Aveva fatto bene ad accettare quell’invito,
si stava divertendo da matti ed era tutta la sera che non faceva che ridere e
ballare assieme a Jubilee Kitty Bobby e Warren.
Non l’avrebbe mai creduto, ma per la prima volta
dopo tanto tempo si sentiva bene davvero, tutte quelle persone che la
circondavano non la infastidivano minimamente, anzi.
“Oddio basta!!!”
“Che fai Jubes? Già stanca?”
“Zitta Ro’…”
L’asiatica ansimando dopo l’ultimo ballo le
diede le spalle lanciandosi sul primo divanetto libero.
“Domani col cavolo che mi alzo…”
“Ti vengo a buttare già dal letto se non ti trovo nella hall alle
sette spaccate!”
Le vennero in mente le parole di Logan e
inconsciamente si voltò per guardare l’enorme orologio sospeso in mezzo al
salone.
Le quattro di mattina, cavoli non si era
resa conto dell’ora così tarda; si allontanò da Jubes per raggiungere gli altri
suoi amici.
“Bobby, ora forse è il caso di rientrare…”
“Nh…saluto il
Signor Warrington e partiamo…”
“Ok, io vado a recuperare Jubes, l’ho lasciata…”
Voltandosi però si rese conto che sui
divanetti la sua amica non c’era più.
“…l’avevo lasciata
laggiù…vado a cercarla…”
“Ti aspettiamo fuori Ro’…”
“Ok Kitty”
Annuì incamminandosi verso i bagni
accompagnata dalla musica tecno a tutto volume che male si intonava allo stile
elegante e raffinato di quel grande salone in marmo chiaro notando subito lo
sgargiante colore dell’abito di Jubes.
Stava in mezzo ad un folto gruppo di persone
ammucchiate intorno ad un tavolo, chissà cosa c’era di così interessante da
vedere.
“Jubes!”
“Hey chica,
guarda!”
“Dobbiamo raggiungere gli altri, torniamo a casa…”
“Prima devi vedere che spettacolo…”
Incuriosita si fece spazio fra la piccola
folla riuscendo ad arrivare a scorgere la superficie verde di un tavolo da
gioco sul quale stavano incolonnate decine di carte.
“Dov’è lo spettacolo? È una normale partita
di carte…”
“Non li scema…alza
gli occhi…è quello che gioca lo spettacolo!”
Alzò il volto quel tanto che le serviva per
raggiungere il viso del ragazzo intento ad ammucchiare le carte.
Era carino certo, ma non così tanto da…
“….”
E in un attimo successe.
Il giocatore alzò il viso e quando i loro
sguardi si incontrarono, tutto attorno a lei smise di esistere, le spinte della
gente vicina, la musica assordante, le gomitate di Jubes e il proposito di
rientrare a casa…. tutto venne inglobato all’interno
di quegli occhi rubino che la fissavano con insistenza dentro ad un volto
marcato dalla pelle nivea incorniciato da lunghi capelli leggermente mossi.
“Gambit…”
Si rese conto d’aver parlato solo dopo aver
notato quei due occhi cremisi allargarsi leggermente nell’udire quel nome.
Come aveva fatto a sentirla?
Indietreggiò inconsciamente interrompendo
quel contatto visivo mentre nella sua testa quella parola assumeva un
significato, rievocava ricordi ed emozioni.
“Ti chiami…Logan…”
“…ti devi fidare di me…”
“Dobbiamo
andare…”
Anche Jubilee l’aveva raggiunta, stupita da
quella reazione ma soprattutto da quella del tizio che vedendola sparire si era
affrettato a rimettersi in tasca le carte e si era alzato per raggiungerla.
“Ro’?”
“…”
“Che c’è? Ti fa male la testa?”
Non aveva idea di quello che passava per la
mente dell’amica, non capiva a cosa era dovuto quel suo sguardo cupo, quel
tenersi la tempia e il suo respirare affannoso.
“Ro’!?”
“Cosa?”
“Tutto bene?”
“…si, dobbiamo…” si guardò
intorno agitata “dobbiamo tornare a casa…subito…”
“Si ma…”
“Vieni!”
Si lascò trascinare via e non osò far altre
domande, quando Rogue faceva così non c’era verso di ottenere risposte né di
insistere, bisognava assecondarla e basta.
“Hey chica, so
camminare anche da sola…”
“Va bene ma spicciati!”
In poco tempo raggiunsero l’esterno e
adocchiarono gli altri che erano già in macchina.
Rabbrividì colta da una fresca folata di
vento accorgendosi di aver dimenticato il suo cappotto all’interno della villa.
“Merda la giacca!”
“Che c’è!?”
“L’ho lasciata dentro…torno
subito…”
“Vengo con te…”
“Non ho cinque anni cazzo!”
“Ok ok…vai…”
Le lanciò un occhiata di scuse, si era resa
conto d’averle risposto male ma detestava l’esser trattata come una poppante.
Veloce si diresse al tavolo dove stavano
prima sperando di trovare ancora sia la giacca che la sua borsetta, accelerò
rilasciando un sospiro di sollievo nel vedere che le sue cose stavano ancora
li; una volta prese fece retro front.
“Hey…”
Si bloccò appena dopo aver svoltato l’angolo
trovandosi di fronte una…camicia bordeaux.
“…?”
“Come lo sai?”
“Nh?”
…il tipo di prima…cosa
voleva?
“Scusa?”
“Il mio nome chery…come
lo sai?”
“…oh…non farci caso…”
Tentò di superarlo ma le si parò nuovamente
davanti, avvicinandosi di un passo.
“Ci faccio caso invece perché tecnicamente
nessuno qui dovrebbe sapere il mio nome…”
Lo guardò seccata inclinando leggermente il
viso, era troppo vicino.
“…il mio nome mutante…”
“Ah…”
“Ah cosa?”
“Ho fretta…mi stanno…aspettando…”
“I tuoi amici che stavano la fuori?”
Stavano…? Come stavano…
“Si…devo andare…”
Indicò fugacemente l’uscita bloccandosi nel
vedere che la jeep della scuola con la quale erano arrivati non era più al suo
posto.
“Se ne sono andati…ma
che diavolo…”
“Glielo ho detto io…di
andare intendo…”
“Cosa!!? Come?! Perché?”
Come cavolo avevano potuto lasciarla li?
“Cosa diamine ti è saltato in mente?”
“Rispondi alla mia domanda e io risponderò
alla tua…”
Aveva il telefono con sé, avrebbe potuto
tranquillamente chiamare un taxi ma qualcosa in quel suo sguardo amaranto le
suggeriva di non farlo.
In fondo era un’occasione per scoprire
qualcosa in più su Logan, una strana coincidenza le aveva fatto incontrare quel
tizio e anche se non si fidava al cento per cento nel suo sogno/ricordo lui era
stato un amico per Logan.
…………………………………….
“Stai dicendo che mi conosci grazie ai
ricordi di qualcun altro?”
“…si…”
Sgranocchiò un cracker scostando lo sguardo
sulla città sopita che si vedeva da oltre la balaustra del bellavista., in
lontananza si udivano i rintocchi del campanile che segnava le cinque.
Lei era appoggiata alla ringhiera mentre lui
dava la schiena al panorama osservando assente il parcheggio alle loro spalle,
sospirò, ok era ora di spiegargli bene un paio di cosette.
“La mia mutazione consisteva nel rubare potere e memorie alle altre persone, normali o
mutanti che fossero…ed è successo che io abbia
assorbito i ricordi di una persona alla quale tengo molto e che non sa nulla
del suo passato…quei suoi ricordi affiorano nella mia
mente ogni tanto e mi fanno ricordare nomi, luoghi e persone che lui non ha
idea di sapere, per questo so il tuo nome…tutto qui…”
“E questo qui chi sarebbe?”
“James How-…Logan…”
Sembrò pensarci un po’ su ma non dava segni
di ricordarselo.
“Carattere odioso, artigli retrattili
altezza da na…”
“Logan!!? …sono
quindici anni che… cazzo ero solo un ragazzino quando
mi è venuto a cercare a Las Vegas, come ha fatto a finire qui?”
“È quello che stiamo cercando di capire…in che circostanze vi siete incontrati? Cosa faceva
all’epoca? Perché vi siete separati?”
“Mica eravamo sposati chery…lo
conoscevo appena, gli serviva una mano per arrivare a Three Mile
Island e io ero l’unico in grado di aiutarlo…”
“Perché doveva andare li?”
“C’era una vecchia centrale nucleare
dismessa, li un certo Stryker si divertiva a fare l’allegro chirurgo su cavie
mutanti e… ”
“Ancora Stryker, quel maledetto…l’ha
fatto anche con te?”
“Sono qui e sono vivo…sono
l’unico che è riuscito a scappare per questo Logan mi ha cercato…”
“Va avanti…”
“Non è che sappia molto altro, una volta
arrivati ci siamo separati, è successo un finimondo e quando l’ho ritrovato non
si ricordava più di me, ho cercato di portarlo via da quel disastro ma mi ha
detto che…”
“Avrebbe trovato da solo la sua strada…”
Concluse la frase assieme a lui stupendolo
nuovamente, rise tornando a guardare i mille puntini luminosi dei lampioni in
basso.
“Prima hai parlato del tuo potere al passato…che significa?”
“Ho preso la cura…”
“Perché?”
“Non ne potevo più…”
“Nh?”
“Guardare le persone e non poterle sfiorare,
aver paura persino di baciare un ragazzo
per timore di ucciderlo…non era esattamente questo il
tipo di vita che sarei stata felice di vivere…”
“Capisco…”
“Sei uno dei pochi…”
“Era una scelta che spettava a te…”
“Grazie…”
“E Logan? Era qui anche lui stasera?”
“No, a lui non piacciono particolarmente le feste…”
“Come sta?”
“Bene, tutto sommato…”
Rimasero in silenzio alcuni istanti finchè l’atono rintocco
dell’orologio indicò loro lo scoccare della mezz’ora.
“È meglio che rientri…”
“Ti accompagno…”
“Tu invece? Cosa ci fai a New York?”
“…nulla in particolare…” le sfiorò delicatamente una ciocca chiara che libera dallo chignon
sulla nuca le incorniciava il viso “…carine…”
“…grazie…”
Se avesse saputo come se le era procurate,
forse non gli sarebbero sembrate tanto carine, anche se a lei personalmente
piacevano.
Aprì la portiera della corvette che avevano
raggiunto mettendosi comoda e allacciandosi la cintura.
Lo guardò brevemente mentre accendeva il
motore indecisa se farlo o meno.
“Vuoi chiedermi qualcosa?”
“Il tuo potere qual è?”
TARA TARA TATARA
Scattò di colpo spaventata dalla squillante
suoneria del suo cellulare dimenticandosi della domanda appena fatta.
“Pronto?”
……………….
“Non ho mica tre anni…e
comunque sto tornando ora…”
………….
“Stiamo imboccando la strada per Winchester
ora…”
……………
“Beh dal momento che mi hanno lasciata a
piedi che volevi che facessi?”
………………….
“Non è necessario venti minuti e siamo li…”
…………….
“Che palle che sei! Va bene…va
bene Logan,…”
….
“Si, solito bar…”
…….
Chiuse la comunicazione sbuffando irritata.
“Era lui?”
“Già…a volte si
crede la mia babysitter…”
“…”
“Vuole che ci fermiamo all’XXX bar che sta a laggiù, mi viene incontro…”
“Ok, ti lascio li…”
“Non hai voglia di rivederlo?”
“A che scopo se nemmeno si ricorda di me?”
“Ma…”
“E poi, per quel poco che lo conosco e da
quello che ho sentito mi farà la classica scenata da padre apprensivo, no, non
se ne parla proprio…”
“Che stronzate…non
è mio padre, ma mio amico, come si diverte a dire lui…”
L’auto rallentò deviando a destra
rallentando sullo sterrato che faceva da parcheggio.
“Ci si vede chery!”
“Davvero non ti fermi? Guardalo, è lui
sicuramente!”
Guardò oltre la curva della strada notando
in lontananza due fari in avvicinamento e a giudicare dalla velocità con cui si
ingrandivano doveva andare molto di fretta.
Scosse la testa affrettandosi a ripartire.
“Addio!”
“Ma…hey come ti
rintraccio io?”
Non ebbe risposta e fu costretta ad
arretrare perché per la sgommata che fece la macchina rischiò di beccarsi una
mitragliata di sassolini nelle gambe.
Dopo l’inversione l’auto si allontanò nella
stessa direzione dalla quale erano giunti e subito dopo il rombo della moto di
Scott attirò la sua attenzione facendola muovere verso di lui.
“Hey!”
“Dov’è?”
“Chi?”
“Il tizio che ti ha accompagnata…voglio…”
“È già partito…su
portami a casa, sto morendo di sonno…”
“Sali”
Si infilò il casco posizionandosi dietro di
lui stupendosi di come, ora che lo stava sfiorando non avesse più voglia di
andare a dormire ma tutt’altro desiderio…
“E che cazzo…”
“Che c’è?”
“Niente…vai pure…”
Chiuse gli occhi stringendosi al suo busto
riprendendosi dalla memoria le emozioni di quel sogno di lui e lei, mordendosi
le labbra constatando che, le sue mani strette sul davanti avvertivano
perfettamente gli addominali coperti solo dalla t-shirt poiché il giubbotto in
pelle non era chiuso.
Trattenne un gemito non accorgendosi d’aver
stretto la presa più del dovuto.
Ma perché diavolo non si accorgeva di quanto
lo desiderasse? Perché si ostinava a trattarla come una ragazzina…perché
mai non accostava nel piazzale di quel motel che stavano per superare e la
prendeva come…si morse la limgua
risvegliata dal calore che le aveva pervaso i basso ventre, era davvero una
spudorata una ninfoma…no, quello non lo era di certo
dal momento che laggiù, purtroppo o per fortuna era ancora tutto intatto.
“Hey…”
“Che c’è?”
Si erano fermati e la moto si inclinò
leggermente sorretta dalla sua gamba.
“Vuoi dormire sulla moto? Non sarebbe male
dato che fra un’ora ripartiamo ma credo che dovresti almeno farti una doccia prima…”
Mamma mia che begli occhi che aveva, non
sapeva se era merito dell’oscurità che accentuava i riflessi delle sue iridi ma
avevano un colore assurdo e languido…oddio…
“La facciamo insieme?” …ma che stava dicendo?
“Eh?”
“Tu lavi la schiena a me, io lavo la schiena
a te…e magari poi…” …porca puttanaaaaaaaaaaaaaa!
“Hai bevuto? ”
“Quel tanto che basta…per…”…ormai, giunta a questo punto…
“Per?”
“Fare questo…” hai fatto 30 Ro’, tanto vale fare 31, e
semmai andasse male hai la scusa della sbornia…
Appurato quell’ultimo e assurdo pensiero
diede sfogo al suo ancor più assurdo desiderio e facendo leva sui cavalletti
dove poggiava coi piedi si alzò e scese dalla moto senza interromper il
contatto con quelle gemme selvagge che la ipnotizzavano, poi strinse il suo
giubbotto e strattonandolo lo avvicinò a sé mentre lei sbilanciandosi in avanti gli piazzò la lingua fra le labbra e…..
Che sensazione da urlo…era
scoppiato tutto quanto nella sua testa, non c’era più niente se non un sibilo
ed un impulso che non tardò a soddisfare, ovvero quello di scavalcarlo e
piazzarsi davanti a lui, a cavallo di quella moto che era parte integrante di
quell’eccitazione da sbando.
Non le importava la sua reazione, non le
importava se l’avrebbe allontanata, voleva solo sentire che sapore avevano i
suoi baci.
Mugugnò soddisfatta nel trovarlo partecipe
premendosi a lui inclinando il viso, spingendo e approfondendo fin dove sapeva
senza dimenticarsi di respirare il suo profumo e impazzire ad ogni suo
contatto.
Gemette nel trovarsi pressata contro il
manubrio della moto ma non mollò, aprì la bocca e inglobò la sua lingua
intrecciandola alla propria stringendo gli occhi al pizzico delle chiavi in
mezzo alla schiena…ma non mollò.
“…basta Marie, basta…fin dove…” lo baciò ancora….
“…vuoi arrivare!?”
e ancora…e ancora, tirandosi su, sfregandosi sul suo
petto senza smettere di stringergli il giubbotto né di aprire e chiudere le
labbra e succhiare e….
“No!”
“Non sono ubriaca….”
…e cercare le sue labbra senza trovarle…aprire
gli occhi e immergersi in quel verde offuscato screziato di luce…
“Non sono ubriaca voglio solo che tu mi veda come sono veramente Logan…”
“…”
“…sono una donna,
posso amare e lo so fare…non voglio più solo sognare questo…voglio viverlo…non dirmi
di no…”
“…”
“Non sono ubriaca…solo…pazza
di te…”
Appoggiò la fronte sotto al suo mento
inspirando ed espirando piano, cercando di riprendere il controllo, senza
lasciare che il suo silenzio generasse in lei dubbi e angoscia perché a quel
punto non le interessava più niente, avrebbe potuto rifiutarla e non gliene
sarebbe importato nulla.
“James Howelett…”
“Nh?”
“…sono io non è
vero?”
“Si, e sei nato in Canada più di 200 anni
fa, hai combattuto nella guerra di secessione, eri presente nel 1944
all’operazione Overlord nello sbarco in Normandia,
sei stato in Vietnam Strike ti ha usato come cavia negli anni 90, sei scappato,
te ne sono successe di tutti i colori poi mi hai incontrata….e
sono, pazza di te….”
“….”
“Questo è quello che so…tutto
quello che so…oltre al fatto che, beh…vorrei
baciarti ogni volta che ti vedo e sapere se anche tu lo vuoi o mi vedi come una
stupida ragazzina petulante sempre attaccata i co…”
Fu felice d’esser zittita, primo perché
stava diventando noiosa e secondo perché a farlo non fu la sua mano, o la sua
voce o il suo sguardo indifferente ma furono le sue labbra e la sua lingua roventi,
e i suoi morsetti lungo le labbra e le sue mani sotto la nuca a e sul fianco a
tenerla bloccata contro di lui.
Non appena il primo raggio di sole
s’intromise fra i loro volti Logan si allontanò scendendo dalla moto senza
preoccuparsi di metterla in garage, aprì il portone chiudendolo di fretta
salendo le scale senza lasciare la presa della sua mano, attraversò il
corridoio deserto del piano degli insegnanti, aprì la porta della sua stanza e
la chiuse a chiave spalancando con uno spintone quella che dava nel bagno, aprì
il getto d’acqua e finalmente la guardò tremare avvicinandosi, sciogliendo la
presa sulla mano per risalire dietro la schiena, premerla al muro poggiando il
gomito contro la parete e scendere quel poco che gli bastava per raggiungere la
sua altezza, sfiorarle le labbra rosse e schiuse, risalire lungo la guancia
respirandole in viso fino a raggiungere il piccolo orecchio coperto dalla
ciocca chiara.
“Io lavo la schiena a te…tu
lavi la schiena a me e poi…magari….”
BONK
“…eviti di svenirmi
sul più bello…”
Sbuffando la prese in braccio appoggiandola
sul letto donandole un bacio sulla fronte sorridendo, tornando poi in bagno a
spogliarsi, cambiare il termostato della doccia da calda a gelida e tuffarsi dentro
trattenendo l’ urlo al contatto con quel ghiaccio liquido, premendo le mani
sulle piastrelle del box doccia ridendo e imprecando contemporaneamente nel
pensare che il nome da checca che aveva tanto disprezzato era quello col quale
era nato.
TH
Son le due e mezza….rispondo
ai commenti stasera prometto!!! XD
Spero vi piaccia =)
Ciaooooooooooooo!!!