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Autore: Diana924    19/04/2010    1 recensioni
Gertude Gustavson si reca in Etiopia per lavoro. Non sa che lì incontrerà l'orrore, e poi c'è quella voce, una voce che viene dalla foresta...
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Sono nata il dodici settembre, mio padre mi raccontò che quel giorno nevicava e che la neve cadeva in bianchi fiocchi sulle sognanti strade di Oslo. Era una mattina, verso le nove, mio padre non ne era sicuro perchè il suo orologio aveva le batterie che si erano scaricate alle nove, quando fu avvisato che stavo per nascere.

Mia madre era un’ avvocato, lavorava nel civile, e mio padre un giornalista. Se non mi sbaglio si conobbero all’università. Pensa, erano vicini di stanza e non si erano mai visti, poi all’ultimo anno si scontrarono in corridoio e fu un colpo di fulmine. Si sposarono tre anni dopo e dopo sei nacqui io.

Non mi ricordo bene i miei primi anni, ma ricordo il rumore della macchina per scrivere che  utilizzava mio padre, l’odore di merluzzo che mia madre preparava il sabato e il rumore che faceva quando prendeva la sua cartelletta bruna tendente al grigio per andare a lavoro.

A quattro anni scoprì la musica, ascoltando per caso un concerto di Mozart,e pensai che da grande volevo fare la musicista per poter suonare sempre quella musica stupenda che mi aveva rapito il cuore. Iniziai prendendo lezioni di violino, mi esercitavo ogni volta che avevo un minuto libero, per casa si sentiva sempre il suono dolce, lieve e delicato del violino.

A sei anni iniziò per me la scuola. Ero brava, senza impegnarmi a fondo avevo degli ottimi voti a scuola e naturalmente continuavo a suonare il violino.

Quando avevo dieci anni nacque mio fratello Mark, ricordo che era estate, diversamente da me. Un pallido sole illuminava Oslo quella mattina, me lo ricordo perchè passai tutta la mattinata a guardare fuori dalla finestra. Mio fratello nacque la sera, durante il tramonto, ne ho memoria perchè avevo appena detto “ciao” al sole che tramontava e che vedevo sempre più piccolo dalle finestre.

Fu allora che promisi a me stessa che avrei aiutato mia madre a crescerlo. promessa che mantennii e mantengo tuttora.

Per i primi cinque anni non cambio nulla, poi accadde.

Era una sera, i miei si erano recati ad un convegno, ancora oggi ignoro di cosa, e stavano tornando a casa.

Non so cosa successe di preciso, ma la macchina sbandò e finì in un fosso.

Mia madre fu fortunata, per modo di dire, infatti morì sul colpo; non avvertì nessun dolore, niente di niente.

Mio padre ebbe salva la vita, ma ci rallegrammo poco di questo.

Aveva riportato un gravissimo trauma cranico che dopo un po’ lo fece cadere in coma. Stato che perdura da dieci anni.

Lo vado a trovare ogni giorno, il dottore dice che la presenza di un familiare gli è d’aiuto, ma finora io non ho visto nessun miglioramento.

Nonostante mio padre sia un vegetale ha la potestà su di me, fino alla maturità, e su mio fratello. Ma siccome giace in un letto d’ospedale da dieci anni mi sono dovuta occupare di mio fratello. Mark non ricorda più il suono delle parole di papà, è questo è molto triste per me. Così l’educazione di Mark passò interamente a me.

All’inizio fu molto difficile, ma ora ci siamo abituati entrambi.

Quando andavo a scuola prima portavo Mark alla sua, poi mi dirigevo verso la mia.

In seguito, finita la scuola dovetti scegliere, se seguire le miei ambizioni ed iniziare l’università o pensare al bene della famiglia.

Naturalmente l’università costava  molte corone e alla fine non ero sicura che avrei trovato lavoro; così ci riflettei per bene.

Alla fine scelsi di non frequentarla, ma di mettere a fondo un mio talento: avrei fatto la fotografa.

Da piccola mio padre diceva che “avevo l’occhio”, ovvero che sapevo sempre trovare l’angolazione adatta per le foto. Mi diceva di continuo che un giorno avremmo lavorato insieme, lui avrebbe scritto gli articoli e io li avrei corredati delle miei bellissime fotografie, lui credeva in me.

Così scelsi di divenire una fotografa. All’inizio non fu facile, lo ammetto, ma in seguito le cose migliorarono, anche perchè la pubblicità mi fu fatta dagli ex-colleghi di papà, felicissimi di potermi essere d’aiuto.

Grazie a loro cominciai a collaborare con diverse riviste e giornali, rifiutandomi sempre di andare all’estero perchè non volevo lasciare da solo mark, che era solo un bambino.

Ho accettato questo ingaggio perchè sarei stata pagata il doppio e anche perchè Mark alla fine mi ha convinto che era abbastanza grande per potersela cavare da solo; gli ho dato ragione ma gli ho intimato di andare ogni giorno a trovare papà, anche se per lui è quasi un estraneo.

Questo è tutto, non ho altro da dirti >>.

   
 
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