebbe piaciuto avviluppare la madre in un abbraccio infinito.

Poi, per evitare altre accuse da una parte, e altre giustificazioni insufficienti dall’altra, Jobal cambiò bruscamente discorso, riuscendo anche a fare un piccolo sorriso d’incoraggiamento.

‹‹Posso vedere questa pancia, allora? Visto che ho saputo di aspettare un altro nipote soltanto cinque minuti fa…››

Padmé fissò la madre e poi, quand’ebbe registrato la richiesta, un po’ meccanicamente, Padmé s’alzò dalla sedia e fece qualche passo indietro. L’abito che indossava era un esemplare informale, da casa, e non era sagomato per nascondere la gravidanza come i pesanti abiti senatoriali. Si mise di profilo, tirò un po’ indietro i lembi dello scialle e poggiò le mani là dove il rigonfiamento era più pronunciato. Quando guardò nello schermo, vide che Sola s’era avvicinata per dare anche lei un’occhiata, e sembrava affacciarsi allo schermo quasi a malincuore; Ruwee pure, un po’ distante, pareva in osservazione.

‹‹Ed è un maschio o una femmina?››

Oh, com’era delicato e ironico tutto ciò, parlare di quelle cose come se fossero in un salottino e tutto fosse a posto!

‹‹Vogliamo che rimanga una sorpresa. Io credo che sia un maschio, però. Anakin dice -›› si mozzò a metà frase, prese un respiro, ‹‹Anakin dice che è una femmina, ma credo lo faccia solo per contraddirmi. Dice che la sua impronta nella Forza è fenomenale…lui riesce già a sentirlo, è una cosa da Jedi…››

La piccola riunione di famiglia si concluse in fretta, tra un ‘riguardati’ e un ‘tienici informati’. Jobal assunse un’espressione determinata, da matrona decisa, mentre Ruwee sembrò essere sul punto di piangere quando dovette salutare la figlia, anche se fece di tutto per nasconderlo. Sola mise da parte l’offesa e disse alla sorella di stare attenta, che Ryoo e Pooja non facevano altro che chiedere di lei e che Ryoo aveva adorato il suo regalo per il suo nono compleanno.

Poi la telecomunicazione finì, e Padmé rimase veramente sola nel suo ufficio. Per qualche tempo si chiese cosa stesse facendo Anakin in quei momenti; poi il peso del bambino sulla sua schiena la costrinse a stendersi sul divano del suo ufficio e a cadere in un sonno agitato.

 

 

Si svegliò quando nelle narici sentì un odore buono, di lino pulito, shampoo generico, giacca di pelle esposta al sudore e alle intemperie. Dapprima nemmeno s’accorse di cosa le succedeva, poi sentì che forti braccia, molto calde, la trasportavano dall’ufficio alla camera da letto.

‹‹Anakin…››

‹‹Shhh. È tutto a posto.››

La depose sul letto, le mise una coperta addosso e s’assicurò che le coprisse anche i piedi. Poi un avvallamento nel materasso l’avvisò che s’era seduto sul letto pure lui.

‹‹Anakin, dove sei stato? Che ore sono? Deve essere tardi…››

Il marito era una figura scura nella penombra, appena appoggiato sul bordo del letto. Girandosi verso la parete dietro il letto, accese le luci nella stanza.

‹‹Ora di dormire,›› rispose Anakin con gentilezza. C’era qualcosa nella maniera in cui teneva le spalle che le diceva che era stanco. ‹‹E avevo un impegno con l’imperatore.››

Anakin non si dilungò in spiegazioni. Evidentemente doveva pensare che le bastasse una frase buttata lì per rasserenarsi, e la poca considerazione dimostrata da lui riuscì quasi ad offenderla. Ma poi si ricordò che Anakin era in una situazione delicata, e che lei doveva essere altrettanto delicata. Tutta quella questione, decise, pendeva dalle sue mani.

‹‹Ne avrai molti, d’ora in poi?››

Le sue parole risuonarono nella stanza senza risposta. Anakin si limitò a sospirare, e appoggiando i gomiti sulle ginocchia prese a massaggiarsi le tempie. I muscoli della sua schiena si flessero armoniosamente sotto la tunica leggera che portava.

‹‹Può darsi. Ma non voglio avere una conversazione del genere adesso, Padmé.››

Con qualche difficoltà, Padmé si mise a sedere e s’avvicinò alla schiena del marito. Alzò una mano per toccarlo, ma poi preferì evitare. Anakin non diede segni d’essersene accorto, ma evitò accuratamente di girarsi.

‹‹Io invece sì,›› disse Padmé. ‹‹Obi-Wan è venuto l’altroieri.›› Doveva iniziare dall’inizio, e andarci in maniera decisa. Doveva pur attaccare da qualche parte quel discorso. ‹‹È venuto l’altroieri e abbiamo parlato. Vuole aiutarci. E lui mi ha detto che tu sei – che tu sei passato al lato oscuro.››

Si meravigliò di come gli uscì fuori quell’osservazione, come se stesse parlando del gusto del tè, o qualcosa del genere, e continuò. ‹‹Mi ha detto che tu…ecco. Che tu hai fatto delle cose orribili. Che tu hai ucciso dei – o cielo, Anakin, che tu hai ucciso dei bambini!››

Di tutte le reazioni che si sarebbe potuta aspettare, Anakin scelse la più inquietante. Sbuffò, come se la questione lo stesse annoiando, s’alzò dal letto come una molla, fece il giro del letto e andò a piantarsi davanti alla finestra. Non disse nulla, e forse fu quella la parte che più fece sobbalzare il cuore di Padmé: quell’improvvisa, brutale afasia.

‹‹Anakin, per favore, dimmi che non è vero. Dimmi che non è vero e io ti crederò. Ani, io te lo giuro. Tu dimmi che non è vero, e io non lo metterò in dubbio.››

Passarono altri momenti silenziosi, in cui lui guardò tra le lamine delle tende il traffico della Coruscant notturna e lei guardò lui fare la statua alla finestra. Infine parlò, con una voce fredda che in tre anni Padmé non aveva mai sentito, e, si rese conto, le faceva paura.

‹‹Come ti ho detto, Obi-Wan sta solo cercando di metterti contro di me. E noi, noi non abbiamo bisogno del suo aiuto. Lui, piuttosto…››

‹‹Tu non capisci, Ana -››

‹‹No, no. Io capisco benissimo. E ti dico una cosa. Obi-Wan, è lui che potrà proteggerti? Esattamente. Non può. Padmé, amore, non può. Obi-Wan non è abbastanza forte, io solo posso salvarti. Io troverò il modo. Solo io ho quel potere. Solo io posso darti tutto quello che vuoi, Padmé.››

Padmé lo ascoltò andare e andare, e si sentiva come se, ad una stazione, lei rimanesse sulla piattaforma, e lui partisse per luoghi lontani. Sentiva d’essere sul punto di piangere, per sua vergogna, ma in qualche modo riuscì a controllare i muscoli del viso e a mantenere le lacrime ancorate all’occhio.

‹‹Anakin, tutto quello che voglio – tutto quello che mi serve – è che tu ami. Non mi serve altro, voglio solo quello. Mi basta. Ti ho mai chiesto altro? Rispondimi!››

Il suo tono, all’improvviso più duro, lo scosse, e le parole di Anakin implosero all’improvviso.

‹‹Perché non puoi…perché non puoi fare come se non fosse successo nulla? Perché non puoi accettare che lo cose adesso stanno così?››

‹‹Ma Anakin, ti ho appena detto – non dici nulla?›› E non aveva il coraggio di ripetere quell’accusa. Era troppo grande, terribile e oscura perché lei potesse di nuovo formulare una frase del genere. Sarebbe piuttosto morta – sarebbe stato mille volte meglio – invece che ripetere quell’abominio.

E poi non seppe più trattenersi e scoppiò a piangere, stavolta davvero.

‹‹Oh Anakin, come stanno le cose allora? Non so nemmeno quello. Non mi hai detto nulla, Anakin, Nulla.››

‹‹Bè, te lo dico, cosa sta succedendo. Succede che adesso c’è l’impero, e la tua repubblica non esiste più. Finita. Finisce tutto, no, prima o poi? Me lo hai detto anche tu, una volta. Ecco cosa sta succedendo.››

Padmé riuscì solo ad appoggiarsi tutte e due le mani su quella pancia gonfia che aveva, sentendo che i capelli le scappavano dalla crocchia elaborata sulla nuca. Si sentiva il volto avvampare, e anche le lacrime erano calde. ‹‹Anakin, tu non parlavi così…Tu sei cambiato, tu non sei più…››

‹‹Parli come farebbe Obi-Wan!›› urlò Anakin, puntandole contro un dito minaccioso.

‹‹Ma cosa c’entra Obi-W…››

‹‹Oh, io non ti perderò come ho perso mia madre…No, oh no. Sono diventato più potente di qualsiasi Jedi, e l’ho fatto per te, per proteggerti, Padmé! E in cambio tu cosa fai? Parli come quella feccia di un Jedi, tu mi accusi, e io lo vedo!››

Padmé lo guardò mentre riprendeva quella camminata nervosa, avanti e indietro, indietro e avanti. Le sue dita si flettevano in mille piccoli scatti d’elettricità repressa.

‹‹Aveva ragione l’imperatore, aveva ragione…›› mormorava sotto voce. ‹‹Ma ora cambierà tutto, ora cambierà tutto…››

‹‹No, Anakin, no. Lasciamo indietro tutto, sì!, andiamocene via, a Naboo, cresciamo il nostro bambino, in pace…noi possiamo ancora farlo, Anakin, possiamo ancora -››

E tutte quelle immagini le vennero in mente. Immagini di una famiglia felice, in una casa elegante, con tanta aria e tanto sole e tanto amore. Loro due che crescevano insieme, e poi qualche bambino, sì, qualche bambino con teste coperte di capelli biondi, grandi occhi blu e quel bel cognome: Skywalker. Una vita agiata, lontana dagli intrighi di Coruscant, da tutto l’inquinamento dell’aria e delle menti. Se l’era sempre immaginata così la sua vita con Anakin, ma ora era tutto sparito. Non sapeva se le spezzava di più il cuore la recente follia di Anakin o la perdita del suo grande sogno.

‹‹Non dobbiamo più scappare da nessuna parte, Padmé! ›› E proruppe in una risata da folle.

Padmé rimase congelata sul letto, incapace di muoversi. Per un momento pensò di scappare, ma tutti i suoi muscoli tremavano ed era troppo stanca e troppo pesante per alzarsi. Poteva solo ascoltarlo, mentre distruggeva tutto quello in cui Padmé aveva creduto.

‹‹Io ho portato la pace alla Repubblica. Sono più potente del Cancelliere, io posso ucciderlo!›› Nei suoi occhi turbinava un fuoco che Padmé non aveva mai visto. ‹‹E allora governeremo io e te, insieme. Per sempre. Faremo le cose a modo nostro. Metteremo tutto a posto. Te lo prometto, metteremo tutto a posto.››

Iniziò a tremare, finché non le sembrò come d’essere in preda ad una piccola crisi epilettica. Provava un dolore sordo al petto – no, lo provava in tutto il corpo, un dolore cieco e fabbricato, senza cause fisiche ma tremendo lo stesso. E ora lo vedeva, il suo Anakin, tutto solo, per una strada ventosa e buia, che portava solo alla morte e all’autodistruzione. Lei rimaneva da qualche parte ad un lato della strada con un bambino tra le braccia, sperduta sotto la pioggia. E si convinse, con la semplice forza della disperazione, che quello davanti a sé non era Anakin, ma una sua replica brutale e selvatica: perché Anakin era un giovane uomo dolce, gentile, che amava e si faceva amare, che non uccideva gli innocenti ma li proteggeva, che amava la democrazia e la libertà.

‹‹Tu mi spezzi il cuore. Hai intrapreso – Ani, hai intrapreso un sentiero che non posso seguire… ››

Anakin fece un ruggito animalesco, attraverso la stanza, strappò uno degli abat-jour e lo schiantò a terra facendolo frantumare in mille pezzi.

‹‹È per colpa di Obi-Wan, vero? Tu e Obi-Wan, tu e Obi-Wan, avrei dovuto saperlo! Avrei dovuto immaginarlo!››

L’accusa infamante aggiunse altra sofferenza alla tortura di Padmé, che si raggomitolò su se stessa. Era prossima a svenire, e il bambino scalciava come un folle in ogni direzione…e le girava la testa…

‹‹No! Non c’entra nulla Obi-Wan! Non posso seguirti per te, perché sei cambiato, perché non ti riconosco più! Io ti amo, Anakin!››

‹‹Tu menti!›› ruggì Anakin.

Nella luce fioca della sua camera da letto Padmé sentì dita invisibili chiudersi attorno alla sua gola, e premere. Dapprima non capì come fosse possibile, e poi – oh! – poi vide Anakin con quella mano estesa contro di lei, gli occhi folli e gialli, gialli sulfurei, disumani e mostruosi ed ebbe paura di morire.

Tutti i dettagli nella stanza divennero all’improvviso vividissimi, e Padmé avrebbe quasi potuto apprezzare l’improvvisa nitidezza di tutto, se non fosse stata ipnotizzata da quegli occhi. E presto non vide neanche quelli, perché macchie nere le apparvero davanti agli occhi.

L’ultima cosa che si ricordò fu lo spasmo dei polmoni in cerca d’aria, e i calci disperati del bambino.

Padmé scivolò nel buio.


~*~

Un doveroso ringraziamento va a pingui79, la mia prima commentatrice...grazie carissima e spero che i prossimi capitoli piaceranno a te e agli altri lettori altrettanto :) Per quello che riguarda il mio amatissimo Anakin...mmm l'autrice evita di lasciarsi scappare spoiler ;)

 

  
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