Chi si ricorderà di te, dopo che sarai scomparso, e chi pregherà per te?Fai, o mio caro, fai ora tutto quello che sei in grado di fare, perché non conosci il giorno della tua morte; né sai che cosa sarà di te dopo.
-T. da Kempis
“Io non posso
credere che tu ti sia
davvero presentata davanti ai federali con quegli aggeggi ai piedi!-
sbottò l'uomo, gesticolando animatamente- Davvero, sei
incredibile!E quei calzoncini poi?Sembrava di essere in un liceo e
non nello studio di medicina legale!Sai che cosa avranno pensato?Che
non siamo competenti!Che prendiamo il lavoro sotto gamba e che il
nostro laboratorio non è affidabile.”
Stein sbuffò sonoramente alla
fine del proprio discorso e poi alzò lo sguardo verso la
ragazza che aveva di fronte, che tuttavia non sembrava affatto
turbata dalle sue parole.
“Hai capito quello che ti ho detto,
Quarantanove?” domandò quindi, leggermente
spazientito.
La mora annuì “Che quelli
dell'FBI odiano i pantaloncini e i pattini?”
Davon la fulminò con lo sguardo
ma lei, a differenza di chiunque altro che sarebbe rimasto
intimidito, gli rivolse un sorriso divertito.
“Ho memorizzato tutte le regole che
mi hai mandato via mail, Davon. Niente magliette con scritte
ridicole, niente pantaloncini corti, niente pattini in laboratorio,
niente fiocchetti nei capelli, niente braccialetti fosforescenti.-
gli assicurò, elencando ogni elemento aiutandosi contando
con
le dita- Finchè rimarrà l'FBI sarò una
monotona
e seria antropologa forense.”
Il dottor Stein la squadrò da
capo a piedi. Indossava una camicetta con maniche a sbuffo, al collo
un fiocchetto di raso rosso a mò di cravattino, e una gonna
a
vita alta e svasata. I suoi occhi però si soffermarono sulle
scarpe.
“Immagino che battendo i tacchi tre
volte con quelle torni in Kansas, giusto?”
commentò, notando
le ballerine rosso fuoco.
Se qualcuno del laboratorio avesse
sentito quella battuta, probabilmente non avrebbe creduto alle
proprie orecchie: Alaska era rimasta l'unica persona vivente a sapere
che anche il cinico, misantropo e imbronciato Davon Stein possedeva
un senso dell'umorismo.
Alaska si lasciò sfuggire una
risatina e poi gli domandò di nuovo se non volesse andare
con
lei alla centrale di polizia.
L'antropologo scosse la testa e poi
borbottò infastidito qualcosa riguardo a una certa lezione
che
doveva ancora preparare.
Fece un gesto con la mano come se,
invece di invitare la sua assistente ad andarsene, stesse cacciando
una mosca “A rapporto con i federali e ricorda: nessun
particolare...”
“... deve essere dato per scontato.”
concluse per lui la dottoressa Ross, facendo dondolare la testa da
destra a sinistra mentre recitava quelle parole che conosceva a
memoria.
“Te l'avevo già detto?”
domandò stupito Stein, sbattendo i piccoli e profondi occhi
neri.
La giovane sorrise “Lo dici come
introduzione ad ogni corso e seminario, me lo ricordo.”
“D'accordo, ora vai: e accendi il
collegamento via webcam appena sei là. Non mi piace che tu
ti
ritrovi da sola in mezzo a quel branco di scimmioni armati.”
Mentre si allontanava con passi leggeri
Alaska fece una mezza piroetta per voltarsi di nuovo verso di lui
“Andiamo, Davon!Sono poliziotti!”
L'uomo non rispose. Si limitò a
scuotere la testa sospirando e poi mosse la sedia a rotelle per
rientrare nell'edificio e tornarsene finalmente al proprio tranquillo
e confortevole ufficio.
Dipartimento di polizia di Baltimora
(BPD), sessione investigativa. Baltimora, Maryland.
Nelle stazioni di polizia i
pivellini
hanno sempre dei compiti ingrati. Non gli vengono assegnati con
cattiveria, più che altro è un iter necessario,
una
sorta di percorso che li aiuta a farsi le ossa sul campo e a renderli
adattabili a qualsiasi situazione. Alla recluta Ford, quella mattina,
toccava stare in guardiola, a gestire le entrate al dipartimento. Di
solito era un compito ingrato, piuttosto noioso se non si contavano
le scenate dei genitori che andavano a recuperare i figli che avevano
passato una notte dietro le sbarre per una sbronza mal gestita, o
quelle dei senzatetto che chiedevano di rimanere dentro almeno fino
all'ora di pranzo.
Probabilmente era per questo motivo che
quando vide entrare quella ragazza con in mano una potenziale arma,
prima di reagire prontamente, si ritrovò a sobbalzare sulla
sedia stupito.
“Ferma dove sei!” le intimò,
alzandosi di scatto e andandole incontro con due lunghi balzi.
La giovane si fermò all'istante
“Agli ordini.” disse, per niente denigratoria o
ostile o
intimorita.
Ford sbattè le palpebre confuso.
Non era una reazione che si sarebbe aspettato.
“Non può entrare qui dentro
con quello.” continuò a parlare, dopo aver
tossicchiato per
ritornare nel ruolo del poliziotto ligio al dovere.
Alaska schiuse le labbra, formando una
piccola O “Questo?” domandò, spostando
lo sguardo verso la
grossa tenaglia che si stava trascinando dietro dal laboratorio.
“Quello.” confermò l'altro,
indicando l'oggetto allungando il mento verso di esso.
“Mi dispiace, ma devo proprio.-disse
la giovane, iniziando a parlare forse un po' troppo velocemente-
È
una prova. Anzi, non è proprio una prova vera e propria,
anche
perchè andrebbe contro il protocollo portarla in giro in
questo modo, senza protezione e via dicendo. Diciamo che è
più
un suggerimento, una specie di indizio forse, un modo per aiutare chi
indaga sul caso a...”
Il poliziotto aggrottò le
sopracciglia, prima di interromperla con tono secco“Si
può
sapere chi sei?”
“Alaska Ross, antropologa forense.”
si presentò allora la ragazza, stirando le labbra in un
sorriso.
Ford alzò un sopracciglio “Dov'è
il tuo tesserino?”
La dottoressa Ross allungò la
mano verso l'orlo della camicia, a cui di solito appendeva il proprio
pass, ma la fermò a metà strada, per poi alzarla
e
sbattersi il palmo sulla fronte “Accidenti, l'ho dimenticato
al
laboratorio!”
“Certo. Come no.- la recluta storse
le labbra in un ghigno antipatico-Gira al largo o sarò
costretto a prendere provvedimenti.”
“Ma sono l'antropologa
forense!-continuò Alaska con tono supplichevole-Te lo
giuro!E
poi, come potrei immaginare un nome del genere?”
Ford stava cominciando a spazientirsi
“Posa quell'aggeggio, per favore.”
“Ma è solo una tenaglia...”
protestò.
Alle loro spalle, la voce profonda
dell'agente Bringman li raggiunse come un deux ex machina “Va
tutto
bene, Ford. Mi occupo io di lei.”
L'uomo si avvicinò ai due e con
un cenno del capo rimandò il giovane agente al proprio posto
di guardia, mentre con la sua mano ruvida e decisamente più
forte afferrò l'attrezzo che lei invece reggeva con fatica.
“Seguimi.” ordinò, con tono
bonario, iniziando a incamminarsi verso gli uffici in cui lavoravano
al caso delle tre donne carbonizzate. Alaska lo seguì
trotterellando e non si lasciò sfuggire l'occasione di fare
una linguaccia infantile a Ford quando sorpassò la guardiola.
“Credo che quel ragazzo dovrebbe
essere meno paranoico.” commentò gioviale.
Bringman sospirò “Fa solo il
suo lavoro, Ross.”
“Sai che cosa è
strano?-continuò la ragazza, gesticolando con una mano- Che
tutti voi abbiate delle pistole e vi preoccupate se qualcuno entra al
dipartimento con una tenaglia.”
“E non trovi strano che tu entri in
una stazione di polizia con un attrezzo del genere?”
ribattè
l'uomo, corrucciando la fronte.
“No, non mi pare.- affermò
lei, dopo averci pensato per qualche secondo- Inoltre non potrei
usarla come arma perchè non è per niente
maneggevole e
non potrei danneggiare nessun organo vitale né recidere
qualche vaso sanguigno importante. Le preoccupazioni di quell'agente
erano fuori luogo.”
“Agente Jareau!- chiamò, come
se fosse stata la sua salvezza- Le presento Alaska Ross, la nostra
antropologa forense.”
La donna bionda sorrise amichevolmente
“Puoi chiamarmi JJ” disse, allungando una mano per
stringere
quella della ragazza che l'afferrò stringendola con
sicurezza.
“E tu puoi chiamarmi Alaska, o
Quarantanove. Se non ti ricordi il nome puoi anche chiamarmi Hey
tu!Non sono una che si formalizza.”
“D'accordo.- rise, prima di tornare a
parlare di questioni di lavoro- Il tuo identikit si è
rivelato
molto utile. L'abbiamo diffuso attraverso i media e siamo stati
contattati dal proprietario di una lavanderia dove pare lavorasse la
prima vittima.”
“Quindi ora sapete chi è?”
chiese accorata.
JJ annuì, facendo ondeggiare la
sua chioma dorata “Amanda Jankins. Trentadue anni. Ha avuto
un
figlio quando aveva sedici anni, ma l'ha dato in adozione. Coincide
perfettamente con il profilo che ci hai fornito. Si era separata
l'anno scorso da un marito violento e aveva perso contatti con la
propria famiglia e con gli amici, ecco perchè nessuno ha
segnalato la scomparsa. ”
“Neanche i vicini di casa?” domandò
di nuovo. Non concepiva il fatto che nessuno si preoccupasse della
scomparsa di una persona.
“No. Abitava in un motel.
Praticamente, se non fosse stato ritrovato il corpo, sarebbe caduta
nel dimenticatoio: totalmente invisibile.” spiegò
Bringman,
con una scrollata di spalle.
“Che cosa triste.” commentò
Alaska, sporgendo all'infuori il labbro inferiore.
“Oh!Ho portato altri due
identikit.-disse dopo qualche secondo di silenzio, iniziando a
frugare nella propria tracolla- Spero vi possano essere altrettanto
utili.”
Allungò due pagine su cui erano
stampati i volti impassibili e quasi irreali di due giovani donne. La
bionda agente dell'FBI prese i fogli e se li rigirò fra le
mani affusolate“Grazie. Li trasmetterò ai media.
È
stato un piacere conoscerti, Alaska.” disse, congedandosi con
un
sorriso.
“Anche per me, JJ” rispose
l'antropologa, sventolando in aria la mano in segno di saluto.
Bringman le mise una mano sulla schiena
per guidarla verso il proprio ufficio “Immagino che ti possa
considerare soddisfatta. Hai un nome in poco più di
ventiquattrore.”
La ragazza si strinse nelle spalle.
Ridare finalmente un nome a quei cadaveri che sarebbero altrimenti
rimasti non identificati le faceva sembrare il proprio lavoro
importante. Di solito, sarebbe stata contenta di poter mettere un
nome sopra il fascicolo di quella vittima, ma in questo caso c'erano
ancora due persone senza volto che aspettavano di essere
riconosciute. Senza contare, poi, che il colpevole era ancora in
giro. Certo, scovarlo non era compito suo, ma sapeva che si sarebbe
sentita meglio quando il killer fosse stato assicurato alla
giustizia.
“Allora, che cosa ne pensi, Ross?”
domandò il poliziotto, per la seconda volta dopo non aver
ottenuto alcuna risposta.
Alaska battè le palpebre più
volte, riscuotendosi dai propri pensieri “Che non
è giusto
che abbiano retrocesso Plutone a pianetino. Lo trovo decisamente un
pianeta a tutti gli effetti.”
“Ross!” la richiamò
Bringman, fermandosi di colpo in mezzo al corridoio.
“Credo di essermi distratta...”
ammise la ragazza, con un sorriso colpevole sulle labbra.
L'agente alzò gli occhi al cielo
“Parlavo di quella tenaglia.”
“E' l'attrezzo che ha usato per
asportare le ossa.” spiegò quindi Alaska.
L'uomo soppesò l'oggetto fra le
proprie mani, domandandosi se fosse possibile amputare qualcosa con
quell'arnese “Sei sicura?”
“Ho fatto degli esperimenti
dimostrativi a riguardo.”
“Nel senso che ti sei messa a
staccare ossa da cadaveri?” Non riusciva a immaginarsela a
fare una
cosa del genere.
“Sì, ma non erano veri.-si
sentì subito in bisogno di giustificarsi Ross- Quindi, in
effetti, non erano nemmeno cadaveri. Solo manichini. Anatomicamente
perfetti, ma manichini.”
Bringam agitò una mano per farla
smettere di parlare “D'accordo, Ross!Non sto mettendo in
dubbio i
tuoi metodi di indagine empirica. - le assicurò- Solo, non
ti
agitare. Non vorrei che ti si svitasse il cervello e tu mi faccia
fare brutta figura coi federali.”
Il tono dell'uomo era decisamente
scherzoso ma Alaska si morse il labbro inferiore meditabonda
“Non
capisco davvero perchè sia tu che Davon abbiate questa
preoccupazione.”
Bringman si sporse per aprirle la porta
della stanza e invitarla ad entrare “Già.
Chissà
perchè?” borbottò fra sé e
sé.
Il suo ufficio al dipartimento
investigativo era diventato, in poco meno di un'ora, il quartier
generale utilizzato dagli agenti dell'unità di analisi
comportamentale dell'FBI.
Una grande lavagna di legno addossata
alla parete conteneva tutto ciò che avevano raccolto fino a
quel momento sul caso. Le foto della scena del ritrovamento, la
fotocopia della patente dell'unica vittima identificata, le foto dei
tre cadaveri carbonizzati: ogni elemento era stato ordinatamente
messo in mostra per avere sempre sotto gli occhi un quadro completo
della situazione che si erano ritrovati a gestire.
Quando Bringman e Ross entrarono nella
stanza l'agente Prentiss stava per l'appunto osservando quel
pannello, nel tentativo di riordinarsi le idee. Reid, invece,
appoggiato con la schiena al ripiano di un porta documenti, stringeva
fra le mani una tazza di fumante caffè. Ci volle un po' a
Bringman, però, a digerire il fatto che l'agente Morgan era
seduto alla sua scrivania.
“Ho recuperato la desaparecida!”
annunciò, varcando la porta di quello che un tempo era il
proprio intimo e ordinato ufficio.
Alaska fece un cenno di saluto con la
mano ed entrò nella stanza come se non fosse affatto la
prima
volta che ci metteva piede “Ma non sono mai
scomparsa...” gli
fece notare, aggrottando le sopracciglia.
“Ross ha trovato una corrispondenza
fra le incisioni lasciate da questo tipo di tenaglia e le amputazioni
subite dalle vittime.” spiegò, ignorando
volutamente ciò
che aveva appena detto la giovane antropologa e agitando l'attrezzo
che teneva fra le mani.
“Quindi ora sappiamo che l'SI ha
degli stivali da pesca e una grossa tenaglia da giardino.”
ricapitolò Reid. Non erano elementi particolarmente utili.
“E che è un uomo alto circa un
metro e novanta, che pesa circa un quintale.- aggiunse Alaska,
sollevando un dito per accompagnare le proprie parole- Non ha problemi
di deambulazione evidenti, anche se credo che una buona
dieta non gli farebbe male.”
“Accidenti.- commentò Emily,
incrociando le braccia al petto-Ci sei riuscita davvero.”
“Come fai a sapere queste cose?” si
informò quindi Derek, sporgendosi sul ripiano di legno.
“La dottoressa Ross ha estrapolato
queste informazioni da un'impronta che ha trovato durante lo scavo di
recupero.” continuò a parlare Prentiss, voltandosi
verso il
collega.
Morgan fece un fischio prolungato“Wow.
Impressionante.”
“Sei risalita all'indice di massa
corporea partendo dalla distribuzione del peso su un'impronta
plantare?” domandò incuriosito Reid, posando la
tazza sul
tavolo.
La mora gli sorrise “Cavolo, se lo
dici così la fai sembrare una cosa complicata.”
“Hai altre informazioni da fornirci?”
chiese quindi Bringman.
Alaska annuì “Devo connettermi
con Davon per gli ultimi aggiornamenti, e poi vi dirò tutto
quello che so.”
Estrasse dalla propria borsa un piccolo
computer portatile e lo posò sul tavolo al centro della
stanza.
“Dave c'è?” domandò,
voltandosi verso la porta per vedere se riusciva a individuarlo da
qualche parte nel corridoio.
Prentiss sgranò gli occhi, in un
espressione interrogativa e Morgan prima di rispondere alla ragazza
le rivolse uno sguardo che prometteva che più tardi le
avrebbe
spiegato tutto “Lui e Hotch sono andati al motel dove abitava
la
signora Jankins.”
“Ok.” disse quindi la ragazza,
sfilandosi dalle spalle la giacca che aveva indossato per affrontare
la fresca aria mattutina. La posò senza troppe cerimonie
sulla
spalliera di una sedia e dopo aprì il proprio computer
portatile, pronta ad avviare il collegamento con il proprio
supervisore.
“Hotch è quel tizio serio con
la pistola alla caviglia?”
Emily si lasciò sfuggire un
sorriso divertito, mentre Bringam diede un colpetto sulla spalla alla
ragazza.
“Non puoi analizzare l'andatura dei
federali, Ross. E nemmeno fare commenti sulle loro espressioni
facciali.” la rimproverò a bassa voce.
Alaska si strinse nelle spalle “Volevo
solo fare un po' di conversazione. Essere socievole, sai?”
“E fai bene.- la rassicurò
Morgan, alzandosi per avvicinarsi alla macchina del caffè-
Non
mordiamo mica, e poi è bene che ci sia un buon clima visto
che
dobbiamo lavorare insieme. Caffè?”
“D'accordo, grazie.”
Mentre le passava accanto posò
lo sguardo sul braccio teso che aveva appoggiato al tavolo,
tamburellando con le dita in attesa che il suo computer avviasse il
sistema.
C'era una cicatrice lunga e bianca che
scivolava lungo il braccio, proprio sopra il gomito, per poi sparire
dentro le maniche della camicetta. Per un attimo si domandò
se
avesse avuto un qualche incidente, ma poi si ricordò di
quanto
gli aveva detto Rossi il giorno prima.
“Alla buon ora, Quarantanove!- sbottò
Stein, leggermente deformato dai pixel, non appena la giovane
antropologa ebbe aperto la finestra del collegamento web cam- Credevo
ti avessero rapito gli alieni.”
Reid allungò il collo per
guardare il volto dell'uomo “Quello è il dottor
Davon
Stein?” domandò a sottovoce a Emily che
annuì in
risposta.
“Ho letto diverse sue pubblicazioni.
È stato in Ruanda per aiutare nell'identificazione delle
vittime del genocidio ed è nella squadra per il recupero
delle
vittime di catastrofi.- spiegò velocemente- Nel suo campo
è
una specie di genio, una vera istituzione.”
La donna scrollò le spalle “A
me sembra solo un gran cafone.”
“Che cosa c'è in quella
tazza?” continuò a parlare l'uomo, riferendosi
all'oggetto
che la sua assistente si era appena portata alle labbra.
Alaska se lo scostò dal viso con
aria dubbiosa “Uhm...caffè?”
“No, no, no, no. Niente caffè
per te, Quarantanove!” la rimproverò con tono
severo.
“Ma me l'hanno offerto, non voglio
essere scortese.” protestò la ragazza, piegando le
labbra
all'ingiù.
“Spiacente.-borbottò l'uomo,
inforcando degli occhiali da lettura con le lenti a mezzaluna-Ti
rende iperattiva e troppo efficiente e irritante.”
“Ok.- capitolò Ross, posando
la tazza lontano da sé, sulla scrivania- Al laboratorio
hanno
avuto i risultati delle analisi?”
Sul volto di Stein comparve un ghigno
“Vedrai. Trova una stampante e fascicola i dati che ti ho
inviato.”
“Agli ordini, Davon.- trillò
Alaska, elettrizzata, mentre si alzava con la chiave usb in mano-
Vado, stampo tutto e torno alla velocità della
luce.”
assicurò ai presenti mentre usciva di corsa dalla stanza.
Non appena fu uscita, Emily non riuscì
a trattenere una domanda “Come fa a sopportarlo?”
“Sopportare cosa?” domandò
Bringman, che ancora stava fissando lo schermo del computer, ormai
semplicemente immobile sull'immagine di sfondo del desktop.
“Il trattamento che le riserva il
dottor Stein.-specificò- La tratta come se fosse la sua
schiava personale e lei obbedisce sempre immediatamente.”
Il poliziotto fece un vago gesto con la
mano “Voi non capite. Il dottore adora quella
ragazza.”
Morgan alzò un sopracciglio “Ah
sì?”
“Certo. Alaska lavora con lui da due
anni. Quando era ancora una studentessa alla UCLA gli ha fatto da
assistente volontaria e pare che abbia seguito i suoi seminari da
quando andava al liceo. Prima di lei Stein cambiava il proprio
collaboratore personale ogni sei mesi.”
“Quindi sarebbe il suo modo per
manifestare affetto?” domandò scettica Prentiss.
“Non ho mai detto che fosse normale.
Sapete come si fa a superare uno scudo invalicabile?”
“Credo che il nome stesso faccia
dedurre che è impossibile.” rispose Reid,
aggrottando le
sopracciglia.
“Esatto. Bisogna solo avere
abbastanza pazienza da aspettare di ottenere la fiducia di chi ci si
nasconde dietro. Alaska ha semplicemente aspettato e il dottor Stein
è uscito dal suo nascondiglio emotivo.”
Bringman rimase meditabondo per qualche
secondo: non era sicuro che i tre avessero compreso quanto la ragazza
venerava il proprio mentore.
Come richiamata dai suoi pensieri,
l'antropologa fece di nuovo il suo ingresso nell'ufficio.
“Eccomi!- esclamò Alaska
rientrando trafelata nella stanza mentre sventolava un fascicolo di
fogli- Qua dentro c'è roba che scotta!”
Sparpagliò i documenti sul
tavolo e poi alzò il suo sguardo soddisfatto verso ciascuno
dei presenti.
Emily alzò un sopracciglio
dubbiosa “Dovremmo capire che c'è
scritto?”
“Io lo capisco.” protestò
Spencer, prendendo in mano un paio di fogli.
“Non avevamo dubbi su questo, Reid.”
commentò Morgan, alzando gli occhi al cielo.
Bringman sbuffò “Avanti, Ross.
Sputa il rospo.”
“Beh, chiunque sia stato a fare tutto
questo, ha anche cercato di spegnere il fuoco. Abbiamo trovato tracce
degli agenti chimici che si trovano nella schiuma degli estintori su
tutti e tre i corpi.”
Derek si passò una mano sul
mento “Se ha spento il fuoco e poi seppellito i cadaveri,
significa
che allora ha avuto davvero qualche segno di
pentimento.”“Il
luogo deve essere importante:- si affrettò ad aggiungere
Reid-
non ha semplicemente lasciato le vittime in posti casuali, ma le ha
riunite tutte al parco.”
“E poi le ossa che ha staccato dai
cadaveri.-continuò Prentiss-Le ha tenute come una specie di
trofeo, quindi, anche se pentito, non rifiuta quello che ha fatto, ma
vuole avere con sé qualcosa per ricordarlo.”
Alaska aveva spalancato gli occhi, e li
guardava rapita con il gomito appoggiato al tavolo e la mano a
sorreggerle il mento. Bringman riconobbe nei suoi occhi cerulei lo
stesso interesse che aveva per qualsiasi cosa di scientifico.
“Che c'è?” domandò
Derek, accorgendosi del suo sguardo insistente.
“Wow.- esalò l'antropologa-È
incredibile che siate arrivati a queste conclusioni. Voglio dire,
entrare in quel modo nella mente delle persone è
semplicemente...wow.”
Morgan le sorrise “Quello che ci
serve, per tracciare un profilo, è sapere che cosa
accomunava
le vittime.”
“D'accordo.”acconsentì con
entusiasmo, prima di inforcare gli occhiali e di iniziare a dare
un'occhiata sommaria all'agglomerato di dati ordinatamente elencati
su quei documenti.
“Il nostro entomologo ha trovato
tracce di Roipnol nelle larve che sono state prelevate dalla
fossa.”
“Roipnol?-ripetè Reid-E' la
droga dello stupro.”
Alaska lo guardò da sotto in su,
attraverso le lenti “E tu come fai a sapere tutte queste
cose?”
“Reid è onnisciente.” la
informò Morgan, dando un pugno scherzoso sulla spalla del
collega.
“Wow, una caratteristica divina. È
sempre utile.”
“Quindi l'SI ha drogato le vittime e
poi le ha bruciate vive, senza lasciargli via di scampo.”
dedusse
Prentiss da quell'informazione.
“Che altro puoi dirci, Ross?”
domandò Bringman, rifocalizzando l'attenzione della ragazza.
Alaska si sedette di nuovo davanti al
computer e, dopo aver battuto le dita sui tasti per qualche secondo,
fece comparire sullo schermo delle immagini nere e di un azzurro
quasi fosforescente.
“Guardate qua.- disse, invitandoli ad
avvicinarsi con un cenno della mano- Sono le radiografie dei piedi
della ragazzina afroamericana.”
Il poliziotto aggrottò la fronte
“C'è qualcosa di strano?”
“La forma degli alluci.- proruppe
Spencer, dopo qualche attimo di silenzio-Sono deformati?”
“Non proprio. - rispose
l'antropologa, facendo ondeggiare la testa- E' una specie di
infiammazione cronica. Questa ragazza doveva passare molto tempo sui
tacchi.”
Prentiss avvicinò il viso allo
schermo, nel tentativo di vedere quello che aveva rivelato la ragazza
“Tacchi?” chiese, dubbiosa.
Alaska annuì, facendo un rapido
calcolo mentale “Alti almeno tredici centimetri.”
“Non è normale che una
ragazzina passi così tanto tempo su dei trampoli da
causargli
un'infiammazione del genere.” riflettè ad alta
voce Morgan.
“Forse era finita in un giro di
prostituzione.” azzardò Bringman.
“Una signora nessuno e una
prostituta: al nostro SI piacciono le vittime invisibili.”
riepilogò Emily, sistemandosi dietro l'orecchio una ciocca
di
capelli corvini.
“Non vuole lasciare tracce dietro di
sé, non vuole che nessuno si preoccupi della loro
scomparsa.”
confermò Derek.
Reid rimosse la cartina di Baltimora
che avevano appeso sul pannello di sughero insieme alle altre
informazioni sul caso. Un pallino rosso, posizionato sul Carrie Murray
Nature Center indicava il luogo dei ritrovamenti, mentre altri
due punti gialli segnavano il posto di lavoro di Amanda Jankins e il
motel in cui abitava. “Dobbiamo trovare delle zone che
potevano
frequentare entrambe.”
Bringman si avvicinò al tavolo,
su cui il giovane agente dell'FBI aveva steso la mappatura della
città e prese a fare dei cerchi sulle zone “a luci
rosse”.
Nessuna, però, coincideva con
quelle già segnalate sulla carta.
“Fantastico.” commentò
Morgan, imbronciando le proprie labbra carnose.
“Lì c'è un
supermercato.”
I quattro agenti si voltarono
all'unisono verso Alaska, che era rimasta seduta e silenziosa al
tavolo, senza prestare particolare attenzione alle loro ricerche
topografiche.
“E questo che c'entra, Ross?”
sbottò Brignman, spazientito. Gli sarebbe scocciato farlo,
ma
se iniziava come suo solito a diventare un elemento di disturbo per
le indagini l'avrebbe dovuta rispedire al laboratorio senza troppe
cerimonie.
“E anche una fermata dell'autobus.
Spesso vado a fare delle commissioni in quella zona per conto della
mia padrona di casa. Pare che facciano spesso delle svendite e solo
lì vendono a buon mercato il cibo per gatti a cui
è
abituato Dessert...” raccontò la giovane,
gesticolando
animatamente con una mano.
“Una fermata e un supermercato che
vende a basso costo- Reid scambiò un'occhiata con i propri
colleghi- può essere plausibile che fosse il luogo dove
facevano la spesa entrambe o dove prendevano i mezzi
pubblici.”
“Si trova proprio a metà
strada fra questa zona di prostituzione e il posto di lavoro di
Amanda.-fece notare Emily, facendo scorrere l'indice sulla cartina-
Chiamo Hotch: già che sono lì potrebbero fare un
giro
della zona.”
“Legno e corda.” disse di punto in
bianco la dottoressa Ross, il volto appoggiato alla mano appoggiata
al mento.
Derek aggrottò la fronte “Come,
prego?”
“La mia ricostruzione degli omicidi
si è rivelata esatta: questo tizio ha legato mani e polsi
delle vittime e ha usato il legno per alimentare il fuoco.-
spiegò-
I resti che abbiamo trovato sulla schiena confermano questa ipotesi.
Come accelerante, invece, ha usato semplicemente della
benzina.”
Spencer prese fra le mani uno dei
fascicoli che aveva stampato la ragazza e prese a sfogliarlo con
interesse. Inizialmente non si accorse che l'antropologa non aveva
seguito i suoi movimenti e stava continuando a osservarlo mentre
cercava di trarre delle conclusioni dai risultati di quelle analisi
di laboratorio. Fu il tossicchiare rauco di Bringman a fargli alzare
gli occhi, per incontrare le due pozze azzurre sul volto della
giovane fisse su di lui.
“Ho-ho qualcosa sulla faccia?”
domandò, imbarazzato a causa di quello sguardo insistente.
Alaska distese leggermente le dita,
lasciando la propria bocca libera di parlare “Fai delle facce
buffe
mentre leggi.”
Reid provò a dire qualcosa, ma
non gli venne in mente niente per giustificarsi, nonostante ne
sentisse il bisogno.
“Muovi le sopracciglia e fai degli
strani movimenti con la fronte.- gli rivelò quindi la
ragazza
sorridendo- Sei interessante.”
Il giovane genio si ritrovò ad
arrossire vistosamente mentre Derek e Emily sghignazzavano divertiti.
Bringman alzò gli occhi al cielo
e stava per avvicinarsi a lei per dirle di smetterla di importunare
quel povero ragazzo, quando Alaska si alzò, avviandosi verso
la porta che dava sul corridoio.
“Dove vai?” le domandò
stranito. Non era certo che il suo compito fosse finito.
“Ho fame e mi annoio.- confessò
con una scrollata di spalle. Sembrava una studentessa pronta a
evadere da una lezione di matematica-Vado a prendere qualcosa da
mangiare, si ragiona meglio a stomaco pieno. Avete qualche
preferenza?”
“Del genere?” chiese Emily.
Ross sorrise snocciolando le varie
possibilità “Siete
vegetariani?Vegani?Carnivori?Fruttivori?Insettivori?”
“Onnivori.” la interruppe Derek.
“Speravo che lo avreste detto...”
trillò, uscendo dalla stanza quasi saltellando.
Bringman si grattò la testa,
imbarazzato “Quella ragazza...” borbottò
a mezza voce,
giustificandosi al suo posto.
Prentiss fece un gesto con la mano “E'
di sicuro molto diversa dai vari patologi e medici legali con cui ho
lavorato fin ora, ma la trovo carina.”
“Molto.-confermò Morgan, con
un sorriso scanzonato sulle labbra-Tu che ne dici, Reid?”
Spencer alzò la testa dai
documenti, gli occhi scuri e come al solito leggermente cerchiati
dalle occhiaie confusi “Uh?- si lasciò sfuggire,
prima di
capire a cosa alludesse il collega.- Sì, credo...uhm, credo
che dovremmo concentrarci sul caso...”
A salvarlo da quel momento imbarazzante
ci pensò un trillo acuto proveniente dal computer, ancora
acceso, dell'antropologa, su cui si era appena aperta una finestra
per una chat video.
Sullo schermo, un'adolescente dai
capelli troppo biondi e gli occhi chiari troppo truccati aspettava di
avviare la conversazione.
“E tu chi sei?” sbottò
Bringman dopo aver schiacciato qualcosa di decisamente sbagliato su
quell'arnese malefico. Lui era della vecchia scuola, e non aveva un
particolare amore per la tecnologia, per quanto ammetteva che aveva
portato un certo sviluppo al suo stesso lavoro.
Con qualche secondo di ritardo, la
bionda alzò un sopracciglio ben delineato “Beh,
considerando
che sei collegato al computer di mia sorella e, evidentemente, non
sei mia sorella, sarei io a dover fare questa domanda.”
Era sdraiata su un letto pieno di
peluche e alle sue spalle si vedevano dondolare le gambe avvolte in
calze pesanti e dai colori sgargianti. Alle pareti si intravedevano
poster di attori e cantanti.
“Non sembra il suo ufficio al
laboratorio.- commentò, notando la stanza diversa e la
presenza degli agenti FBI- Mia sorella Alaska è
lì?”
“Ecco veramente...” stava
rispondendo, quando l'antropologa entrò di nuovo nella
stanza.
“La fortuna mi sorride!- annunciò,
posando una scatola piatta sul tavolo- Quelli del dipartimento
accanto avevano ordinato una pizza ai peperoni, ma gli hanno portato
quella al formaggio e me l'hanno ceduta a metà prezzo. Non
siete schizzinosi perchè è cibo riciclato,
vero?”
Emily le fece un cenno, incapace però
di interrompere quel fiume di parole “Credo che tua sorella
ti stia
cercando.”
L'espressione sul suo volto cambiò
repentinamente, e Morgan riconobbe quella che probabilmente doveva
avere anche lui quando era preoccupato per le sue sorelle.
“Eccomi.- disse, piazzandosi
velocemente davanti allo schermo-Che c'è, tesoro?”
“Ho un compito di letteratura da
preparare e devo prendere almeno una B.”
piagnucolò la
biondina, con voce acuta.
Alaska alzò gli occhi al cielo,
ben più rilassata, e alzò un dito verso gli
agenti,
come per chiedere un minuto di tempo.“Papà si
è di
nuovo lamentato dei tuoi risultati?”
“Ah-a!-continuò la ragazza-Non
capisco proprio, le mie amiche vanno molto peggio di me a scuola, e i
loro genitori non sono così stressanti!Comunque, ha detto
che
se non prendo B mi proibirà di andare alla festa di
Grace.”
Anche se sapeva che non era carino
origliare, Spencer si ritrovò a pensare che probabilmente
quella parlantina era ereditaria, dato che le accomunava in quel
modo.
“Che cattiveria.” commentò
Alaska, seriamente partecipe delle preoccupazioni della sorella.
“Infatti!Ma, progetto di prendere una
A meno, così magari non solo mi lascerà andare,
ma
colpito dal mio impegno deciderà di prendermi un vestito
nuovo.”
“E' un buon piano, Taylor. Come mai
mi hai chiamato?” la mora aggrottò le sopracciglia
in
un'espressione dubbiosa.
“Devo fare una tesina su Shakespeare
e mi serve un consiglio.” capitolò sua sorella,
facendole un
sorriso che sarebbe dovuto essere implorante.
Alaska si lasciò sfuggire una
risatina.“Per prima cosa ti proporrei di spegnere la tv.
Potrai
guardare Gossip Girl un'altra volta.”
“Ok.- acconsentì Tylor,
allungandosi per fare quanto le era stato detto e poi tornando in
posizione- Poi?Devo analizzare un personaggio a mia scelta e non so
da dove cominciare.”
“Tesoro, lo sai che io non sono un
asso in letteratura. Ti faccio una ricerca di chimica, vuoi?”
“Fossi in te analizzerei Shylock.”
la voce di Reid la fece voltare all'improvviso, ma con un piacevole
stupore dipinto sul viso.
“Chi?” domandò invece la
ragazza bionda, confusa. Non sapeva chi fosse quel tizio dall'aria
strana, ma se poteva aiutarla nel suo compito era ben lieta di
ascoltarlo.
“Shylock, del Mercante di
Venezia.-ripetè il genietto, prima di partire in una delle
sue
chilometriche e enciclopediche spiegazioni-Dovresti concentrarti su
come, pur presentando il personaggio come l'antagonista, in
realtà
Shakespeare sia decisamente simpatizzante per lui, lo si può
notare dall'ampio spazio che gli viene dato durante il suo monologo
nell'atto...”
Morgan gli si avvicinò e gli
diede un colpetto sulla spalla “D'accordo, d'accordo.
Perchè
non lasciamo che la ragazza faccia il suo compito e non torniamo a
fare il nostro lavoro?”
Alaska scrollò le spalle “Mi
dispiace, Taylor. Il capo è lui. Fammi sapere della
festa.”
L'antropologa tornò a rivolgersi
ai quattro agenti, dopo aver chiuso la finestra di conversazione
“Avete trovato altro che dovrei chiarire sulle analisi?-
domandò,
per cambiare immediatamente argomento- Su, mangiate che se no si
raffredda.”
“In effetti, non capisco la presenza
di piombo sui resti di pelle della ragazzina afroamericana.”
ammise
Reid, guardandola con sguardo concentrato.
“Probabilmente aveva un tatuaggio.”
spiegò Ross, con una scrollata di spalle.
“Piombo in un tatuaggio?” biascicò
Bringman, dopo aver preso un morso alla pizza. Stavano lavorando a
quel caso da qualche giorno ormai, e tutto quel lavoro gli rendeva
anche accettabile mangiare così presto.
“Non è poi così
improbabile.- ribattè Emily, incrociando le braccia al
petto-
Forse è stato fatto a basso costo in uno di quegli studi
poco
raccomandabili.”
“Proviamo a risalire al disegno!”
esclamò Alaska, battendosi un pugno sulla mano aperta.
Tornò al computer e prese a
battere le dita velocemente sui tasti. Aveva aperto l'immagine della
rattrappita caviglia della vittima, zona in cui le analisi avevano
rivelato la presenza di quell'inchiostro scadente.
“Niente?” domandò Derek,
dopo qualche minuto.
Alaska non staccò gli occhi
azzurri dallo schermo “E' un computer, non la lampada di
Aladino.”
disse con tono gioviale.
L'uomo di colore sorrise: non era certo
che Garcia avrebbe apprezzato un commento del genere.
Passarono ancora diversi secondi prima
che la giovane trillasse esaltata
“Et-voilà!”
“Ci sei riuscita?” mettendosi alle
sue spalle per guardare meglio lo schermo, subito imitata da Morgan,
Reid e Bringman.
“Sì. Ho messo dei parametri
nel computer per una probabile ricostruzione del tessuto ed ecco qua
il tatuaggio della nostra Jane Doe.”
I contorni non erano nitidi e ben
definiti, ma si poteva distinguere distintamente una conchiglia.
“Non sembra un disegno molto
comune.-commentò Reid, anche se non poteva dirsi un esperto
di
tatuaggi- E c'è anche una scritta.”
Emily strinse gli occhi per leggerla
“Dice: Il mare è la mia casa.”
“Che frase dolce.” sorrise Alaska.
“Forse se troviamo lo studio in cui è
stato fatto il tatuaggio potremmo trovare l'identità della
ragazza.” propose Morgan.
L'antropologa storse le labbra “In
quella zona ce ne sono parecchi.”
Bringman la guardò di traverso
“Mi preoccupa sapere che tu sai tutte queste cose su quelle
zone,
Ross.”
Derek estrasse dalla propria tasca il
cellulare e compose velocemente un numero decisamente familiare.
“Ufficio della fata scaccia guai,
come posso esservi utile?” trillò allegra la voce
di Garcia.
“Ciao bambolina.- la salutò
l'uomo con un sorriso- Devi trovarmi dei centri per tatuaggi vicino
alla casa o al posto di lavoro di Amanda Jenkins.”
“Qualsiasi cosa per te.- ribattè
l'altra- Pare sia un'attività molto in voga: ce ne sono
cinque, ma non credo che mi rivolgerei a loro se proprio volessi
farmene uno.”
Alaska si aggrappò alla spalla
di Derek e parlò vicino all'auricolare “Senti,
bambolina,
credi che potresti trovare qualcuno se ti mandassi delle informazioni
su un tatuaggio?”
A Quantico, Penelope sbattè le
palpebre stupita “Zuccherino, qualcuno che è
lì con
te mi ha appena chiamato bambolina?”
“E' Alaska Ross, l'antropologa che ci
aiuta a identificare le vittime.” spiegò Morgan,
mettendo la
chiamata in viva voce.
“Quella che ti ha spaventato con quel
teschio?” si informò la donna, già
sghignazzando.
“Questo non è vero!Chi te l'ha
detto?” sbottò l'agente, cercando di ignorare i
sorrisi
divertiti di Reid e Prentiss.
“Sono onnisciente, te l'ho mai
detto?” ribattè Garcia.
Alaska rise “Sto lavorando con delle
divinità. Fico!”
“Allora ho trovato una certa
somiglianza fra quello che mi avete inviato e le opere di un certo
Guston Roy. Accidenti, i suoi genitori sì che avevano senso
dell'umorismo!”
“D'accordo, bambolina. Grazie del tuo
prezioso aiuto.”
Penelope ridacchiò “Lo so, lo
so: sareste persi senza di me.”
“Sei la persona più
ridicolmente deliziosa che io abbia mai sentito parlare!”
sorrise
Alaska, prima che Morgan chiudesse la comunicazione.
“Quindi abbiamo avuto una specie di
conferma- riassunse Bringman- La ragazza bazzicava in quella zona,
così come la signora Jankins e probabilmente il nostro pazzo
omicida.”
“L'SI ha ucciso le sue vittime
bruciandole vive.- riepilogò Reid, voltandosi verso la
bacheca- Durante il medioevo e il periodo della caccia alle streghe
ardere una persona sulla pubblica piazza era l'esecuzione tipica per
punire chiunque fosse accusato di stregoneria...”
Alle orecchie di Alaska Ross quelle
parole iniziarono ad attutirsi, sormontate dai suoi pensieri di certo
molto più ingombranti.
Osservava la foto di Amanda Jankins e
pensava alla sua vita. Ne aveva passate tante, quella donna.
Aveva i capelli rossi e gli occhi
verdi, l'unica cosa che distingueva la donna dalla foto dalla
ricostruzione che l'antropologa aveva fatto il giorno precedente.
Alaska si ritrovò a riflettere
su quanto dovesse essere spiacevole non potere avere nessuno su cui
contare. Tagliare i ponti era come cancellare qualcosa in modo
indelebile, oppure cancellare un po' se stessi.
Tagliare i ponti. Ripetè più
volte queste parole nella sua testa.
Un taglio netto, come nelle fratture
più comuni.
Solo a pensare a questo nella mente
dell'antropologa passarono una serie di immagini a cui ormai era
abituata da tempo.
“Fratture!” esclamò
soprappensiero, afferrando in fretta i propri effetti personali.
“Dove te ne vai ora, Ross?!” la richiamò
Bringman, vedendola imboccare la porta.
“In laboratorio.-disse
frettolosamente-Credo di aver scoperto qualcosa sulla seconda
vittima!”
Miracolo!La mia compagna di
vita, alias la sfiga, mi ha concesso di pubblicare questo
capitolo...anche se in ritardo...Mmm, non so, non sono pienamente
soddisfatta, avrei voluto scrivere di più, mettere
più azione e magari qualche scena con il team al completo ma
mi sembrava un capitolo già abbastanza denso (anche se in
realtà non succede molto) e non ho voluto appesantirlo. Voi
che ne pensate? Fatemi sapere.
Besos JoJo
takara : hey!Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e anche che Ross ti piaccia come persona. Sto cercando di svelare la sua personalità e la sua vita un poco a poco lungo la storia, giusto per non scoprire immediatamente tutte le mie carte!eheheh Al prossimo capitolo!kisses :)
incasinata : Hola! Cavolo, quanto hai ragione, il pericolo MarySue è sempre in agguato...Cavolo, come vorrei avere una pistola nascosta alla caviglia in stile Hotch per difendermi!hihihi! Thanks per il commento, besos, al prossimo capitolo! :)