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Autore: Melanyholland    26/08/2005    14 recensioni
Stagione 5: che cosa sarebbe successo se, per fuggire da Glory, Buffy fosse partita solo con Spike e Dawn?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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                                                                        Try to Go On

 

Prefazione: ciao a tutti! Questa è la seconda storia che scrivo su questo telefilm, nata da un’idea che mi ronzava nella testa sin da quando ho rivisto la puntata della quinta stagione intitolata “Spiral”; se ricordate bene, mentre tutta la Scooby Gang è sul camper in fuga da Glory, Spike dice a Dawn, infastidito: “Avrei dovuto rubare la Porsche che avevo visto, c’era spazio sufficiente per Buffy e noi due”. Quando l’ho sentito, mi è scattato qualcosa nella testa, e ho cominciato a immaginare come sarebbe stato se le cose fossero andate davvero così. Da qui, la fanfic. Gli eventi restano tutti uguali fino alla puntata in questione, da lì in poi è AU, anche se terrò alcune cose. Le coppie…beh, naturalmente B/S, ma anche qualcosina riguardo W/T e X/A.

Spero davvero che la storia vi piaccia; qualunque commento, osservazione, critica (costruttiva, per piacere. Non siate crudeli) sono ben accette, così potrò migliorare capitolo per capitolo. Bene la smetto con le chiacchiere e vi lascio alla storia.

Disclaimer: tutto appartiene a Joss, alla Fox, alla Mutant Enemy. Io l’ho solo preso in prestito per divertirmi un po’.

 

 

 1. In viaggio

La macchina correva a gran velocità lungo la strada quasi deserta, macinando polvere di asfalto. Il sole di mezzogiorno era alto e picchiava con i suoi raggi sul tettuccio e il cofano della macchina facendoli scintillare di luce riflessa, ma non sui finestrini, che erano stati completamente anneriti eccetto un pezzettino davanti al posto del guidatore. Buffy sbuffò silenziosamente, sventolandosi con una cartina stradale che aveva trovato nel cruscotto; dovendo tenere i finestrini completamente chiusi sotto il sole cocente, la macchina si era trasformata in un forno rovente in cui era intrappolata. Aveva la fronte e il viso imperlati di sudore, i capelli biondi, legati in una coda dietro la nuca, le si appiccicavano fastidiosamente al collo, anch’esso madido, e sentiva che il trucco si stava sciogliendo catastroficamente. Scoccò un’occhiata a Dawn attraverso lo specchietto retrovisore, e vide che si era appollaiata stancamente sul sedile posteriore, gli occhi semichiusi, il viso arrossato e lucido per il caldo. Con la sua e la giacca della sorella si era organizzata una specie di cuscino supplementare, mentre i lunghi capelli castani, che di solito lasciava cadere distrattamente sulle spalle, erano stati legati in una coda alta sopra la testa. Aprì un po’ di più gli occhi quando si accorse che la stava osservando, e accennò ad un sorriso, che uscì piuttosto stentato e innaturale. Buffy ricambiò il sorriso debolmente, per poi distogliere lo sguardo. Dawn aveva l’aria così combattuta, esausta. Lei poteva capire quanto fosse spaventata, ora che Glory conosceva la sua vera identità. Era strano, vedere sul viso di sua sorella quelle occhiaie, quei segni che quell’orribile anno gli avevano lasciato. L’aveva sempre visto pulito, solare, a volte imbronciato, certo, ma aveva sempre conservato quell’innocenza tipica della giovinezza, quella purezza. Quella che a lei era stata negata fin dal momento in cui, mentre era seduta sulla scalinata della sua scuola, uno strano uomo in doppiopetto le aveva rivelato il suo destino, il suo futuro ricolmo di demoni e forze dell’oscurità, che le erano sembrati così inverosimili e inventati  sotto il sole di quel pomeriggio di primavera. Ma ora sapeva che tutto ciò era reale. Avrebbe voluto preservare la sua sorellina da tutto quello, tenerla al sicuro, lasciarle vivere la sua adolescenza nel modo in cui lei stessa aveva sempre desiderato, pur non potendo farlo, nemmeno fra un’apocalisse e l’altra.

Invece adesso si trovavano lì, in quella macchina, a fuggire di fronte ad una minaccia che Buffy sapeva di non poter affrontare, non senza perdere sua sorella e forse anche la propria vita. Non le era mai successo, finora; qualunque fosse il suo nemico, per quanto invincibile le fosse sembrato all’inizio, aveva sempre trovato un modo per combatterlo e distruggerlo. Certo, la paura di perdere c’era sempre stata, in un angolo recondito del suo animo, ma era attenuata e in un certo senso annullata da un altro sentimento: la speranza. Fino a quel momento, l’aveva sempre tenuta nel suo cuore, e le aveva permesso di affrontare quei cosiddetti ’nemici invincibili’, uscendone vittoriosa.

Ma ora non sentiva alcuna speranza dentro di sé, ma solo una pesante orribile consapevolezza di essere destinata a perdere. Non poteva battere una dea. Aveva provato e riprovato e lei l’aveva sempre sconfitta; se non ci fosse stato quel camion, durante il loro ultimo scontro, adesso lei sarebbe morta, e sua sorella infilata in qualche serratura mistica.

Soltanto un’altra volta nella sua vita si era sentita così vuota e disperata, incapace di reagire, e cioè quando aveva sentito il signor Giles e Angel parlare della profezia riguardo a lei e al Maestro, il giorno che scoprì che sarebbe morta affrontandolo, a soli 16 anni. Ricordava la paura, le lacrime…la voglia di fuggire, chiedendo a sua madre di andare via, per allontanarsi da quel destino così ingiusto e orribile. Ma quella volta, la tentazione di scappare era stata scacciata, e lei aveva deciso di affrontare il Maestro, perché quello era il suo dovere, per quanto ingiusto, per quanto orribile.

Ed era morta.

Ma ora non poteva permettersi di rischiare, perché non c’era solo la sua vita in gioco. Se avesse fallito, avrebbe trascinato giù con sé anche sua sorella, che era ormai diventata tutta la sua famiglia, con la morte della madre e il completo allontanamento di suo padre. Non poteva permettere che le accadesse qualcosa. Così, per quanto umiliante, degradante, non degno di una guerriera, era scappata. Da Glory, dal pericolo…da tutto.

Per la milionesima volta si disse che era stata la scelta giusta, che non poteva fare altrimenti. In fondo, se anni prima fosse fuggita, invece di andare dal Maestro, non gli avrebbe mai permesso di risorgere, e non sarebbe morta. Sperava che anche stavolta fosse la cosa da fare, e non un disperato ultimo tentativo di sopravvivenza. Eppure, sembrava così poco convincente perfino nella sua stessa mente.

Sospirò di nuovo, impercettibilmente: non voleva che gli altri due si accorgessero del suo sconforto.

Era stata dura dover annunciare agli altri la sua decisione. I suoi amici riponevano in lei la massima fiducia, credevano che per l’ennesima volta avrebbe ideato un piano geniale che li avrebbe tirati fuori dal pericolo. I loro visi al suo annuncio di voler scappare sarebbero rimasti impressi a fuoco nella sua mente per sempre: sfiduciati, abbattuti, stanchi, tristi. Probabilmente ora Giles era deluso di lei, la riteneva un fallimento come Cacciatrice e come capo. Il pensiero le mandò una fitta dolorosa nel cuore già martoriato. Aveva suggerito che si dividessero per far perdere le loro tracce: insieme sarebbero stati un bersaglio troppo facile. Sapeva di metterli in pericolo agendo in quel modo, si sentiva terribilmente in colpa per questo. Però non doveva dimenticare che fra loro c’era una potentissima strega, Willow, finora l’unica che fosse riuscita a contrastare veramente Glory. Con la sua magia e la saggezza di Giles erano protetti. Almeno un po’. Inoltre, sperava che la Bestia non li prendesse di mira una volta scoperto che la sua preziosa chiave non era con loro.

Sospirò: in ogni caso, i suoi amici potevano mettersi in contatto con lei in qualsiasi momento: mentre lei era andata a recuperare una macchina, il signor Giles aveva comprato un paio di telefoni cellulari; se ci fosse stata qualsiasi emergenza o novità l’avrebbero chiamata subito.

“Ci fermeremo da qualche parte per la notte?” sentì Dawn chiedere fiocamente da dietro le sue spalle, una lieve impronta del tono infantile nella voce. La guardò di nuovo attraverso lo specchio e riuscì a confezionare un sorriso migliore del precedente, sebbene non smagliante. Doveva tenere alto il morale, abbattersi non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.

“Non lo so, dipende da quanto arriviamo lontano.” Spiegò con voce dolce.

“E dove siamo adesso?”

Buffy aprì la carta che stava usando per sventolarsi e aggrottò la fronte, scrutandola. Non era mai stata un granché come navigatrice, per quanto ne sapeva potevano essere in Madagascar. Fortunatamente, al suo fianco, Spike rispose per lei.

“Abbiamo superato Sunnydale da due ore, ormai. Non vedremo la prossima città prima di qualche giorno.” Borbottò, il solito tono duro e casuale. In sincerità, Buffy non aveva la minima idea di come potesse tener d’occhio i cartelli stradali e le altre macchine da quella fessura minima sul parabrezza, ma dopotutto, se se l’era cavata per tutti quegli anni viaggiando sempre in quel modo, non c’era motivo per cui dovesse sbagliarsi proprio quel giorno. Fissò il suo profilo, i capelli platinati, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole, gli zigomi sporgenti. Sapeva che i suoi amici non approvavano il fatto che avesse scelto lui come ’autista’ per lei e sua sorella, conoscendolo, e fino a qualche giorno prima non le sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello. Insomma, quello era un assassino, un vampiro che aveva smesso di volere morti lei e tutti i suoi cari solo a causa del chip che aveva in testa. Non era come Angel, la cui anima gli permetteva di essere buono e di voler sinceramente espiare le sue colpe: Spike non era per niente pentito di tutto il male che aveva fatto, e di sicuro ne avrebbe fatto altro, se ne avesse avuto la possibilità. Questo lo rendeva un essere disgustoso e detestabile.

Eppure, nonostante tutto, Spike sembrava tenere davvero alla sua sorellina. E…sì, sebbene l’ammissione le causò un piccolo groppo in gola, anche a lei. Naturalmente, quando lui le aveva confessato di amarla, non gli aveva creduto. Come avrebbe potuto? Spike era un essere senz’anima, incapace di provare vero amore. Aveva sempre avuto una certa ossessione per lei, per ucciderla, e siccome adesso gli era impossibile, aveva tramutato il desiderio del suo sangue nel desiderio del suo…di qualcos’altro. Il pensiero le faceva venire i brividi. La sua era solo libidine, non poteva essere amore.

Ne era stata fermamente convinta sin dalla sua prima dichiarazione, tanto da non lasciargli finire nemmeno la frase, tanto era inorridita. Il fatto che poi lui l’avesse incatenata nella sua cripta non aveva fatto altro che rafforzare la sua idea: insomma, era disposto a farla uccidere dalla sua ex se non avesse ammesso di provare un minimo sentimento, e quella stessa sera aveva bevuto da un’innocente. Il sexy-robot era stata l’ennesima conferma che il suo era solo uno sporco desiderio carnale, e ancora adesso non era nemmeno in grado di immaginare le cose che lui si era fatto fare da quella sua gemella robotica. Le faceva venire la pelle d’oca solo a pensarci, quella cosa uguale a lei completamente sottomessa al suo volere, a ogni suo desiderio perverso. Quando l’aveva saputo, aveva all’istante deciso di ucciderlo, di picchiarlo fino allo sfinimento e poi ficcargli un paletto nel cuore, schifoso porco.

E fu allora che lui l’aveva sorpresa, in un modo piacevole e allo stesso tempo inquietante: vederlo disteso sulla sua bara, pieno di lividi e ferite, sapendo che era stato torturato per non aver rivelato l’identità di Dawn; sentire le sue parole, nei suoi confronti, così cariche di affetto, di sincerità.

Se succedesse qualcosa a Dawn, lei ne sarebbe distrutta e io non potrei vivere sapendo che soffre. Lascerei che Glory mi uccidesse, prima. E ci è andata maledettamente vicina.

Non era qualcosa detto solo per impressionarla. Lui la credeva il suo robot, non c’era alcuna motivazione per cui dovesse fingere o mentire. L’aveva davvero colpita: insomma, era ridotto proprio male: Glory doveva averlo sottoposto alle torture più atroci per farlo parlare. Chiunque al suo posto avrebbe spifferato tutto, soprattutto dopo il modo in cui lei lo aveva trattato, ripudiando lui e i suoi sentimenti. Ma Spike era stato zitto, proteggendo lei e la sua sorellina, aveva sopportato un dolore che avrebbe fatto impazzire e capitolare chiunque altro. Per lei.

Baciarlo era stata una mossa istintiva, non ci aveva pensato su nemmeno un secondo. Aveva avuto un improvviso slancio di gratitudine e sì, forse anche di affetto, e subito aveva posato le proprie labbra sulle sue, in un bacio dolce e casto, a fior di labbra, che lui aveva ricambiato con altrettanta tenerezza, una cosa che non si sarebbe mai aspettata da lui. Era o no il giorno delle sorprese? L’aveva baciato, sentendo le sue labbra morbide contro le sue, mentre ricambiavano debolmente, avvertendo un lieve retrogusto di sangue. Aveva pensato di farlo solo per lui prima del contatto, e aveva continuato a essere convinta di averlo fatto solo per lui dopo. Ma durante…era stato diverso.

Le era piaciuto.

Sentì il calore salirle alle guance e scosse la testa, rifocalizzandosi sul nero deprimente del parabrezza: dannati vampiri con la loro ipersensibilità alla luce. Dannate le automobili con il condizionatore rotto. Dannati gli idioti che decidevano di esiliare una dea sulla terra invece di farla fuori direttamente. Al diavolo quel mondo schifoso dove si permetteva a demoni e mostri di vivere e a persone buone e meravigliose come Joyce Summers di morire per un maledetto aneurisma.

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e le scacciò decisa, stringendo i denti: non poteva permettersi di piangere. Mai.

“Comunque dovremmo farla una sosta” insisté Dawn, con voce cauta, come se avesse paura che lei si arrabbiasse per averla contraddetta. Si era sporta leggermente in avanti. “Prima o poi avremo bisogno del bagno, e magari di comprare qualcosa.”

“Se hai fame ho portato da mangiare, guarda nella borsa.” Disse Buffy in tono pratico.

“Briciola ha ragione, Cacciatrice.” Intervenne Spike, facendola sussultare. “Anche io avrò bisogno di una sosta, presto o tardi.”

“Devi andare in bagno anche tu?” lo rimbeccò con voce scettica, inarcando un sopracciglio nella sua direzione.

“No” borbottò lui “Ma non puoi pretendere che guidi 24 ore su 24 per giorni. E la macchina avrà bisogno di benzina.”

Non ci aveva pensato. Però l’idea che Glory potesse essere già alle sulle sue tracce, pronta a strapparle via la sorellina sotto il suo sguardo impotente, la terrorizzava. Scoccò una nuova occhiata a Dawn: anche lei doveva aver paura. Però, forse il fatto che lei e Spike la scortassero le dava conforto: dopotutto, aveva sempre ammirato il vampiro platinato, e naturalmente riponeva la sua completa fiducia in lei. Era convinta che l’avrebbe protetta come sempre. Il pensiero le fece chiudere gli occhi, mentre le mani viaggiarono a massaggiarsi le tempie: si sentiva così stanca…

“Okay” Sospirò, aprendo gli occhi “Stasera, dopo il calar del sole, possiamo fermarci ad un autogrill o qualcosa di simile.”

Dawn parve soddisfatta e tornò a poggiarsi contro lo schienale del sedile, serrando le palpebre come a voler dormire. Spike invece la guardò in tralice con le sopracciglia aggrottate per qualche secondo prima di tornare a guardare davanti a sé. Buffy finse di non accorgersene, imitando la sorella e cercando di riposare un po’, sebbene sapesse che era impossibile. Cavoli, era passata un’eternità da quando aveva dormito davvero, in quel modo profondo e riposante che ti fa svegliare rilassata e di buonumore. Da quando quell’incubo era iniziato, i suoi sonni erano tormentati e leggeri, e la mattina si alzava sempre frastornata e ancora più stanca di quando si era coricata. Usciva più volte dal dormiveglia, e i suoi sogni erano costellati di immagini truculente e poco rassicuranti.

Anche ora, leggermente sballottata dal movimento dell’automobile, dietro le palpebre chiuse rivide il volto di sua madre, quando l’aveva trovata sul divano, il corpo immobile e pallido, gli occhi sbarrati e privi di vita, le labbra dischiuse nell’intento di pronunciare parole che nessuno avrebbe mai più udito. Si sentì di nuovo chiamarla, disperatamente, si rivide mentre, invece di soccorrerla, se ne stava l’ imbambolata a fissarla incredula. Di nuovo le labbra si strinsero cercando di reprimere le lacrime, e udì una voce chiederle se andava tutto bene. Per un attimo credette che provenisse da dentro la sua testa, poi si rese conto che veniva dal suo fianco.

Aprì gli occhi e assunse un’aria distaccata e tranquilla. “Sì, perché?”

Spike non rispose, ma si rabbuiò, continuando a guardare la strada. Buffy lo osservò per qualche istante, poi chiuse di nuovo gli occhi, cercando di pensare a qualcosa che la distraesse da quegli orribili ricordi. Come il momento in cui aveva chiesto al vampiro di accompagnarla nella sua fuga…

Era entrata cauta ma risoluta nella sua cripta, evitando come al solito di bussare. I suoi occhi avevano vagato per la stanza, e lui era riemerso da dietro la sua poltrona, con un’espressione di sorpresa sul volto. Aveva spento la tv, non prima che lei notasse che stava guardando una delle sue stupide telenovele, e aveva gettato il telecomando da parte, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo, da capo a piedi e poi di nuovo al suo viso, le mani strette intorno alla cintura. “Che succede, Cacciatrice?” aveva chiesto, guardandola negli occhi. Lei aveva sostenuto il suo sguardo, esitando un momento nel parlare. Stava per chiedergli un favore. Beh, due, in effetti. Sperava che lui non facesse storie, dovevano muoversi il più velocemente possibile, e non aveva tempo di fare i conti con il suo imprevedibile temperamento.

“Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.” aveva detto seriamente, il solito tono freddo e calcolato. Lui aveva inarcato un sopracciglio, rendendo più evidente la cicatrice.

“Davvero? Di che si tratta?” aveva chiesto, con un mezzo sorriso. Evidentemente, il fatto che lei avesse bisogno del suo aiuto, di lui, gli faceva un immenso piacere. Anche considerando il fatto che qualche tempo prima gli aveva urlato in faccia con convinzione che una cosa del genere non sarebbe mai accaduta.

Era tentata di girare i tacchi e andarsene, ma sapeva che aveva davvero bisogno che l’aiutasse, così disse invece:

“Mi serve un mezzo di trasporto, che sia veloce, pratico, almeno per tre persone, che possa percorrere lunghe distanze senza problemi, anche fuori mano.”

“Ti serve uno shuttle?” aveva domandato lui in tono divertito “Perché credo che la NASA...”

“Spike, non scherzare!” lo aveva interrotto alzando un po’ la voce, che incrinandosi aveva tradito il suo sconforto interiore. Accorgendosene, Spike aveva sbattuto più volte che palpebre, diventando serio.

“Non ho niente del genere. La moto non è adatta e la mia macchina non vincerebbe certo una gara di velocità. È…antica.” L’ultima cosa l’aveva detta con una punta di affetto. Buffy aveva sospirato, distogliendo lo sguardo da quello di lui. Stava per suggerire qualcosa di decisamente sbagliato, e sebbene sapesse consciamente che non poteva evitarlo e che era la cosa giusta da fare, inconsciamente non si sentiva a posto. Oh, al diavolo.

“Lo so che non la possiedi. Adesso, almeno.” Ecco, l’aveva detto. Non lo stava guardando, ma poteva benissimo immaginare il suo viso contrarsi di nuovo in un’espressione di sorpresa quasi piacevole.

“Aspetta, Cacciatrice…” aveva mormorato “…tu vuoi che la rubi?”

Aveva annuito, sempre fissando un punto imprecisato del pavimento. Non si era accorta nemmeno che lui si era avvicinato finché non aveva percepito il suo odore a pochi centimetri da lei, cuoio tabacco e alcool. Aveva alzato la testa e si era ritrovata riflessa in duo occhi azzurri come l’oceano, il viso di lui a pochi centimetri dal proprio, le labbra che quasi si sfioravano. In un lampo le era tornato in mente il bacio che si erano scambiati, e altrettanto velocemente aveva scacciato quel pensiero, sentendo le guance accalorarsi. Arrossire di fronte a Spike. Brutta idea.

“Devi essere davvero nei casini, dolcezza.” Aveva pronunciato in un sussurro basso e caldo, che le aveva fatto venire i brividi lungo tutta la schiena. Aveva annuito di nuovo, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lui, blu e scuri come l’oceano oltremare.

“Sì.” un sospiro, più che una parola.

Gli aveva raccontato tutto, e lui era rimasto in silenzio, senza spostarsi dalla sua posizione, fissandola intensamente, come a volerle leggere dentro. Quando Buffy ebbe finito, vide la sua mano dirigersi cautamente verso di lei, come a voler accarezzarla o abbracciarla o fare qualunque cosa le desse coraggio. Ma poi era ricaduta sconfitta lungo il fianco di lui e Spike aveva detto:

“Posso procurarti la macchina stasera stessa, conosco il posto adatto.”

“Bene.” Non gli aveva ancora chiesto il secondo favore, ma prima che potesse parlare il vampiro si era voltato, dirigendosi verso l’uscita della sua cripta e afferrando il cappotto di pelle.

“Se vuoi aspettami qui, in un paio d’ore dovrei essere di ritorno.” Aveva borbottato, mentre se lo infilava con il gesto fluido e pratico dell’abitudine.

“Aspettarti qui!?”  Non aveva potuto fare a meno di guardarsi intorno con una smorfia disgustata. “E cosa dovrei fare, nel frattempo? Contare le ragnatele?” aveva aggrottato la fronte e lui le aveva sorriso in quel modo che le metteva i brividi.

“Non saprei, tesoro, ma se preferisci…” si era passato la lingua sui denti, famelico, facendo scorrere di nuovo lo sguardo sul suo corpo, soffermandosi sul rigonfiamento del seno sotto il golf, sui fianchi. “Posso restare qui e…intrattenerti”.     

“SPIKE!” aveva gridato con voce disgustata e irritata, roteando gli occhi e ignorando la vera sensazione che gli avevano provocato le sue parole.  Il vampiro si era limitato a sghignazzare aprendo la porta della cripta per uscire.

Buffy ci aveva pensato su per qualche secondo, poi aveva mormorato un ’al diavolo’ e aveva seguito velocemente i suoi passi, cercando di assumere un’aria indifferente quando, vedendola al suo fianco, Spike aveva inarcato le sopracciglia con un sorriso allusivo. 

Sbuffò, aprendo gli occhi e passandosi una mano fra i capelli. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, portandolo con sé, perché era un guerriero quasi al suo stesso livello e avrebbe potuto aiutarla contro Glory, in un eventuale scontro. Però, al di là delle sue qualità in combattimento, cominciava a conoscere Spike, il suo modo di ragionare, il suo carattere, ed era certa che non gli fosse sfuggito il fatto che si trovava a dover viaggiare solo con lei e Dawn, in posti sperduti. Né gli erano sfuggite le possibilità e le occasioni che la situazione gli regalava. Ne era sicura come era certa del suo nome, soprattutto dopo aver visto la scintilla che era balenata nei suoi occhi azzurri quando le aveva chiesto di accompagnarla.

Strinse le labbra, scoccandogli un’occhiata torva: beh, se Spike credeva di poter trarre vantaggio dalla sua posizione era totalmente fuori strada, per quanto fosse bravo a guidare. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era gestire la corte di un ex nemico mortale, quindi era decisa a scoraggiare qualsiasi tentativo di avvicinamento da parte di lui.

Non poteva certo immaginare che le cose sarebbero andate diversamente.

 

To be continued…

 

 

  
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