What
are you doing?
Mark
era caduto di culo per terra.
Davanti
a centinaia e centinaia di spettatori, il che non era esattamente come se fosse
caduto durante le prove o con pochi testimoni. E non era neppure come quando
inciampava per via della fretta, perché la sua dannata sveglia aveva fatto
cilecca ancora una volta e lui non si decideva a cambiarla perché probabilmente
sarebbe stato troppo intelligente farlo. E decisamente non si era impicciato
nel filo del microfono, come era tanto bravo a fare, neanche avesse preso un
master nell’intrecciare i piedi in quei dannati cavi elettrici.
No,
stavolta Mark aveva dato il meglio di sé nell’incespicare nei suoi stessi piedi
perché doveva aver trovato a dir poco ingegnoso infilarsi in quel cazzo di box
– a fare che, poi? – e uscirne al contrario. Al contrario, lui che era un impedito di proporzioni mastodontiche,
come se questo non avesse potuto interferire con il suo già scarsissimo
equilibrio. E la caduta era diventata quasi scontata ad un certo punto,
talmente che adesso Tom si stupiva di non averci pensato prima, di essersi
addirittura sbigottito quando sarebbe stata una cosa facilmente prevedibile se
si aveva a che fare con un imbranato delle dimensioni di Mark Hoppus.
Ma,
insomma, non era colpa sua se dopo tutto quel tempo era stato così ottimista da
sperare che il bassista avesse racimolato almeno un briciolo – neanche tanto,
eh, giusto quel tanto che sarebbe bastato per non raccattare una figura di
merda a livello internazionale – di controllo delle proprie azioni in più
rispetto a quando di anni ne avevano venti.
Si
sentiva quasi stupido, col senno di poi, ad aver avuto una simile fiducia cieca
nei progressi fisici dell’Hoppus, quando lui meglio di tutti sapeva di cosa era capace quel
rincoglionito totale.
Tuttavia
da lì a riuscire anche solo ad immaginare l’eventualità che Mark fosse ancora
perfettamente in grado di inciampare come un ragazzetto goffo e ridicolo
davanti a centinaia di persone nonostante i trent’anni suonati già da un
pezzo...no, proprio non aveva saputo preventivarlo.
Cioè,
Mark era caduto col culo a terra.
Era
una cosa che avrebbe avuto senso se fosse almeno andato a sbattere contro
qualcosa, o qualcuno, ma così, da solo e senza sfiorare nulla...
Era
ridicolo. Era la cosa più ridicola in assoluto che Mark aveva avuto la faccia
tosta di fare. E cazzo, Mark ne aveva fatte di cose grottesche, consapevolmente
o meno.
Tom
ancora non riusciva a capacitarsi di come fossero andate le cose. L’attimo
prima il bassista era lì, al solito posto alla destra di Travis ad intonare la
sua parte di I Miss You, e l’istante
dopo, quando era arrivato il turno di Tom di cantare, puff! Mark se ne andava in giro come se niente fosse ad invadere
anche la sua porzione di palco. Lui gli aveva gettato una rapida occhiata, ma
Cristo santo, stava cantando dal vivo e doveva tenere un certo ritmo per
preoccuparsi a dovere di quante probabilità avesse l’altro di fare la figura
del rincitrullito.
Per
una frazione di secondo aveva addirittura pensato che dopotutto Mark era
cresciuto adesso, che sapeva quello che stava facendo, che doveva smetterla di
essere paranoico e concentrarsi solo sulla canzone.
Poi,
neanche l’avesse fatto apposta, proprio quando Tom aveva iniziato a rilassarsi,
Mark aveva avuto la brillante idea di cadere. Di cadere da solo. A culo per
terra.
E
non era stata una di quelle cadute rapide, quelle in cui avresti potuto
permetterti di sperare che solo in pochi l’avevano notata e che di conseguenza
non l’avrebbero etichettato come ‘il
coglione che cade a culo a terra sul palco in pieno concerto dal vivo’ a
vita. Era stata più una caduta comica. Sì, comica era il termine esatto per
descrivere il ruzzolone in stile Benny Hill con cui l’altro si era ritrovato a
fondoschiena a terra e gambe al vento.
Tom
aveva provato a non ridere, sul serio, ma le labbra si erano arricciate
all’insù da sole e le parole erano venute fuori quasi automaticamente, senza
che il suo cervello avesse avuto il tempo di arginarle.
“Cosa stai facendo?”
Gli aveva chiesto, più divertito che incuriosito, mentre Travis insisteva sulla
batteria e la canzone pretendeva di andare avanti.
Aveva
dovuto farsi violenza fisica per rimanere al suo posto, dietro a quel dannato
microfono, e continuare a cantare – show
must go on, no? – invece che correre da quel babbeo e dirgli che era uno
stupido ed aiutarlo a rialzarsi, ridendo a crepapelle fino a farsi venire le
lacrime.
“Torna al tuo lato del palco!”
Non aveva saputo fare a meno di aggiungere comunque nel vederlo rialzarsi,
sentendo la propria voce sempre più stridula nel disperato tentativo di mettere
a tacere un inopportuno scoppio di risate.
D’imbecille
ne bastava uno solo in una band e Mark faceva fin troppo per mantenersi ben
saldo il suo ruolo, non c’era affatto bisogno che anche lui iniziasse a dare di
matto nel bel mezzo di un’esibizione live.
Fatica
non da poco visto che quello scemo aveva pensato bene d’iniziare a saltellare
come un deficiente per tornarsene al suo posto, sorridendo come un ebete e
fingendo di non aver appena fatto la peggior figura da scemo del villaggio
qual’era davanti ad un solido gruppo di aspiranti testimoni.
E
lui doveva cantare, e santo cielo non
era mai stato tanto più difficile farlo prima di quel momento, con le risate a
fior di labbra e la voglia di mollare un bel scappellotto a quell’idiota nelle
mani, perciò era tutta colpa di Mark Hoppus se Tom DeLonge aveva fatto una
pessima performance, con tanto di risolini in sottofondo a stento trattenuti, e
che Dio lo fulminasse se non si sarebbe ripreso la sua cazzo di rivincita per
quello.
Mark
avrebbe fatto bene a preoccuparsi, perché era cosa risaputa che le vendette di
Tom DeLonge sapevano essere molto, molto
terribili.
Quasi
gli faceva pena adesso – cavolo, era caduto a culo per terra davanti a tutta
quella gente...! – ma non abbastanza da mettere a tacere il proprio spietato
bisogno di rivalsa.
“La
smetti di ridere come un idiota? Sono dieci minuti che non fai altro, è
snervante.” Lo ammonì una voce fin troppo nota, appartenente alla persona che
aveva completamente capitalizzato i suoi pensieri e non solo per quella notte.
Tom
alzò il capo e, nonostante il tono irritato dell’altro, non si premurò di
celare un ghigno sardonico. “Sei caduto per terra. Sei caduto di culo a terra! Come a un deficiente!”
Dichiarò piuttosto in tono sorpreso, trovando chiaramente la cosa alquanto
esilarante, negli occhi ancora una certa dose d’incredulità.
Mark,
che era rimasto tutto quel tempo seduto sulla poltroncina nell’angolo a
sistemare le corde del suo basso, mise su un’aria a metà tra l’imbarazzato e
l’imbufalito.
“Poteva
capitare a chiunque!” Si difese, a denti stretti e con le guance praticamente
in fiamme.
“No.”
Denegò Tom, senza tuttavia perdere il sorriso dalle labbra. “Una cosa del
genere poteva capitare solo a te.”
“Non
l’ho fatto mica apposta!” Insistette ancora Mark, sempre più rosso e in
difficoltà.
L’altro
sghignazzò e alzò gli occhi al cielo, senza dire nulla, ben consapevole di
farlo infuriare in quel modo.
Come
da intuizione, difatti, il bassista si alzò dalla poltrona e fece per
avvicinarsi con un’aria che a suo avviso doveva essere minacciosa ma che a Tom
parve più un pallido tentativo di nascondere il proprio impaccio, sennonché a
metà strada inciampò in una scarpa lasciata lì con ogni probabilità a marcire
che lo costrinse ad esibirsi in una serie di giravolte assolutamente goffissime
per non ritrovare l’impatto col suolo, di faccia stavolta.
Tom
ovviamente non perse di certo l’occasione per ridere e sbeffeggiarlo. “Dio, sei
assolutamente ridicolo! Hai trentasette anni, Cristo santo, e ancora inciampi
come un ragazzino! Dovrebbero impedirti di muoverti visto che dove cammini tu
c’è il rischio che-”
Non
riuscì a terminare la frase perché un paio di labbra che premeva con ferocia
sulle sue glielo impedì bruscamente.
Mark
gli stringeva i capelli con una tale foga da farlo male, ma Tom era troppo
divertito e di buonumore per lamentarsi e comunque avrebbe potuto aggiungere
anche quello alla sua imminente vendetta.
Piuttosto
con uno scatto di reni, si premurò di scaraventarlo letteralmente sul letto su
cui si era stravaccato a ridere della figura da scemo dell’altro da circa dieci
minuti, erigendosi poi su di lui con la forza del suo fisico imponente e senza
mai interrompere il bacio. Fu solo quando i loro polmoni gridarono per un po’
di ossigeno che si separarono, le bocche gonfie e rosse e i respiri affannosi.
Tom
lo fissò per un lungo istante, il viso esteso in un’espressione allegra, e
proprio non riuscì ad impedirsi di scoppiare in un’altra risata incontrollata
quando davanti agli occhi gli passò l’immagine dell’Hoppus a culo per terra e
gambe alzate. Dio che coglione... Non riusciva per niente a capacitarsi di
quanto potesse essere ridicola una persona che, almeno in teoria, aveva
superato da secoli la fase dell’adolescenza.
“Smettila
immediatamente DeLonge o giuro che ti strozzo!” Lo avvertì aspro Mark a quel
punto, gli occhi ridotti a due fessure intimidatorie.
Okay,
era caduto come ad un pivello. Ci stava che lo prendessero in giro per quello,
sul serio, non aveva fatto una piega davanti alle battute dell’intero staff. Ma
cazzo, ridere anche in un momento come quello...era
davvero intollerabile persino per uno paziente come lui!
Per
tutta risposta, Tom ridacchiò, scosse la testa e mise su un’aria da pervertito
integrale. “Avrei un altro piano prima, se non ti spiace. E tu devi ancora
pagarmela per la figura del cazzo che mi hai fatto fare su quel palco, Hoppus.”
Dichiarò, in un tono tanto allusivo quanto arrogante.
Mark
roteò gli occhi, sbuffò e fece per dire qualcosa, ma stavolta fu il turno del
chitarrista di zittirlo con un bacio. Aveva quasi iniziato a dimenticare di
essere incollerito per le pesanti prese per i fondelli a cui era stato
sottoposto e a rilassarsi sotto il tocco esperto del compagno, quando lo sentì
ridacchiare sul suo collo, dove aveva da poco preso a lasciare un suo
personalissimo ricordo personale.
“Tom‼
Smettila di ridere!”
“È
che...sei caduto...col culo...per terra... Cazzo, sei caduto col culo per terra!”
Fanculo
pure ai blink, fanculo! Fanculo ai blink e a quello stronzo di Tom DeLonge
e – perché no? – fanculo pure a lui, che a trentasette anni suonati riusciva
ancora a cedere a culo per terra durante un concerto! Eppure, nonostante le
mille imprecazioni, Mark non riuscì ad impedirsi di sorridere a sua volta,
perché dopotutto Tom aveva ragione: era un maledetto coglione quando ci si
metteva!
The
end
A/N
Non so cosa aggiungere,
se non che dopo aver visto il video e la caduta in questione sul Tubo, non ho
potuto fare a meno di scrivere. È
stata una scena troppo esilarante per ignorarla come se niente fosse e Tom che
se la sghignazzava tra una strofa e l’altra, mi ha dato il colpo di grazia!
Povero Mark, non oso immaginare le prese per i fondelli che ha dovuto
sopportare per questo...! XD
Ah, le parole in corsivo,
quelle che dice Tom, sono effettivamente i suoi commenti alla caduta di Mark.
Eh sì, lo so, è
dannatamente slash. Ma che ci posso fare? Questi due li adoro troppo insieme
per non farli rapportare in quel
senso! *-*
Bien, alla prossima ondata
d’ispirazione gente!
Baci.
memi J