My Sorrow
Capitolo 6 : Revenge
Our train was running fast
But you have never left
And your eyes have seen you were the weak
We cannot stay away
Maybe you'll never realize
I don't want too late
But you have never left
And your eyes have seen you were the weak
We cannot stay away
Maybe you'll never realize
I don't want too late
Shandon
- Revenge
Quando
aveva sentito dire che il dolore spinge le
persone a fare cose stupide, Sana non aveva mai pensato che sarebbe mai
arrivata a fare quello.
Una
cosa stupida sarebbe stata, giusto per fare un
esempio, dedicarsi a vizi, quali l’alcool o la droga, che avrebbero
avuto
l’unica funzione finale di guastarle irrimediabilmente salute ed umore.
Un'altra
cosa stupida invece, poteva essere quella di
uscire con un ragazzo di cui non ti interessa pressoché nulla, giusto
per
dimenticare l’altro, verso il quale provi ancora un sentimento
che ti
corrode l’anima come acido velenoso.
“Pronto?
Ciao Sana sono Naozumi, volevo chiederti
se ti andava di vederci questa sera, sempre che tu non abbia altri
impegni”.
Dopo
un attimo di titubanza, Sana aveva realizzato che
in realtà di impegni, di altre cose da fare, di altre persone a cui
pensare,
lei non ne aveva.
“Certo
Naozumi, dove andiamo?”
La
voce incrinata quel tanto che basta per dimostrare
quanto la cosa, in realtà non l’allettasse più di tanto; allegra quel
tanto per
causare in Naozumi una forte scarica di adrenalina che gli aveva fatto
toccare
il cielo con un dito.
“Hanno
aperto un nuovo locale in centro”.
Fingersi
entusiasta per non giocarsi quell’ultima
possibilità di non pensare.
Dio,
dimenticare anche solo per un momento... Avrebbe
pagato per poterci riuscire, per poter chiudere Akito per sempre fuori
dalla
sua vita, dopo il rifiuto di due sere prima che ancora le rimbombava
nel petto
e le faceva girare la testa.
Un
morbo mortale, ecco che cos’era quel sentimento
cresciuto come una pianta malata e velenosa, da tenere il più lontano
possibile
dalle persone perché poteva nuocere. Ferire. Gratuitamente.
“Che
bello. Allora a che ora passi a prendermi?”.
Subito.
Si era costretta a pensare a quello perché in
realtà lei sperava vivamente che qualcuno piombasse in casa sua
costringendola
ad evadere da quel mondo in cui era piombata e che le aveva precluso
ogni via
d’uscita.
“Facciamo
per le otto?”
Ed otto
siano. Qualunque cosa va bene, devo solo
togliermi di dosso questa melma maleodorante che mi causa forti conati
di
nausea e continue stilettate in mezzo al cuore. Il suo odore dannato.
“Perfetto.
Allora a stasera”
Stasera. Se
solo
avesse saputo che c’era la possibilità di andare a dormire e di non
svegliarsi
mai più, non dover scappare dai problemi, ma semplicemente trovare un
alternativa per risolverli, avrebbe accolto la notizia a braccia
aperte,
ringraziando qualche angelo lassù che aveva avuto pietà di lei. Lei,
che ora
aveva il cuore a brandelli e che ancora cercava di ricucirlo in un
pezzo unico,
sarta fallita di un negozio in rovina.
“A
stasera Sana”
E
ancora la sua voce dolce, preludio di sogni e
promesse che Sana non sarebbe riuscita a mantenere perché ormai tutto
il suo
vivere era rivolto ad un’unica persona che però non la voleva. Non
la voleva
più.
Lontani
erano i tempi in cui lei gli si accoccolava
tra le braccia, esausta per il tentativo compiuto dai loro corpi di
potersi
incontrare ancora più intimamente, ancora di più, nemmeno fosse
possibile
superare la barriera che erano i loro stessi corpi e diventare uno
solo.
Lo amava.
I can live without you
I couldn't stay without you
Do you think I'm goin' on and on?
I couldn't stay without you
Do you think I'm goin' on and on?
Shandon
- Revenge
Quando
questa consapevolezza era diventata parte
integrante di lei, quasi aveva pianto. Quando lui le aveva detto di
andarsene,
quasi era morta.
Ritrovare
le foto intrappolate tra le pagine di un
diario segreto che aveva ascoltato le sue lacrime silenziose, che aveva
accolto
con dolcezza i suoi più intimi pensieri, le sue confidenze, era stato
come
morire. Per la seconda volta. Attimi immortalati su di una
pellicola
lucida che non potevano rappresentare nemmeno lontanamente la gioia
provata nel
viverli, sebbene i loro sorrisi lasciassero poco spazio
all’immaginazione.
Accantonarli, in un angolo remoto della stanza, dove nessuno – soprattutto
lei – avrebbe mai potuto trovarli e chissà, riviverli anche,
immergendosi
in quelle sensazioni squisite che avevano accompagnato lei e Akito per
tre
lunghi mesi.
Tappeti
di foglie secche ed ingiallite, una coltre di
neve sul gazebo nel parco di Tokio, la pioggia di fine estate che si
era
sfogata su di lei, nemmeno avesse voluto avvertirla... C’era tutto, era
tutto
ancora li, con la spada sguainata pronta ad infliggerle il colpo
mortale.
Sana
si rigirò nel letto e soffocò la testa nel
cuscino, per nascondere i sospiri e i gemiti di dolore in quella
soffice
distesa di piume che custodiva gelosamente ogni stilla crollata
miseramente dai
suoi occhi.
Rifletté,
Sana, che vedere Akito baciare Kiky – con
quelle labbra che una volta erano state soltanto sue, che avevano
baciato lei
con quella dolcezza che aveva intravisto aldilà del finestrino
grondante
d’acqua, che lei aveva studiato e che conosceva alla perfezione – era
stato il
colpo di grazia.
No,
nessuno aveva avuto pietà della sciocca ragazzina
egoista troppo confusa per capire cosa voleva dalla vita. Nessuno.
Sana
colpì il cuscino con un pugno che andò ad
infrangersi sommessamente plasmandolo secondo la forma delle sue dita
contratte
– Non ce la posso fare – pianse.
Pianse
per Akito, per Kiky, per quella storia appena
cominciata ma che probabilmente aveva comunque più valenza di quella
che lei – con
tutto il suo amore, con tutta la passione in corpo, con ogni gesto
compiuto
ogni giorno – aveva avuto con lui.
Semplicemente
pianse.
Pianse
per quell’amore che ora non le apparteneva più.
*
- Akito,
io ho capito che ti amo –
Come
diavolo era possibile che una persona ti sparasse
una frase così senza nemmeno pensare, senza nemmeno avere il rimorso
per quelle
parole sputate come noccioline su di lui, che ancora la fissava con
quegli
occhi crudeli e sofferenti allo stesso tempo. Crudeltà che feriva,
sofferenza reclamata dalla sua anima distrutta che voleva solo vendetta.
Vendetta
per cosa? Per averle detto che l’amava ed
aver avuto in risposta solo il suo silenzio? Vendetta perché Sana come
sempre
non sapeva gestire le situazioni che la riguardavano direttamente?
Akito
fece spallucce, disteso nel suo letto a fissare
il soffitto.
Vendetta,
semplicemente vendetta per quel cuore ferito
che adesso richiedeva un riscatto.
In
guerra e in amore tutto è lecito...
Pure
le vittime. E chissà se Kiky era semplicemente un
civile che, disgraziatamente, aveva deciso di passare proprio nel punto
dove
l’aereo avrebbe sganciato la bomba.
Akito
strinse i pugni.
No,
lui non era come Sana, lui non usava le persone
per raggiungere i suoi scopi. Lui non giocava con i sentimenti della
gente,
dannazione.
Era
per quello che aveva deciso, mentre baciava Sana
consapevole del fatto che forse quella era l’ultima volta che lo
faceva, che
con Kiky avrebbe fatto sul serio.
Dopotutto
nemmeno gli dispiaceva. E il fatto che non
l’amasse come amava Sana era solo un dettaglio. Uno stupido,
insignificante
dettaglio che avrebbe accantonato da qualche parte nella sua mente e
che, se
mai fosse tornato a manifestarsi, avrebbe respinto con tutte le sue
forze.
L’avrebbe scacciato via, quel maledetto.
E
intanto a scuola aveva cominciato a camminare con
Kiky per mano. Lei stava al suo fianco, sorridente, lo intratteneva in
lunghe
conversazioni divertenti, con il suo vociare continuo ed inarrestabile,
mentre
lui fendeva quella folla di compagni che lo guardavano spalancando gli
occhi.
Che
diavolo volete? Pensavate di vederci Sana al mio
fianco? Avete sbagliato... Lei ha sbagliato tutto, maledizione!
Kiky
nemmeno gli faceva domande sul perché Sana non
gli voleva rivolgere la parola. Sapeva che la ragazza aveva notato
tutto, ed il
fatto che si limitasse ad osservare e a stare zitta gliela faceva
apprezzare.
Cominciava addirittura a pensare che fosse la ragazza giusta
per lui.
Sicuramente
la preferiva a Tsuyoshi, che in ogni
momento libero, coglieva l’occasione per tormentarlo con le sue stupide
domande
insulse alle quali, Akito era ormai rassegnato, Tsuyoshi si rispondeva
da solo.
“Stai
con Kiky adesso? Ma certo, che domande!”
“Sana
l’hai dimenticata? Ovvio che no!”
“Ti
sembra carino usare le persone? Nemmeno te ne
rendi conto”.
E
il fatto che le risposte che l’amico si dava da solo
fossero la pura – sputata, rifiutata, disprezzata – verità, era
un altro
dannatissimo dettaglio la cui importanza era pressoché nulla.
Sua
sorella Natsumi entrò in camera e gli lanciò il
solito sguardo preoccupato che – da un paio di giorni a questa parte –
riservava solo a lui, vedendolo probabilmente sul depresso andante, gli
occhi
tristi potevano solo eguagliare quel periodo della sua infanzia in cui
si era ritenuto
responsabile della morte della mamma. Demonio.
Gli
ricordò che si doveva vestire, perché Kiky
– e la sua voce pronunciando questo nome ebbe un lieve tremito – lo
stava
probabilmente aspettando per uscire.
Akito
sbuffò e si alzò di malavoglia dal letto, mentre
immerso tra i suoi pensieri – per nulla felici – spulciava tra i
confusi
vestiti nel suo armadio e tirava fuori quanto di più elegante
possedesse.
Una
camicia bianca...
Quella
che aveva indossato al suo diciottesimo
compleanno.
Un paio
di jeans...
Quelli
che gli aveva regalato Sana.
Tanto
un colpo in più, uno in meno, che dannato
effetto poteva mai avere sul suo umore? Non sarebbe di certo morto. Oh
no, di
cose peggiori ne aveva vissute, eccome.
Sana
non poteva essere così fondamentale nella sua
vita. Il fatto che il suo cuore grondasse di sangue all’interno del suo
corpo,
era solo un altro, misero, inutilissimo, dettaglio.
*
Kiky
indossava una minigonna un po’ troppo
rivelatrice. Quando Akito la notò si innervosì parecchio. Il genere di
locali
in cui stavano andando solitamente erano stracolmi di ragazzi che non
facevano
altro che guardarsi intorno come avvoltoi affamati in cerca di qualche
ragazza
– la loro preda – da spartirsi dopo averci giocato per benino.
-Non
potevi venire in mutande già che c’eri? – la
rimbeccò lui, osservandola con uno sguardo lugubre che avrebbe fatto
venir
voglia di morire anche alla persona più felice dell’universo.
La
persona più felice dell’universo – lui pensava –
era Sana.
Forse
lei aveva già voglia di morire, si
disse sperando crudelmente che fosse la realtà.
Kiky
fece una linguaccia – No! Questa gonna mi piace
un sacco e non vedo cosa ci sia di male nell’indossarla! – gli disse
lei per
tutta risposta. Non aveva paura di niente quella piccola selvaggia.
-C’è
di male che mezza città ti inchioderà gli occhi
addosso e non li sposterà fino a che le avrà tirato un pungo sul naso.
Peccato
che prima di poterti trascinare via, mi avranno già arrestato – le
disse
solamente.
Le
diede una gentile spinta sulla spalla per
convincerla ad incamminarsi.
-Ci
sei tu che mi proteggi. Non posso avere paura se
sto con te – gli disse con un sorriso lei, accoccolandosi sul suo petto
caldo
mentre continuavano a camminare.
Era
un sabato sera eccezionalmente sereno. Gli ultimi
due giorni erano stati i più piovosi nella storia degli ultimi
vent’anni – a
detta di esperti, non che Akito ne fosse poi molto convinto – mentre
ora un
allegro cianciare di persone si riversava lungo le vie della città,
lasciando
libere le briglie che lo aveva costretto in quell’ultimo periodo.
Il
cielo incredibilmente terso, si vestiva con colori
freddi di azzurro e lillà, dove il sole ormai scompariva alla vista.
Nel farci
caso, Akito provò un brivido di freddo, non fosse stato altro che per
il gelo
che effettivamente gli pungeva la pelle come tanti spilli dispettosi.
-Non
ti ci abituare. Prima o poi lascerò che qualche
pazzo maniaco ti rapisca, così imparerai una volta per tutte a
comportarti in
maniera dignitosa – la canzonò lui, cedendo finalmente all’istinto di
passarle
un braccio intorno alle spalle.
Kiky
era piccola, ancora più piccola di Sana e ogni
volta che l’abbracciava aveva più la sensazione di avere a che fare con
una
bambina, piuttosto che con una ragazza.
Peccato
che la lingua biforcuta che si ritrovava e il
caratterino che gli ricordava moltissimo chissà chi,
dimostrassero quale
genere di persona fosse realmente e cioè...
-Una
vipera vera e propria. Prima o poi capirai che ho
ragione – le disse solamente.
Kiky
rise, ma non rispose, consapevole del fatto che
Akito diceva la verità.
Quando
entrarono al locale, lui le sfilò dolcemente la
giacca dalle spalle, scoprendo una maglietta che le copriva appena lo
stretto
indispensabile e le lasciava scoperta più della metà della schiena,
rivelando
una pelle bianchissima e profumata.
Akito
si incupì – Chissà perché avevi freddo. Ti pare
il modo di andare in giro vestita? –
Kiky
si puntò le mani sui fianchi – Oh che palle
Hayama, sembri mio padre! – lo canzonò – Piuttosto che rompere, vai ad
appendere
i cappotti, io cerco un posto dove sederci –
Akito
nemmeno le rispose, ma fece come Kiky gli aveva
suggerito. Odiava constatare che quella piccola iena avesse pure
ragione, a
volte. Anzi, quasi sempre.
Diede
le giacche in mano ad un ragazzetto che non avrà
avuto più di quindici anni e che probabilmente lavorava in quel locale
per
guadagnarsi un po’ di grana da spendere in videogiochi e dietro alle
prime
ragazzine. Fu abbastanza riluttante, Akito, a dire la verità, non che
non si
fidasse del moccioso – così lo aveva catalogato nella sua testa – ma
aveva un
non so che di poco affidabile.
Decise
che tutto sommato, anche se gli avesse rubato
le giacche, non gli sarebbe dispiaciuto vedere Kiky tornare a casa
mezza nuda
tutta tremante per il freddo, così sebbene contrariato, alla fine il
moccioso
sparì dalla sua vista.
Akito
si voltò alla ricerca di una testa scura e di
una cascata di riccioli – che lei aveva fatto quella sera appositamente
per
lui, ignorando quanto lui preferisse in realtà i capelli lisci e, possibilmente,
rossi – che probabilmente lo stava aspettando.
La
vide in un angolo, seduta ad un tavolino di
cristallo fragile con una tovaglietta che non c’entrava proprio nulla
con lo
stile raffinato del mobile. Ignorando il cattivo gusto degli
arredatori, si
fece strada verso di lei, attraverso la calca di persone che affollava
il
locale.
Era
la prima serata di quel posto, era
l’inaugurazione, ma comunque Akito non capiva il motivo di tutta quella
confusione. Va bene, era carino, va bene, era a buon mercato, ma perché
tanto
macello per un locale comunissimo?
Prese
posto accanto a Kiky che spinse verso di lui il
menù.
-Io
prendo questo – gli disse, indicando un immagine
con anelli di cipolla soffritti in una quantità spropositata di olio
che
avrebbero fatto ciao-ciao con la manina al fegato supplicante.
-Ci
vai giù pesante – la prese in giro, dando un
occhiata alla lista di cibarie vegetariane, storcendo il naso quando
lesse
alcune cose improponibili che invece quel menù osceno proponeva.
Alzò
lo sguardo per osservare quella calca di persone
che ora, finalmente, si stava cominciando a levare dai piedi. Quando
pure
l’ultima oca rintronata si fu levata dal suo campo visivo – lasciando
dietro di
sé un luccichio sfavillante dovuto all’abitino rosa e cangiante che
indossava
- la vide.
Ed
improvvisamente, la musica, le voci, Kiky accanto a
sé che gli chiedeva se avesse deciso cosa prendere, tutto scomparve.
L’unica
consapevolezza fu il battito del suo cuore che
cominciava ad aumentare, rimbombando nelle sue orecchie ed impedendogli
di
sentire suono alcuno.
Quando
anche lei sollevò il suo sguardo – occhi
castani screziati di un nero scurissimo – incontrando quello di Akito,
si rese
conto che pure lei stava avvertendo la stessa identica sensazione.
Ed
improvvisamente, capì di aver artigliato il
bicchiere vuoto davanti a sé.
*
-Ehi
Sana, non è Akito quello laggiù? Chi è la ragazza
insieme a lui? –
Ecco,
decisamente essere uscita insieme a Naozumi non
era stata affatto una buona idea. E il fatto che Sana, la persona più
solare
del mondo, se non dell’universo, ritenesse che uscire di casa fosse
stata una
cattiva idea, doveva esserlo davvero. Ma doveva esserlo proprio
tanto.
Quando
aveva incontrato i suoi occhi d’ambra – sfavillio
d’oro danzante all’interno di quelle iridi profonde nelle quali adorava
perdersi mentre faceva l’amore con lui, abbandonandosi completamente e
permettendo loro di scavare a piacimento nei suoi stessi occhi – il
mondo
aveva cominciato a girarle intorno ad una velocità frastornante.
Un
attimo prima uno sciame di fan impazzite ronzava
intorno a lei e Naozumi con la precisa intenzione di ficcare il naso
negli
affari loro. Un attimo dopo l’unica immagine che le si parava davanti
era
quella di un ragazzo – fiore delizioso che lei desiderava cogliere,
insultando
la perfezione del prato in cui si trovava – così distante da
lei.
Almeno, non nel senso letterale del termine.
Le
aveva posto una domanda accompagnata da un lungo
sguardo accusatore e lei non gli aveva concesso una risposta. Poi Akito
si era
accorto di Naozumi, seduto accanto a lei, e Sana aveva notato la mano –
già
serrata intorno ad un innocente bicchiere di vetro – contrarsi ancora
di più.
Sana
aveva scosso le spalle e aveva distolto lo
sguardo, turbata.
-Si
– rispose dopo un lungo attimo di silenzio –
Quello è Akito insieme a Kiky, la sua ragazza –
Naozumi
parve sorpreso e nemmeno si diede la briga di
nascondere un po’ lo stupore che invece, si appropriò prepotentemente
dei suoi
lineamenti. Sana si irritò.
-La
sua ragazza? –
-Si
– fu la laconica risposta della ragazza.
-Ma
non era innamorato di te –
Sana
sbatté un pugno sul tavolo energicamente. Attirò
l’attenzione di praticamente tutta la sala, inclusa quella di una testa
bionda
che si voltò di scatto a guardarla.
-
Naozumi non lo so, ma che cazzo di domande mi
fai – sbottò Sana, senza preoccuparsi del fatto che ad un personaggio
pubblico
come lei una scenata simile non si addiceva per nulla.
Il
ragazzo accanto a lei abbassò il capo, gli occhi
celesti minacciati da una tristezza appena accennata – Ti chiedo scusa.
Non
volevo essere invadente –
Subito
il senso di colpa affiorò sulla pelle. Come
se ultimamente non avesse avuto già abbastanza cose per cui sentirsi in
colpa.
-Scusami
tu, Naozumi, non so cosa mi sia preso – gli
disse, allungando le dita per accarezzare la mano del ragazzo che
subito
sollevò lo sguardo sorridendole.
Un
rumore sinistro dall’altro capo della sala dimostrò
che quel gesto non era passato per nulla inosservato. Sana lanciò uno
sguardo
confuso ad Akito che la guardava con occhi omicidi, ignorando
bellamente Kiky
che lanciava sguardi preoccupati al suo indirizzo.
Si era
accorta di Sana.
-Prendiamo
qualcosa da bere? – le domandò dolcemente
lui, chiamando con uno schiocco di dita un cameriere che si catapultò
da loro.
Il
fatto di avere un leccapiedi a loro completa
disposizione dimostrava solo quanto prestigio potesse dare ad un locale
simile
ospitare due star internazionali come loro.
-Si.
Qualsiasi cosa di alcolico – rise Sana, ma in
realtà non stava scherzando. Per arrivare a fine della serata serviva
qualcosa
di forte, soprattutto dopo aver constatato che Akito era in quella
stessa sala,
che respirava la sua stessa aria e che, per giunta, non le toglieva gli
occhi
di dosso.
-Non
credi di esagerare? – le domandò Naozumi,
congedando il cameriere e inarcando un sopracciglio – Voglio dire, non
so
quanto bene possa farti bere –
Sana
gli sorrise, dolce – Non ti preoccupare. È giusto
quello che mi serve –
Quando
quel bicchiere di vetro contenente uno strano
liquido rosso – dal quale l’odore di alcool si sprigionava come la
figura di un
fantasma pericoloso – fu depositato sul suo tavolo, Sana non attese
molto prima
di mandarne giù un lungo sorso.
Il
liquido entrò presto in circolo, annebbiandole la
mente e catapultandola in una piacevole sensazione di stordimento,
della quale
lei aveva un disperato bisogno.
Allungò
una mano verso il viso di Kamura per
accarezzarglielo e lui arrossì vistosamente. Lei gli sorrise dolce – Ti
va di
ballare – gli chiese, sensuale e sfacciata come lei non era mai stata.
E
senza rendersi conto di quello che stava realmente
facendo, Sana barcollò sui suoi tacchi fino alla pista da ballo, prima
di
lasciarsi andare tra quelle braccia forti e accoglienti che la
proteggevano dal
resto del mondo che la circondava.
*
Kiky
aveva ignorato quel magone che improvvisamente si
era formato nella sua gola. Aveva ricacciato indietro le lacrime e
coraggiosamente aveva mantenuto sul suo viso il sorriso che aveva sin
dall’inizio della serata, sperando che Akito non si accorgesse di
nulla.
Sperando che lui non capisse quanto lei stesse recitando la sua parte
meglio
ancora di quell’attrice da strapazzo che era Sana Kurata, troppo
spontanea per
pensare anche solo lontanamente di porre un velo tra lei e i sentimenti
che le
si leggevano in faccia come una storia.
Non
che lui la stesse fissando, oh no. Lui ora
squadrava quel bel ragazzo dagli occhi chiari che danzava dolcemente al
ritmo
della canzone che passava in quel momento alla radio. Insieme a
Kurata.
La stringeva con dolcezza – quasi impacciato – a sé sussurrandole
qualcosa di
tanto in tanto all’orecchio e facendola ridere.
Sembrava
seriamente divertita, lei, che ora si
muoveva sensualmente alla luce soffusa di una lampada che la
illuminata,
fasciata in quel vestito nero che faceva sentire Kiky incredibilmente
insulsa. Kurata
era bellissima.
Aveva
abbandonato le braccia snelle intorno al collo
di quel giovane – Kiky sapeva che faceva l’attore e che il suo nome era
Kamura
– e ballava insieme a lui, ignara degli sguardi desiderosi di tanti
ragazzi che
la circondavano.
Quando
Kiky capì che Kurata nemmeno si rendeva conto
di essere così maledettamente bella, la odiò ancora di più.
E
Akito non le staccava gli occhi di dosso, anzi
cominciò a picchiettare le dita nervosamente sul tavolo, apparentemente
desideroso di alzarsi e di andare a spaccare la faccia a quel Kamura lì.
“Chissà”
si ritrovò a pensare Kiky “Magari
fino a qualche settimana fa era Akito a stringerla a sé in quel modo.
Magari
non si limitava nemmeno ad abbracciarla, come invece sta facendo quello
adesso”
si disse ancora, imperversando sulla sua coscienza, cattiva.
Quando
si diventa carnefici di se stessi scegliendo
l’arma che fa soffrire di più... Perché
nessuno può conoscerci meglio di noi stessi.
Infondo
lei che ne sapeva di Akito? Cosa le aveva
raccontato lui della storia con quella Sana? Solo che in una lontana
sera di
estate, più per noia che per desiderio, l’aveva baciata. E poi?
Perché
ora aveva quello sguardo così sofferente negli
occhi?
Poi
improvvisamente lui parlò.
-Io
e lei stavamo più o meno insieme... In segreto –
aggiunse con un filo di voce, mandando giù un altro lungo sorso dal suo
bicchiere, che ancora teneva stretto tra le mani.
Kiky
si limitò ad annuire, ma rimase in silenzio, non
riusciva a dire nulla.
-Poi
mi sono stancato e l’ho mollata. L’altro giorno
mi ha detto che mi ama ma io l’ho cacciata –
-L’altro
giorno...- cominciò Kiky con una vocina
sottile, sottile.
Akito
annuì – Si, dopo che ci siamo salutati, dopo che
io e te ci siamo baciati, in taxi –
Kiky
sobbalzò – Ci ha visti? –
-Si
–
La
ragazza abbassò il capo –Come mai l’hai cacciata
quando ti ha detto quello che provava? – chiese, timorosa di sentire la
risposta.
Passò
un lungo secondo prima che Akito si decidesse a
rispondere, e in quel lasso di tempo lui continuò a tenere gli occhi
inchiodati
su Kurata e a fissare ogni singola movenza di quel corpo perfetto. Poi
rispose
– Non lo so nemmeno io. Forse volevo fargliela pagare… Ma non ne sono
sicuro… -
Kiky
abbassò lo sguardo, addossandosi una colpa che
nemmeno era sua. Non volle chiedersi quale peccato dovesse scontare
Kurata,
cosa Akito avesse voluto farle pagare. Nemmeno le interessò più di
tanto.
Semplicemente capì che quella non era aria per lei. Non era il posto
giusto per
lei - Mi dispiace... Se avessi saputo che le cose stavano così tra di
voi
nemmeno mi ci sarei messa in mezzo – gli disse, usando un tono di voce
addolorato e sperando che lui le credesse, che cogliesse la nota di
rammarico
in quelle scuse un po’ impacciate.
Akito
staccò finalmente gli occhi dal corpo di Sana –
ancora stretto tra quelle mani maledette che la toccavano con un calore
che non
avrebbero mai dovuto osare – e li rivolse su di lei, su Kiky, che
ancora
soffriva silenziosamente in un angolo.
Allungò
una mano per sfiorarle il viso con un dito –
Tu – le disse, osservandola negli occhi, cercando di capire cosa
fossero quelle
ombre che improvvisamente li affollavano – Sei stata quanto di
meglio
potesse capitarmi –
La
nota di addio con cui pronunciò quelle parole non
passò inosservata.
Kiky
avvertì distintamente un battito del cuore che
andava a farsi benedire.. Poi un altro, e un altro ancora, prima che si
frantumasse in mille pezzi come uno specchio. Akito abbassò lentamente
il capo
verso il suo e chiuse gli occhi.
Appoggiò
le labbra fresche sulle sue, ma Kiky non vi
badò.
Notò
piuttosto l’amarezza con cui, finalmente, Akito
la costrinse ad aprire la bocca per poterle strappare un bacio fin
troppo
travolgente.
*
Il
respiro le si bloccò in gola.
Era
probabilmente mezza ubriaca, non si rendeva
perfettamente conto di quello che la circondava, ne di quello che stava
succedendo, ma le labbra di Akito premute contro quelle di Kiky in un
bacio
mozzafiato le aveva viste.
E
nemmeno aveva potuto mentire a se stessa, dicendo
che era, per esempio, solo un riflesso delle luci dispettose che si
riflettevano su quella cascata di capelli biondi di Akito.
Kiky
che gli posava una mano sul viso,
inclinandoglielo da un lato per poter rispondere ancora di più al suo
bacio,
era perfettamente riconoscibile. E il suo gesto inconfondibile.
Si
stavano baciando e Sana a malapena si accorse di
essersi immobilizzata al centro della pista da ballo a fissare i due,
totalmente ignari di quei due occhi scuri che si soffermavano indecisi
su di
loro.
Udì
qualcosa lacerarsi nel suo corpo. Forse il
cuore. Forse lo stomaco. Forse l’anima.
Poi
Akito si staccò da Kiky e si voltò bruscamente a
guardare nella sua direzione. Sana sobbalzò e in quel momento non seppe
se
provava dolore per se stessa o per Kiky, i cui occhi si erano riempiti
di
orrore e di dolore allo stesso tempo.
Il
ragazzo era tornato a guardare la sua compagna e ad
accarezzarle la guancia morbida.
Era
voltato di spalle e Sana non poté cogliere lo
sguardo di scuse che Akito stava implorando a Kiky, semplicemente
paralizzata
per pronunciare anche solo una parola.
L’ultima
cosa che notò, fu Kiky che rispondeva al cellulare
e si alzava in piedi, senza nemmeno voltarsi a guardare il ragazzo
seduto
accanto a lei. Non ne capì il motivo.
Poi
Sana scoppiò a piangere.
*
Il
padre di Kiky era arrivato a prenderla e la
ragazza era uscita dal locale. Non lo aveva nemmeno salutato,
probabilmente si
era resa conto di quello che lui le aveva fatto, dell’oggetto in cui
l’aveva
trasformata solo per ferire Sana.
La
osservò allontanarsi, impacciata sui tacchi alti
che aveva indossato quella sera. In realtà, quando avevano camminato
sin li
qualche ora prima, Kiky sembrava perfettamente a suo agio con quei
trampoli che
aveva ai piedi.
Forse,
il motivo di tanto spossamento era la rabbia
che, come uno schiaffo, gli aveva scaricato addosso, ignorandolo mentre
se ne
andava.
Quando
voltò lo sguardo su Sana, fece appena in tempo
a cogliere una lacrima scintillante – gioiello prezioso che
riluceva alla
luce dei riflettori che avevano accarezzato la sua figurina snella per
tutta la
sera – che le rigava la guancia, prima che Naozumi le passasse un
braccio
intorno alla vita e l’allontanasse dalla folla impazzita.
Era
mezzanotte.
Istintivamente
si alzò in piedi di scatto. Per andare
dove?
Da lei.
Scontato.
*
Naozumi
le asciugò le lacrime passandole dolcemente i
polpastrelli sulla guancia, rigata anche dal nero del mascara che
quella sera
aveva passato in un sottile velo sulle ciglia.
-Sana,
che ti succede? – le domandò, ansioso.
Lei
scosse la testa e continuò a piangere, sconvolta.
-
È per lui? –
Quelle
lacrime cominciarono improvvisamente a
bruciare, sui polpastrelli delicati delle mani di Naozumi. Il silenzio
di Sana
bastò come risposta.
-Cosa
c’è tra di voi Sana? – le chiese, incalzante. Il
tono di voce tradiva però una certa incertezza nonché l’estremo tatto
che
utilizzò per non ferirla più del necessario.
Sana
continuò a rimanere zitta e a piangere. Quel
dolore cominciava a chetarsi, giusto un po’. Come quando si soffre
per
qualcosa che, si dice, si vorrebbe tenere lontana il più possibile.
Eppure,
parlarne, fa sentire inspiegabilmente meglio.
-Lo
ami, Sana? Ami Akito? Stai con lui o ci sei stata?
– domandò, con il classico tono di voce di chi fa una domanda ma non
desidera
poi tanto sentirsi dare una risposta, perché, dopotutto, la conosce già
e non
gli piace.
Un
veloce cenno annuire e il lacerarsi di un cuore
sorprese Naozumi. E pure Sana, che stranita spostò lo sguardo
sconvolto
su di lui.
-
Naozumi, tu... – accennò ad una domanda, ma le dita
fresche che celeri si posarono sulle sue labbra la dissuasero dal
continuare.
-Basta
Sana – le sussurrò, serrando gli occhi e
nascondendole il dolore che si celava aldilà di quelle iridi celesti,
che da
sempre erano state uno specchio rivelatore della sua anima.
-Lasciami
andare un attimo in bagno. Poi ti
riaccompagno a casa e chiudiamo qui questa serata – disse Naozumi
secco,
voltandole le spalle.
Sana
si abbandonò contro la parete del corridoio che
dava sulle cucine, chiudendo gli occhi e lasciando che quella
sensazione di
spossatezza totale la travolgesse.
*
Aveva
già subito l’immagine di Kamura che la toccava,
che sfiorava con carezze proibite la pelle calda del suo corpo, che era
stata
solo sua, di Akito.
Ne
aveva fin sopra i capelli di quel damerino che le
ronzava intorno. Adesso che aveva sentito la loro conversazione,
desiderava
soltanto poter andare li e portare via Sana da quel colossale idiota.
Due
schiaffi magari glieli avrebbe anche dati, tanto
per dare una ridimensionata a quella cretina che non era altro.
Adesso
Kamura se ne era andato – finalmente – e Sana
se ne stava appoggiata alla parete, inclinando la testa all’indietro e
lasciando scoperta la pelle dolce del collo che lui aveva baciato così
tante
volte.
Piangeva.
Muoversi
per raggiungerla fu quasi istintivo.
L’afferrò per un polso ed ebbe la soddisfazione di vederle spalancare
gli occhi
per lo stupore.
La
trascinò con facilità – solo perché Sana era troppo
sconvolta per opporre qualsiasi resistenza - sino alla prima
porta che
trovò e la spinse dentro. La porta si apriva su una scala che portava
alla
cantina sottostante al locale.
La
fece appoggiare di spalle ad un muro – forse
sporco, forse semplicemente nero a causa dell’oscurità che la
circondava – e
trovò le sue labbra con una facilità strabiliante.
Sana
si lasciò baciare da quelle labbra esperte, che
desideravano soltanto farla impazzire – almeno, così pensava Sana –
mentre le
mani di Akito l’accarezzavano sotto quel vestito corto.
-
Akito… Akito… - lo chiamò lei strasognante.
-Stai
con me... – le disse soltanto lui, mentre le
faceva scivolare gli slip lungo le sue gambe e scendeva a baciarle il
collo con
foga, incidendo lievi morsi con i denti, giusto per marcare quella
pelle che
apparteneva soltanto a lui.
La
supplica contenuta nel suo tono di voce fece capire
a Sana che quel gesto, che quello che stavano facendo, era ciò di cui
entrambi
avevano bisogno in quel momento.
E
mentre lui si muoveva disperatamente dentro di lei –
emettendo gemiti di piacere e di sofferenza – si dimenticò di tutto il
resto.
-Stai con me… -
I've handled all my life
When you're looking still confused
Overcome by your too many tears
And I wanna be relieved
Be myself in everything
And I want my train
When you're looking still confused
Overcome by your too many tears
And I wanna be relieved
Be myself in everything
And I want my train
Shandon
– Revenge
*****************************************
Capitolo
scritto a tempo di record, ormai sono
diventata troppo brava a conciliare tutti gli impegni **vi prego cedete
a
questo penoso tentativo di farmi fare un po’ di complimenti**. Capitolo
lungo,
malinconico, introspettivo, incasinato e se qualcuna di voi trova
qualche altro
aggettivo si faccia avanti ^__^ Nemmeno posso credere a quello che ho
scritto,
Sana così disperata che non è nemmeno da lei, Naozumi così innamorato –
ci
mancava solo lui ad incasinare tutto di più – Kiky che capisce che
Akito ama
Sana, Akito che si comporta senza capire nemmeno lui quello che sta
facendo –
anche se forse si è adesso reso conto che Kiky era soltanto il
cosiddetto
chiodo scaccia chiodo, che però non ha funzionato poi benissimo vesta
la fine
del capitolo dove è tornato strisciando da Sana. Spero vi sia piaciuto
comunque, un paio di capitoli e si sistema tutto ^^
Ringraziamenti
:
_Rob_ :
addirittura
tutto d’un fiato, sarai a corto d’aria poverina ^__^ Sono felicissima
che ti
piaccia così tanto, un abbraccio tenero *__*
Tin_Tin:
Akituccio
bello si comporta così perché è un emerito idiota – come d’altronde la
stragrande maggioranza del genere maschile. Non ti preoccupare che
all’Ale i
finali tristi vanno di traverso, li faccio tornare insieme il prima
possibile,
ma non prima di averli fatti diventare matti per benino ^___^
Nanauccia: che
onore, la
tua prima recensione è stata per me? Ma sei carinissima ^__^ Akito ha
capito
che Sana è davvero innamorata di lui – anche perché in questo capitolo
l’ha
proprio sentita – solo che voleva prendersi la sua piccola rivincita
personale,
povero idiota! Spero ti sia piaciuto questo capitolo, un bacio
92titti92: Akito
è
solitamente molto più bravo con i fatti, a dire il vero, quindi
sentirsi dire
da Sana che lo ama l’ha un po’ sconvolto e tutta la sua pazzia è uscita
fuori
in questo capitolo. Grazie come sempre dei complimenti, che sei un
tesoro te!
Studia (ho cominciato a farlo anch’io)! ^___-
bellina97: il
tempo l’ho
trovato, non potrei mai stare lontana da questo bel pezzo di manzo di
Akito e
dalla sua piccola Sana. Spero che il continuo ti sia piaciuto
altrettanto, un
bacio bella ^__^
GLoRi: Sana
ha
optato per piangersi addosso e come sempre mentre lei vegeta, tocca ad
Akito
svegliarsi – come hai acutamente osservato te, non si daranno mai una
mossa
insieme ‘sti due! ^^ Descrivere il POV di Akito mi piace davvero
tantissimo e
tra l’altro mi esce persino più naturale che con Sana, forse perché tra
i due è
quello sempre più coinvolto. Non piangere comunque, che tutto si
sistema gioia
^___^
Reby: spero
che ti
si sia chiarito qualcosa, anche se effettivamente ha tenuto un
atteggiamento
così incoerente che nemmeno lui – come ha detto a Kiky – sa il perché
si è
comportato così. Chi li capisce questi due? :D
Beatrix1291:
grazie! *-*
Quando leggo una recensione come la tua – esempio: non conosco molto
questo
Anime ecc… - mi sciolgo come un formaggino, perché se riesco a
coinvolgerti con
la storia di personaggi che non conosci moltissimo mi sento fiera di me
^__- Le
mie storie su HP sono perlopiù ff lunghe, anche se qualche shot l’ho
scritta.
Spero ti piacciano comunque, un bacione! ^^
Porpetta:
aggiorno di
lunedì perché è il giorno in cui mi sento più positiva verso il resto
del
mondo, visto che è appena passata la domenica e ho potuto dormire e
visto anche
che il lunedì a scuola non è pesantissimo :D – anche se la verifica di
Ragioneria di oggi mi ha sconvolta! Comunque, Sana non si merita di
essere
maltrattata? Questione di POV, credo che Akito sia convinto di si.
Tranquilla
che se questa fic finisce, ne sto gia scrivendo un'altra alla velocità
della
luce -__- **Shhh , prima si scrive e poi si parla!** e ne ho già in
mente
un’altra ancora, un po’ particolare… Che Dio mi aiuti! ^__^
Hermy95: al tuo
‘sta
Kiky come si permette di baciare Akito, sono scoppiata a ridere e non
so
nemmeno io perché, mi è piaciuto come l’hai detto… Ehm, scritto! ^__^
Non te la
prendere con Akito, povero, è innamorato e disperato… Cosa doveva fare?
^__-
Roby5b: cioè,
ti sei
divorata la storia? Era buona almeno? Aldilà di queste battute di
scadente
qualità, sono felicissima che la storia ti piaccia e anche che tu
riponga così
tanta fiducia nella sottoscritta che dovrà sistemare tutti i casini che
questi
due cretini hanno combinato ^^
Deb: la mia
tesora!
*-* Invece si che mi hai fatta sciogliere e voglio dirti una cosa:
quando leggi
qualcosa che non ti convince, me lo DEVI dire. È la funzione primaria
di ogni
recensione, sentirsi dire che la storia è bella ovviamente fa piacere,
ma tanti
consigli che mi sono stati dati nel corso degli anni mi hanno aiutata a
migliorare tantissimo e quindi continua così, fai solo il tuo lavoro di
recensitrice
(il fatto che Word mi dia errore questa parola vuol dire che me la sono
inventata io?). Ignorami… Kiky non è perfetta, solo che siccome la
odierete già
tutte quante – poverina! ç___ç – ho calcato un po’ sui pregi suoi nel
vano
tentativo di farvela piacere. Mi pare inutile aggiungere che non ci
sono
riuscita, SOB ç__ç Un bacione cara e grazie mille di tutto, come sempre
^__^
Yesterday: la
pazza per
eccellenza di EFP! Tra l’ansia da lettura, il fatto che Kiky ti piaccia
e che
questa sia una delle migliori fic su Kodocha, mi sono sciolta, ergo
vienimi a
raccogliere con uno straccio per i pavimenti! Spero di aver rimediato a
quel
pezzettino che non ti convinceva con questo capitolo che mi ha depressa
abbastanza mentre lo scrivevo, altrimenti ti autorizzo a fucilarmi
(quando hai
detto che la stagione della caccia è aperta ti ho vista in versione
militare,
con tanto di tuta mimetica – è inutile ormai mi hai contagiata! -___-)
Tranquilla comunque, che Storia fa quegli effetti ad ogni essere umano…
:D Sei
il solito tesoro, scrivi 4x4 che mi fai felice ^__^ Bacione! P.S. ci
hanno
bloccato il traffico aereo, a Tokio proprio non ci vogliono far andare
-_-
Deny1994: se tu
per
dolcemente intendi coltelli, schiaffi e sparatorie, siamo a cavallo! ^^
Scherzi
a parte, grazie mille per i complimenti, si sistema tutto tranquilla
^__-
Herj
Malfoy: ma…
Come tuo
marito? In tutti i nostri incontri, Draco non mi hai mai detto nulla
ç___ç
**ora SI, che sono depressa!** Finalmente una che capisce che Kiky ha
fatto
solo il suo interesse e che colui che si è comportato da idiota è stato
Akito.
Ma cosa ci dobbiamo fare con questo ragazzo, eh? Lo uccidiamo? :D
Grazie mille
di tutto, tantissimi bacini alla mia rivale in amore ^__^
_DaNgErOuS_ChIlD_
:
tranquilla
mia diletta, so che mi sei fedele ^_^ Un attentato a Kiky? Mi sono
rotolata a
terra dalle risate, che hai intenzione di fare a quella povera ragazza?
Dai che
soffrirà e ti sentirai incredibilmente appagata ^__- Ti ringrazio per i
complimenti ^_^
Eccoci
qui, è bellissimo spendere un po’ di tempo a
rispondere alle vostre recensioni, mi sento tanto felice quando ho
finito,
soprattutto perché siete così carine tutte quante ^_^
Ringrazio
tutte le persone che hanno inserito questa
storia tra le Seguite e le Preferite (che
sono
davvero tantissime e che per questioni di tempo non posso citare!) E
anche
quelle otto persone che l’hanno inserita tra le storie da
ricordare,
quindi : akane_val, Beatrix1291, dancemylife,
Franny97, Herj Malfoy , jee,
Lala69, Serenity_chan
Grazie
a tutti, appuntamento al prossimo capitolo che
sarà anche il penultimo, dove comincerete a sopportarmi mentre
piagnucolerò
come una bambina :D
Bacioni
a tutti
Ale69