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Autore: Ramiza    14/05/2010    1 recensioni
Mi concedo di modificare, ancora una volta, l'itroduzione a questa raccolta che cresce con me, con le mie scoperte e i miei nuovi amori "nel mito". Vi racconto adesso la storia di Alessandro il Grande, di un uomo che diventò mito perché volle esserlo, e del suo ultimo viaggio, così come io lo vedo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Artù, il re


Com'era rotonda, quella Tavola -

rotonda e perfetta come i fianchi di una bella donna -

e come l'amava – Dio, se l'amava!


Ma sapeva bene, il re, che l'amore e l'odio

sono solo due facce della stessa medaglia (quella della vita, avrebbe detto),

e così di notte, talvolta,

quando sentiva sua moglie scivolare sempre più lontano,

e di giorno poi,

quando scopriva che un re non nasce mai per la pace,

talvolta, la odiava nello stesso tempo.


I suoi cavalieri, tutti lì a cercare la verità,

e Ginevra che gli sfuggiva lentamente di mano,

e il Graal – benedetto pezzo di legno! - che non si trovava mai,

e poi quel chiodo fisso,

quello, soprattutto, piantato sulla fronte, appena sotto alla sua corona:

non essere degno di Excalibur.


Allora si estraniava un istante - uno solo -

non gli serviva neppure chiudere gli occhi,

e ritornava uno scudiero come tanti

e aveva solo pochi anni d'inesperienza e nessun tradimento da dover gestire

e suo padre e suo fratello

e tornei e un regno ancora da aspettare.


Ma Camelot lo reclamava sempre, ingombrante e rotonda -

aveva il volto radioso di Ginevra e guardava con gli occhi tristi di Lancillotto,

incantava con le mani affusolate di Morgana e la voce raffinata di Galvano -

e allora – che altro avrebbe potuto fare? -

tornava

e guardava la sua Tavola

e l'amava

perché sapeva – lui solo -

che quella Tavola

era l'unica possibilità d'amore.


Adesso, finalmente, a Mongibello non ha più fretta.

Siede in riva al mare, spettinato dal vento gonfio di sale che gli impiastra il volto,

guarda l'orizzonte fin dove l'occhio può arrivare

e confonde l'Avalon e la Trinacria, e talvolta perfino la sua Bretagna,

sovrappone Morgana e Ginevra e Mordred e Lancillotto,

e quant'altro ancora, e aspetta.


Aspetta qualcosa che non saprebbe dire

e spera, col volto così impiastrato di sale e i capelli spettinati dal vento,

che non arrivi mai.

Che rimanga solo quello. Un'attesa, una speranza, un vago desiderio di pace.


  
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