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Autore: JoJo    23/04/2010    4 recensioni
Nella città di Baltimora vengono trovati dei corpi senza nome. Una ragazza ritornerà inaspettatamente dal passato di uno dei membri della squadra e cercherà di aiutarli nelle indagini. Ma ci sono confini che non devono essere varcati e forse lei questo ancora non lo sa...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '49 ways to live'
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Chi si ricorderà di te, dopo che sarai scomparso, e chi pregherà per te?Fai, o mio caro, fai ora tutto quello che sei in grado di fare, perché non conosci il giorno della tua morte; né sai che cosa sarà di te dopo.

-T. da Kempis

“Io non posso credere che tu ti sia davvero presentata davanti ai federali con quegli aggeggi ai piedi!- sbottò l'uomo, gesticolando animatamente- Davvero, sei incredibile!E quei calzoncini poi?Sembrava di essere in un liceo e non nello studio di medicina legale!Sai che cosa avranno pensato?Che non siamo competenti!Che prendiamo il lavoro sotto gamba e che il nostro laboratorio non è affidabile.”
Stein sbuffò sonoramente alla fine del proprio discorso e poi alzò lo sguardo verso la ragazza che aveva di fronte, che tuttavia non sembrava affatto turbata dalle sue parole.
“Hai capito quello che ti ho detto, Quarantanove?” domandò quindi, leggermente spazientito.
La mora annuì “Che quelli dell'FBI odiano i pantaloncini e i pattini?”
Davon la fulminò con lo sguardo ma lei, a differenza di chiunque altro che sarebbe rimasto intimidito, gli rivolse un sorriso divertito.
“Ho memorizzato tutte le regole che mi hai mandato via mail, Davon. Niente magliette con scritte ridicole, niente pantaloncini corti, niente pattini in laboratorio, niente fiocchetti nei capelli, niente braccialetti fosforescenti.- gli assicurò, elencando ogni elemento aiutandosi contando con le dita- Finchè rimarrà l'FBI sarò una monotona e seria antropologa forense.”
Il dottor Stein la squadrò da capo a piedi. Indossava una camicetta con maniche a sbuffo, al collo un fiocchetto di raso rosso a mò di cravattino, e una gonna a vita alta e svasata. I suoi occhi però si soffermarono sulle scarpe.
“Immagino che battendo i tacchi tre volte con quelle torni in Kansas, giusto?” commentò, notando le ballerine rosso fuoco.
Se qualcuno del laboratorio avesse sentito quella battuta, probabilmente non avrebbe creduto alle proprie orecchie: Alaska era rimasta l'unica persona vivente a sapere che anche il cinico, misantropo e imbronciato Davon Stein possedeva un senso dell'umorismo.
Alaska si lasciò sfuggire una risatina e poi gli domandò di nuovo se non volesse andare con lei alla centrale di polizia.
L'antropologo scosse la testa e poi borbottò infastidito qualcosa riguardo a una certa lezione che doveva ancora preparare.
Fece un gesto con la mano come se, invece di invitare la sua assistente ad andarsene, stesse cacciando una mosca “A rapporto con i federali e ricorda: nessun particolare...”
“... deve essere dato per scontato.” concluse per lui la dottoressa Ross, facendo dondolare la testa da destra a sinistra mentre recitava quelle parole che conosceva a memoria.
“Te l'avevo già detto?” domandò stupito Stein, sbattendo i piccoli e profondi occhi neri.
La giovane sorrise “Lo dici come introduzione ad ogni corso e seminario, me lo ricordo.”
“D'accordo, ora vai: e accendi il collegamento via webcam appena sei là. Non mi piace che tu ti ritrovi da sola in mezzo a quel branco di scimmioni armati.”
Mentre si allontanava con passi leggeri Alaska fece una mezza piroetta per voltarsi di nuovo verso di lui “Andiamo, Davon!Sono poliziotti!”
L'uomo non rispose. Si limitò a scuotere la testa sospirando e poi mosse la sedia a rotelle per rientrare nell'edificio e tornarsene finalmente al proprio tranquillo e confortevole ufficio.

Dipartimento di polizia di Baltimora (BPD), sessione investigativa. Baltimora, Maryland.

Nelle stazioni di polizia i pivellini hanno sempre dei compiti ingrati. Non gli vengono assegnati con cattiveria, più che altro è un iter necessario, una sorta di percorso che li aiuta a farsi le ossa sul campo e a renderli adattabili a qualsiasi situazione. Alla recluta Ford, quella mattina, toccava stare in guardiola, a gestire le entrate al dipartimento. Di solito era un compito ingrato, piuttosto noioso se non si contavano le scenate dei genitori che andavano a recuperare i figli che avevano passato una notte dietro le sbarre per una sbronza mal gestita, o quelle dei senzatetto che chiedevano di rimanere dentro almeno fino all'ora di pranzo.
Probabilmente era per questo motivo che quando vide entrare quella ragazza con in mano una potenziale arma, prima di reagire prontamente, si ritrovò a sobbalzare sulla sedia stupito.
“Ferma dove sei!” le intimò, alzandosi di scatto e andandole incontro con due lunghi balzi.
La giovane si fermò all'istante “Agli ordini.” disse, per niente denigratoria o ostile o intimorita.
Ford sbattè le palpebre confuso. Non era una reazione che si sarebbe aspettato.
“Non può entrare qui dentro con quello.” continuò a parlare, dopo aver tossicchiato per ritornare nel ruolo del poliziotto ligio al dovere.
Alaska schiuse le labbra, formando una piccola O “Questo?” domandò, spostando lo sguardo verso la grossa tenaglia che si stava trascinando dietro dal laboratorio.
“Quello.” confermò l'altro, indicando l'oggetto allungando il mento verso di esso.
“Mi dispiace, ma devo proprio.-disse la giovane, iniziando a parlare forse un po' troppo velocemente- È una prova. Anzi, non è proprio una prova vera e propria, anche perchè andrebbe contro il protocollo portarla in giro in questo modo, senza protezione e via dicendo. Diciamo che è più un suggerimento, una specie di indizio forse, un modo per aiutare chi indaga sul caso a...”
Il poliziotto aggrottò le sopracciglia, prima di interromperla con tono secco“Si può sapere chi sei?”
“Alaska Ross, antropologa forense.” si presentò allora la ragazza, stirando le labbra in un sorriso.
Ford alzò un sopracciglio “Dov'è il tuo tesserino?”
La dottoressa Ross allungò la mano verso l'orlo della camicia, a cui di solito appendeva il proprio pass, ma la fermò a metà strada, per poi alzarla e sbattersi il palmo sulla fronte “Accidenti, l'ho dimenticato al laboratorio!”
“Certo. Come no.- la recluta storse le labbra in un ghigno antipatico-Gira al largo o sarò costretto a prendere provvedimenti.”
“Ma sono l'antropologa forense!-continuò Alaska con tono supplichevole-Te lo giuro!E poi, come potrei immaginare un nome del genere?”
Ford stava cominciando a spazientirsi “Posa quell'aggeggio, per favore.”
“Ma è solo una tenaglia...” protestò.
Alle loro spalle, la voce profonda dell'agente Bringman li raggiunse come un deux ex machina “Va tutto bene, Ford. Mi occupo io di lei.”
L'uomo si avvicinò ai due e con un cenno del capo rimandò il giovane agente al proprio posto di guardia, mentre con la sua mano ruvida e decisamente più forte afferrò l'attrezzo che lei invece reggeva con fatica.
“Seguimi.” ordinò, con tono bonario, iniziando a incamminarsi verso gli uffici in cui lavoravano al caso delle tre donne carbonizzate. Alaska lo seguì trotterellando e non si lasciò sfuggire l'occasione di fare una linguaccia infantile a Ford quando sorpassò la guardiola.
“Credo che quel ragazzo dovrebbe essere meno paranoico.” commentò gioviale.
Bringman sospirò “Fa solo il suo lavoro, Ross.”
“Sai che cosa è strano?-continuò la ragazza, gesticolando con una mano- Che tutti voi abbiate delle pistole e vi preoccupate se qualcuno entra al dipartimento con una tenaglia.”
“E non trovi strano che tu entri in una stazione di polizia con un attrezzo del genere?” ribattè l'uomo, corrucciando la fronte.
“No, non mi pare.- affermò lei, dopo averci pensato per qualche secondo- Inoltre non potrei usarla come arma perchè non è per niente maneggevole e non potrei danneggiare nessun organo vitale né recidere qualche vaso sanguigno importante. Le preoccupazioni di quell'agente erano fuori luogo.”
“Agente Jareau!- chiamò, come se fosse stata la sua salvezza- Le presento Alaska Ross, la nostra antropologa forense.”
La donna bionda sorrise amichevolmente “Puoi chiamarmi JJ” disse, allungando una mano per stringere quella della ragazza che l'afferrò stringendola con sicurezza.
“E tu puoi chiamarmi Alaska, o Quarantanove. Se non ti ricordi il nome puoi anche chiamarmi Hey tu!Non sono una che si formalizza.”
“D'accordo.- rise, prima di tornare a parlare di questioni di lavoro- Il tuo identikit si è rivelato molto utile. L'abbiamo diffuso attraverso i media e siamo stati contattati dal proprietario di una lavanderia dove pare lavorasse la prima vittima.”
“Quindi ora sapete chi è?” chiese accorata.
JJ annuì, facendo ondeggiare la sua chioma dorata “Amanda Jankins. Trentadue anni. Ha avuto un figlio quando aveva sedici anni, ma l'ha dato in adozione. Coincide perfettamente con il profilo che ci hai fornito. Si era separata l'anno scorso da un marito violento e aveva perso contatti con la propria famiglia e con gli amici, ecco perchè nessuno ha segnalato la scomparsa. ”
“Neanche i vicini di casa?” domandò di nuovo. Non concepiva il fatto che nessuno si preoccupasse della scomparsa di una persona.
“No. Abitava in un motel. Praticamente, se non fosse stato ritrovato il corpo, sarebbe caduta nel dimenticatoio: totalmente invisibile.” spiegò Bringman, con una scrollata di spalle.
“Che cosa triste.” commentò Alaska, sporgendo all'infuori il labbro inferiore.
“Oh!Ho portato altri due identikit.-disse dopo qualche secondo di silenzio, iniziando a frugare nella propria tracolla- Spero vi possano essere altrettanto utili.”
Allungò due pagine su cui erano stampati i volti impassibili e quasi irreali di due giovani donne. La bionda agente dell'FBI prese i fogli e se li rigirò fra le mani affusolate“Grazie. Li trasmetterò ai media. È stato un piacere conoscerti, Alaska.” disse, congedandosi con un sorriso.
“Anche per me, JJ” rispose l'antropologa, sventolando in aria la mano in segno di saluto.
Bringman le mise una mano sulla schiena per guidarla verso il proprio ufficio “Immagino che ti possa considerare soddisfatta. Hai un nome in poco più di ventiquattrore.”
La ragazza si strinse nelle spalle. Ridare finalmente un nome a quei cadaveri che sarebbero altrimenti rimasti non identificati le faceva sembrare il proprio lavoro importante. Di solito, sarebbe stata contenta di poter mettere un nome sopra il fascicolo di quella vittima, ma in questo caso c'erano ancora due persone senza volto che aspettavano di essere riconosciute. Senza contare, poi, che il colpevole era ancora in giro. Certo, scovarlo non era compito suo, ma sapeva che si sarebbe sentita meglio quando il killer fosse stato assicurato alla giustizia.
“Allora, che cosa ne pensi, Ross?” domandò il poliziotto, per la seconda volta dopo non aver ottenuto alcuna risposta.
Alaska battè le palpebre più volte, riscuotendosi dai propri pensieri “Che non è giusto che abbiano retrocesso Plutone a pianetino. Lo trovo decisamente un pianeta a tutti gli effetti.”
“Ross!” la richiamò Bringman, fermandosi di colpo in mezzo al corridoio.
“Credo di essermi distratta...” ammise la ragazza, con un sorriso colpevole sulle labbra.
L'agente alzò gli occhi al cielo “Parlavo di quella tenaglia.”
“E' l'attrezzo che ha usato per asportare le ossa.” spiegò quindi Alaska.
L'uomo soppesò l'oggetto fra le proprie mani, domandandosi se fosse possibile amputare qualcosa con quell'arnese “Sei sicura?”
“Ho fatto degli esperimenti dimostrativi a riguardo.”
“Nel senso che ti sei messa a staccare ossa da cadaveri?” Non riusciva a immaginarsela a fare una cosa del genere.
“Sì, ma non erano veri.-si sentì subito in bisogno di giustificarsi Ross- Quindi, in effetti, non erano nemmeno cadaveri. Solo manichini. Anatomicamente perfetti, ma manichini.” 
Bringam agitò una mano per farla smettere di parlare “D'accordo, Ross!Non sto mettendo in dubbio i tuoi metodi di indagine empirica. - le assicurò- Solo, non ti agitare. Non vorrei che ti si svitasse il cervello e tu mi faccia fare brutta figura coi federali.”
Il tono dell'uomo era decisamente scherzoso ma Alaska si morse il labbro inferiore meditabonda “Non capisco davvero perchè sia tu che Davon abbiate questa preoccupazione.”
Bringman si sporse per aprirle la porta della stanza e invitarla ad entrare “Già. Chissà perchè?” borbottò fra sé e sé.
Il suo ufficio al dipartimento investigativo era diventato, in poco meno di un'ora, il quartier generale utilizzato dagli agenti dell'unità di analisi comportamentale dell'FBI.
Una grande lavagna di legno addossata alla parete conteneva tutto ciò che avevano raccolto fino a quel momento sul caso. Le foto della scena del ritrovamento, la fotocopia della patente dell'unica vittima identificata, le foto dei tre cadaveri carbonizzati: ogni elemento era stato ordinatamente messo in mostra per avere sempre sotto gli occhi un quadro completo della situazione che si erano ritrovati a gestire.
Quando Bringman e Ross entrarono nella stanza l'agente Prentiss stava per l'appunto osservando quel pannello, nel tentativo di riordinarsi le idee. Reid, invece, appoggiato con la schiena al ripiano di un porta documenti, stringeva fra le mani una tazza di fumante caffè. Ci volle un po' a Bringman, però, a digerire il fatto che l'agente Morgan era seduto alla sua scrivania.
“Ho recuperato la desaparecida!” annunciò, varcando la porta di quello che un tempo era il proprio intimo e ordinato ufficio.
Alaska fece un cenno di saluto con la mano ed entrò nella stanza come se non fosse affatto la prima volta che ci metteva piede “Ma non sono mai scomparsa...” gli fece notare, aggrottando le sopracciglia.
“Ross ha trovato una corrispondenza fra le incisioni lasciate da questo tipo di tenaglia e le amputazioni subite dalle vittime.” spiegò, ignorando volutamente ciò che aveva appena detto la giovane antropologa e agitando l'attrezzo che teneva fra le mani.
“Quindi ora sappiamo che l'SI ha degli stivali da pesca e una grossa tenaglia da giardino.” ricapitolò Reid. Non erano elementi particolarmente utili.
“E che è un uomo alto circa un metro e novanta, che pesa circa un quintale.- aggiunse Alaska, sollevando un dito per accompagnare le proprie parole- Non ha problemi di deambulazione evidenti, anche se credo che una buona dieta non gli farebbe male.”
“Accidenti.- commentò Emily, incrociando le braccia al petto-Ci sei riuscita davvero.”
“Come fai a sapere queste cose?” si informò quindi Derek, sporgendosi sul ripiano di legno.
“La dottoressa Ross ha estrapolato queste informazioni da un'impronta che ha trovato durante lo scavo di recupero.” continuò a parlare Prentiss, voltandosi verso il collega.
Morgan fece un fischio prolungato“Wow. Impressionante.”
“Sei risalita all'indice di massa corporea partendo dalla distribuzione del peso su un'impronta plantare?” domandò incuriosito Reid, posando la tazza sul tavolo.
La mora gli sorrise “Cavolo, se lo dici così la fai sembrare una cosa complicata.”
“Hai altre informazioni da fornirci?” chiese quindi Bringman.
Alaska annuì “Devo connettermi con Davon per gli ultimi aggiornamenti, e poi vi dirò tutto quello che so.”
Estrasse dalla propria borsa un piccolo computer portatile e lo posò sul tavolo al centro della stanza.
“Dave c'è?” domandò, voltandosi verso la porta per vedere se riusciva a individuarlo da qualche parte nel corridoio.
Prentiss sgranò gli occhi, in un espressione interrogativa e Morgan prima di rispondere alla ragazza le rivolse uno sguardo che prometteva che più tardi le avrebbe spiegato tutto “Lui e Hotch sono andati al motel dove abitava la signora Jankins.”
“Ok.” disse quindi la ragazza, sfilandosi dalle spalle la giacca che aveva indossato per affrontare la fresca aria mattutina. La posò senza troppe cerimonie sulla spalliera di una sedia e dopo aprì il proprio computer portatile, pronta ad avviare il collegamento con il proprio supervisore.
“Hotch è quel tizio serio con la pistola alla caviglia?”
Emily si lasciò sfuggire un sorriso divertito, mentre Bringam diede un colpetto sulla spalla alla ragazza.
“Non puoi analizzare l'andatura dei federali, Ross. E nemmeno fare commenti sulle loro espressioni facciali.” la rimproverò a bassa voce.
Alaska si strinse nelle spalle “Volevo solo fare un po' di conversazione. Essere socievole, sai?”
“E fai bene.- la rassicurò Morgan, alzandosi per avvicinarsi alla macchina del caffè- Non mordiamo mica, e poi è bene che ci sia un buon clima visto che dobbiamo lavorare insieme. Caffè?”
“D'accordo, grazie.”
Mentre le passava accanto posò lo sguardo sul braccio teso che aveva appoggiato al tavolo, tamburellando con le dita in attesa che il suo computer avviasse il sistema.
C'era una cicatrice lunga e bianca che scivolava lungo il braccio, proprio sopra il gomito, per poi sparire dentro le maniche della camicetta. Per un attimo si domandò se avesse avuto un qualche incidente, ma poi si ricordò di quanto gli aveva detto Rossi il giorno prima.
“Alla buon ora, Quarantanove!- sbottò Stein, leggermente deformato dai pixel, non appena la giovane antropologa ebbe aperto la finestra del collegamento web cam- Credevo ti avessero rapito gli alieni.”
Reid allungò il collo per guardare il volto dell'uomo “Quello è il dottor Davon Stein?” domandò a sottovoce a Emily che annuì in risposta.
“Ho letto diverse sue pubblicazioni. È stato in Ruanda per aiutare nell'identificazione delle vittime del genocidio ed è nella squadra per il recupero delle vittime di catastrofi.- spiegò velocemente- Nel suo campo è una specie di genio, una vera istituzione.”
La donna scrollò le spalle “A me sembra solo un gran cafone.”
“Che cosa c'è in quella tazza?” continuò a parlare l'uomo, riferendosi all'oggetto che la sua assistente si era appena portata alle labbra.
Alaska se lo scostò dal viso con aria dubbiosa “Uhm...caffè?”
“No, no, no, no. Niente caffè per te, Quarantanove!” la rimproverò con tono severo.
“Ma me l'hanno offerto, non voglio essere scortese.” protestò la ragazza, piegando le labbra all'ingiù.
“Spiacente.-borbottò l'uomo, inforcando degli occhiali da lettura con le lenti a mezzaluna-Ti rende iperattiva e troppo efficiente e irritante.”
“Ok.- capitolò Ross, posando la tazza lontano da sé, sulla scrivania- Al laboratorio hanno avuto i risultati delle analisi?”
Sul volto di Stein comparve un ghigno “Vedrai. Trova una stampante e fascicola i dati che ti ho inviato.”
“Agli ordini, Davon.- trillò Alaska, elettrizzata, mentre si alzava con la chiave usb in mano- Vado, stampo tutto e torno alla velocità della luce.” assicurò ai presenti mentre usciva di corsa dalla stanza.
Non appena fu uscita, Emily non riuscì a trattenere una domanda “Come fa a sopportarlo?”
“Sopportare cosa?” domandò Bringman, che ancora stava fissando lo schermo del computer, ormai semplicemente immobile sull'immagine di sfondo del desktop.
“Il trattamento che le riserva il dottor Stein.-specificò- La tratta come se fosse la sua schiava personale e lei obbedisce sempre immediatamente.”
Il poliziotto fece un vago gesto con la mano “Voi non capite. Il dottore adora quella ragazza.”
Morgan alzò un sopracciglio “Ah sì?”
“Certo. Alaska lavora con lui da due anni. Quando era ancora una studentessa alla UCLA gli ha fatto da assistente volontaria e pare che abbia seguito i suoi seminari da quando andava al liceo. Prima di lei Stein cambiava il proprio collaboratore personale ogni sei mesi.”
“Quindi sarebbe il suo modo per manifestare affetto?” domandò scettica Prentiss.
“Non ho mai detto che fosse normale. Sapete come si fa a superare uno scudo invalicabile?”
“Credo che il nome stesso faccia dedurre che è impossibile.” rispose Reid, aggrottando le sopracciglia.
“Esatto. Bisogna solo avere abbastanza pazienza da aspettare di ottenere la fiducia di chi ci si nasconde dietro. Alaska ha semplicemente aspettato e il dottor Stein è uscito dal suo nascondiglio emotivo.”
Bringman rimase meditabondo per qualche secondo: non era sicuro che i tre avessero compreso quanto la ragazza venerava il proprio mentore.
Come richiamata dai suoi pensieri, l'antropologa fece di nuovo il suo ingresso nell'ufficio.
“Eccomi!- esclamò Alaska rientrando trafelata nella stanza mentre sventolava un fascicolo di fogli- Qua dentro c'è roba che scotta!”
Sparpagliò i documenti sul tavolo e poi alzò il suo sguardo soddisfatto verso ciascuno dei presenti.
Emily alzò un sopracciglio dubbiosa “Dovremmo capire che c'è scritto?”
“Io lo capisco.” protestò Spencer, prendendo in mano un paio di fogli.
“Non avevamo dubbi su questo, Reid.” commentò Morgan, alzando gli occhi al cielo.
Bringman sbuffò “Avanti, Ross. Sputa il rospo.”
“Beh, chiunque sia stato a fare tutto questo, ha anche cercato di spegnere il fuoco. Abbiamo trovato tracce degli agenti chimici che si trovano nella schiuma degli estintori su tutti e tre i corpi.”
Derek si passò una mano sul mento “Se ha spento il fuoco e poi seppellito i cadaveri, significa che allora ha avuto davvero qualche segno di pentimento.”“Il luogo deve essere importante:- si affrettò ad aggiungere Reid- non ha semplicemente lasciato le vittime in posti casuali, ma le ha riunite tutte al parco.”
“E poi le ossa che ha staccato dai cadaveri.-continuò Prentiss-Le ha tenute come una specie di trofeo, quindi, anche se pentito, non rifiuta quello che ha fatto, ma vuole avere con sé qualcosa per ricordarlo.”
Alaska aveva spalancato gli occhi, e li guardava rapita con il gomito appoggiato al tavolo e la mano a sorreggerle il mento. Bringman riconobbe nei suoi occhi cerulei lo stesso interesse che aveva per qualsiasi cosa di scientifico.
“Che c'è?” domandò Derek, accorgendosi del suo sguardo insistente.
“Wow.- esalò l'antropologa-È incredibile che siate arrivati a queste conclusioni. Voglio dire, entrare in quel modo nella mente delle persone è semplicemente...wow.”
Morgan le sorrise “Quello che ci serve, per tracciare un profilo, è sapere che cosa accomunava le vittime.”
“D'accordo.”acconsentì con entusiasmo, prima di inforcare gli occhiali e di iniziare a dare un'occhiata sommaria all'agglomerato di dati ordinatamente elencati su quei documenti.
“Il nostro entomologo ha trovato tracce di Roipnol nelle larve che sono state prelevate dalla fossa.”
“Roipnol?-ripetè Reid-E' la droga dello stupro.”
Alaska lo guardò da sotto in su, attraverso le lenti “E tu come fai a sapere tutte queste cose?”
“Reid è onnisciente.” la informò Morgan, dando un pugno scherzoso sulla spalla del collega.
“Wow, una caratteristica divina. È sempre utile.”
“Quindi l'SI ha drogato le vittime e poi le ha bruciate vive, senza lasciargli via di scampo.” dedusse Prentiss da quell'informazione.
“Che altro puoi dirci, Ross?” domandò Bringman, rifocalizzando l'attenzione della ragazza.
Alaska si sedette di nuovo davanti al computer e, dopo aver battuto le dita sui tasti per qualche secondo, fece comparire sullo schermo delle immagini nere e di un azzurro quasi fosforescente.
“Guardate qua.- disse, invitandoli ad avvicinarsi con un cenno della mano- Sono le radiografie dei piedi della ragazzina afroamericana.”
Il poliziotto aggrottò la fronte “C'è qualcosa di strano?”
“La forma degli alluci.- proruppe Spencer, dopo qualche attimo di silenzio-Sono deformati?”
“Non proprio. - rispose l'antropologa, facendo ondeggiare la testa- E' una specie di infiammazione cronica. Questa ragazza doveva passare molto tempo sui tacchi.”
Prentiss avvicinò il viso allo schermo, nel tentativo di vedere quello che aveva rivelato la ragazza “Tacchi?” chiese, dubbiosa.
Alaska annuì, facendo un rapido calcolo mentale “Alti almeno tredici centimetri.”
“Non è normale che una ragazzina passi così tanto tempo su dei trampoli da causargli un'infiammazione del genere.” riflettè ad alta voce Morgan.
“Forse era finita in un giro di prostituzione.” azzardò Bringman.
“Una signora nessuno e una prostituta: al nostro SI piacciono le vittime invisibili.” riepilogò Emily, sistemandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli corvini.
“Non vuole lasciare tracce dietro di sé, non vuole che nessuno si preoccupi della loro scomparsa.” confermò Derek.
Reid rimosse la cartina di Baltimora che avevano appeso sul pannello di sughero insieme alle altre informazioni sul caso. Un pallino rosso, posizionato sul Carrie Murray Nature Center indicava il luogo dei ritrovamenti, mentre altri due punti gialli segnavano il posto di lavoro di Amanda Jankins e il motel in cui abitava. “Dobbiamo trovare delle zone che potevano frequentare entrambe.”
Bringman si avvicinò al tavolo, su cui il giovane agente dell'FBI aveva steso la mappatura della città e prese a fare dei cerchi sulle zone “a luci rosse”.
Nessuna, però, coincideva con quelle già segnalate sulla carta.
“Fantastico.” commentò Morgan, imbronciando le proprie labbra carnose.
“Lì c'è un supermercato.”
I quattro agenti si voltarono all'unisono verso Alaska, che era rimasta seduta e silenziosa al tavolo, senza prestare particolare attenzione alle loro ricerche topografiche.
“E questo che c'entra, Ross?” sbottò Brignman, spazientito. Gli sarebbe scocciato farlo, ma se iniziava come suo solito a diventare un elemento di disturbo per le indagini l'avrebbe dovuta rispedire al laboratorio senza troppe cerimonie.
“E anche una fermata dell'autobus. Spesso vado a fare delle commissioni in quella zona per conto della mia padrona di casa. Pare che facciano spesso delle svendite e solo lì vendono a buon mercato il cibo per gatti a cui è abituato Dessert...” raccontò la giovane, gesticolando animatamente con una mano.
“Una fermata e un supermercato che vende a basso costo- Reid scambiò un'occhiata con i propri colleghi- può essere plausibile che fosse il luogo dove facevano la spesa entrambe o dove prendevano i mezzi pubblici.”
“Si trova proprio a metà strada fra questa zona di prostituzione e il posto di lavoro di Amanda.-fece notare Emily, facendo scorrere l'indice sulla cartina- Chiamo Hotch: già che sono lì potrebbero fare un giro della zona.”
“Legno e corda.” disse di punto in bianco la dottoressa Ross, il volto appoggiato alla mano appoggiata al mento.
Derek aggrottò la fronte “Come, prego?”
“La mia ricostruzione degli omicidi si è rivelata esatta: questo tizio ha legato mani e polsi delle vittime e ha usato il legno per alimentare il fuoco.- spiegò- I resti che abbiamo trovato sulla schiena confermano questa ipotesi. Come accelerante, invece, ha usato semplicemente della benzina.”
Spencer prese fra le mani uno dei fascicoli che aveva stampato la ragazza e prese a sfogliarlo con interesse. Inizialmente non si accorse che l'antropologa non aveva seguito i suoi movimenti e stava continuando a osservarlo mentre cercava di trarre delle conclusioni dai risultati di quelle analisi di laboratorio. Fu il tossicchiare rauco di Bringman a fargli alzare gli occhi, per incontrare le due pozze azzurre sul volto della giovane fisse su di lui.
“Ho-ho qualcosa sulla faccia?” domandò, imbarazzato a causa di quello sguardo insistente.
Alaska distese leggermente le dita, lasciando la propria bocca libera di parlare “Fai delle facce buffe mentre leggi.”
Reid provò a dire qualcosa, ma non gli venne in mente niente per giustificarsi, nonostante ne sentisse il bisogno.
“Muovi le sopracciglia e fai degli strani movimenti con la fronte.- gli rivelò quindi la ragazza sorridendo- Sei interessante.”
Il giovane genio si ritrovò ad arrossire vistosamente mentre Derek e Emily sghignazzavano divertiti.
Bringman alzò gli occhi al cielo e stava per avvicinarsi a lei per dirle di smetterla di importunare quel povero ragazzo, quando Alaska si alzò, avviandosi verso la porta che dava sul corridoio.
“Dove vai?” le domandò stranito. Non era certo che il suo compito fosse finito.
“Ho fame e mi annoio.- confessò con una scrollata di spalle. Sembrava una studentessa pronta a evadere da una lezione di matematica-Vado a prendere qualcosa da mangiare, si ragiona meglio a stomaco pieno. Avete qualche preferenza?”
“Del genere?” chiese Emily.
Ross sorrise snocciolando le varie possibilità “Siete vegetariani?Vegani?Carnivori?Fruttivori?Insettivori?”
“Onnivori.” la interruppe Derek.
“Speravo che lo avreste detto...” trillò, uscendo dalla stanza quasi saltellando.
Bringman si grattò la testa, imbarazzato “Quella ragazza...” borbottò a mezza voce, giustificandosi al suo posto.
Prentiss fece un gesto con la mano “E' di sicuro molto diversa dai vari patologi e medici legali con cui ho lavorato fin ora, ma la trovo carina.”
“Molto.-confermò Morgan, con un sorriso scanzonato sulle labbra-Tu che ne dici, Reid?”
Spencer alzò la testa dai documenti, gli occhi scuri e come al solito leggermente cerchiati dalle occhiaie confusi “Uh?- si lasciò sfuggire, prima di capire a cosa alludesse il collega.- Sì, credo...uhm, credo che dovremmo concentrarci sul caso...”
A salvarlo da quel momento imbarazzante ci pensò un trillo acuto proveniente dal computer, ancora acceso, dell'antropologa, su cui si era appena aperta una finestra per una chat video.
Sullo schermo, un'adolescente dai capelli troppo biondi e gli occhi chiari troppo truccati aspettava di avviare la conversazione.
“E tu chi sei?” sbottò Bringman dopo aver schiacciato qualcosa di decisamente sbagliato su quell'arnese malefico. Lui era della vecchia scuola, e non aveva un particolare amore per la tecnologia, per quanto ammetteva che aveva portato un certo sviluppo al suo stesso lavoro.
Con qualche secondo di ritardo, la bionda alzò un sopracciglio ben delineato “Beh, considerando che sei collegato al computer di mia sorella e, evidentemente, non sei mia sorella, sarei io a dover fare questa domanda.”
Era sdraiata su un letto pieno di peluche e alle sue spalle si vedevano dondolare le gambe avvolte in calze pesanti e dai colori sgargianti. Alle pareti si intravedevano poster di attori e cantanti.
“Non sembra il suo ufficio al laboratorio.- commentò, notando la stanza diversa e la presenza degli agenti FBI- Mia sorella Alaska è lì?”
“Ecco veramente...” stava rispondendo, quando l'antropologa entrò di nuovo nella stanza.
“La fortuna mi sorride!- annunciò, posando una scatola piatta sul tavolo- Quelli del dipartimento accanto avevano ordinato una pizza ai peperoni, ma gli hanno portato quella al formaggio e me l'hanno ceduta a metà prezzo. Non siete schizzinosi perchè è cibo riciclato, vero?”
Emily le fece un cenno, incapace però di interrompere quel fiume di parole “Credo che tua sorella ti stia cercando.”
L'espressione sul suo volto cambiò repentinamente, e Morgan riconobbe quella che probabilmente doveva avere anche lui quando era preoccupato per le sue sorelle.
“Eccomi.- disse, piazzandosi velocemente davanti allo schermo-Che c'è, tesoro?”
“Ho un compito di letteratura da preparare e devo prendere almeno una B.” piagnucolò la biondina, con voce acuta.
Alaska alzò gli occhi al cielo, ben più rilassata, e alzò un dito verso gli agenti, come per chiedere un minuto di tempo.“Papà si è di nuovo lamentato dei tuoi risultati?”
“Ah-a!-continuò la ragazza-Non capisco proprio, le mie amiche vanno molto peggio di me a scuola, e i loro genitori non sono così stressanti!Comunque, ha detto che se non prendo B mi proibirà di andare alla festa di Grace.”
Anche se sapeva che non era carino origliare, Spencer si ritrovò a pensare che probabilmente quella parlantina era ereditaria, dato che le accomunava in quel modo.
“Che cattiveria.” commentò Alaska, seriamente partecipe delle preoccupazioni della sorella.
“Infatti!Ma, progetto di prendere una A meno, così magari non solo mi lascerà andare, ma colpito dal mio impegno deciderà di prendermi un vestito nuovo.”
“E' un buon piano, Taylor. Come mai mi hai chiamato?” la mora aggrottò le sopracciglia in un'espressione dubbiosa.
“Devo fare una tesina su Shakespeare e mi serve un consiglio.” capitolò sua sorella, facendole un sorriso che sarebbe dovuto essere implorante.
Alaska si lasciò sfuggire una risatina.“Per prima cosa ti proporrei di spegnere la tv. Potrai guardare Gossip Girl un'altra volta.”
“Ok.- acconsentì Tylor, allungandosi per fare quanto le era stato detto e poi tornando in posizione- Poi?Devo analizzare un personaggio a mia scelta e non so da dove cominciare.”
“Tesoro, lo sai che io non sono un asso in letteratura. Ti faccio una ricerca di chimica, vuoi?”
“Fossi in te analizzerei Shylock.” la voce di Reid la fece voltare all'improvviso, ma con un piacevole stupore dipinto sul viso.
“Chi?” domandò invece la ragazza bionda, confusa. Non sapeva chi fosse quel tizio dall'aria strana, ma se poteva aiutarla nel suo compito era ben lieta di ascoltarlo.
“Shylock, del Mercante di Venezia.-ripetè il genietto, prima di partire in una delle sue chilometriche e enciclopediche spiegazioni-Dovresti concentrarti su come, pur presentando il personaggio come l'antagonista, in realtà Shakespeare sia decisamente simpatizzante per lui, lo si può notare dall'ampio spazio che gli viene dato durante il suo monologo nell'atto...”
Morgan gli si avvicinò e gli diede un colpetto sulla spalla “D'accordo, d'accordo. Perchè non lasciamo che la ragazza faccia il suo compito e non torniamo a fare il nostro lavoro?”
Alaska scrollò le spalle “Mi dispiace, Taylor. Il capo è lui. Fammi sapere della festa.”
L'antropologa tornò a rivolgersi ai quattro agenti, dopo aver chiuso la finestra di conversazione “Avete trovato altro che dovrei chiarire sulle analisi?- domandò, per cambiare immediatamente argomento- Su, mangiate che se no si raffredda.”
“In effetti, non capisco la presenza di piombo sui resti di pelle della ragazzina afroamericana.” ammise Reid, guardandola con sguardo concentrato.
“Probabilmente aveva un tatuaggio.” spiegò Ross, con una scrollata di spalle.
“Piombo in un tatuaggio?” biascicò Bringman, dopo aver preso un morso alla pizza. Stavano lavorando a quel caso da qualche giorno ormai, e tutto quel lavoro gli rendeva anche accettabile mangiare così presto.
“Non è poi così improbabile.- ribattè Emily, incrociando le braccia al petto- Forse è stato fatto a basso costo in uno di quegli studi poco raccomandabili.”
“Proviamo a risalire al disegno!” esclamò Alaska, battendosi un pugno sulla mano aperta.
Tornò al computer e prese a battere le dita velocemente sui tasti. Aveva aperto l'immagine della rattrappita caviglia della vittima, zona in cui le analisi avevano rivelato la presenza di quell'inchiostro scadente.
“Niente?” domandò Derek, dopo qualche minuto.
Alaska non staccò gli occhi azzurri dallo schermo “E' un computer, non la lampada di Aladino.” disse con tono gioviale.
L'uomo di colore sorrise: non era certo che Garcia avrebbe apprezzato un commento del genere.
Passarono ancora diversi secondi prima che la giovane trillasse esaltata “Et-voilà!”
“Ci sei riuscita?” mettendosi alle sue spalle per guardare meglio lo schermo, subito imitata da Morgan, Reid e Bringman.
“Sì. Ho messo dei parametri nel computer per una probabile ricostruzione del tessuto ed ecco qua il tatuaggio della nostra Jane Doe.”
I contorni non erano nitidi e ben definiti, ma si poteva distinguere distintamente una conchiglia.
“Non sembra un disegno molto comune.-commentò Reid, anche se non poteva dirsi un esperto di tatuaggi- E c'è anche una scritta.”
Emily strinse gli occhi per leggerla “Dice: Il mare è la mia casa.”
“Che frase dolce.” sorrise Alaska.
“Forse se troviamo lo studio in cui è stato fatto il tatuaggio potremmo trovare l'identità della ragazza.” propose Morgan.
L'antropologa storse le labbra “In quella zona ce ne sono parecchi.”
Bringman la guardò di traverso “Mi preoccupa sapere che tu sai tutte queste cose su quelle zone, Ross.”
Derek estrasse dalla propria tasca il cellulare e compose velocemente un numero decisamente familiare.
“Ufficio della fata scaccia guai, come posso esservi utile?” trillò allegra la voce di Garcia.
“Ciao bambolina.- la salutò l'uomo con un sorriso- Devi trovarmi dei centri per tatuaggi vicino alla casa o al posto di lavoro di Amanda Jenkins.”
“Qualsiasi cosa per te.- ribattè l'altra- Pare sia un'attività molto in voga: ce ne sono cinque, ma non credo che mi rivolgerei a loro se proprio volessi farmene uno.”
Alaska si aggrappò alla spalla di Derek e parlò vicino all'auricolare “Senti, bambolina, credi che potresti trovare qualcuno se ti mandassi delle informazioni su un tatuaggio?”
A Quantico, Penelope sbattè le palpebre stupita “Zuccherino, qualcuno che è lì con te mi ha appena chiamato bambolina?”
“E' Alaska Ross, l'antropologa che ci aiuta a identificare le vittime.” spiegò Morgan, mettendo la chiamata in viva voce.
“Quella che ti ha spaventato con quel teschio?” si informò la donna, già sghignazzando.
“Questo non è vero!Chi te l'ha detto?” sbottò l'agente, cercando di ignorare i sorrisi divertiti di Reid e Prentiss.
“Sono onnisciente, te l'ho mai detto?” ribattè Garcia.
Alaska rise “Sto lavorando con delle divinità. Fico!”
“Allora ho trovato una certa somiglianza fra quello che mi avete inviato e le opere di un certo Guston Roy. Accidenti, i suoi genitori sì che avevano senso dell'umorismo!”
“D'accordo, bambolina. Grazie del tuo prezioso aiuto.”
Penelope ridacchiò “Lo so, lo so: sareste persi senza di me.”
“Sei la persona più ridicolmente deliziosa che io abbia mai sentito parlare!” sorrise Alaska, prima che Morgan chiudesse la comunicazione.
“Quindi abbiamo avuto una specie di conferma- riassunse Bringman- La ragazza bazzicava in quella zona, così come la signora Jankins e probabilmente il nostro pazzo omicida.”
“L'SI ha ucciso le sue vittime bruciandole vive.- riepilogò Reid, voltandosi verso la bacheca- Durante il medioevo e il periodo della caccia alle streghe ardere una persona sulla pubblica piazza era l'esecuzione tipica per punire chiunque fosse accusato di stregoneria...”
Alle orecchie di Alaska Ross quelle parole iniziarono ad attutirsi, sormontate dai suoi pensieri di certo molto più ingombranti.
Osservava la foto di Amanda Jankins e pensava alla sua vita. Ne aveva passate tante, quella donna.
Aveva i capelli rossi e gli occhi verdi, l'unica cosa che distingueva la donna dalla foto dalla ricostruzione che l'antropologa aveva fatto il giorno precedente.
Alaska si ritrovò a riflettere su quanto dovesse essere spiacevole non potere avere nessuno su cui contare. Tagliare i ponti era come cancellare qualcosa in modo indelebile, oppure cancellare un po' se stessi.
Tagliare i ponti. Ripetè più volte queste parole nella sua testa.
Un taglio netto, come nelle fratture più comuni.
Solo a pensare a questo nella mente dell'antropologa passarono una serie di immagini a cui ormai era abituata da tempo.
“Fratture!” esclamò soprappensiero, afferrando in fretta i propri effetti personali.
“Dove te ne vai ora, Ross?!” la richiamò Bringman, vedendola imboccare la porta.
“In laboratorio.-disse frettolosamente-Credo di aver scoperto qualcosa sulla seconda vittima!”

Miracolo!La mia compagna di vita, alias la sfiga, mi ha concesso di pubblicare questo capitolo...anche se in ritardo...Mmm, non so, non sono pienamente soddisfatta, avrei voluto scrivere di più, mettere più azione e magari qualche scena con il team al completo ma mi sembrava un capitolo già abbastanza denso (anche se in realtà non succede molto) e non ho voluto appesantirlo. Voi che ne pensate? Fatemi sapere.
Besos JoJo

takara : hey!Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e anche che Ross ti piaccia come persona. Sto cercando di svelare la sua personalità e la sua vita un poco a poco lungo la storia, giusto per non scoprire immediatamente tutte le mie carte!eheheh Al prossimo capitolo!kisses :)

incasinata : Hola! Cavolo, quanto hai ragione, il pericolo MarySue è sempre in agguato...Cavolo, come vorrei avere una pistola nascosta alla caviglia in stile Hotch per difendermi!hihihi! Thanks per il commento, besos, al prossimo capitolo!  :)

   
 
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