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Autore: Gillywater    19/04/2010    17 recensioni
Che Sana e Akito fossero innamorati l'una dell'altro è sempre stato palese. Come palese è il fatto che entrambi siano troppo imbranati per trovare il coraggio di dichiararsi. Arrivati alla veneranda età di 17 anni per lei e 18 per lui, troveranno il coraggio di farcela o continueranno a vivere in un sogno?
[...Avrebbe potuto esordire con un bel “Hai presente l’ultima volta che sei venuta a vedermi e avevi indossato quell’abito così corto? Ecco, per tutta la gara io non ho fatto altro che pensare a te e alle tue gambe così dannatamente perfette e non vorrei che la cosa si ripetesse”. Certo avrebbe potuto, ma preferì dirle altro...]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My Sorrow
 

Capitolo 6 : Revenge
 
Our train was running fast
But you have never left
And your eyes have seen you were the weak
We cannot stay away
Maybe you'll never realize
I don't want too late
                        Shandon - Revenge
 
Quando aveva sentito dire che il dolore spinge le persone a fare cose stupide, Sana non aveva mai pensato che sarebbe mai arrivata a fare quello.
Una cosa stupida sarebbe stata, giusto per fare un esempio, dedicarsi a vizi, quali l’alcool o la droga, che avrebbero avuto l’unica funzione finale di guastarle irrimediabilmente salute ed umore.
Un'altra cosa stupida invece, poteva essere quella di uscire con un ragazzo di cui non ti interessa pressoché nulla, giusto per dimenticare l’altro, verso il quale provi ancora un sentimento che ti corrode l’anima come acido velenoso.
Pronto? Ciao Sana sono Naozumi, volevo chiederti se ti andava di vederci questa sera, sempre che tu non abbia altri impegni”.
Dopo un attimo di titubanza, Sana aveva realizzato che in realtà di impegni, di altre cose da fare, di altre persone a cui pensare, lei non ne aveva.
“Certo Naozumi, dove andiamo?”
La voce incrinata quel tanto che basta per dimostrare quanto la cosa, in realtà non l’allettasse più di tanto; allegra quel tanto per causare in Naozumi una forte scarica di adrenalina che gli aveva fatto toccare il cielo con un dito.
“Hanno aperto un nuovo locale in centro”.
Fingersi entusiasta per non giocarsi quell’ultima possibilità di non pensare.
Dio, dimenticare anche solo per un momento... Avrebbe pagato per poterci riuscire, per poter chiudere Akito per sempre fuori dalla sua vita, dopo il rifiuto di due sere prima che ancora le rimbombava nel petto e le faceva girare la testa.
Un morbo mortale, ecco che cos’era quel sentimento cresciuto come una pianta malata e velenosa, da tenere il più lontano possibile dalle persone perché poteva nuocere. Ferire. Gratuitamente.
“Che bello. Allora a che ora passi a prendermi?”.
Subito. Si era costretta a pensare a quello perché in realtà lei sperava vivamente che qualcuno piombasse in casa sua costringendola ad evadere da quel mondo in cui era piombata e che le aveva precluso ogni via d’uscita.
“Facciamo per le otto?”
Ed otto siano. Qualunque cosa va bene, devo solo togliermi di dosso questa melma maleodorante che mi causa forti conati di nausea e continue stilettate in mezzo al cuore. Il suo odore dannato.
“Perfetto. Allora a stasera”
Stasera. Se solo avesse saputo che c’era la possibilità di andare a dormire e di non svegliarsi mai più, non dover scappare dai problemi, ma semplicemente trovare un alternativa per risolverli, avrebbe accolto la notizia a braccia aperte, ringraziando qualche angelo lassù che aveva avuto pietà di lei. Lei, che ora aveva il cuore a brandelli e che ancora cercava di ricucirlo in un pezzo unico, sarta fallita di un negozio in rovina.
“A stasera Sana”
E ancora la sua voce dolce,  preludio di sogni e promesse che Sana non sarebbe riuscita a mantenere perché ormai tutto il suo vivere era rivolto ad un’unica persona che però non la voleva. Non la voleva più.
Lontani erano i tempi in cui lei gli si accoccolava tra le braccia, esausta per il tentativo compiuto dai loro corpi di potersi incontrare ancora più intimamente, ancora di più, nemmeno fosse possibile superare la barriera che erano i loro stessi corpi e diventare uno solo.
Lo amava.
 
I can live without you
I couldn't stay without you
Do you think I'm goin' on and on?
                                   Shandon - Revenge
 
Quando questa consapevolezza era diventata parte integrante di lei, quasi aveva pianto. Quando lui le aveva detto di andarsene, quasi era morta.
Ritrovare le foto intrappolate tra le pagine di un diario segreto che aveva ascoltato le sue lacrime silenziose, che aveva accolto con dolcezza i suoi più intimi pensieri, le sue confidenze, era stato come morire. Per la seconda volta. Attimi immortalati su di una pellicola lucida che non potevano rappresentare nemmeno lontanamente la gioia provata nel viverli, sebbene i loro sorrisi lasciassero poco spazio all’immaginazione. Accantonarli, in un angolo remoto della stanza, dove nessuno – soprattutto lei – avrebbe mai potuto trovarli e chissà, riviverli anche, immergendosi in quelle sensazioni squisite che avevano accompagnato lei e Akito per tre lunghi mesi.
Tappeti di foglie secche ed ingiallite, una coltre di neve sul gazebo nel parco di Tokio, la pioggia di fine estate che si era sfogata su di lei, nemmeno avesse voluto avvertirla... C’era tutto, era tutto ancora li, con la spada sguainata pronta ad infliggerle il colpo mortale.
Sana si rigirò nel letto e soffocò la testa nel cuscino, per nascondere i sospiri e i gemiti di dolore in quella soffice distesa di piume che custodiva gelosamente ogni stilla crollata miseramente dai suoi occhi.
Rifletté, Sana, che vedere Akito baciare Kiky – con quelle labbra che una volta erano state soltanto sue, che avevano baciato lei con quella dolcezza che aveva intravisto aldilà del finestrino grondante d’acqua, che lei aveva studiato e che conosceva alla perfezione – era stato il colpo di grazia.
No, nessuno aveva avuto pietà della sciocca ragazzina egoista troppo confusa per capire cosa voleva dalla vita. Nessuno.
Sana colpì il cuscino con un pugno che andò ad infrangersi sommessamente plasmandolo secondo la forma delle sue dita contratte – Non ce la posso fare – pianse.
Pianse per Akito, per Kiky, per quella storia appena cominciata ma che probabilmente aveva comunque più valenza di quella che lei – con tutto il suo amore, con tutta la passione in corpo, con ogni gesto compiuto ogni giorno – aveva avuto con lui.
Semplicemente pianse.
Pianse per quell’amore che ora non le apparteneva più.
 
*
 
- Akito, io ho capito che ti amo –
Come diavolo era possibile che una persona ti sparasse una frase così senza nemmeno pensare, senza nemmeno avere il rimorso per quelle parole sputate come noccioline su di lui, che ancora la fissava con quegli occhi crudeli e sofferenti allo stesso tempo. Crudeltà che feriva, sofferenza reclamata dalla sua anima distrutta che voleva solo vendetta.
Vendetta per cosa? Per averle detto che l’amava ed aver avuto in risposta solo il suo silenzio? Vendetta perché Sana come sempre non sapeva gestire le situazioni che la riguardavano direttamente?
Akito fece spallucce, disteso nel suo letto a fissare il soffitto.
Vendetta, semplicemente vendetta per quel cuore ferito che adesso richiedeva un riscatto.
In guerra e in amore tutto è lecito...
Pure le vittime. E chissà se Kiky era semplicemente un civile che, disgraziatamente, aveva deciso di passare proprio nel punto dove l’aereo avrebbe sganciato la bomba.
Akito strinse i pugni.
No, lui non era come Sana, lui non usava le persone per raggiungere i suoi scopi. Lui non giocava con i sentimenti della gente, dannazione.
Era per quello che aveva deciso, mentre baciava Sana consapevole del fatto che forse quella era l’ultima volta che lo faceva, che con Kiky avrebbe fatto sul serio.
Dopotutto nemmeno gli dispiaceva. E il fatto che non l’amasse come amava Sana era solo un dettaglio. Uno stupido, insignificante dettaglio che avrebbe accantonato da qualche parte nella sua mente e che, se mai fosse tornato a manifestarsi, avrebbe respinto con tutte le sue forze. L’avrebbe scacciato via, quel maledetto.
E intanto a scuola aveva cominciato a camminare con Kiky per mano. Lei stava al suo fianco, sorridente, lo intratteneva in lunghe conversazioni divertenti, con il suo vociare continuo ed inarrestabile, mentre lui fendeva quella folla di compagni che lo guardavano spalancando gli occhi.
Che diavolo volete? Pensavate di vederci Sana al mio fianco? Avete sbagliato... Lei ha sbagliato tutto, maledizione!
Kiky nemmeno gli faceva domande sul perché Sana non gli voleva rivolgere la parola. Sapeva che la ragazza aveva notato tutto, ed il fatto che si limitasse ad osservare e a stare zitta gliela faceva apprezzare. Cominciava addirittura a pensare che fosse la ragazza giusta per lui.
Sicuramente la preferiva a Tsuyoshi, che in ogni momento libero, coglieva l’occasione per tormentarlo con le sue stupide domande insulse alle quali, Akito era ormai rassegnato, Tsuyoshi si rispondeva da solo.
“Stai con Kiky adesso? Ma certo, che domande!”
“Sana l’hai dimenticata? Ovvio che no!”
“Ti sembra carino usare le persone? Nemmeno te ne rendi conto”.
E il fatto che le risposte che l’amico si dava da solo fossero la pura – sputata, rifiutata, disprezzata – verità, era un altro dannatissimo dettaglio la cui importanza era pressoché nulla.
Sua sorella Natsumi entrò in camera e gli lanciò il solito sguardo preoccupato che – da un paio di giorni a questa parte – riservava solo a lui, vedendolo probabilmente sul depresso andante, gli occhi tristi potevano solo eguagliare quel periodo della sua infanzia in cui si era ritenuto responsabile della morte della mamma. Demonio.
Gli ricordò che si doveva vestire, perché Kiky – e la sua voce pronunciando questo nome ebbe un lieve tremito – lo stava probabilmente aspettando per uscire.
Akito sbuffò e si alzò di malavoglia dal letto, mentre immerso tra i suoi pensieri – per nulla felici – spulciava tra i confusi vestiti nel suo armadio e tirava fuori quanto di più elegante possedesse.
Una camicia bianca...
Quella che aveva indossato al suo diciottesimo compleanno.
Un paio di jeans...
Quelli che gli aveva regalato Sana.
Tanto un colpo in più, uno in meno, che dannato effetto poteva mai avere sul suo umore? Non sarebbe di certo morto. Oh no, di cose peggiori ne aveva vissute, eccome.
Sana non poteva essere così fondamentale nella sua vita. Il fatto che il suo cuore grondasse di sangue all’interno del suo corpo, era solo un altro, misero, inutilissimo, dettaglio.
 
*
 
 
Kiky indossava una minigonna un po’ troppo rivelatrice. Quando Akito la notò si innervosì parecchio. Il genere di locali in cui stavano andando solitamente erano stracolmi di ragazzi che non facevano altro che guardarsi intorno come avvoltoi affamati in cerca di qualche ragazza – la loro preda – da spartirsi dopo averci giocato per benino.
-Non potevi venire in mutande già che c’eri? – la rimbeccò lui, osservandola con uno sguardo lugubre che avrebbe fatto venir voglia di morire anche alla persona più felice dell’universo.
La persona più felice dell’universo – lui pensava – era Sana.
Forse lei aveva già voglia di morire, si disse sperando crudelmente che fosse la realtà.
Kiky fece una linguaccia – No! Questa gonna mi piace un sacco e non vedo cosa ci sia di male nell’indossarla! – gli disse lei per tutta risposta. Non aveva paura di niente quella piccola selvaggia.
-C’è di male che mezza città ti inchioderà gli occhi addosso e non li sposterà fino a che le avrà tirato un pungo sul naso. Peccato che prima di poterti trascinare via, mi avranno già arrestato – le disse solamente.
Le diede una gentile spinta sulla spalla per convincerla ad incamminarsi.
-Ci sei tu che mi proteggi. Non posso avere paura se sto con te – gli disse con un sorriso lei, accoccolandosi sul suo petto caldo mentre continuavano a camminare.
Era un sabato sera eccezionalmente sereno. Gli ultimi due giorni erano stati i più piovosi nella storia degli ultimi vent’anni – a detta di esperti, non che Akito ne fosse poi molto convinto – mentre ora un allegro cianciare di persone si riversava lungo le vie della città, lasciando libere le briglie che lo aveva costretto in quell’ultimo periodo.
Il cielo incredibilmente terso, si vestiva con colori freddi di azzurro e lillà, dove il sole ormai scompariva alla vista. Nel farci caso, Akito provò un brivido di freddo, non fosse stato altro che per il gelo che effettivamente gli pungeva la pelle come tanti spilli dispettosi.
-Non ti ci abituare. Prima o poi lascerò che qualche pazzo maniaco ti rapisca, così imparerai una volta per tutte a comportarti in maniera dignitosa – la canzonò lui, cedendo finalmente all’istinto di passarle un braccio intorno alle spalle.
Kiky era piccola, ancora più piccola di Sana e ogni volta che l’abbracciava aveva più la sensazione di avere a che fare con una bambina, piuttosto che con una ragazza.
Peccato che la lingua biforcuta che si ritrovava e il caratterino che gli ricordava moltissimo chissà chi, dimostrassero quale genere di persona fosse realmente e cioè...
-Una vipera vera e propria. Prima o poi capirai che ho ragione – le disse solamente.
Kiky rise, ma non rispose, consapevole del fatto che Akito diceva la verità.
Quando entrarono al locale, lui le sfilò dolcemente la giacca dalle spalle, scoprendo una maglietta che le copriva appena lo stretto indispensabile e le lasciava scoperta più della metà della schiena, rivelando una pelle bianchissima e profumata.
Akito si incupì – Chissà perché avevi freddo. Ti pare il modo di andare in giro vestita? –
Kiky si puntò le mani sui fianchi – Oh che palle Hayama, sembri mio padre! – lo canzonò – Piuttosto che rompere, vai ad appendere i cappotti, io cerco un posto dove sederci –
Akito nemmeno le rispose, ma fece come Kiky gli aveva suggerito. Odiava constatare che quella piccola iena avesse pure ragione, a volte. Anzi, quasi sempre.
Diede le giacche in mano ad un ragazzetto che non avrà avuto più di quindici anni e che probabilmente lavorava in quel locale per guadagnarsi un po’ di grana da spendere in videogiochi e dietro alle prime ragazzine. Fu abbastanza riluttante, Akito, a dire la verità, non che non si fidasse del moccioso – così lo aveva catalogato nella sua testa – ma aveva un non so che di poco affidabile.
Decise che tutto sommato, anche se gli avesse rubato le giacche, non gli sarebbe dispiaciuto vedere Kiky tornare a casa mezza nuda tutta tremante per il freddo, così sebbene contrariato, alla fine il moccioso sparì dalla sua vista.
Akito si voltò alla ricerca di una testa scura e di una cascata di riccioli – che lei aveva fatto quella sera appositamente per lui, ignorando quanto lui preferisse in realtà i capelli lisci e, possibilmente, rossi – che probabilmente lo stava aspettando.
La vide in un angolo, seduta ad un tavolino di cristallo fragile con una tovaglietta che non c’entrava proprio nulla con lo stile raffinato del mobile. Ignorando il cattivo gusto degli arredatori, si fece strada verso di lei, attraverso la calca di persone che affollava il locale.
Era la prima serata di quel posto, era l’inaugurazione, ma comunque Akito non capiva il motivo di tutta quella confusione. Va bene, era carino, va bene, era a buon mercato, ma perché tanto macello per un locale comunissimo?
Prese posto accanto a Kiky che spinse verso di lui il menù.
-Io prendo questo – gli disse, indicando un immagine con anelli di cipolla soffritti in una quantità spropositata di olio che avrebbero fatto ciao-ciao con la manina al fegato supplicante.
-Ci vai giù pesante – la prese in giro, dando un occhiata alla lista di cibarie vegetariane, storcendo il naso quando lesse alcune cose improponibili che invece quel menù osceno proponeva.
Alzò lo sguardo per osservare quella calca di persone che ora, finalmente, si stava cominciando a levare dai piedi. Quando pure l’ultima oca rintronata si fu levata dal suo campo visivo – lasciando dietro di sé un luccichio sfavillante dovuto all’abitino rosa e cangiante che indossava -  la vide.
Ed improvvisamente, la musica, le voci, Kiky accanto a sé che gli chiedeva se avesse deciso cosa prendere, tutto scomparve.
L’unica consapevolezza fu il battito del suo cuore che cominciava ad aumentare, rimbombando nelle sue orecchie ed impedendogli di sentire suono alcuno.
Quando anche lei sollevò il suo sguardo – occhi castani screziati di un nero scurissimo – incontrando quello di Akito, si rese conto che pure lei stava avvertendo la stessa identica sensazione.
Ed improvvisamente, capì di aver artigliato il bicchiere vuoto davanti a sé.
 
*
 
 
-Ehi Sana, non è Akito quello laggiù? Chi è la ragazza insieme a lui? –
Ecco, decisamente essere uscita insieme a Naozumi non era stata affatto una buona idea. E il fatto che Sana, la persona più solare del mondo, se non dell’universo, ritenesse che uscire di casa fosse stata una cattiva idea, doveva esserlo davvero. Ma doveva esserlo proprio tanto.
Quando aveva incontrato i suoi occhi d’ambra – sfavillio d’oro danzante all’interno di quelle iridi profonde nelle quali adorava perdersi mentre faceva l’amore con lui, abbandonandosi completamente e permettendo loro di scavare a piacimento nei suoi stessi occhi – il mondo aveva cominciato a girarle intorno ad una velocità frastornante.
Un attimo prima uno sciame di fan impazzite ronzava intorno a lei e Naozumi con la precisa intenzione di ficcare il naso negli affari loro. Un attimo dopo l’unica immagine che le si parava davanti era quella di un ragazzo – fiore delizioso che lei desiderava cogliere, insultando la perfezione del prato in cui si trovava – così distante da lei. Almeno, non nel senso letterale del termine.
Le aveva posto una domanda accompagnata da un lungo sguardo accusatore e lei non gli aveva concesso una risposta. Poi Akito si era accorto di Naozumi, seduto accanto a lei, e Sana aveva notato la mano – già serrata intorno ad un innocente bicchiere di vetro – contrarsi ancora di più.
Sana aveva scosso le spalle e aveva distolto lo sguardo, turbata.
-Si – rispose dopo un lungo attimo di silenzio – Quello è Akito insieme a Kiky, la sua ragazza –
Naozumi parve sorpreso e nemmeno si diede la briga di nascondere un po’ lo stupore che invece, si appropriò prepotentemente dei suoi lineamenti. Sana si irritò.
-La sua ragazza? –
-Si – fu la laconica risposta della ragazza.
-Ma non era innamorato di te –
Sana sbatté un pugno sul tavolo energicamente. Attirò l’attenzione di praticamente tutta la sala, inclusa quella di una testa bionda che si voltò di scatto a guardarla.
- Naozumi non lo so, ma che cazzo di domande mi fai – sbottò Sana, senza preoccuparsi del fatto che ad un personaggio pubblico come lei una scenata simile non si addiceva per nulla.
Il ragazzo accanto a lei abbassò il capo, gli occhi celesti minacciati da una tristezza appena accennata – Ti chiedo scusa. Non volevo essere invadente –
Subito il senso di colpa affiorò sulla pelle. Come se ultimamente non avesse avuto già abbastanza cose per cui sentirsi in colpa.
-Scusami tu, Naozumi, non so cosa mi sia preso – gli disse, allungando le dita per accarezzare la mano del ragazzo che subito sollevò lo sguardo sorridendole.
Un rumore sinistro dall’altro capo della sala dimostrò che quel gesto non era passato per nulla inosservato. Sana lanciò uno sguardo confuso ad Akito che la guardava con occhi omicidi, ignorando bellamente Kiky che lanciava sguardi preoccupati al suo indirizzo.
Si era accorta di Sana.
-Prendiamo qualcosa da bere? – le domandò dolcemente lui, chiamando con uno schiocco di dita un cameriere che si catapultò da loro.
Il fatto di avere un leccapiedi a loro completa disposizione dimostrava solo quanto prestigio potesse dare ad un locale simile ospitare due star internazionali come loro.
-Si. Qualsiasi cosa di alcolico – rise Sana, ma in realtà non stava scherzando. Per arrivare a fine della serata serviva qualcosa di forte, soprattutto dopo aver constatato che Akito era in quella stessa sala, che respirava la sua stessa aria e che, per giunta, non le toglieva gli occhi di dosso.
-Non credi di esagerare? – le domandò Naozumi, congedando il cameriere e inarcando un sopracciglio – Voglio dire, non so quanto bene possa farti bere –
Sana gli sorrise, dolce – Non ti preoccupare. È giusto quello che mi serve –
Quando quel bicchiere di vetro contenente uno strano liquido rosso – dal quale l’odore di alcool si sprigionava come la figura di un fantasma pericoloso – fu depositato sul suo tavolo, Sana non attese molto prima di mandarne giù un lungo sorso.
Il liquido entrò presto in circolo, annebbiandole la mente e catapultandola in una piacevole sensazione di stordimento, della quale lei aveva un disperato bisogno.
Allungò una mano verso il viso di Kamura per accarezzarglielo e lui arrossì vistosamente. Lei gli sorrise dolce – Ti va di ballare – gli chiese, sensuale e sfacciata come lei non era mai stata.
E senza rendersi conto di quello che stava realmente facendo, Sana barcollò sui suoi tacchi fino alla pista da ballo, prima di lasciarsi andare tra quelle braccia forti e accoglienti che la proteggevano dal resto del mondo che la circondava.
 
*
 
Kiky aveva ignorato quel magone che improvvisamente si era formato nella sua gola. Aveva ricacciato indietro le lacrime e coraggiosamente aveva mantenuto sul suo viso il sorriso che aveva sin dall’inizio della serata, sperando che Akito non si accorgesse di nulla. Sperando che lui non capisse quanto lei stesse recitando la sua parte meglio ancora di quell’attrice da strapazzo che era Sana Kurata, troppo spontanea per pensare anche solo lontanamente di porre un velo tra lei e i sentimenti che le si leggevano in faccia come una storia.
Non che lui la stesse fissando, oh no. Lui ora squadrava quel bel ragazzo dagli occhi chiari che danzava dolcemente al ritmo della canzone che passava in quel momento alla radio. Insieme a Kurata. La stringeva con dolcezza – quasi impacciato – a sé sussurrandole qualcosa di tanto in tanto all’orecchio e facendola ridere.
Sembrava seriamente divertita, lei, che ora si muoveva sensualmente alla luce soffusa di una lampada che la illuminata, fasciata in quel vestito nero che faceva sentire Kiky incredibilmente insulsa. Kurata era bellissima.
Aveva abbandonato le braccia snelle intorno al collo di quel giovane – Kiky sapeva che faceva l’attore e che il suo nome era Kamura – e ballava insieme a lui, ignara degli sguardi desiderosi di tanti ragazzi che la circondavano.
Quando Kiky capì che Kurata nemmeno si rendeva conto di essere così maledettamente bella, la odiò ancora di più.
E Akito non le staccava gli occhi di dosso, anzi cominciò a picchiettare le dita nervosamente sul tavolo, apparentemente desideroso di alzarsi e di andare a spaccare la faccia a quel Kamura lì.
Chissà” si ritrovò a pensare Kiky “Magari fino a qualche settimana fa era Akito a stringerla a sé in quel modo. Magari non si limitava nemmeno ad abbracciarla, come invece sta facendo quello adesso” si disse ancora, imperversando sulla sua coscienza, cattiva.
Quando si diventa carnefici di se stessi scegliendo l’arma che fa soffrire di più... Perché nessuno può conoscerci meglio di noi stessi.
Infondo lei che ne sapeva di Akito? Cosa le aveva raccontato lui della storia con quella Sana? Solo che in una lontana sera di estate, più per noia che per desiderio, l’aveva baciata. E poi?
Perché ora aveva quello sguardo così sofferente negli occhi?
Poi improvvisamente lui parlò.
-Io e lei stavamo più o meno insieme... In segreto – aggiunse con un filo di voce, mandando giù un altro lungo sorso dal suo bicchiere, che ancora teneva stretto tra le mani.
Kiky si limitò ad annuire, ma rimase in silenzio, non riusciva a dire nulla.
-Poi mi sono stancato e l’ho mollata. L’altro giorno mi ha detto che mi ama ma io l’ho cacciata –
-L’altro giorno...- cominciò Kiky con una vocina sottile, sottile.
Akito annuì – Si, dopo che ci siamo salutati, dopo che io e te ci siamo baciati, in taxi –
Kiky sobbalzò – Ci ha visti? –
-Si –
La ragazza abbassò il capo –Come mai l’hai cacciata quando ti ha detto quello che provava? – chiese, timorosa di sentire la risposta.
Passò un lungo secondo prima che Akito si decidesse a rispondere, e in quel lasso di tempo lui continuò a tenere gli occhi inchiodati su Kurata e a fissare ogni singola movenza di quel corpo perfetto. Poi rispose – Non lo so nemmeno io. Forse volevo fargliela pagare… Ma non ne sono sicuro… -
Kiky abbassò lo sguardo, addossandosi una colpa che nemmeno era sua. Non volle chiedersi quale peccato dovesse scontare Kurata, cosa Akito avesse voluto farle pagare. Nemmeno le interessò più di tanto. Semplicemente capì che quella non era aria per lei. Non era il posto giusto per lei - Mi dispiace... Se avessi saputo che le cose stavano così tra di voi nemmeno mi ci sarei messa in mezzo – gli disse, usando un tono di voce addolorato e sperando che lui le credesse, che cogliesse la nota di rammarico in quelle scuse un po’ impacciate.
Akito staccò finalmente gli occhi dal corpo di Sana – ancora stretto tra quelle mani maledette che la toccavano con un calore che non avrebbero mai dovuto osare – e li rivolse su di lei, su Kiky, che ancora soffriva silenziosamente in un angolo.
Allungò una mano per sfiorarle il viso con un dito – Tu – le disse, osservandola negli occhi, cercando di capire cosa fossero quelle ombre che improvvisamente li affollavano – Sei stata quanto di meglio potesse capitarmi –
La nota di addio con cui pronunciò quelle parole non passò inosservata.
Kiky avvertì distintamente un battito del cuore che andava a farsi benedire.. Poi un altro, e un altro ancora, prima che si frantumasse in mille pezzi come uno specchio. Akito abbassò lentamente il capo verso il suo e chiuse gli occhi.
Appoggiò le labbra fresche sulle sue, ma Kiky non vi badò.
Notò piuttosto l’amarezza con cui, finalmente, Akito la costrinse ad aprire la bocca per poterle strappare un bacio fin troppo travolgente.
 
*
 
Il respiro le si bloccò in gola.
Era probabilmente mezza ubriaca, non si rendeva perfettamente conto di quello che la circondava, ne di quello che stava succedendo, ma le labbra di Akito premute contro quelle di Kiky in un bacio mozzafiato le aveva viste.
E nemmeno aveva potuto mentire a se stessa, dicendo che era, per esempio, solo un riflesso delle luci dispettose che si riflettevano su quella cascata di capelli biondi di Akito.
Kiky che gli posava una mano sul viso, inclinandoglielo da un lato per poter rispondere ancora di più al suo bacio, era perfettamente riconoscibile. E il suo gesto inconfondibile.
Si stavano baciando e Sana a malapena si accorse di essersi immobilizzata al centro della pista da ballo a fissare i due, totalmente ignari di quei due occhi scuri che si soffermavano indecisi su di loro.
Udì qualcosa lacerarsi nel suo corpo. Forse il cuore. Forse lo stomaco. Forse l’anima.
Poi Akito si staccò da Kiky e si voltò bruscamente a guardare nella sua direzione. Sana sobbalzò e in quel momento non seppe se provava dolore per se stessa o per Kiky, i cui occhi si erano riempiti di orrore e di dolore allo stesso tempo.
Il ragazzo era tornato a guardare la sua compagna e ad accarezzarle la guancia morbida.
Era voltato di spalle e Sana non poté cogliere lo sguardo di scuse che Akito stava implorando a Kiky, semplicemente paralizzata per pronunciare anche solo una parola.
L’ultima cosa che notò, fu Kiky che rispondeva al cellulare e si alzava in piedi, senza nemmeno voltarsi a guardare il ragazzo seduto accanto a lei. Non ne capì il motivo.
Poi Sana scoppiò a piangere.
 
*
 
 Il padre di Kiky era arrivato a prenderla e la ragazza era uscita dal locale. Non lo aveva nemmeno salutato, probabilmente si era resa conto di quello che lui le aveva fatto, dell’oggetto in cui l’aveva trasformata solo per ferire Sana.
La osservò allontanarsi, impacciata sui tacchi alti che aveva indossato quella sera. In realtà, quando avevano camminato sin li qualche ora prima, Kiky sembrava perfettamente a suo agio con quei trampoli che aveva ai piedi.
Forse, il motivo di tanto spossamento era la rabbia che, come uno schiaffo, gli aveva scaricato addosso, ignorandolo mentre se ne andava.
Quando voltò lo sguardo su Sana, fece appena in tempo a cogliere una lacrima scintillante – gioiello prezioso che riluceva alla luce dei riflettori che avevano accarezzato la sua figurina snella per tutta la sera – che le rigava la guancia, prima che Naozumi le passasse un braccio intorno alla vita e l’allontanasse dalla folla impazzita.
Era mezzanotte.
Istintivamente si alzò in piedi di scatto. Per andare dove?
Da lei.
Scontato.
 
*
 
Naozumi le asciugò le lacrime passandole dolcemente i polpastrelli sulla guancia, rigata anche dal nero del mascara che quella sera aveva passato in un sottile velo sulle ciglia.
-Sana, che ti succede? – le domandò, ansioso.
Lei scosse la testa e continuò a piangere, sconvolta.
- È per lui? –
Quelle lacrime cominciarono improvvisamente a bruciare, sui polpastrelli delicati delle mani di Naozumi. Il silenzio di Sana bastò come risposta.
-Cosa c’è tra di voi Sana? – le chiese, incalzante. Il tono di voce tradiva però una certa incertezza nonché l’estremo tatto che utilizzò per non ferirla più del necessario.
Sana continuò a rimanere zitta e a piangere. Quel dolore cominciava a chetarsi, giusto un po’. Come quando si soffre per qualcosa che, si dice, si vorrebbe tenere lontana il più possibile. Eppure, parlarne, fa sentire inspiegabilmente meglio.
-Lo ami, Sana? Ami Akito? Stai con lui o ci sei stata? – domandò, con il classico tono di voce di chi fa una domanda ma non desidera poi tanto sentirsi dare una risposta, perché, dopotutto, la conosce già e non gli piace.
Un veloce cenno annuire e il lacerarsi di un cuore sorprese Naozumi. E pure Sana, che stranita spostò lo sguardo sconvolto su di lui.
- Naozumi, tu... – accennò ad una domanda, ma le dita fresche che celeri si posarono sulle sue labbra la dissuasero dal continuare.
-Basta Sana – le sussurrò, serrando gli occhi e nascondendole il dolore che si celava aldilà di quelle iridi celesti, che da sempre erano state uno specchio rivelatore della sua anima.
-Lasciami andare un attimo in bagno. Poi ti riaccompagno a casa e chiudiamo qui questa serata – disse Naozumi secco, voltandole le spalle.
Sana si abbandonò contro la parete del corridoio che dava sulle cucine, chiudendo gli occhi e lasciando che quella sensazione di spossatezza totale la travolgesse.
 
*
 
Aveva già subito l’immagine di Kamura che la toccava, che sfiorava con carezze proibite la pelle calda del suo corpo, che era stata solo sua, di Akito.
Ne aveva fin sopra i capelli di quel damerino che le ronzava intorno. Adesso che aveva sentito la loro conversazione, desiderava soltanto poter andare li e portare via Sana da quel colossale idiota.
Due schiaffi magari glieli avrebbe anche dati, tanto per dare una ridimensionata a quella cretina che non era altro.
Adesso Kamura se ne era andato – finalmente – e Sana se ne stava appoggiata alla parete, inclinando la testa all’indietro e lasciando scoperta la pelle dolce del collo che lui aveva baciato così tante volte.
Piangeva.
Muoversi per raggiungerla fu quasi istintivo. L’afferrò per un polso ed ebbe la soddisfazione di vederle spalancare gli occhi per lo stupore.
La trascinò con facilità – solo perché Sana era troppo sconvolta per opporre qualsiasi resistenza -  sino alla prima porta che trovò e la spinse dentro. La porta si apriva su una scala che portava alla cantina sottostante al locale.
La fece appoggiare di spalle ad un muro – forse sporco, forse semplicemente nero a causa dell’oscurità che la circondava – e trovò le sue labbra con una facilità strabiliante.
Sana si lasciò baciare da quelle labbra esperte, che desideravano soltanto farla impazzire – almeno, così pensava Sana – mentre le mani di Akito l’accarezzavano sotto quel vestito corto.
- Akito… Akito… - lo chiamò lei strasognante.
-Stai con me... – le disse soltanto lui, mentre le faceva scivolare gli slip lungo le sue gambe e scendeva a baciarle il collo con foga, incidendo lievi morsi con i denti, giusto per marcare quella pelle che apparteneva soltanto a lui.
La supplica contenuta nel suo tono di voce fece capire a Sana che quel gesto, che quello che stavano facendo, era ciò di cui entrambi avevano bisogno in quel momento.
E mentre lui si muoveva disperatamente dentro di lei – emettendo gemiti di piacere e di sofferenza – si dimenticò di tutto il resto.
-Stai con me… -
 
I've handled all my life
When you're looking still confused
Overcome by your too many tears
And I wanna be relieved
Be myself in everything
And I want my train
                                   Shandon – Revenge
 
 
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Capitolo scritto a tempo di record, ormai sono diventata troppo brava a conciliare tutti gli impegni **vi prego cedete a questo penoso tentativo di farmi fare un po’ di complimenti**. Capitolo lungo, malinconico, introspettivo, incasinato e se qualcuna di voi trova qualche altro aggettivo si faccia avanti ^__^ Nemmeno posso credere a quello che ho scritto, Sana così disperata che non è nemmeno da lei, Naozumi così innamorato – ci mancava solo lui ad incasinare tutto di più – Kiky che capisce che Akito ama Sana, Akito che si comporta senza capire nemmeno lui quello che sta facendo – anche se forse si è adesso reso conto che Kiky era soltanto il cosiddetto chiodo scaccia chiodo, che però non ha funzionato poi benissimo vesta la fine del capitolo dove è tornato strisciando da Sana. Spero vi sia piaciuto comunque, un paio di capitoli e si sistema tutto ^^
 
Ringraziamenti :
 
_Rob_ : addirittura tutto d’un fiato, sarai a corto d’aria poverina ^__^ Sono felicissima che ti piaccia così tanto, un abbraccio tenero *__*
Tin_Tin: Akituccio bello si comporta così perché è un emerito idiota – come d’altronde la stragrande maggioranza del genere maschile. Non ti preoccupare che all’Ale i finali tristi vanno di traverso, li faccio tornare insieme il prima possibile, ma non prima di averli fatti diventare matti per benino ^___^
Nanauccia: che onore, la tua prima recensione è stata per me? Ma sei carinissima ^__^ Akito ha capito che Sana è davvero innamorata di lui – anche perché in questo capitolo l’ha proprio sentita – solo che voleva prendersi la sua piccola rivincita personale, povero idiota! Spero ti sia piaciuto questo capitolo, un bacio
92titti92: Akito è solitamente molto più bravo con i fatti, a dire il vero, quindi sentirsi dire da Sana che lo ama l’ha un po’ sconvolto e tutta la sua pazzia è uscita fuori in questo capitolo. Grazie come sempre dei complimenti, che sei un tesoro te! Studia (ho cominciato a farlo anch’io)! ^___-
bellina97: il tempo l’ho trovato, non potrei mai stare lontana da questo bel pezzo di manzo di Akito e dalla sua piccola Sana. Spero che il continuo ti sia piaciuto altrettanto, un bacio bella ^__^
GLoRi: Sana ha optato per piangersi addosso e come sempre mentre lei vegeta, tocca ad Akito svegliarsi – come hai acutamente osservato te, non si daranno mai una mossa insieme ‘sti due! ^^ Descrivere il POV di Akito mi piace davvero tantissimo e tra l’altro mi esce persino più naturale che con Sana, forse perché tra i due è quello sempre più coinvolto. Non piangere comunque, che tutto si sistema gioia ^___^
Reby: spero che ti si sia chiarito qualcosa, anche se effettivamente ha tenuto un atteggiamento così incoerente che nemmeno lui – come ha detto a Kiky – sa il perché si è comportato così. Chi li capisce questi due? :D
Beatrix1291: grazie! *-* Quando leggo una recensione come la tua – esempio: non conosco molto questo Anime ecc… - mi sciolgo come un formaggino, perché se riesco a coinvolgerti con la storia di personaggi che non conosci moltissimo mi sento fiera di me ^__- Le mie storie su HP sono perlopiù ff lunghe, anche se qualche shot l’ho scritta. Spero ti piacciano comunque, un bacione! ^^
Porpetta: aggiorno di lunedì perché è il giorno in cui mi sento più positiva verso il resto del mondo, visto che è appena passata la domenica e ho potuto dormire e visto anche che il lunedì a scuola non è pesantissimo :D – anche se la verifica di Ragioneria di oggi mi ha sconvolta! Comunque, Sana non si merita di essere maltrattata? Questione di POV, credo che Akito sia convinto di si. Tranquilla che se questa fic finisce, ne sto gia scrivendo un'altra alla velocità della luce -__- **Shhh , prima si scrive e poi si parla!** e ne ho già in mente un’altra ancora, un po’ particolare… Che Dio mi aiuti! ^__^
Hermy95: al tuo ‘sta Kiky come si permette di baciare Akito, sono scoppiata a ridere e non so nemmeno io perché, mi è piaciuto come l’hai detto… Ehm, scritto! ^__^ Non te la prendere con Akito, povero, è innamorato e disperato… Cosa doveva fare? ^__-
Roby5b: cioè, ti sei divorata la storia? Era buona almeno? Aldilà di queste battute di scadente qualità, sono felicissima che la storia ti piaccia e anche che tu riponga così tanta fiducia nella sottoscritta che dovrà sistemare tutti i casini che questi due cretini hanno combinato ^^
Deb: la mia tesora! *-* Invece si che mi hai fatta sciogliere e voglio dirti una cosa: quando leggi qualcosa che non ti convince, me lo DEVI dire. È la funzione primaria di ogni recensione, sentirsi dire che la storia è bella ovviamente fa piacere, ma tanti consigli che mi sono stati dati nel corso degli anni mi hanno aiutata a migliorare tantissimo e quindi continua così, fai solo il tuo lavoro di recensitrice (il fatto che Word mi dia errore questa parola vuol dire che me la sono inventata io?). Ignorami… Kiky non è perfetta, solo che siccome la odierete già tutte quante – poverina! ç___ç – ho calcato un po’ sui pregi suoi nel vano tentativo di farvela piacere. Mi pare inutile aggiungere che non ci sono riuscita, SOB ç__ç Un bacione cara e grazie mille di tutto, come sempre ^__^
Yesterday: la pazza per eccellenza di EFP! Tra l’ansia da lettura, il fatto che Kiky ti piaccia e che questa sia una delle migliori fic su Kodocha, mi sono sciolta, ergo vienimi a raccogliere con uno straccio per i pavimenti! Spero di aver rimediato a quel pezzettino che non ti convinceva con questo capitolo che mi ha depressa abbastanza mentre lo scrivevo, altrimenti ti autorizzo a fucilarmi (quando hai detto che la stagione della caccia è aperta ti ho vista in versione militare, con tanto di tuta mimetica – è inutile ormai mi hai contagiata! -___-) Tranquilla comunque, che Storia fa quegli effetti ad ogni essere umano… :D Sei il solito tesoro, scrivi 4x4 che mi fai felice ^__^ Bacione! P.S. ci hanno bloccato il traffico aereo, a Tokio proprio non ci vogliono far andare -_-
Deny1994: se tu per dolcemente intendi coltelli, schiaffi e sparatorie, siamo a cavallo! ^^ Scherzi a parte, grazie mille per i complimenti, si sistema tutto tranquilla ^__-
Herj Malfoy: ma… Come tuo marito? In tutti i nostri incontri, Draco non mi hai mai detto nulla ç___ç **ora SI, che sono depressa!** Finalmente una che capisce che Kiky ha fatto solo il suo interesse e che colui che si è comportato da idiota è stato Akito. Ma cosa ci dobbiamo fare con questo ragazzo, eh? Lo uccidiamo? :D Grazie mille di tutto, tantissimi bacini alla mia rivale in amore ^__^
_DaNgErOuS_ChIlD_ : tranquilla mia diletta, so che mi sei fedele ^_^ Un attentato a Kiky? Mi sono rotolata a terra dalle risate, che hai intenzione di fare a quella povera ragazza? Dai che soffrirà e ti sentirai incredibilmente appagata ^__- Ti ringrazio per i complimenti ^_^
 
Eccoci qui, è bellissimo spendere un po’ di tempo a rispondere alle vostre recensioni, mi sento tanto felice quando ho finito, soprattutto perché siete così carine tutte quante ^_^
Ringrazio tutte le persone che hanno inserito questa storia tra le Seguite e le Preferite (che sono davvero tantissime e che per questioni di tempo non posso citare!) E anche quelle otto persone che l’hanno inserita tra le storie da ricordare, quindi : akane_val, Beatrix1291, dancemylife, Franny97, Herj Malfoy , jeeLala69Serenity_chan
 
Grazie a tutti, appuntamento al prossimo capitolo che sarà anche il penultimo, dove comincerete a sopportarmi mentre piagnucolerò come una bambina :D
 
Bacioni a tutti
Ale69
 
  
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