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Autore: baby80    20/04/2010    18 recensioni
Ho provato a immaginare il primo giorno di André a palazzo Jarjayes, e il suo incontro con Oscar... Anche questa storia è stata iniziata tempo fa, e modificata di recente, ed anche in questo caso la "mia" Oscar è a conoscenza d'essere una bambina. Sono indecisa se concludere la storia in questo modo, come una one shot, o se continuare a raccontare di André... ci penserò. Si accettano consigli.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Invoco il giudizio universale.
Invoco la fine dei giorni.
Invoco la morte.
Venite, ora, in questo istante.
Sfido la fine.
Sfido la morte.
Sfido il buio dei miei occhi.
Venite, ora, in questo momento.
Invoco, su di me, le più agghiaccianti malattie.
Invoco, su di me, la sorte più nera.
Sfido la malasorte.
Sfido la più temibile malia.
Con baldanza sfido il male di questo mondo, certo che nulla potrebbe toccarmi.
Nulla potrebbe toccarmi, ora, che ho tutto ciò che desidero.
Nulla potrebbe spezzare, ora, la felicità che nutre la mia anima.
Niente potrebbe colpire, ora, la serenità che ha assopito, in un sonno che ha i contorni di una sorta di favola, il mio cuore.
Nulla potrebbe.
Niente e nessuno.
Ora che ho lei accanto.
Lei, il piccolo demonietto biondo.
Lei, la donna che è venuta al mondo, tra un respiro e un gemito, qualche ora fa.
Lei, l'essenza dell'amore.
La mia parte d'anima.
L'altra metà del mio cuore.
Lei, la mia Oscar.
Nulla potrebbe.
Nulla.
Immune da ogni male.
Disarmato attendo le mie invocazioni
Disarmato e con la pace sul cuore, attendo.
Socchiudo gli occhi, senza timore, forte al di qua di questo impenetrabile mondo.
Un giovane mondo costruito con sottili fili d'erba.
Un giovane mondo fatto di delicata pelle d'avorio.
Un mondo creato da infiniti capelli d'oro.
Un mondo, edificato, su un limpido mare azzurro.
Socchiudo gli occhi e lascio che pensieri fanciulli, appena fioriti, mi conducano, ancora, in quel recente passato che ha il sapore di lei, così vivo, sulle mie labbra.
Accosto i confini dei miei occhi, ricordando l'amore fattosi finalmente reale.
Accosto i confini degli occhi, ripercorrendo, istante dopo istante, l'amore mutato in gesti.
Chiudo gli occhi, con quel piccolo mondo addormentato sul mio petto.
Sigillo gli occhi ed intono, come fosse una ninna nanna, i ricordi di un battito fa.


Non ho memoria del tempo trascorso sulle sue labbra.
Non ricordo quando è stato che, le nostre bocche, sono divenute un unico inestinguibile fuoco.
Il tempo è svanito, senza possibilità di ritorno, nel momento in cui, lei, ha pronunciato parole agognate da una vita.
Il tempo è divenuto complice dei nostri sensi.
Il tempo si è arrestato, per me, per lei, per noi.
Sto saziandomi di lei, mi pare, da una vita intera.
Il nostro primo bacio non vuol giungere alla fine, rendendoci schiavi di un piacere infinito.
Affondo le dita tra i lunghissimi riccioli biondi di Oscar, accentuando, ancor di più, il contatto delle nostre bocche.
Le nostre labbra, fuse in una sorta di amplesso, hanno concepito, in questa calda notte di luglio, un susseguirsi di baci.
Baci casti.
Baci dolci come il miele.
Baci profondi.
Spudorati.
Baci che sono puro e semplice istinto.
Baci che sono pura e semplice passione.
Bacio lei, la mia Oscar, come non ho mai baciato nessun altra donna.
Bacio lei, col desiderio sulle labbra.
Bacio lei, con l'amore sulle lingua.
La bacio e mi sorprendo di non desiderare null'altro che la sua bocca.
La sento gemere più forte, improvvisamente, ed altrettanto improvvisamente allontanarsi dal mio corpo.
Mani e bocca divengono orfani del loro nutrimento.
La guardo, bellissima da togliere il fiato.
La osservo, portarsi le dita alle labbra, con lo stupore sul viso.
La guardo, sfiorarsi le labbra, con il fuoco negli occhi.

“Mi hai fatto male.”
Sussurra, con alito bollente, tra le mie labbra.
“Scusami.”
La mia umida lusinga, sulle sue labbra, per ripararne il torto.
Un impertinente dolore, sulla mia bocca, mi restituisce lo sgarbo.
Un sorriso malizioso.
Ancora fame.
Ancora voglia di saziarsi.
Ancora baci.
Le mie mani, che non hanno fatto altro che dimorare tra i suoi capelli, ora, deviano il loro cammino, scivolandole lungo il collo.
Le dita, stranamente pudiche, rimangono al principio dell'uniforme.
La mia bocca, insolente ed insaziabile, sfugge alle sue labbra, per ricercare nutrimento sulla pelle delicata del collo.
Un colpo lieve della lingua e la sento sussultare.
Dischiudo le labbra attorno alla pelle del collo, e in lei, nasce un nuovo gemito.
Un improvviso calore sulle mie dita, un istante di smarrimento, ritorno lucido e scorgo le mani di Oscar sulle mie.

“Toglila.”
Un sussurro che odora di imbarazzo e sfrontatezza.
Ho come l'impressione d'essere avvolto, in quel torpore, che accompagna i sogni, ed ho il terrore di star sognando.
Oscar mi riporta alla realtà, come uno schiaffo, posando le mani attorno al mio viso, e fissandomi, con gli occhioni azzurri.
La guardo, e l'amore che nutro per lei mi esplode nel petto, sciogliendosi in ogni fibra del mio essere.
Le dita ritornano alla vita, muovendosi, con una fretta inaspettata, attorno ai bottoni dell'uniforme.
Percepisco lo sguardo di Oscar, chiaramente, come rogo sulle mie mani.
L'uniforme ormai liberata dalla morsa dei bottoni, mi appare, dinnanzi, come un tesoro che non aspetta altro che essere scoperto.
Infilo le mani al di sotto della stoffa, all'altezza delle spalle, e in quel punto, dove il calore della carne è più intenso, lascio scorrere l'indumento lungo le sue braccia.
Un rumore sordo, ovattato.
Il rumore dell'abbandono.
L'abbandono del soldato.
Il suo sguardo, di un azzurro che abbaglia, di nuovo in me.
Mi guarda, la mia Oscar, e mi appare, in questa calda notte di luglio, innocente come non mai.
Desiderio, al limite del lecito, questa creatura innocente e pura.
Desidero lei, la donna che amo da tutto la vita.
Voglio lei, la donna che mi è dinnanzi, la donna che sta affidandomi, con cieca fiducia, corpo ed anima.
Sfioro la morbida stoffa della camicia, facendo scorrere le dita sulle braccia di Oscar, dalle spalle fin giù lungo i polsi, ed è li, che arresto le mani.
Ed è li, che una vertigine di pensieri, mi coglie.
Mi domando se tutto ciò mi sia permesso, possibile che io, André Grandier, servo, attentende, soldato della guardia, possa fare ciò che sto facendo?
Un dubbio atroce, un attimo di panico.
Se fossi impazzito?

“André...” la sua voce.
Il mio sguardo perso nei suoi occhi, un mare di azzurro, colmo d'amore.
“André, puoi toglierla?”
Una domanda pronunciata con un filo di respiro.
Rispondo senza verbo.
Rispondo con l'amore mutato in gesti.
Faccio passare, al di fuori delle asole, i primi bottoni di madreperla.
I lembi di tessuto perdono la propria compostezza, divaricandosi, spudoratamente, e mostrando, ai miei occhi, nuova pelle.
Uno scorcio di pelle che ha, in sé, la pienezza della femminilità.
Rubo uno sguardo ad Oscar, e vi trovo, sul volto, un virginale imbarazzo.
Stringo, tra le dita, la candida stoffa attorno alla sua vita.
Stringo, tra i pugni, questo indumento divenuto ormai ingombrante, sfilandolo, forse con troppa veemenza, dalla morsa dei pantaloni.
Io, ladro di sguardi, mi impossesso dei suoi occhi.
Lei, consapevole vittima, mi dona, senza porgere resistenza, l'azzurro delle sue iridi.
La osservo, con sorpresa, alzare le braccia al di sopra della testa.
Un provocante invito, anch'esso senza parole.
Vorrei amarla, ora, senza ritegno, ma l'innocenza che respiro, in ogni suo gesto, frena il mio istinto.
Le sfilo la camicia, scoprendone il corpo, centimetro dopo centimetro.
La pelle della vita.
Il costato, appena accennato, al di sotto della carne.
Una rotondità, appena abbozzata.
Un accenno di quel seno che, da sempre, ho tentato di figurarmi dinnanzi agli occhi.
Un respiro profondo, aumento la corsa dell'indumento.
Oltrepasso la testa.
Una cascata di riccioli biondi le ricade sulle spalle.
Getto sull'erba, con noncuranza, l'ennesimo pezzo del soldato.
La donna finalmente libera.
Una donna, nel cuore e nel corpo.
Una donna, ora, dinnanzi ai miei occhi.
Donna, nella pienezza di un seno, che profuma di maternità.

“Oscar...” sfugge alle mie labbra.
“André io...” parole che invocano un riparo, le sue.
E come riparo, per quella parte di lei che ha rinnegato da sempre, vi sono un paio di mani tremanti.
Un bacio gentile, alle sue labbra.
Una morsa delicata, attorno ai suoi polsi.
Carezze lievi, come alito, sui suoi seni.

“Ti amo.”
Un dono d'amore, al suo orecchio.
“André, posso...”
Una frase che sa di incompletezza.
Le sue mani, attorno al colletto della mia uniforme, gesti che ne completano il significato.
Le mie dita, ancora, attorno ai suoi polsi, la esortano a continuare.
Privato delle mie vesti di soldato.
Privato di quegli indumenti che, fin dalla nascita, hanno fatto di me un essere differente.
Un essere dissimile a lei.
Privato, ora, d'ogni etichetta.
Osservo, ascolto, odo, in religioso silenzio, il tocco di Oscar, spogliare il mio corpo.
Le sue mani, piccole e delicate, sfiorano la mia pelle.
Le sue mani, piccole e delicate, hanno il potere di uccidermi.
Il suo tocco, dolore e piacere.
Ho desiderato questa morte.
Ho desiderato, con tutto me stesso, perire per mano sua.
Voglio morire, col piacere.
Avvicino il mio corpo a quello di Oscar, cingendole il busto con le braccia.
La morte ha il gusto del piacere.
Pelle contro pelle.
Sento, così prepotentemente, il suo seno poggiarsi al mio petto.
Oscar avvicina le labbra alle mie, posandovi un bacio, un bacio che non ha nulla di quell'innocenza, che ho scorto, in lei, poco fa.
Il timore, che stava frenando il mio corpo, lascia il posto all'istinto.
Istinto e passione.
Amore e desiderio.
Con gesti garbati ma decisi, poso lei, la donna che finalmente mi è permesso amare, su un insolito letto d'erba.
Giaccio al suo fianco, in devozione.
Giaccio al suo fianco, in quella posizione che è fatta per adorare i santi.
Giaccio al suo fianco e, con infinita dolcezza, privo la donna delle ultime vestigia del soldato.
Guardo Oscar, la mia Oscar.
La osservo con l'amore negli occhi.
La guardo, cogliendo, ciò che finora era rimasto celato.
Scruto il suo bellissimo corpo di donna, posandovi impercettibili tocchi.
Scruto il suo corpo di donna, tracciandovi, con le dita, i contorni di un immaginario dipinto.
Poso le dita sulla fronte, percorrendo il profilo del naso, della bocca, del mento.
Perpetuo il mio immaginario dipinto, attraversando nuovi luoghi.
Poso le dita sfiorando il contorno del seno.
Una prima rotondità, l'inaspettata rigidità del roseo capezzolo, l'altra metà di questa armoniosa sfera.
Un gemito, solitario, sfugge alle labbra di Oscar.
Un mio bacio, tra le sue labbra, alla ricerca del fuggitivo.
Riprendo il mio bizzarro viaggio sul corpo della donna che giace al mio fianco.
Depongo i polpastrelli sul suo ventre, poco al di sopra dell'ombelico, disegno linee immaginarie che hanno il potere di far nascere, in lei, brividi di piacere.
Sorrido.
Ostento il passaggio dei polpastrelli, su quel brandello di pelle, che racchiude, in sé, l'essenza della vita e, in egual modo, l'essenza del piacere.
Quel lembo di pelle che bramo più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Distendo le dita, le rilasso, invitando il palmo a posarsi, pienamente, sul suo ventre.
Un nuovo gemito nasce dalla bocca di Oscar.
Si può amare così fortemente da sentirsi morire?
Si può amare qualcuno più di se stessi?
Si può, dio solo sa quando questo sia possibile.
Amo questa donna più della mia stessa vita.
Posso sentire, al di sotto del mio palmo, il suo cuore, battere senza freni.
Sorrido.
Cerco gli occhi di Oscar, li trovo, e vi scorgo l'amore.
Amore, per me.
Il suo amore, tutto ciò che possiedo.
La mia mano, ancora sul suo ventre, desidera il proibito, ed io, senza più timore, proseguo alla scoperta del piacere.
Un tuffo al cuore.
Dolce miele sulle mie dita.
Un brivido lungo la schiena.
La mano di Oscar si stringe attorno al mio braccio, ed io non posso far altro che saziare la nostra fame con un bacio.
Delizia nella sua bocca.
Delizia tra le sue gambe.
Le mie dita, senza più vergogna, scrivono una poesia tra le pieghe del suo intimo.
La creatura innocente muta in istinto.
Al di sotto delle mie mani, al di sotto della mia bocca, sento nascere quella passione, che non conosce pudore.
Al di sotto delle mie mani, sento, la mia Oscar, divenire pura e semplice Voglia.
Il suo bacio si fa più profondo, insaziabile, quasi violento.
La sua mano, piccola e delicata, abbraccia la mia, accompagnandone i gesti ed impedendomi una possibile fuga.
Una scossa lungo la schiena, il desiderio che si fa forma.
La mia virilità non ha più nascondigli.
Il mio desiderio è celato agli occhi del mio amore.
Abbandono il centro del piacere, strappandole un lamento di disapprovazione.
Abbandono le sue labbra, il tempo di cambiare posizione.
Non più pellegrino in adorazione dei santi.
Stendo il mio corpo su quello di Oscar, poggiando il peso del mio essere uomo, sui gomiti.
Stendo le gambe al fianco di quelle, lunghissime e bianchissime, di Oscar.
Dispiego, parte del mio essere, sul fianco della mia Oscar.
Non posso più celare il mio vigore, non vi sono più indumenti a riparare tale danno.
Non voglio celare, mai più, la voglia di lei.
Desidero che lei senta.
Desidero che lei comprenda questa nuova forma d'amore.
Voglio che lei desideri questa nuova parte di me.
L'ennesima scossa di piacere.
Le sue mani lungo la mia schiena, carezzano, premono, lasciando scie che bruciano la carne.
Un sussulto del corpo e la mia virilità batte contro la sua candida coscia.
Gli occhioni azzurri si spalancano.
Le sorrido, la guardo.
Che l'irruenza del mio desiderio l'abbia spaventata?
Ho paura di aver rovinato, con la sfrontatezza del mio essere uomo, questo momento.
Mi guarda, mi sorride.
La sento muoversi, la mia Oscar, al di sotto del mio corpo.
Avverto, la sua gamba, scivolar via.
Sento chiaramente, le sue gambe, posarsi ai lati dei miei fianchi.
Vedo distintamente, le sue gambe, dischiudersi al mio corpo.
Il desiderio mi colpisce senza pietà.
Desidero questa donna, così innocente e deliziosamente eccitante, nel medesimo istante.
Desidero questa nuova creatura che mi è nata sulle labbra.
Desidero ,questa nuova Oscar, che ha  in sé il gusto della lussuria.
Il desiderio mi uccide, irrimediabilmente.
Il desiderio mi uccide con armi delicate.
Muoio tra le mani della donna che amo.
Un tocco leggero rapisce la mia passione, mutata in forma.
Un tocco leggero e inesperto, impara, comprende, scopre, la sfacciata rigidità del mio essere uomo.
Un turbinio di sensazioni invade i nostri corpi.
Su di noi il velo della carnalità.
Su di noi l'alito dell'amore.
Non mi riesce di desistere dal baciare le sue labbra, divenute fonte di vita.
Bacio le sue labbra, gioco con la sua lingua, caccio la pelle del suo collo come fosse una preda, di cui sfamarmi.
Mordo la sua bocca come fosse un dolce frutto maturo.
E lei, questa Oscar appena venuta al mondo, compie i miei stessi gesti.
L'ardore della pelle si fa così intenso da essere quasi insopportabile.
La bramosità delle nostra passione, è giunta, ad un punto, dal quale non vi è più ritorno.
Esigiamo di più, l'uno dall'altra.
Vogliamo divenire, nel corpo, ciò che le nostre anime sono da tempo.
Vogliamo scoprire l'essenza del piacere.
Desideriamo, semplicemente.
Un bacio sfiorato sulle sue labbra.

“Ti amo, Oscar... ti amo così tanto.”
Un sorriso che profuma di una dolcezza infinita.
Lacrime, limpide, mutate in liquido zuccherino che riempie il cuore.
“André... anch'io ti amo... ti amo come non credevo di poter amare.”
“Oscar io...”
“Shhhhh...”
Mi zittisce, la vecchia Oscar.
Mi bacia, la nuova.
“Voglio fare l'amore con te. Voglio essere tua, ora.”
Mi sussurra la creatura appena nata.
Ed io non posso far altro che ubbidire.
Ed io non posso far altro che servirla, come ho fatto da tutta la vita.
Ed io non posso far altro che unirmi a lei.
Immergo il mio unico occhio nell'azzurro del suo sguardo, non voglio perdere neppure il più impercettibile battito di ciglia.
Il suo sguardo.
Uno sguardo d'amore, innocente, arrendevole.
Uno sguardo coperto da un velo di timore.
Una delicata, virginale, paura.
Osservo l'amore della mia vita, osservo la mia piccola Oscar mentre, con infinita dolcezza, accosto, il mio essere uomo, al suo essere donna.
Un sussulto sulle labbra.
Un bacio per rassicurarla.
Respiro per portare, in me, la calma.
Un respiro e scivolo in lei, tra il miele del suo ventre.
Un gemito di piacere scorre fuori dalle mie labbra.
Un gemito di dolore scorre al di fuori delle sue.
L'istinto, quel primordiale amore che ho per lei, mi porta a sollevarmi.
Il suo amore mi obbliga a restare sul suo corpo.
Le mani di Oscar, sulla mia schiena, mi trattengono.
Mi sorride, ed è bella da far male al cuore.
Mi spingo in lei con una lentezza estenuante.
Entro in lei e il fuoco mi sorprende.
Il fuoco della sua essenza.
Quel fuoco che vorrei far mio con sempre maggior vigore.
Un lamento le dipinge lo stupore sul viso.

“Ti amo Oscar.”
Parole come baci.
“Ti amo...”
La sua voce flebile, scossa dall'affanno di un indelicato dolore.
Rincorro quel fuoco che dimora in lei, rincorro il piacere, aumentando il ritmo del mio corpo.
Un lamento.
Un gemito.
Lentezza e celerità, un alternanza di movimenti.
Un lamento
Un gemito.
Un sussulto.
Un susseguirsi di gemiti dalle sue labbra.
Aumento la mia corsa in lei, aumento il movimento dei miei lombi.
Mi spingo in lei con forza, quella forza che mi conduce al centro del suo intimo.
Quella forza che non è altro che amore.
Odo gemiti di piacere, ora,  e solo degli impercettibili fantasmi di quel suo dolore, che pesava su di me, come un masso.
Accresco il vigore dei miei fianchi, mutando la dolcezza in passione.
Una fitta di piacere mi colpisce come una lama.
Le lunghe gambe di Oscar mi si stringono attorno ai fianchi, una muta conferma di godimento.
La odo ansimare, con alito bollente, sul mio collo.
Io, ormai, puro e semplice istinto.
Le spinte del mio corpo, in lei, divengono sempre più forti, quasi violente.
La lussuria è come stupefacente, in me.
La lussuria e l'amore sono come alcool nelle mie vene.

“Oscar...”
un nome tra i respiri affannati.
Un gemito, il suo, in replica.
“Sei mia?”
Una folle richiesta.
Un gemito che ricorda un grido.
Le sue mani sulla mia schiena.
Le sue gambe, attorno al mio corpo, mi spingono a perpetuare la forza, in lei.
Le sue unghie, nella mia carne.
Una muta risposta.
“Sei mia?”
Le chiedo, ancora, tra le labbra.
Un gemito che ricorda un lamento.
Un gemito che sa di piacere.
“Si... Sono tua...”
Le sorrido facendo mie le sue bellissime labbra rosse.
“André io...”
Mi spingo in lei, col desiderio di una vita, rubandole le parole.
“André...”
L'ennesima spinta, l'ennesimo gemito.
Ci muoviamo all'unisono, corpo su corpo.
Pelle contro pelle.
Fondiamo l'uno nell'altra.
Respiri.
Sudore.
Dolce miele della passione.
Lacrime.
Amore.
Giaccio all'interno del suo ventre, giaccio, immobile, nel punto in cui nasce la sua essenza.
Ascolto i nostri respiri, odo i battiti dei nostri cuori.
Muoio nei suoi occhi.
Piange, la mia Oscar, nel momento in cui, il suo corpo, riprende i passati movimenti del mio.
Il suo corpo, esorta il mio, a copiarne i gesti.
Piange col sorriso sulle labbra.
“Oscar... no...”
Una supplica, la mia.
“Ti prego...”
Una supplica, la sua.
Richiamo la passione del mio essere, richiamo, in me, la voglia di fuoco.
Una spinta, un'altra, un'altra ancora.
Le prime avvisaglie di un amore liquefatto.
Ritorno sui miei passi ma, un paio di braccia, le sue, mi bloccano con prepotenza.
“Ti prego...”
Le sue parole, quasi un pianto.
“Oscar, no... non credo che tu...”
Preoccupazione, nelle mie.
“André, per favore... io ti amo, ti amo più della mia vita.”
Lacrime tramutate in parole.
“Io, Oscar, ti amo più della mia vita.”
Obbedisco, come faccio da una vita intera.
Obbedisco a lei, l'amore.
Obbedisco scivolando in questa innocente creatura.
Obbedisco muovendomi in lei, lentamente.
Obbedisco alla bambina che divenne la mia famiglia.
Obbedisco alla ragazza che diventò la mia migliore amica.
Obbedisco alla donna che ha insegnato, al mio cuore, l'amore.
Obbedisco a questa donna che sento godere sotto il peso del mio corpo.
Obbedisco a lei, la mia Oscar.
Le obbedisco amandola con ogni fibra del mio essere.
Le obbedisco donandole il mio cuore, la mia anima, la mia stessa vita.
Le obbedisco, regalando, al suo ventre, l'essenza del mio amore.
  
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