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Autore: Ikigai01    05/05/2010    2 recensioni
[Dall'ottavo capitolo] Scosse la testa socchiudendo gli occhi: «Non dipende da me!», era furioso e lo dimostrava la forza con cui maneggiava gli innocenti fili d’erba, mentre mi guardava con gli occhi lucidi. «Non so nemmeno perché ti ho chiesto di uscire; cazzo, tu sei una bambina!» «Una bambina che si sta innamorando…» abbassai gli occhi, sorpresa dalle mie stesse parole e dalla facilità con cui le avevo pronunciate. Non lo avevo mai detto a nessun altro, in realtà non mi era mai nemmeno passato per l’anticamera del cervello. Alzò lo sguardo verso di me accennando un sorriso amaro. «E’ questo il problema», disse «noi non possiamo permettercelo. Hai dieci anni meno di me, non è possibile che io…» Ci avvicinammo all’unisono; «Che tu cosa?» sussurrai e il suo respiro fresco mi solleticò le guance.
Genere: Romantico, Commedia, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Speranze.

 

 

Non glielo chiesi più dopo quella volta, una bastava e avanzava. Dopotutto ero solo una bambina per lui, il problema era che mi piaceva davvero molto. Maledii mia zia per avergli rivelato la mia età, avrei potuto dire di essere una ventenne super corteggiata; invece no! Sapeva benissimo che ero in terza superiore e che facevo schifo in tutte le materie scientifiche. Sapeva che avevo ancora i poster dei miei cantanti preferiti appesi al muro della mia camera, e che i miei ormoni impazzivo ogni volta che lo vedevo. Ma lui era lì, perfetto, e non gli interessava nulla di tutto questo. Aveva solo paura di innamorarsi di me - parole sue - e aveva paura che io stessi male alla sua partenza. Si comportava come un ragazzo con la sua migliore amica, eccetto per il fatto che forse eravamo un po' più spinti, e questo mi faceva impazzire.

Io, allergica a qualunque creatura di natura maschile e intollerante alle frasi troppo sdolcinante, e lui, pallavonista affermato con due muscolose braccia su cui mi piaceva farmi cullare. Ci frequentavamo da quasi due settimane e Carlo non ne sapeva niente. Mi dispiaceva davvero perchè io gli volevo bene, ma da qualche tempo era diventato appiccicoso e geloso. Probabilmente aveva percepito qualcosa, probabilmente non sapevo nascondere i miei sentimenti come pensavo.

Non volevo lasciarlo perchè sapevo che Yu sarebbe partito entro un mese e che molto probabilmente non lo avrei più rivisto; sapevo che era da stronze, che Carlo non meritava di essere trattato così, di essere usato in quella maniera, ma lo feci lo stesso; mi sentivo in colpa.

Per la partenza di Yu avrebbero organizzato una festa dove sarebbero stati presenti i giocatori, i soci e gli sponsor. Nella mia testa mi vedevo seduta a un tavolo in abito blu scuro e i capelli raccolti in un morbido chignon, con il giapponese in smocking davanti a me.

Non gli proposi nemmeno l'idea: lui doveva andarci in tuta. Bah.

«Posso accompagnarti io alla festa, se vuoi. Ci saranno anche gli altri ragazzi della squadra», mi cinse le spalle con il braccio e mi baciò delicatamente sulla fronte. Socchiusi gli occhi.

 

 

Era quasi mezzanotte e mi stava accompagnando a casa. Mi aveva portata nel suo monolocale; per quanto fosse piccolo era davvero adorabile. I muri erano tapezzati di quadri in stile giapponese e mentre scorrevo la parete notai un quadro simile al cartellone che avevo preparato io qualche mese prima. Aguzzando la vista mi resi conto che era proprio il mio! Mi coprii il viso con le mani.

 

 

«Vorrei tanto, ma chi lo dice a mio papà?». C'era sempre di lui in mezzo, echeccazzo.

Sbuffò irritato, ormai non lo sopportava più. Gli diedi un buffetto sulla guancia.

«Non fraintendermi, mi da solo fastidio che lui sia così...»

«Devi capirlo! Non sa niente di noi, e se lo sapesse penso che perderebbe la stima per te nel giro di un nanosecondo. Io sono sua figlia e non ho praticamente mai avuto esperienze. La differenza di età non è molta, ma io sono un'adolescente e tu... »

Mi guardò incuriosito: «io cosa?»

Risi. «Mi fa impressione pensare che tra quattro anni ne avrai trenta», lo guardai sconcertata.

Alzò gli occhi al cielo, incredulo. «Tu fra quattro anni ne avrai venti!», mi prese da dietro e cominciò a farmi il solletico. Non riuscivo a liberarmi, le sue braccia erano troppo forti.

«Ti voglio bene...» sussurrò nel mio orecchio provoncandomi un brivido lungo la schiena. Allentò la presa e mi abbracciò.

«Anche io ti voglio bene, Yu»

Un sorriso amaro apparve sul suo viso. «Dio, non hai idea di quanto mi macherà la tua voce; promettimi che ci sentiremo, in qualunque maniera! Ti prego, promettimelo».

Gli occhi bruciavano in una maniera impressionante. Annuii ma non parlai, per non fargli sentire la mia voce tremante; sorrise e mi avvicinò ancora di più a sé.

   
 
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