Il viaggio
mentale di Lucrecia Crescent. La donna esaminerà la sua
intera esistenza da
quando aveva ancora speranza a quando si è vista il mondo
crollare addosso. Il
tutto tramite il supporto del tarocco della carta dell’angelo.
La mia fanfic non cerca di giustificare Lucrecia,
né di rendere più positivo o
negativo questo personaggio. Mi è sempre piaciuta e mi ha
sempre portato molta
malinconia…
Nella mia
one-shot a starle vicino è la sé stessa del
futuro, già consapevole di cosa
accadrà poi.
La fanfic
è suddivisa in tanti piccoli capitoli che prendono la
tematiche ed il titolo
dalle varie sfaccettature della carta. I tarocchi hanno un dritto e un
rovescio. Non a caso i titoli dei tre paragrafi finali saranno scritti
in
rovescio. Buona lettura!
L'ANGELO:
E’
la carta del futuro. Indicatrice di un fatto improvviso che
determinerà
espiazione , rinascita, presagio di un cambiamento totale sia nel bene
che nel
male.
Capovolta: incapacità
di capire ed affrontare la realtà. Chiedere
consiglio prima di agire. Imperfezione, insuccesso,
abbandono, perdita.
FUTURO
Mi
dispiace…
Avevo rinunciato a cercare
questa emozione per sempre.
Anche quando questa è
stata lontana, alla fine mi è crollata addosso.
Che fine fece la mia
determinazione?
Mi dispiace…
Che nome dare a queste
emozioni? Se ci penso mi viene di star male…
Il mio cuore pulsa e mi
accorgo d’esser viva.
La mente brucia ed invoca
riposo.
Scoppia, mi fa star male.
Esser morta cambierebbe?
Dubito amaramente…
Ma la mia vita non
risolverà nulla.
Mi dispiace…
Guardo il futuro con
incertezza e quando mi accorgo che la mia immaginazione mi porta a
veder
qualcos’altro oltre quel peccato…
Penso addirittura che ci
sia del bene.
Ma basta poco per rendersi
conto che oltre non c’è nulla. Una porta sospesa
nel nulla. Da entrambe le
parti si cade.
Ma non ci si può fermare.
Cadrò, ma devo proseguire comunque.
Sento che è pura follia.
Mi dispiace…
Il tempo continua a
scorrere, le lancette del tempo scorrono lentamente e sono fastidiose.
Però, chissà
perché, non
si fermano mai.
Le mille risposte che mi
son data sono valse a poco quando ho solcato quella porta. E di nuovo
eccomi
sola…
È colpa mia.
Chiedo scusa a me stessa.
Perdonami.
Lucrecia
osservò a lungo i documenti che portavano il suo nome. Era
fatta. Dal quel
giorno era entrata a far parte del progetto Jenova.
Camminava fiera
per il laboratorio di Nibelheim, ma le gambe erano ancora
così molli da farle
credere di cadere da un momento all’altro.
Pur essendo
mattina presto, aveva già avuto modo di incrociare gli occhi
pungenti dei suoi
colleghi. Lei ricambiò con un debole sorriso, o per meglio
dire, una smorfia.
Sentì le mani
farsi fredde e inspiegabilmente sudate.
Sanno che
questo mi porterà in alto.
Nessuno
potrà mai arrivare al mio
livello.
Quindi fate
quel che volete, esultatemi,
disprezzatemi, invidiatemi…
Voi non ne
sareste capaci.
Oh, davvero? Sarai
superiore a loro, dunque?
Vedi la felicità nel
futuro?
Esattamente.
Io sono superiore a loro.
Per la
prima volta ho guardato il mio
riflesso nello specchio e sentivo che ero io.
La mia
anima non soffocava ed il mio
cuore era finalmente più leggero.
Sono
felice. Finalmente felice. Ovvio che
veda questa stessa felicità anche nel mio avvenire.
Già. Il futuro è
tutto
scritto oltre un sottile velo opaco.
Danza e ci lascia
intravedere di sfuggita il nostro avvenire.
E’ così bello e
brillante
da darci l’impressione di scorgere anche ciò che
effettivamente non c’è.
Dunque cosa vediamo oltre
il presente?
Null’altro che illusioni.
Possiamo aggrapparci a
quell’idea,
ma poco conterà.
Un’illusione non
sostituirà il presente, potremo solo essere capaci di
ometterla, ma non di
cambiare quello che c’è oltre.
Continua a crederci, ma
potresti arrivare in un posto dove il velo non
c’è…
…e allora avresti la cruda
realtà stampata lì, davanti ai tuoi occhi.
A me sembra
già di sentire il calore del
sole dopo questo lungo inverno.
Già
mi sembra primavera.
Non vedo
l’ora che arrivi.
Tutti non vedono l’ora che
arrivi.
L’aspettavo tanto anche
io.
Entro quel
giorno, avremo finito tutto ed
io potrò vedere finalmente l’esito finale
dell’esperimento.
Non
è fantastico?
Così
poco tempo ed ecco che alle porte
c’è il mio futuro.
Non è sempre
così roseo,
il futuro.
Io ho sempre avuto paura
di conoscere l’esito finale.
Ma anch’io, prima, la
vedevo come te.
Anche se, a quei tempi,
sarei stata davvero capace di guardare meglio oltre il velo. Oltre la
porta
sospesa.
Ed avrei fatto in tempo a
scappare.
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RINASCITA
“Allora
sei sicura,
Lucrecia?”
“Sì,
sì! Una leggera
influenza non riuscirà certo a
fermarmi…”
L’uomo
dai capelli scuri si
allontanò e fu allora che una giovane donna
mostrò il suo vero volto.
Il
sorriso che non aveva
mai smesso di avere, si trasformò in una nota di rammarico.
Abbassò
lo sguardo e non
poté fare a meno di sentirsi così.
Dovere
della scienza
o…cos’altro era? Come poteva evitare di star
così male?
Lentamente
si inoltrò nei
lunghi corridoi dell’edificio.
A
Nibeheim non vi erano
parecchie macchine di supporto, tuttavia si poteva ancora lavorare
sulle
cellule di Jenova.
Ma…probabilmente,
la donna
stava pensando tutt’altro che al progetto che aveva appena
messo in atto.
Era
mattina ed il sole
estivo picchiava forte alle tre del pomeriggio.
Lucrecia
si inoltrò nel
paese.
Mentre
si guardava attorno
notava con rammarico che tutto questo avrebbe potuto cambiare, nel caso
qualcosa fosse andato storto.
I
viali puliti e
pittoreschi. Le stradine, le piccole ville…un paesaggio
tipico, quello che
poteva offrire il paese di Nibelheim, tuttavia la sollevò
l’idea di essere lì.
“Che
caldo…”
Dopo
essersi ripresa dallo
sconforto iniziale, levò via il camice bianco rimanendo con
una sottile maglia
azzurra.
Dove
voleva andare era già
deciso. Poi…poi avrebbe continuato a lavorare sui prototipi.
[….]
“Vincent…alla
fine è
passato un mese…”
Abbassò
gli occhi per poi
rivolgerli alla capsula che di lì a poco avrebbero spostato.
“Mi
dispiace…”
Una
lacrima scivolò veloce
sul viso, ma Lucrecia l’asciugò immediatamente.
Era ora di darsi da fare.
Rimise
velocemente il
camice e tornò nell’azienda. Voleva solo vederlo
prima di ritrovarsi immersa in
qualcosa più grande di lei…
[….]
2 settembre
Abbiamo cominciato a lavorare con le cellule umane.
Appena l’embrione sarà allo
stadio I , vedremo come
reagirà alle cellule.
[…]
3 settembre
L’embrione non ce l’ha fatta,
domani riproveremo
l’esperimento. Forse saremo più fortunati.
[…]
Era
mattina, e la ragazza
era stata appena chiamata dal direttore in persona: Hojo.
Quanto
odiava quell’uomo.
Privo di scrupoli e senza il benché minimo tatto.
In
una parola: ripugnante.
Tuttavia
non poté evitare
l’incontro. Si preparò per bene e legò
i lunghi capelli castani con un nastro
dorato di raso.
Le
piaceva curare il suo
aspetto, quindi preparò il trucco che più si
addicesse all’abbigliamento scelto
quel giorno.
Alla
fine, optò per
l’azzurro. Era un colore che usava spesso.
Di
solito in quel periodo
aveva preferito vestirsi in maniera più formale, ma per quel
giorno aveva
deciso di accontentare più il suo gusto personale.
Indossò
poi il lungo camice
bianco e si inoltrò per i stretti corridoi.
“Devo
fare in fretta, sono
già le sette…”
Con
fare veloce si apprestò
a raggiungere i sotterranei poi pensò: cosa poteva volere
Hojo da lei? Non si
era già preso abbastanza gioco della sua morale?
Sperò con tutta sé stessa che
non avesse qualche strana proposta da farle. Quell’uomo era
fatto così. Se
avesse avuto bisogno di qualcosa, non avrebbe esitato a chiederlo.
“E’
il mio superiore, devo
essere disponibile.”
Era
suo difetto o pregio,
qual dir si voglia, quello di auto convincersi, di evitare di essere
critica su
tutto. Questo, però, l’aiutava a vivere meglio
ciò che stava passando.
Pigiò
velocemente i tasti
dell’ascensore ed eccola lì, pronta a salire ed
incontrarsi con il dottore.
Pim…pim…pim…livello
10…attivare luce di emergenza…
“Uff…”
Ansimò
per un attimo, le
portava un enorme senso di mal’essere scendere
così in profondità. Perché
doveva essere così ambigua, quell’azienda?
Chiuse
gli occhi e sperò di
arrivare il prima possibile ma, come sempre, quel minuto necessario per
giungere in laboratorio, sembrava lungo almeno tre volte di
più.
Bleeen…
Benvenuti nel sottoterra del binario E.
Prego, munirsi di mascherina nel caso di lunga
permanenza. Grazie.
Le
porte si aprirono e
Lucrecia schizzò letteralmente fuori di lì.
Inutile…avrebbe
preferito
di gran lunga cento scalinate che un altro minuto lì dentro!
Sorrise
leggermente, cosa
molto rara in quel periodo, poi riprese a camminare.
Pochi
passi ed ecco la
porta riservata allo Jenova Project.
“Dunque…codice
ID…7335…”
Deeeeeeeen…
La
mora entrò lasciando
ondeggiare i suoi lisci capelli castani. Ci entrava spesso in quel
settore…ma
ogni volta non poteva fare a meno di inorridirsi sebbene fosse anche
lei una
dottoressa.
Era
agghiacciante vedere
tutti quei corpi assieme.
Erano
ammassi di carne,
cadaveri, o mostri dentro enormi involucri pieni di fluidi dai
più svarianti
toni di colore.
Lucrecia
si avvicinò con
discrezione.
Quegli
esseri…sembrava che
potessero aprire gli occhi da un momento
all’altro…e se li avessero aperti per
davvero?
Cosa
avrebbero potuto dire?
O fare?
Respirò
nuovamente, più
intensamente di prima, come se non vi fosse sufficiente aria per lei.
L’aria era così
debole e leggera. Poteva dire senza problemi che fosse assente.
Sembrava
assurdo che ci fosse aria in quel luogo dall’apparenza tanto
artificiale.
Lucrecia
Crescent si trovava nei sotterranei a controllare i recipienti
contenenti
cellule Jenova già da tre ore.
Scrutava
attentamente l’ambiente circostante.
Freddo,
pungente e così inumano.
Pensò più volte
che quel luogo era il simbolo del suo nuovo status. Prima non avrebbe
mai
potuto mettere piede in un laboratorio simile. Ora aveva persino una
tessera
personale.
Sospirò.
Se da un lato
si sentiva fiera di essere lì, dall’altra era
così insicura e perplessa.
Sentiva che non era il suo ambiente. Per niente.
Scosse la testa
disturbata dai suoi stessi pensieri.
Un nuovo status che mi
fece sentire una nuova persona.
Mi sentivo rinata, felice
e finalmente utile…
Ovvio che
mi senta finalmente bene con me
stessa.
Sono
accadute troppe cose orribili e…
…io…
Volevo solo
riscattarmi.
Ti manca Vincent?
Un
po’…
Manca anche a me…molto.
È stato imperdonabile.
Sai perché non hai fatto
nulla che impedisse lui di farsi
del male?
Io non lo
so…
Volevo solo
tenerlo lontano.
Quel
ragazzo…mi ero affezionata.
Ma ora
basta parlare di lui. Io voglio
solo dimenticare.
Ah, ah, ah…! E come?
La
promozione è avvenuta al momento
giusto.
Ora
lavorerò con Hojo nel progetto
Jenova.
Mi sento
bene, sento che così potrò
rialzarmi.
Sicura che si possa
parlare di rinascita?
Certo…non
ce la faccio più a soffrire.
Il mio
lavoro mi aiuterà. Non ho
nient’altro.
Ricordo che la pensavo anche
io così.
Peccato che non riuscì ad
aprire gli occhi.
Sapresti farlo solo se rispondessi
a questa domanda:
“A che prezzo la tua
promozione?”
…basta!
Sono felice di averlo fatto!
Certo, ma tu rispondi,
Lucrecia: “Qual è stato il prezzo da
pagare?”
Il…prezzo…No.
Non è stato grande…
Sapevo che avresti detto
questo. Ma speravo di sbagliarmi.
Ora non si torna più
indietro.
Preparati, allora. Da
questo momento in poi comincia la tua rinascita.
Lucrecia
si avvicinò ancora
di più alle enormi capsule con il fluido verde. Non volle
chiedersi cosa fosse
effettivamente e cosa si provasse ad essere lì dentro. Non
osò nemmeno pensarci
e preferì avvicinarsi nella zona più a est. Era
lì dove stavano lavorando il
suo progetto…il suo…il suo…
Era
lì dove stavano
manipolando l’embrione formato dalle sue cellule, le sue e
quelle di…
Strizzò
l’occhio e infine notò
che non vi era nulla nel macchinario, tranne acqua distillata.
“Ma
cosa…?”
“…notato.
Vero,
dottoressa?”
“Eh..?”
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OIGASERP/PRESAGIO
Il
cuore di Lucrecia.
Il
cuore di Lucrecia
batteva più forte. Non lo aveva mai sentito così
vivo. Provava questo da quando
aveva visto suo figlio.
Il
bambino che aveva
sacrificato per il progetto Jenova.
Lucrecia
non era una donna
normale. Non bisognava lasciarsi ingannare dal suo aspetto.
In
apparenza, Lucrecia era
una normale ragazza laureata. In apparenza era una giovane donna
così bella da
sembrare tutto tranne che una scienziata. Aveva dei bellissimi capelli
lunghi e
folti, e portava quasi sempre abiti leggeri e vivaci.
Il
viso era sorridente e
fiero di sé.
Quel
bambino cosa avrebbe
cambiato, nella sua vita?
Passavano
i minuti, le ore,
le settimane, i mesi…
Perdeva la
cognizione del tempo perché i giorni non sembravano
più avere grande senso.
Tutti i sentimenti che nascondeva a sé stessa cominciavano a
lacerarla dentro.
Sperava che tutta quell’emozione si dissolvesse via. Che un
giorno l’avrebbe
abbandonata.
Ma più ci
prendeva confidenza, più si rendeva conto che faceva parte
di sé.
E ancora una
volta il tempo riprendeva a scorrere velocemente.
L’emozione
continuava a perseguitarla constante.
Tutto il
giorno.
Tante notti le
aveva impedito di chiudere gli occhi.
Si chiedeva se
fosse normale ciò che provasse…
Lui…
Meritava
davvero tutto questo?
La risposta era
vicina, ma non era sicura di volerla conoscere.
Spesso
rallentava il passo, ma si rendeva comunque conto di non arrivare
lontano.
L’eternità
sarebbe
stata meglio?
Forse non c’era
poi tutta quella differenza.
…e se un giorno non
dovessi leggere più niente nei tuoi occhi?
…e
trovare tutto il resto inutile?
Insomma, hai perso?
Non lo so.
Ora solo riesco a
comprendere la chiarezza dell’abbandono.
Non sono
ancora in grado di sentire quel
canto…
Non mi va
di sentirlo.
Io volevo
solo…
Si?
…vivere.
Lo so…forse è
stato questo
il tuo peccato.
Non ho
ancora voglia di aprire gli occhi.
Voglio solo esser
certa che
tutto andrà bene.
Si, forse ci ho sperato
anche io fino all’ultimo.
Sono stanca
si sentirmi sola.
Voglio
qualcuno che si generi dalle mie
ceneri,
che non
bruci attorno a me.
Lui è pazzo, lo sai?
Si, ma la
nostra follia non è, dopotutto,
tanto diversa.
Non pensavo l’avrei mai
ammesso.
Nemmeno io.
Sarà
perché finalmente sono riuscita a
guardare
oltre il
velo…
Hai visto?
No. Ho
abbassato gli occhi non appena ho
visto le fiamme.
Non ho
avuto il coraggio di continuare a
guardare.
Mi spiace.
Vai in giro in lacrime senza problemi.
Non ci sono risposte da prendere.
Niente sarà più lo stesso.
Ti sforzi in una lotta interiore.
Sconfiggerai la tristezza.
Ma le immagini che vedi non scompariranno.
Chiudi gli occhi così
presto passeranno tanti giorni.
Infondo, è facile dire
cos’è sbagliato.
È più difficile
scoprire cosa è giusto.
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OILGISNOC/CONSIGLIO
Cosa devo
fare?
Cosa devo fare?
Cosa devo
fare?
Cosa devo fare?
Cosa devo
fare?
Cosa devo fare?
Cosa devo
fare?
Cosa devo fare?
Cosa devo
fare?
Cosa devo fare?
Cosa devo
fare?
Cosa devo fare?
Aiutami.
Non so cosa devo fare.
Non voglio aprire gli occhi.
Voglio solo scappare lontano.
Con mio figlio.
Cosa devo fare?
Cosa posso fare?
Aiutami.
Voglio vivere.
Voglio anche io una scappatoia.
Ho paura di scoprire
cos’è giusto e
cos’è sbagliato.
Ho paura di scoprire
cos’è facile e
cos’è difficile.
Ho paura…perdonami per
questo.
Perdonami.
Perdonami.
Perdonami.
Io mi volevo solo proteggere.
Quando ho compreso che non potevo far
più nulla per me…
Volevo almeno proteggere te.
Spero che tu non mi odierai.
Ma forse non ricorderai nemmeno il mio
nome.
Che peccato imperdonabile.
Perdonami.
Che fine
fece la mia determinazione?
Che fine
fece la donna fiera davanti al
mio specchio?
Che fine
fece il mio lavoro?
Tutto
è crollato in pochi attimi.
Troppo
brevi per accettarli. Troppo
lunghi da sopportare.
Mi
dispiace.
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ATIDREP/PERDITA
7 febbraio
Lucrecia Crescent è stata esentata dal
progetto
Jenova. Inoltre, le sarà, d’ora in poi, vietato di
accedere ai sotterranei.
Così ha ordinato il direttore delle ricerche scientifiche,
Hojo.
[…]
“MALEDETTO!!!”
Lucrecia
scagliò i pugni
sul vetro della finestra.
Aveva
perso il lavoro.
Aveva
perso la stima in sé
stessa.
Aveva
perso su figlio.
…e
non sapeva nemmeno se
era vivo.
Si
odiava. Aveva esagerato
ed ora aveva perso tutto.
Non
voleva credere che
fosse finita, no…non era ancora detta l’ultima
parola!!
“Maledetto
Hojo!! Non è
ancora detta!!”
Crash!
“AH!”
Gli
occhi le si
spalancarono e la rabbia le fece perdere la ragione.
No…non
sarebbe finita.
Tamponò
il sangue con un
fazzoletto mentre guardava i cocci di vetro a terra.
[…]
Hojo
era ancora in
laboratorio ed aveva chiuso di nuovo Sephiroth nella capsula
d’acqua verde.
-Bene…sta
procedendo
davvero bene. Inutile negarlo. La dottoressa, comunque sia finita, ha
fatto un
ottimo lavoro…-
“HOJO!”
Hojo
si voltò di scatto
quando, a sua sorpresa, vide che la dottoressa Crescent era
lì.
Aveva
il fiatone ed il
fuoco negli occhi.
“Hai
ucciso mio figlio,
bastardo!!”
Gli
si avventò contro e gli
strinse il collo. Il dottore le prese le mani cercando di liberarsi da
quella
morsa, ma fu inutile davanti alla disperazione di Lucrecia.
“Sephiroth…è
vivo.”
“Ah,
sì? Allora dimmi dov’è!”
“….”
“Dov’è?!
RIDAMMI MIO
FIGLIO!”
“Cosa
importa ora? Hai
fatto tutto tu ed ora provi del risentimento?”
Ancora
aveva il coraggio di
riderle in faccia…maledetto…
“Vai
al diavolo. Io mi
riprenderò mio figlio perché non voglio che
rimanga nelle grinfie di un padre
che non ha pensato un attimo prima di far lui del male!”
“E’
colpa tua, cara
Lucrecia. Solo tua. Se non avessi reagito
così…”
“Va
a quel paese! Lo
cercherò da sola!!”
Corse
via, ma una fitta nel
cervello la vece traballare.
“Ah---!”
Portò
una mano sulla
fronte…
AH
AH AH AH AH AH AH….
Risate?
Hojo..?
Si
girò verso Hojo.
“Cosa…cosa
hai da ridere,
pazzo?”
Hojo
si fermò, ancora
divertito, ma con gli occhi di qualcuno che sembrava avesse finalmente
capito
qualcosa.
“Eh,
eh…rido dell’ironia
della sorte, Lucrecia!” la guardò. “La
cosa che ti sta facendo tanto penare per
salvarlo, è la stessa che, da mesi, ti sta
uccidendo!”
Lucrecia
lo guardò
frastornata, ancora piena di rabbia.
“Cosa…vuole
dire?”
Lui
aggiustò gli occhiali e
la guardò portando le braccia dietro al schiena.
“Ho
visto le tue analisi…e
mi rammarico di non averci riflettuto prima. A dire la
verità un po’ mi
dispiace…”
La
donna si sentì male. Gli
occhi, la testa, il cuore che bruciava…
“Dove…dove
vuole arrivare?”
Cominciò
a sudare, ma trovò
da qualche parte la forza di mettersi diritta e di guardarlo in faccia.
Lui
sorrise.
“Mi
spiace, ma…ricordi
perché i primi progetti Jenova non funzionavano? Il corpo
umano non resiste
alle potenti cellule di un ancient…”
proseguì mentre Lucrecia comprendeva che
c’era qualcosa che non andava. Hojo la guardò con
una nota di amarezza.
“…perciò scelsi le strada di modificare
geneticamente Sephiroth e…portarlo nel
tuo ventre ma…”
Sospirò
e quel silenzio che
precedette quelle parole sembrò eterno.
“…ma
ho dimenticato un
dettaglio. Te.”
“Me..?”
Gli
occhi cominciarono a
bruciare. Lui dichiarò la sentenza.
“Hai
capito, vero? Portando
Sephiroth dentro di te, il tuo corpo ha assorbito parte delle sue
cellule...”
la voce divenne tetra. “…cellule che non potevano
essere assolutamente
compatibili con le tue.”
Ci
fu un solenne silenzio.
Lucrecia
tremò. Ora sentiva
sì il dovere di poggiarsi da qualche parte.
Si
accasciò ad una sedia e
guardò nel vuoto.
Il
vuoto…
Il
vuoto….
Io….
Hojo
le si avvicinò con una
fare amareggiato che poco gli si addiceva in quell’istante di
silenzio.
“…mi
spiace, Lucrecia.”
Lei
alzò gli occhi, non
ancora in grado di riuscire a fare un ragionamento logico.
Solo
una domande le risuonò
ovvia.
“…quanto
mi rimane?”
Hojo
parlò con voce bassa.
“Non
molto direi.”
Lei
abbassò gli occhi, poi
li alzò verso di lui.
Il
suo sguardo era oramai
perso. La sua mente era impazzita. Era sull’orlo della
pazzia.
Sorrise
ampiamente e
cominciò a ridere.
Rise
di cuore per un lungo
attimo.
Rise
di tutto quello che
amava e disprezzava!
Rise
dei suoi sogni e delle
sue speranze!
Tanto…Che
senso aveva,
oramai?
Non
avrebbe mai vissuto
abbastanza per poter salvare Sephiroth.
Alzò
le braccia verso il
soffitto e rise ancora.
“…SONO
UN’ASSASSINA! HO
CONDANNATO MIO FIGLIO!!”
Hojo
rimase lì immobile
mentre lei, lentamente, cominciava a piangere e ridere dalla
disperazione.
Sento
ancora le urla che non riescono a
darmi pace.
E una luce
lentamente mi abbandona.
Com’è
dura ammettere che è finita…
La fine dei
miei sogni.
Dopotutto,
era impossibile che riuscissi
ancora a sognare.
Il freddo
scende su di me.
Sono intrappolata in questo momento.
Non sono una vittima, non sono un mostro.
Liberatemi prima che sfuggo via.
Guaritemi, svegliatemi da questo giorno.
Qualcuno può aiutarmi?
Vedere il viso della mia sofferenza,
della mia realtà,
Sono torturata dal futuro,
Dalle cose che ancora devono accadere.
Sono stregata da una visione.
E' come se il mattino non arrivasse
Sento
Sempre in cerca, in corsa.
Liberatemi prima che sfuggo via.
Guaritemi, svegliatemi da questo giorno.
Qualcuno può aiutarmi?
Qualcuno mi aiuti.
Non riesco
ad accettare di avere perso.
Non riesco
ad accettare la morte.
Non riesco
ad accettare che sono un
mostro.
“Mi
dispiace”…
Che parole
inutili.
Eppure non
posso fare altro.
Mi spiace
che riesca a fare solo questo.
Ma proprio
non riesco ad accettare di
essere un mostro.
Ma proprio
non riesco ad accettare di
essere un mostro.
Ma proprio
non riesco ad accettare di
essere un mostro.
Ma proprio
non riesco ad accettare di
essere un mostro.
Mi
dispiace, perdonami!
[…]
Angelo
Il
giorno in cui sentii che
avrei potuto distinguermi da quella calca di gente mi fece impazzire la
mente.
Avrei
potuto continuare a
svolgere i miei studi, continuare a prendermi cura di
“lui”…e invece l’ambizione
mi portò a fare un gravissimo errore.
Avevamo
studiato ogni tuo
preciso passo. Ogni fase della tua evoluzione. Tutto.
Accidenti…mi
gira la testa
se solo penso quanti Sephiroth, prima di te, sono morti. Non era facile
renderti perfetto, sai?
Beh,
alla fine arrivasti tu
e in quel momento cominciai già ad avvertire la gloria.
Così forte da sentirla
palpitare sulla mia mano, quasi come si potesse toccare.
La
gloria di essere una
dottoressa che era stata capace di dare alla scienza suo figlio,
però, non era
una così bella sensazione come mi aspettavo.
Mi
è bastato vederti aprire
gli occhi per la prima volta per rendermene conto.
Il
rispetto della gente
sprofondò nel buio più totale quando
capì che in quel luogo tu non avresti
avuto l’amore che meritavi. Tu inerme e inesperto come il
bambino che eri.
Era
proprio mentre
controllavo la tua cartella clinica che ci pensavo…tu avevi
bisogno di me…ed io
di te.
Una
condanna del cielo, un
castigo divino, quello che vuoi, ci impedì di essere felici.
Mi
impedì di correggere il
mio grave errore.
Un
grave peccato che
nessuno mi potrà assolvere.
Anche
tu alla fine sei
divenuto una pedina di Hojo, o forse no. A dire la verità
non ho mai compreso
bene quell’uomo. Ho come l’impressione che dietro
alla sua morbosa passione per
la scienza ci sia dell’altro…da un lato mi ha
sempre fatto pena.
Il
furioso Sephiroth. L’ira
del terribile.
L’uomo
che anche dopo la
morte ha continuato a lottare per una causa che non potrà
mai raggiungere.
Sei
divenuto famoso per
questo.
Prima
eri un soldier
stimato, ma quando scopristi la verità sul tuo
raccapricciante passato…hai
cominciato a negare la vita, odiare tutto, distruggere tutto…
Cercasti
di ricongiungerti
con quella che chiamavi “madre”, Jenova. Forse
è così…anche se avrei voluto
esserlo io.
Sephiroth
era un
combattente. La stanchezza per lui non era niente. Era così
inebriante che
nemmeno se ne accorgeva.
Sephiroth
aveva cominciato
il suo allenamento quando era un bambino e in breve tempo era divenuto
il
soldier più giovane del corso. Appena a quindici anni quando
era stato promosso
alla prima classe.
Non
aveva mai smesso di
muoversi con la sua spada divenuta leggenda. La masamune era divenuta
presto il
suo simbolo. Solo lui era in grado di destreggiarsi in maniera tale con
una
spada così lunga e sottile.
Mentre
lottava non
avvertiva nulla se non il perverso piacere della lotta. Per lui
combattere,
sconfiggere, vincere e ricominciare tutto daccapo era appagante, una
soddisfazione unica ed indescrivibile.
Più
lottava meno pensava e
perdeva coscienza di sé. All’inizio stai a
chiederti: perché lo fai? È giusto?
Poi
improvvisamente
comincia a preoccuparti solo che non ci sia nessun nemico pronto ad
attaccarti
alle spalle e alla fine non si ci fa più caso. Essere pronto
ed attento era una
cosa che gli riusciva in maniera del tutto naturale.
Del
resto, eri il grande
Sephiroth.
La
pazzia raggiunse il
limite con la reunion, che coinvolse molte persone.
Distruggere
il mondo, una
crudeltà che nemmeno l’inferno potrebbe purgare.
Chissà
se per te, poi,
esiste un inferno o un paradiso?
Forse,
se mi somigli, no.
Siamo
figli di un mondo che
non ci ha dato la possibilità di aprire le ali. Forse siamo
nati senza ali, ma
con il desiderio di spiccare il volo.
Imperdonabili…questo
siamo
io e te.
Io
però ti perdono…perché
parte di quello che sei è per colpa mia.
Io
ti perdono anche se
nessuno in realtà può farlo.
Così
come solo tu potrai
perdonarmi, anche se questo non mi salverà dal mio destino.
Forse
su questo siamo
uguali. Per noi non esiste redenzione.
Non
esiste inferno o
paradiso.
Credevo
che potevo volare,
Mi
illudevo che potevo
crederci…e invece sono sempre atterrata sui miei stessi
passi.
Eppure
in quei momenti ero
davvero convinta che potevo crederci.
Che
forse…ero ancora io a
scegliere.
Da
qualche parte ancora
sento che ci sia speranza…e se non ce la daranno gli altri,
ce la prenderemo
noi.
Anche
se ciò non è
possibile, mi piace pensare che ora finalmente c’è
riposo.
E
io non dimenticherò quei
ricordi unici.
Non
ora che abbiamo le ali.
Non
ora che possiamo
finalmente volare.